Sentenza N. 90 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1965
Data deposito/pubblicazione
22/12/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
dalla Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1965,
recante: “Sgravi fiscali per le nuove costruzioni in Sicilia”, promosso
con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana,
notificato il 1 aprile 1965, depositato nella cancelleria della Corte
costituzionale il 10 successivo ed iscritto al n. 4 del Registro
ricorsi 1965.
Visto l’atto di costituzione del Presidente della Regione
siciliana;
udita nell’udienza pubblica del 17 novembre 1965 la relazione del
Giudice Nicola Jaeger;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Pietro Peronaci,
per il Commissario dello Stato, e l’avv. Pietro Virga, per la Regione
siciliana.
Con ricorso notificato il 1 aprile 1965 al Presidente della Regione
siciliana il Commissario dello Stato presso la Regione stessa ha
impugnato la legge approvata dalla Assemblea regionale siciliana nella
seduta del 24 marzo 1965, recante: “Sgravi fiscali per le nuove
costruzioni in Sicilia”, ed ha chiesto che ne sia dichiarata la
illegittimità costituzionale.
Il ricorrente espone che tale provvedimento statuisce che le
agevolazioni tributarie sui materiali impiegati nelle nuove costruzioni
edilizie, concesse dalla legge 18 ottobre 1954, n. 37, si applicano
alle costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1966, con una riduzione
del 95 per cento dell’aliquota dell’imposta per l’anno 1965 e del 90
per cento per l’anno 1966.
La citata legge regionale del 1954 concedeva l’esenzione fiscale
fino a tutto il 31 dicembre 1957 per la costruzione di edifici
destinati ad abitazioni civili non aventi carattere di lusso oppure
destinati ad albergo, anche se comprendenti ambienti a piano terreno da
adibire a negozio o ad altro uso, e per l’ampliamento e la
sopraelevazione di edifici destinati agli stessi scopi. Il termine
suddetto era poi stato ulteriormente prorogato con leggi successive: n.
46 del 29 luglio 1957, n. 29 del 12 novembre 1959 e n. 22 del 27
novembre 1961, giungendo fino alla data del 31 dicembre 1965; ma
quest’ultima legge, impugnata in via incidentale davanti alla Corte
costituzionale, era stata da questa dichiarata illegittima, con la
sentenza n. 2 del 22-26 gennaio 1965, in relazione agli artt. 36, 17 e
15 dello Statuto della Regione.
A parere del ricorrente, anche la legge ora denunciata si discosta
dai criteri seguiti dal legislatore nazionale, che, nell’evidente
intento di salvaguardare le entrate dei Comuni, ha provveduto
gradualmente al ripristino dell’imposta, limitandone la riduzione alla
misura del 20 per cento.
Pertanto la legge regionale è da ritenere viziata di
incostituzionalità per violazione degli artt. 15 e 36 dello Statuto
siciliano.
Il ricorso era depositato nella cancelleria della Corte in data 10
aprile, e poi pubblicato nel n. 98 del 17 aprile 1965 della Gazzetta
Ufficiale della Repubblica e nel n. 18 del 30 aprile detto nella
Gazzetta della Regione.
Il Presidente della Regione si è costituito in giudizio
presentando un controricorso, pervenuto alla cancelleria il 29 aprile,
nel quale si conclude perché la Corte costituzionale voglia dichiarare
“cessata la materia del contendere” e subordinatamente “respingere (il
ricorso) perché inammissibile per acquiescenza” o quanto meno “perché
infondato”, dichiarando costituzionalmente legittima la legge
denunciata.
A sostegno di tali conclusioni si osserva anzitutto che la norma
della legge regionale aveva trovato applicazione per ben quattro anni
consecutivi, senza che il Commissario dello Stato avesse sollevato
alcuna censura di incostituzionalità, tanto che la ricordata decisione
della Corte era stata emessa in sede di giudizio incidentale, in
seguito ad una ordinanza del Tribunale di Patti.
Si aggiunge che con la legge ora impugnata la Regione ha provveduto
– in accoglimento del principio fissato in tale decisione – ad
accordare non già una esenzione totale, bensì solo una riduzione: del
95 per cento per il 1965 e del 90 per cento per il 1966. Inoltre, con
un’altra legge, approvata dall’Assemblea regionale il 9 aprile 1965, si
è inteso provvedere “allo scopo di far fronte alle minori entrate
derivanti ai Comuni siciliani dagli sgravi fiscali per le nuove
costruzioni edilizie”, autorizzando il Presidente della Regione “a
decurtare i crediti verso i Comuni medesimi, relativi alle
anticipazioni concesse ai sensi delle leggi vigenti in rapporto al
minore ammontare delle entrate anzidette, fino alla complessiva
concorrenza di un miliardo di lire”.
Dalla circostanza che la nuova legge non è stata impugnata dal
Commissario dello Stato la difesa della Regione arguisce che nessuna
censura si intende sollevare da parte dello Stato circa il modo con cui
la Regione ha garantito l’autonomia finanziaria dei Comuni; donde si
traggono le conclusioni sopra riferite relative alla cessazione della
materia del contendere oppure alla acquiescenza.
A tali argomentazioni ha risposto l’Avvocatura generale dello Stato
con una memoria depositata in cancelleria il 3 novembre 1965, nella
quale afferma che invece la legge regionale impugnata nel presente
giudizio si è discostata dal principio direttivo enunciato nella
sentenza della Corte, corrispondente al metodo adottato dalla
legislazione dello Stato (art. 45 del D. L.15 marzo 1965, n. 124,
ratificato dalla legge 13 maggio 1965, n. 431), inteso a ripristinare
l’imposizione. Si aggiunge che la legge regionale impugnata aggrava la
situazione, estendendo gli sgravi fiscali anche alle costruzioni di
alberghi e accordando così una agevolazione, che non trova alcuna
corrispondenza nella legislazione statale.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato neppure la nuova legge
regionale, approvata il 24 marzo 1965, può eliminare i vizi contenuti
in quella precedente rispetto all’autonomia finanziaria spettante ai
Comuni, cui si è imposto il rimborso delle imposte di consumo
incassate medio tempore, mentre i presunti vantaggi, contenuti comunque
entro un limite massimo, non possono giovare ai Comuni che non siano
debitori verso la Regione. Essa insiste perciò nella domanda di
accoglimento del ricorso.
In una “breve memoria”, pervenuta alla cancelleria il 3 novembre,
la difesa della Regione ribadisce le tesi già sostenute, richiamando
altre disposizioni legislative posteriori, emanate dalla Regione (15
giugno 1965) e dallo Stato (13 maggio 1965, n. 431), per concludere che
non esistono differenze sostanziali in materia fra i due ordinamenti e
che, se mai, i Comuni hanno ottenuto maggiori vantaggi proprio dalle
norme emanate dalla Regione siciliana.
I difensori delle parti hanno confermato le proprie conclusioni e
gli argomenti dedotti a sostegno di esse alla pubblica udienza del 17
novembre 1965.
La Corte ritiene fondato il ricorso proposto dal Commissario dello
Stato presso la Regione siciliana contro la legge, approvata nella
seduta del 24 marzo 1965 dell’Assemblea regionale siciliana, recante
“Sgravi fiscali per le nuove costruzioni in Sicilia”.
Dalle circostanze, esposte dalla Avvocatura generale dello Stato e
non contestate in linea di fatto dalla difesa della Regione, e dal
confronto fra le norme statali e quelle contenute nella legge regionale
impugnata risulta in modo evidente che la Regione non si è adeguata in
alcun modo alla tipologia della legislazione statale in materia, né ha
tenuto conto dei principi richiamati nella sentenza n. 2 del 22-28
gennaio 1965 della Corte costituzionale, con la quale venne dichiarata
la illegittimità costituzionale della legge regionale 27 novembre
1961, n. 22.
Questa Corte non trova nelle deduzioni difensive esposte dalla
Regione nel presente giudizio alcun motivo, che possa valere ad indurla
a modificare la propria giurisprudenza in materia neppure per quanto
concerne il rispetto dell’autonomia finanziaria garantita ai Comuni
dallo Statuto regionale e l’adozione di un serio ristoro per la
cessazione di cespiti tributari ad essi spettanti.
Né, d’altra parte, sembra possibile negare che il metodo adottato
dalla legislazione statale nel disposto dell’art. 45 del D. L.15 marzo
1965, n. 124, convertito nella legge 13 maggio 1965, n. 431, è
fondamentalmente diverso da quello seguito dalla legge regionale
impugnata; e che, pertanto, anche nel caso in esame è mancato quel
coordinamento tra finanza statale, regionale e comunale, sulla cui
necessità la Corte si è pronunciata ripetute volte, e da ultimo nella
ricordata sentenza n. 2 del 1965.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata
dalla Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1965,
recante: “Sgravi fiscali per le nuove costruzioni in Sicilia”, in
riferimento agli artt. 15 e 36 dello Statuto della Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.