Sentenza N. 87 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
23/03/1999
Data deposito/pubblicazione
23/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della
disciplina del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa
il 27 giugno 1997 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal
Ministero delle finanze contro Pecorilla Giuseppe, iscritta al n. 445
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1998;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il giudice
relatore Annibale Marini;
della Commissione tributaria centrale, la Corte di cassazione, con
ordinanza emessa il 27 giugno 1997 e pervenuta il 4 giugno 1998, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma,
32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario),
nella parte in cui prevedono che il termine per impugnare le
decisioni della Commissione tributaria decorra, per l’amministrazione
finanziaria, “dalla data in cui il funzionario dell’Ufficio
destinatario della comunicazione del dispositivo appone la propria
firma per ricevuta sul duplicato dell’avviso da restituire alla
segreteria della Commissione Tributaria e non dal momento in cui il
plico è stato (a questi) consegnato dall’ufficio postale”.
2. – Premette la Corte rimettente che nel processo tributario
disciplinato dalle norme di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 636 del 1972, il dispositivo delle decisioni delle
commissioni è comunicato, ai sensi dell’art. 32, primo comma, –
entro dieci giorni dal deposito – all’ufficio dell’amministrazione
finanziaria mediante elenco in duplice esemplare uno dei quali,
datato e sottoscritto dall’ufficio ricevente, è restituito alla
segreteria della Commissione.
Ad avviso della Suprema Corte, nel caso di trasmissione dell’elenco
a mezzo posta, il termine per proporre l’appello decorrerebbe per
l’amministrazione finanziaria, in virtù del combinato disposto degli
artt. 22, primo comma, 32, primo (seconda parte) ed ultimo comma e
38, terzo comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica
n. 636 del 1972, non già dalla data di attestazione dell’avvenuta
consegna o da quella del ritiro del plico postale come avviene per il
contribuente, bensì da quella – il più delle volte successiva – in
cui il funzionario dell’ufficio ricevente appone la propria firma sul
duplicato dell’elenco che in seguito verrà restituito alla
segreteria della Commissione tributaria di primo grado.
Siffatta interpretazione troverebbe conferma in una pronuncia della
stessa Corte rimettente (sezione I civile, n. 1475 del 9 marzo 1979),
secondo la quale “quando il dispositivo della decisione della
Commissione Tributaria sia stato comunicato dalla segreteria della
Commissione all’Ufficio tributario, ai sensi dell’art. 32, primo
comma, seconda parte, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, mediante
trasmissione di elenco in duplice esemplare spedito per raccomandata,
il termine per l’impugnazione da parte dell’Ufficio decorre dalla
data che il funzionario appone, con la propria firma, sul duplicato
dell’avviso da restituire alla segreteria della commissione e non
dalla data di attestazione di consegna del plico da parte
dell’incaricato postale”.
Poiché tale sistema – a giudizio della rimettente – renderebbe
l’ufficio tributario arbitro di determinare la data di decorrenza del
termine di impugnazione, non ostando a ciò la prescrizione
(contenuta nell’art. 32, primo comma, seconda parte del citato
decreto del Presidente della Repubblica n. 636 del 1972, come
sostituito dall’art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 739 del 1981) dell’obbligo di sottoscrizione “immediata” del
duplicato, ne conseguirebbe la violazione sia del principio
costituzionale di eguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione,
per la irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a
determinare tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, che
del diritto di difesa, garantito dall’art. 24 della Costituzione,
consentendosi all’amministrazione finanziaria di fissare – ad libitum
– la decorrenza del termine per l’impugnazione della decisione.
3. – L’eventuale dichiarazione di incostituzionalità delle
disposizioni denunciate, comportando la tardività dell’appello
proposto nel giudizio di merito dall’amministrazione finanziaria e
conseguentemente il rigetto del ricorso per cassazione, renderebbe,
infine, la questione sollevata rilevante per la decisione del
giudizio a quo.
24 della Costituzione – della legittimità costituzionale degli artt.
22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del
contenzioso tributario), nella parte in cui prevedono che il termine
per impugnare le decisioni della Commissione tributaria decorra, per
l’amministrazione finanziaria, “dalla data in cui il funzionario
dell’Ufficio destinatario della comunicazione del dispositivo appone
la propria firma per ricevuta sul duplicato dell’avviso da restituire
alla segreteria della Commissione Tributaria e non dal momento in cui
il plico è stato (a questi) consegnato dall’Ufficio postale”.
2. – La questione non è fondata.
L’art. 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 636 del
1972 dettava nel primo e nell’ultimo comma due disposizioni dal
seguente tenore testuale: “le comunicazioni sono fatte mediante
avviso che a cura della segreteria è consegnato alle parti, le quali
ne rilasciano ricevuta, o è rimesso per posta in piego
raccomandato”.
“Le notificazioni da effettuarsi a cura della segreteria ad un
ufficio dell’amministrazione finanziaria possono avvenire con la
trasmissione di un elenco in duplice esemplare uno dei quali datato e
sottoscritto dall’ufficio ricevente è restituito alla segreteria
della commissione ed inserito nel fascicolo”.
Il successivo art. 38, terzo comma, prescriveva inoltre che il
dispositivo delle decisioni doveva essere notificato al contribuente,
a cura della segreteria della Commissione tributaria, entro dieci
giorni dal deposito e comunicato nello stesso termine all’ufficio
finanziario con elenco in duplice esemplare, uno dei quali, datato e
sottoscritto dall’ufficio ricevente, era restituito alla segreteria
della commissione e tenuto a disposizione del contribuente.
Sotto il vigore di siffatte disposizioni si era posto il problema
se, in caso di trasmissione dell’elenco in duplice esemplare, il
termine per l’appello decorresse dalla data di ricezione dell’elenco,
o da quella, eventualmente successiva, di restituzione, da parte
dell’ufficio, di copia dell’elenco datata e sottoscritta per
ricevuta.
Sul punto la Corte di cassazione aveva fissato il principio secondo
cui, in caso di trasmissione dell’elenco a mezzo del servizio
postale, non essendo prevista la comunicazione mediante raccomandata
con avviso di ricevimento, il dies a quo per l’impugnazione decorreva
dalla data apposta dal funzionario ricevente sul duplicato
dell’avviso (recte: elenco) da restituire alla segreteria della
Commissione tributaria, anche se successiva a quella di effettiva
ricezione (sentenza n. 1475 del 1979).
La citata normativa come interpretata dal giudice di legittimità
era stata peraltro censurata da talune commissioni tributarie sotto
il profilo della violazione degli artt. 3 e 24 Cost.; ma questa
Corte, investita della questione, aveva ordinato la restituzione
degli atti ai giudici a quibus per un riesame dell’intera situazione
reso necessario dalle sostanziali innovazioni legislative che erano
nel frattempo intervenute (ordinanze nn. 263 e 214 del 1982).
Gli artt. 19 e 25 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, entrato in
vigore il 1 gennaio 1982, modificando la previgente disciplina hanno,
infatti, statuito, per quel che qui rileva: a) che le comunicazioni
sono fatte mediante avviso della segreteria della commissione
consegnato alle parti, che ne rilasciano “immediatamente” ricevuta, o
spedito in plico raccomandato “con avviso di ricevimento”; b) che le
comunicazioni all’ufficio tributario possono essere effettuate
mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali
deve essere “immediatamente” datato e sottoscritto per ricevuta e
restituito alla segreteria della commissione che lo ha inviato; c)
che i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla
comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto; d) che
il dispositivo della decisione è comunicato alle parti entro dieci
giorni dal deposito.
Il mutato quadro normativo in forza del quale le comunicazioni a
mezzo posta debbano essere effettuate in plico raccomandato “con
avviso di ricevimento”, mentre vale a superare l’interpretazione
sulla cui base la Corte rimettente ha sollevato la questione di
costituzionalità (interpretazione che prima della novella dell’art.
32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 636 del 1972 era
stata motivata proprio con l’assenza dell’avviso di ricevimento),
induce a ritenere compiuta la comunicazione a mezzo posta alla data
in cui il funzionario responsabile appone la propria firma
sull’avviso di ricevimento spedito unitamente al plico raccomandato.
E ciò in quanto la funzione dell’avviso di ricevimento è quella di
attestare la data di ricezione dell’atto dalla quale, ai sensi
dell’art. 32, comma quinto, parte seconda, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 636 del 1972, decorre il termine per
l’impugnazione.
La datazione e sottoscrizione per ricevuta dell’elenco da parte del
funzionario dell’ufficio, devono, poi, in conformità a quanto
disposto dal citato art. 32, primo comma, essere eseguite
“immediatamente”, e cioè senza alcuna soluzione temporale rispetto
alla ricezione del plico raccomandato poiché, come questa Corte ha
avuto modo di rilevare, quel che è “immediato” non tollera per
definizione intervalli temporali (sentenza n. 232 del 1998).
Sicché, è evidente come l’eventuale ritardo con cui,
successivamente alla data attestata dall’avviso di ricevimento del
plico, il funzionario dell’ufficio destinatario della comunicazione
abbia datato e sottoscritto l’elenco, non possa assumere, proprio per
la sua illegittimità, alcun rilievo ai fini del decorso del termine
per l’impugnazione della decisione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo
comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina
del contenzioso tributario), sollevata, in riferimento agli artt. 3
e 24 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Marini
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola