Sentenza N. 88 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
14/05/1969
Data deposito/pubblicazione
14/05/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/05/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI, Giudici,
191 del regio decreto 24 febbraio 1938, n. 329 (testo unico delle
disposizioni sul reclutamento dell’esercito), promosso con ordinanza
emessa l’11 novembre 1967 dal pretore di Sassari nel procedimento
penale a carico di Calzaghe Salvatore, iscritta al n. 278 del Registro
ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24 del 27 gennaio 1968.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 23 aprile 1969 la relazione del
Giudice Vezio Crisafulli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Nel corso di un procedimento penale a carico di Calzaghe
Salvatore, il pretore di Sassari con ordinanza emessa l’11 novembre
1967, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
relativamente agli artt. 188, 189 e 191 del R.D. 24 febbraio 1938, n.
329, per contrasto con gli artt. 3 e 112 della Costituzione.
Nell’ordinanza non è cenno della rilevanza della questione
proposta, né risultano chiariti gli aspetti di non manifesta
infondatezza di essa.
Dal fascicolo di causa si evince, peraltro, che il Calzaghe era
stato rinviato a giudizio, su rapporto del presidente del Consiglio di
leva di Cagliari, per rispondere del reato previsto dall’art. 189 del
R.D. n. 329 del 1938, citato, “per non essersi presentato nel giorno
fissato per l’esame personale ed essere, quindi, rimasto renitente alla
leva”. La difesa dell’imputato con un intervento nel corso del pubblico
dibattimento e con una breve memoria scritta aveva eccepito che le
norme oggetto della questione di legittimità costituzionale consentono
al Consiglio di leva di annullare la dichiarazione di renitenza
valutando anche gli aspetti di “buona fede” del renitente, con una
discrezionalità che, estendendosi anche all’eventuale ignoranza della
legge penale, non sarebbe soggetta ai limiti che incontra il giudice
ordinario ed in ogni caso rimarrebbe sottratta ad ogni garanzia circa
la loro osservanza. Di qui la prospettata questione di legittimità
costituzionale per contrasto sia rispetto al puncipio di eguaglianza
nei confronti degli altri renitenti denunziati all’autorità
giudiziaria, sia rispetto al principio della obbligatorietà del
promuovimento dell’azione penale da parte del pubblico ministero, che
verrebbe in alcuni casi ad essere definitivamente preclusa dalla
decisione amministrativa del Consiglio di leva.
L’ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 27 gennaio 1968.
2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, con atto
depositato il 13 febbraio 1968, chiedendo che la questione così
proposta sia dichiarata inammissibile, o comunque infondata.
Premesso che il testo unico del 1938 è stato abrogato e che le
disposizioni oggetto di impugnazione risultano oggi sostituite da
quelle di cui agli artt. 137 e seguenti del D.P.R. 14 febbraio 1964, n.
237, l’Avvocatura deduce sotto il profilo della inammissibilità che
l’ordinanza di rinvio è del tutto priva di motivazione e non offre
alcun elemento quanto alla rilevanza della questione sollevata ai fini
del decidere.
Nel merito, l’Avvocatura sostiene che la revoca della dichiarazione
di renitenza, operata dal Consiglio e dalla Commissione mobile di leva
non contrasterebbe con il principio di eguaglianza, in quanto essa va
effettuata nel pieno rispetto della legge e delle norme regolamentari e
quindi nei casi obiettivamente previsti e regolati dall’ordinamento,
non già in base a criteri arbitrari e tali da consentire
discriminazioni di natura soggettiva. Detta revoca, disposta sulla base
di precise norme giuridiche da parte dell’organo competente in sede
amministrativa, non contrasterebbe neppure con il principio della
obbligatorietà dell’azione penale, in quanto farebbe venir meno il
presupposto del reato.
3. – Alla pubblica udienza la difesa dello Stato ha insistito nelle
conclusioni come sopra formulate.
L’ordinanza del pretore di Sassari denuncia genericamente, senza
alcuna motivazione, né quanto alla non manifesta infondatezza né
quanto alla rilevanza della questione, gli artt. 188, 189 e 191 del
regio decreto 24 febbraio 1938, n. 329, testo unico sul reclutamento:
poi sostituito peraltro, come osservato esattamente dall’Avvocatura
dello Stato, dal nuovo testo unico delegato (D.P.R. 14 febbraio 1964,
n. 237), con effetto a decorrere dalla chiamata alla leva della classe
successiva a quella presentatasi nell’anno di entrata in vigore del
decreto stesso (1964).
L’ordinanza risulta adottata dal pretore in accoglimento di
eccezione sollevata dalla difesa dell’imputato e, nell’assenza di
motivazione, deve ritenersi abbia fatta propria tale eccezione, la
quale; come si evince dagli atti di causa, aveva riferimento alla
facoltà, riconosciuta al Consiglio di leva dal secondo comma dell’art.
188 del T.U. del 1938 (ora terzo comma del corrispondente art. 137 del
T.U. del 1964), di “annullare” la dichiarazione di renitenza “nei casi
e nei limiti previsti dal regolamento”.
Più particolarmente, la questione sollevata ha specifico riguardo
alla ipotesi di cui alla lettera c dell’art. 1074 di detto regolamento
approvato con R.D. 3 aprile 1942, n. 1133, tuttora applicabile a norma
dell’art. 158 del già menzionato decreto del Presidente della
Repubblica del 1964.
Una siffatta facoltà del Consiglio di leva, dal cui esercizio
dipenderebbe il promuovimento dell’azione penale, contrasterebbe,
secondo l’assunto, con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini
dinanzi alla legge e con il principio dell’obbligatorietà dell’azione
penale (artt. 3 e 112 della Costituzione).
Ma è palese la irrilevanza della questione, poiché, comunque la
si dovesse decidere, nessuna conseguenza ne deriverebbe sul
procedimento penale in corso nei confronti di chi sia imputato di
renitenza alla leva per essere stato già denunciato come tale
all’autorità giudiziaria. Ché anzi, perfino ove l’intera disciplina
dei poteri dei Consigli di leva in ordine alla denuncia dei renitenti
fosse, in ipotesi, dichiarata incostituzionale, non soltanto
permarrebbe il reato, ma ne risulterebbe confermato e ne sarebbe reso
ancor più rigoroso il dovere di rapporto, gravante sui Consigli di
leva, come su ogni altro pubblico ufficiale, a norma dell’art. 2,
secondo comma, del Codice di procedura penale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 188, 189 e 191 del regio decreto 24 febbraio 1938, n. 329,
testo unico sul reclutamento dell’esercito, sollevata dal pretore di
Sassari con l’ordinanza di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 3
e 112 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’8 maggio 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VEZIO
CRISAFULLI.