Sentenza N. 88 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
29/04/1971
Data deposito/pubblicazione
29/04/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/04/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
9 gennaio 1940, n. 2 (istituzione dell’IGE), convertito, con
modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762, promosso con
ordinanza emessa il 4 giugno 1969 dal tribunale di Genova nel
procedimento civile vertente tra la società Adena e
l’Ammininistrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 372 del
registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 280 del 5 novembre 1969
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri e di costituzione dell’Amministrazione finanziaria dello
Stato;
udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice
relatore Angelo De Marco;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna,
per il Presidente del Consiglio dei ministri e per l’Amministrazione
finanziaria dello Stato
Nel corso del giudizio promosso dalla società Adena contro
l’Amministrazione finanziaria dello Stato per ottenere la restituzione
della somma di lire 4.712.740 per imposta IGE che si assumeva non
dovuta e corrisposta a mezzo marche, avendo l’Avvocatura dello Stato
opposto che, ai sensi dell’art. 47 della legge 19 giugno 1940, n. 762,
istitutiva dell’IGE, l’imposta corrisposta erroneamente a mezzo di
marche applicate dal contribuente non è rimborsabile, il tribunale di
Genova, con ordinanza 4 giugno 1969, sollevava d’ufficio questione di
illegittimità costituzionale di detto articolo 47, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione.
Il tribunale, ai fini della rilevanza, considerava che nella specie
ricorrono tutti gli estremi che legittimerebbero l’azione di indebito
oggettivo disciplinata dall’art. 2033 del codice civile e che, quindi,
ai fini del decidere era necessario accertare se l’ostacolo costituito
dal citato art. 47 fosse o no legittimo.
Ai fini, poi, della non manifesta infondatezza, il tribunale
rilevava che poiché la legge sull’IGE per i pagamenti da lire 100 a
lire 2.000 concede la facoltà di usare indifferente mente il sistema
delle marche o quello dei conti correnti, si viene a costituire,
rispetto ai pagamenti erroneamente effettuati, una grave ed
ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti che abbiano
scelto l’una o l’altra forma di assolvimento del loro debito d’imposta,
in quanto quelli che hanno scelto il sistema delle marche non hanno
diritto al rimborso in caso di imposta non dovuta, mentre a quelli che
hanno scelto il sistema del conto corrente tale diritto è
riconosciuto.
Dopo gli adempimenti di legge la questione viene ora alla
cognizione della Corte.
Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri e si è costituito il Ministro delle finanze, entrambi
rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale
con l’atto di intervento e con la memoria di costituzione nonché con
una memoria aggiunta, chiede che la questione venga dichiarata
infondata, in quanto tra le due categorie di contribuenti indicate dal
giudice a quo non esiste una situazione identica ma una situazione
differenziata, alla quale corrisponde una disciplina, per ciò stesso,
legittimamente differenziata, senza che sia contestata la razionalità
della differenziazione, del resto difficilmente contestabile
1. – In base alla legge istitutiva ed a successive modificazioni,
l’imposta generale sull’entrata viene pagata nei seguenti modi:
1) in modo ordinario (auto tassazione) mediante: a) applicazione
di marche, obbligatoria per il pagamento di somme inferiori alle lire
100 e facoltativa per il pagamento di somme superiori alle lire 100 e
non alle lire 2.000; b) versamento in conto corrente postale,
facoltativo per i pagamenti di somme superiori a lire 100 e non
superiori a lire 2.000, obbligatorio negli altri casi; c) postagiro
settimanale;
2) in modo virtuale: a) versamento diretto all’ufficio del
registro; b) abbonamento, in base a canoni provvisori soggetti a
conguaglio; c) abbonamento in base al volume degli affari.
Ai fini del presente giudizio interessa soltanto il modo di
pagamento preveduto dall’art. 7, comma primo, lettera b, del d.l. 3
maggio 1948, n. 799, in forza del quale, quando l’ammontare complessivo
del tributo, per ogni entrata, supera lire 100 e non 2.000, il
pagamento stesso può essere effettuato facoltativamente a mezzo di
marche o a mezzo del servizio dei conti correnti postali.
Rispetto a questo modo di pagamento, secondo l’ordinanza di
rinvio, l’art. 47, comma primo, della legge istitutiva del tributo, in
forza del quale l’imposta, erroneamente corrisposta a mezzo di marche
applicate dal contribuente, non è rimborsabile, violerebbe il
principio di uguaglianza tra i contribuenti, che debitori dello stesso
tributo ed allo stesso titolo, a seconda che abbiano scelto il
pagamento a mezzo marche o quello a mezzo conto corrente, in caso di
pagamento non dovuto, non hanno oppure hanno il diritto al rimborso.
2. – Così precisatine i termini, la questione risulta infondata
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte non si ha violazione
del principio di uguaglianza tutte le volte che una disciplina
differenziata corrisponde ad una situazione differenziata (v. da ultimo
sentenze nn. 13, 33 e 114 del 1970).
Ora non può essere posto in dubbio che il pagamento di un tributo
mediante l’apposizione di marche effettuata dallo stesso contribuente,
con annullamento all’atto dell’uso, è ben diverso da quello effettuato
a mezzo conto corrente postale.
Poiché tra contribuenti che si trovano nelle stesse condizioni di
debito, ossia debbano versare tributi di importo superiore a lire 100 e
non superiore a lire 2.000, non è imposto ad alcuni un modo e ad altri
un modo diverso di pagamento, ma è loro concessa facoltà di scelta
tra l’uno e l’altro modo, la differenziazione riguarda non i soggetti
che l’effettuano ma il modo di pagamento ed è una differenza nota
all’atto della scelta, nota perché l’art. 47 è molto chiaro al
riguardo.
Quindi chi trova più conveniente o più comodo effettuare il
pagamento mediante marche, volontariamente si espone alla differente
disciplina che la legge ha ritenuto di adottare, in caso di imposta non
dovuta, per quella forma di pagamento e non può lamentare disparità
di trattamento rispetto a chi abbia scelto l’altra forma di pagamento
3. – Ma, contrariamente a quanto ritiene l’Avvocatura generale
dello Stato, il giudice a quo, pur non avendo esplicitamente contestata
la razionalità della denunciata differenziazione, implicitamente lo ha
fatto, quando, sulla base della dottrina e della giurisprudenza, ha
creduto di ravvisare una differenza tra tasse di bollo ed imposta IGE e
quando ha ritenuto che il pagamento mediante marche non impedisce di
raggiungere la prova piena del pagamento indebito, ai fini della azione
preveduta dall’art. 2033 del codice civile.
Occorre, pertanto, precisare che quando una tassa o una imposta è
pagabile mediante marche, non per un criterio empirico o per semplici
ragioni pratiche, in caso di pagamento erroneo, è escluso il rimborso,
ma per motivi di stretto rigore giuridico.
La carta da bollo, i francobolli, le marche da bollo come quelle
per l’IGE, infatti, sono valori emessi dallo Stato, per i fini fiscali
o di corrispettivo di servizi, per conseguire i quali sono predisposti
e conservano il loro valore finché non siano usati.
Una volta usati, non importa se esattamente o erroneamente, la loro
funzione si esaurisce in quanto, per effetto del l’uso, restano
annullati.
Di qui la razionalità della disciplina differenziata adottata dal
legislatore con il contestato art. 47.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 47 dei d.l. 9 gennaio 1940, n. 2 “Istituzione di una imposta
generale sull’entrata”, convertito con modificazioni nella legge 19
giugno 1940, n. 762, proposta dal tribunale di Genova, con ordinanza
emessa in data 4 giugno 1969, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI