Sentenza N. 91 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
28/04/1976
Data deposito/pubblicazione
28/04/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/04/1976
DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof.
ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
del codice civile, in correlazione con gli artt. 1895 e 1900 dello
stesso codice, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 16 novembre 1973 dal tribunale di Savona nel
procedimento civile vertente tra Pesce Giacomo e l’INAM, iscritta al n.
74 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 82 del 27 marzo 1974;
2) ordinanza emessa il 18 aprile 1974 dal giudice del lavoro del
tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Egger Franz e
l’INPS, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 1974 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 231 del 4 settembre 1974;
3) ordinanza emessa il 19 giugno 1974 dalla Corte suprema di
cassazione – sezione lavoro – nel procedimento civile vertente tra
Navarra Antonio e l’INPS, iscritta al n. 475 del registro ordinanze
1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3
gennaio 1975;
4) ordinanza emessa il 17 aprile 1975 dalla Corte d’appello di
Torino – sezione magistratura del lavoro – nel procedimento civile
vertente tra Baiardi Angelo e l’INPS, iscritta al n. 295 del registro
ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 235 del 3 settembre 1975.
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri e di costituzione di Navarra Antonio e dell’INAM;
udito nell’udienza pubblica del 10 dicembre 1975 il Giudice
relatore Leonetto Amadei;
uditi l’avv. Franco Agostini, per Navarra Antonio, l’avv. Michele
Giorgianni, per l’INAM, ed il vice avvocato generale dello Stato
Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Nel corso del giudizio istaurato dinanzi al tribunale di
Savona da tal Giacomo Pesce avverso l’INAM per il conseguimento
dell’indennità di malattia a seguito di lesioni riportate in un
incidente stradale, il collegio, con ordinanza 16 novembre 1973, ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1886
del codice civile, nei limiti in cui rende applicabile alle
assicurazioni sociali le norme fissate dall’art. 1900 dello stesso
codice, in riferimento all’art. 38, secondo comma, della Costituzione.
Rileva, a riguardo, il collegio che, creando l’art. 38, secondo
comma, della Costituzione, un vero e proprio diritto soggettivo del
lavoratore a che siano assicurati mezzi adeguati alle sue esigenze di
vita in caso di malattia, la disposizione contenuta nell’art. 1886, per
la quale si rende applicabile al settore delle assicurazioni sociali la
norma dell’art. 1900, primo comma, cod. civ., che porta ad escludere la
corresponsione della indennità di malattia quando questa sia
conseguenza di dolo o colpa grave dell’assicurato, limiterebbe tale
diritto.
Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello
Stato. Si è regolarmente costituito l’INAM. La costituzione, invece,
del Pesce Giacomo è avvenuta fuori termine.
L’Avvocatura dello Stato contesta, nelle sue deduzioni, la
fondatezza della proposta questione sotto il profilo che il sistema
delle assicurazioni sarebbe unico nei suoi aspetti essenziali, siano
esse private o sociali. Tali aspetti essenziali sarebbero rappresentati
dal rischio, dalla causa (fronteggiare una situazione futura di
bisogno) e dal carattere aleatorio del contratto di assicurazione.
Il precetto costituzionale fissato dall’art. 38, secondo comma, non
avrebbe inteso sovvertire i principi fondamentali del sistema
assicurativo, in particolare quello del rischio, che anche per le
assicurazioni sociali rimarrebbe di regola quello evento futuro,
indipendente dalla volontà dell’assicurato, derivante da caso
fortuito, forza maggiore e da menomazione delle capacità di lavoro e
di guadagno. Col ritenere il contrario rimarrebbe sovvertito il
concetto di rischio indennizzabile, fondamentale anche in tema di
assicurazioni sociali. Quanto sopra troverebbe conforto anche nelle
sentenze n. 22 del 1969 e n. 80 del 1971 della Corte costituzionale.
L’INAM, nel richiedere che la questione di legittimità venga dalla
Corte dichiarata infondata, sviluppa, a sostegno della propria
richiesta, considerazioni analoghe a quelle dell’Avvocatura dello
Stato.
In sostanza, nel caso di specie, la malattia, conseguente al
sinistro stradale, sarebbe addebitabile al comportamento gravemente
colposo dell’assicurato per cui non potendosi considerare l’evento in
strictu sensu come vero e proprio rischio, per venir meno del carattere
dell’accidentalità, non troverebbe applicazione l’art. 38, secondo
comma, della Costituzione.
2. – Nel corso del procedimento civile vertente tra Egger Franz e
l’INPS davanti al giudice del lavoro del tribunale di Bolzano, è stata
prospettata dalla parte attrice la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1886 del codice civile, nella parte in cui
stabilisce che “in mancanza si applicano le norme del presente capo”,
in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione.
È da premettere che l’Egger aveva convenuto in giudizio con
citazione notificata il 28 agosto 1973 l’Ente assicurativo perché
fosse condannato a liquidargli la pensione di invalidità ai sensi
dell’art. 10 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636. Alla richiesta aveva
resistito l’INPS opponendo che l’infermità da cui sarebbe derivata la
incapacità di guadagno del richiedente era preesistente al rapporto di
lavoro e quindi non dovuta, in base all’interpretazione data dalla
Corte di cassazione all’articolo 1886 del codice civile.
Il tribunale, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale, disponeva, con
ordinanza 18 aprile 1974, la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale per il relativo giudizio.
Si rileva, nell’ordinanza, che l’art. 1886 del codice civile,
nell’interpretazione che di esso è stata data, nel suo collegamento
con l’art. 1895 dello stesso codice, dalla Corte di cassazione,
violerebbe gli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione,
poiché, per quanto attiene alla prima violazione, priverebbe della
pensione di invalidità un lavoratore che, nonostante il suo stato di
infermità o difetto fisico, sia riuscito a trovare e svolgere un certo
tipo di lavoro, determinando, di conseguenza, una disparità di
trattamento con gli altri lavoratori e, per quanto attiene alla seconda
violazione, eluderebbe quella garanzia imposta dalla norma
costituzionale a favore di tutti i lavoratori e rappresentata dalla
somministrazione dei mezzi adeguati alle esigenze di vita.
Vi è stato il solo intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri.
L’Avvocatura dello Stato contesta la fondatezza della questione.
Per essa non sussisterebbe la violazione dell’art. 38, secondo comma,
della Costituzione, per gli aspetti essenziali del sistema
assicurativo, sia esso privato, sia sociale, rappresentati dal rischio,
dalla causa – fronteggiare una situazione di bisogno – e dal carattere
aleatorio del contratto di assicurazione. Rilevanza, a riguardo,
assumerebbe l’elemento del rischio, ricollegabile ad un evento futuro,
indipendente dalla volontà dell’assicurato, e derivante da caso
fortuito, forza maggiore o fatto di altro soggetto, che importi la
abolizione o la menomazione della capacità di lavoro e di guadagno. Il
concetto di rischio indennizzabile, fondamentale in tema di
assicurazioni sociali, risulterebbe sovvertito se si ammettesse il
diritto al beneficio assicurativo nella ipotesi in cui il rischio non
sia mai esistito o abbia cessato di esistere prima della conclusione
del contratto.
3. – Con citazione del 7 novembre 1966, il bracciante agricolo
Antonio Navarra conveniva in giudizio l’Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) davanti al tribunale di Agrigento, chiedendo
la condanna a corrispondergli la pensione di inabilità negatagli in
sede amministrativa. Soccombente, sia nel giudizio di primo grado sia
in quello di appello, per essere stato accertato che la malattia, da
cui era derivata l’infermità, preesisteva all’inizio del rapporto
assicurativo e si era solo aggravata nel decorso di questo, il Navarra
ricorreva in Cassazione denunciando, come unico motivo di annullamento,
la insufficienza della motivazione circa la discriminazione tra
infermità preesistente e infermità sopravvenuta e sostenendo che,
comunque, la preesistenza del rischio non escludeva il diritto a
pensione. Lo stesso Navarra, in successiva memoria illustrativa,
prospettava, in via subordinata, la questione della illegittimità
costituzionale dell’art. 1886 del codice civile in riferimento agli
artt. 3 e 38, comma secondo, della Costituzione.
La sezione lavoro della Corte di cassazione, in accoglimento della
subordinata, ha sollevato, con ordinanza del 19 giugno 1974, la
questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli
della Costituzione indicati dal ricorrente, del precitato art. 1886 del
codice civile in quanto in materia di assicurazioni sociali, nel
difetto di leggi speciali, richiamando e rendendo applicabile, fra gli
altri, il successivo art. 1895, il rapporto assicurativo rimarrebbe
privo di effetti qualora il rischio non sia mai esistito o abbia
cessato di esistere prima del suo inizio.
Nel giudizio davanti alla Corte si è regolarmente costituito il
Navarra e vi è stato atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri.
4. – La Corte di cassazione, dopo avere, nella parte motivata
dell’ordinanza, analizzato preliminarmente la giurisprudenza formatasi
in tema di assicurazioni sociali, pone in risalto una diversità di
principi e di finalità di tali assicurazioni di fronte a quelle
private, nonostante la comune disciplina giuridica consacrata dal
combinato disposto degli artt. 1886 e 1895. Tale disciplina giuridica
deriverebbe dall’assenza di speciali norme e dal mancato seguito, da
parte del Governo, della delega, ricevuta con la legge 30 aprile 1969,
n. 153, a emanare, entro il 21 novembre 1971, con decreti aventi forza
di legge, norme intese, fra l’altro, a “rivedere la vigente disciplina
sulla invalidità pensionabile . .. al fine di attuare una più equa
valutazione dei casi in cui l’evento invalidante preesista
all’instaurazione del rapporto assicurativo (art. 35, lett. a, n. 4)”.
Ad avviso della Corte, la giurisprudenza fino a qui seguita, che ha
del tutto modellato, in base al criterio generale fissato dall’art.
1886 del codice civile, le assicurazioni sociali su quelle private, se
corrisponde ad un logico criterio interpretativo delle norme giuridiche
vigenti, tuttavia non sarebbe conforme ai principi costituzionali
consacrati dagli artt. 3 e 38 della Costituzione; ciò soprattutto in
ordine al diverso aspetto che dovrebbe assumere il rischio nelle due
forme assicurative. L’aspetto che assumerebbe il rischio nell’assetto
privatistico di interessi che dà fondamento al contratto di
assicurazione, quale è previsto e disciplinato dal codice civile, non
dovrebbe condizionare le assicurazioni sociali e le prestazioni che da
queste deriverebbero a protezione del lavoratore, in quanto l’essenza e
le finalità di esse sarebbero di natura del tutto diversa dalle altre.
In sostanza, per il sistema delle assicurazioni sociali l’obbligo
della assicurazione si estenderebbe – ed è questo l’elemento che
darebbe risalto alla diversa natura dei due sistemi – anche ai casi in
cui il rischio sarebbe inesistente o comunque non potrebbe mai, in base
all’ordinamento vigente, verificarsi, o essere antecedente alla
costituzione del rapporto assicurativo, o, comunque, pur normalmente
esistendo, non spiegherebbe alcuna conseguenza giuridica.
Pertanto, proprio in dipendenza del diverso atteggiarsi del rischio
nelle assicurazioni sociali, sarebbe legittimo trarre il convincimento
che il riferimento, in tale campo, del verificarsi dell’evento dannoso,
come nel caso in esame, non sarebbe essenziale e, di conseguenza,
sarebbe indifferente se il suo verificarsi sia antecedente o successivo
all’inizio del rapporto assicurativo.
Il contrasto, infine, tra la norma impugnata e il principio
d’uguaglianza poggerebbe su diversità di trattamenti, al di fuori di
ogni logica e razionalità, che il sistema comporterebbe tra lavoratori
già invalidi prima dell’inizio del rapporto assicurativo e lavoratori
che lo siano diventati dopo, quantunque anche i primi abbiano svolto
quell’attività lavorativa che costituirebbe il presupposto essenziale
della tutela sociale e siano stati, per essi, versati i prescritti
contributi destinati a formare il fondo per l’erogazione della
pensione. D’altra parte lo stato di invalidità pensionabile non si
formerebbe istantaneamente, ma progressivamente, attraverso un
aggravarsi della infermità fino a raggiungere addirittura il limite
massimo della invalidità.
5. – Le deduzioni della difesa del Navarra Antonio ricalcano nella
sostanza le motivazioni dell’ordinanza della Corte di cassazione,
soffermandosi in particolare, su quegli aspetti o contenuti delle
assicurazioni sociali che le diversificherebbero da quelle private e
che, di conseguenza, renderebbero ingiusta l’applicazione ad esse del
principio del rischio nei limiti e nelle conseguenze propri delle
seconde.
6. – L’Avvocatura dello Stato, nell’atto di intervento, conclude
per la non fondatezza della questione di legittimità sollevata dalla
Corte di cassazione. Essa riprende, sviluppandoli ulteriormente, i
motivi posti a base delle deduzioni presentate per la ordinanza n. 242
del 1974, di cui sopra, del pretore di Bolzano.
7. – Questione identica alla precedente, facendone proprie le
motivazioni, è stata sollevata dalla Corte di appello di Torino –
sezione magistratura del lavoro – con ordinanza del 17 aprile 1975, nel
procedimento civile vertente tra Baiardi Angelo e l’INPS, avente per
oggetto la corresponsione della pensione di invalidità nonostante la
malattia dalla quale il Baiardi era affetto preesistesse all’inizio del
rapporto assicurativo.
1. – I quattro giudizi relativi alle ordinanze in epigrafe
sollevano analoghe e connesse questioni di legittimità costituzionale
per cui vanno riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Con l’ordinanza del tribunale di Savona viene proposta, in
riferimento all’art. 38, secondo comma, della Costituzione, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1886 del codice
civile nei limiti in cui renderebbe applicabile, in tema di
assicurazioni sociali, l’art. 1900 dello stesso codice, in forza del
quale l’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da colpa
grave dell’assicurato.
Con le ordinanze del giudice del lavoro del tribunale di Bolzano,
della sezione del lavoro della Corte di cassazione e della sezione
magistratura del lavoro della Corte di appello di Torino viene altresì
proposta, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del precitato
art. 1886 cod. civ. nella parte in cui renderebbe applicabile alle
assicurazioni sociali la disposizione contenuta nell’art. 1895 dello
stesso codice, in forza della quale il contratto assicurativo è nullo
se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della
conclusione del contratto.
Nel primo caso è stata richiesta, in sede giudiziaria, la condanna
dell’INAM a corrispondere l’indennità di malattia a seguito di lesioni
riportate dall’assicurato in un incidente stradale dovuto a sua colpa;
negli altri casi la condanna dell’INPS a corrispondere all’assicurato
la pensione – negata in sede amministrativa – per invalidità derivata
da malattia preesistente al rapporto assicurativo.
Le questioni non sono fondate.
3. – In ordine alla prima questione (indennità di malattia a
seguito di lesioni riportate in incidente stradale dovuto a colpa
dell’assicurato) la Corte rileva di avere, con sentenza n. 67 del 1975,
ribadito il proprio orientamento giurisprudenziale circa la posizione
che le assicurazioni sociali assumono sul piano costituzionale e ciò a
seguito di questione sollevata, con riferimento all’art. 38 Cost., nei
confronti dell’art. 6, comma quarto, della legge 21 gennaio 1943, n.
130 – Costituzione dell’Ente “Mutualità” Istituto per l’assistenza di
malattia ai lavoratori – nella parte in cui si richiama all’art. 19,
lett. a, del contratto collettivo nazionale per gli operai
dell’industria 3 gennaio 1939.
Con tale sentenza la Corte ha riaffermato, in linea generale, il
principio che l’indennità da parte dell’Ente assicuratore è
tassativamente dovuta a copertura del danno economico che il
lavoratore, affetto da malattia, è costretto a subire per essersi
trovato nell’impossibilità di prestare quella normale attività
lavorativa dalla quale ritraeva i mezzi idonei per provvedere alle
proprie esigenze di vita. Ha altresì precisato che la legge istitutiva
dell’INAM ha inteso, modificando gli organismi mutualistici nei diversi
settori produttivi, dar vita ad un sistema generalizzato ed uniforme di
assistenza per garantire la corresponsione delle prestazioni
assistenziali in tutti quei casi non coperti per legge da altre forme
previdenziali. Tale legge si presenta, quindi, come derogatoria di
qualsiasi altra disciplina ad essa precedente.
Consegue che, nel caso oggetto della ordinanza di rimessione del
tribunale di Savona, non può trovare applicazione l’art. 1886 del
codice civile il quale prevede solo sub condicione la estensione alle
assicurazioni sociali delle norme previste nel capo XX del libro IV
dello stesso codice, quando non siano regolate da leggi speciali.
Non v’è dubbio, infatti, che le assicurazioni sociali in tema di
assistenza di malattia ai lavoratori siano senz’altro completamente
regolate dalla legge 31 gennaio 1943, n. 138, che funge, di
conseguenza, da legge speciale nei confronti delle norme del codice
civile relative alle assicurazioni in genere.
Inoltre, la Corte, nella citata sentenza n. 67 del 1975, ha
riconosciuto che la legge istitutiva dell’INAM è idonea a garantire,
come in effetti garantisce, a tutti i lavoratori quel trattamento
assistenziale in caso di malattia che ha trovato un preciso
riconoscimento come diritto nell’art. 38, secondo comma, della
Costituzione.
4. – Per quanto riguarda le questioni sollevate con le altre
ordinanze (pensione di invalidità conseguente a stato di malattia
preesistente a rapporto di lavoro) la Corte osserva che gli artt. 1886
e 1895 in quanto applicabili anche alle assicurazioni sociali, ove le
leggi che le riguardano non dispongano specificatamente, comportano
soltanto che debba esistere l’elemento del rischio al momento del
sorgere del rapporto assicurativo.
Ciò non contrasta affatto con l’art. 38, comma secondo, della
Costituzione. La Corte ha ben chiarito la differenza tra il primo comma
dell’art. 38, il quale pone tra i compiti primari dello Stato quello
dell’assistenza sociale in favore di chi versi in condizioni di
indigenza per inabilità e il secondo comma che, con riguardo ai
lavoratori, presuppone l’insorgere di eventi che incidano
sfavorevolmente sulla loro attività lavorativa (sent. n. 22 del 1969
della Corte cost.).
Anche la sentenza n. 160 del 1974, pur rilevando che la natura
pubblicistica delle assicurazioni sociali importa che il rischio abbia
in esse delle proprie peculiari connotazioni, ha comunque considerato
insito l’elemento del rischio nel precetto del secondo comma in quanto
diretto a garantire i lavoratori di fronte ad eventi (e quindi al
rischio) che determinino la cessazione o la riduzione dell’attività
lavorativa; che infine la Corte ha ritenuto che la norma costituzionale
consente allo Stato di scegliere i modi e le strutture organizzative
più idonee allo scopo, e in particolare che sia compatibile col
precetto costituzionale la scelta per criterio tecnico organizzativo,
della forma assicurativa.
La tesi che nelle assicurazioni sociali debba prescindersi
dall’elemento del rischio, condurrebbe in materia di pensioni di
invalidità a riconoscere il diritto alla pensione al lavoratore che
intenda far valere i periodi di contribuzione e di assicurazione per
una riduzione della capacità di guadagno, al di sotto dei limiti di
legge preesistente al rapporto assicurativo e di lavoro senza che si
sia verificato alcun nuovo evento che la riduca ulteriormente, il che
non rientra nella previsione dell’art. 38, secondo comma.
Il riferimento, contenuto nella ordinanza della Cassazione, a casi
di contribuzione assicurativa senza rischio non è probante.
Nella ipotesi di lavoratrice affetta da sterilità assoluta ma
ugualmente soggetta all’assicurazione di maternità e in quella della
lavoratrice impiegata soggetta allo speciale trattamento previdenziale
per i richiamati alle armi, sebbene l’evento non possa verificarsi nei
suoi confronti, l’obbligo della contribuzione da parte di chi è esente
dal rischio è diretto a realizzare, mediante incremento dei relativi
fondi, una maggior tutela di coloro che sono esposti a quei rischi; né
si deroga evidentemente al principio che le prestazioni non sono dovute
a chi non è rimasto esposto al rischio del verificarsi dell’evento
considerato.
Anche perciò devesi pertanto concludere che le norme del codice
civile denunciate non contrastano col precetto costituzionale dell’art.
38, secondo comma.
Quanto alla ipotesi specifica (alla quale ha particolare riguardo
l’ordinanza della Corte di cassazione) di chi, essendo già prima
dell’inizio del rapporto assicurativo, affetto da menomazione che
riduca la capacità di guadagno al di sotto del limite previsto dalla
legge sulla invalidità e vecchiaia, trovi una occupazione lavorativa e
paghi i contributi, e poi subisca una ulteriore riduzione e financo la
perdita totale della residua capacità, la giurisprudenza della
Cassazione non ha desunto la soluzione negativa in ordine al diritto
alla pensione di invalidità dal disposto dell’art. 1886 cod. civ.,
bensì dal fatto che la normativa sulla assicurazione obbligatoria
invalidità e vecchiaia configura e delimita il rischio, con riguardo
alla invalidità, nel senso della riduzione al di sotto di un certo
limite della capacità di guadagno normale, e che ciò e stato inteso
dalla giurisprudenza predetta come avente riguardo ad una preesistente
capacità di guadagno considerata come integra, e non già quale
residuata concretamente a seguito di anteriore causa invalidante.
È siffatta interpretazione dell’art. 10 della legge 1939, n. 636,
in connessione a tutto il sistema normativo dettato dalle leggi
sull’assicurazione invalidità e vecchiaia, che porta ad escludere il
diritto a trattamento pensionistico nel caso sopra indicato e non già
le norme denunciate degli artt. 1886 e 1895 del codice civile.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate:
a) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1886 del
codice civile nel suo collegamento con l’art. 1900, stesso codice,
sollevata, in riferimento all’art. 38, secondo comma, della
Costituzione, dal tribunale di Savona con l’ordinanza 16 novembre 1973;
b) le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1886 del
codice civile, nel suo collegamento con l’art. 1895 stesso codice,
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della
Costituzione, dal giudice del lavoro del tribunale di Bolzano, dalla
Corte di cassazione e dalla Corte di appello di Torino con le ordinanze
18 aprile 1974, 19 giugno 1974 e 17 aprile 1975.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.
F.to: LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO
– ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere