Sentenza N. 92 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
29/04/1971
Data deposito/pubblicazione
29/04/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/04/1971
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof GIUSEPPE CHIARELLI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE
MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
Trentino-Alto Adige, notificato il 10 ottobre 1970, depositato in
cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi
1970, per conflitto di attribuzione determinato dal decreto 22 luglio
1970, n. 2841, del Provveditore alle opere pubbliche di quella Regione,
con il quale è stato disposto il vincolo di un’area in Bolzano per la
costruzione di un complesso scolastico, ai sensi dell’art. 14 della
legge statale 28 luglio 1967, n. 641.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice
relatore Vezio Crisafulli;
uditi l’avv. Giuseppe Guarino, per la Regione, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei
ministri in data 10 ottobre 1970, il Presidente della Regione del
Trentino-Alto Adige ha promosso conflitto di attribuzioni in relazione
al decreto 22 luglio 1970, BZED. 2/506, n. 2841 del Provveditore alle
opere pubbliche di quella Regione, con il quale è stato disposto il
vincolo di un’area in Bolzano per la costruzione di un complesso
scolastico, ai sensi dell’art. 14 della legge statale 28 luglio 1967,
n. 641.
Il provvedimento in oggetto, secondo il ricorrente, verterebbe in
un settore – qual’è quello delle espropriazioni per pubblica utilità
non riguardanti opere a carico dello Stato riservato alla legislazione
regionale dall’art. 4 n. 4 dello Statuto speciale e per il quale la
Regione stessa con legge 17 maggio 1956, n. 7, avrebbe fissato
specifiche attribuzioni di competenze in favore di organi regionali e
provinciali e regole procedurali da osservare: di qui il primo motivo
di doglianza per invasione di competenza.
Sotto un secondo profilo, la predetta legge statale n. 641 del 1967
non avrebbe potuto costituire un valido fondamento per il decreto
impugnato, in quanto essa inciderebbe nella materia urbanistica che lo
stesso Statuto all’art. 11 n. 6 assegna alla potestà legislativa
esclusiva delle due provincie di Trento e Bolzano: potestà che
quest’ultima provincia avrebbe già concretamente esercitato con le
leggi 10 luglio 1960, n. 8 e 26 marzo 1970, n. 6 poi trasfuse nel t.u.
delle leggi provinciali sull’ordinamento urbanistico approvato con
D.P.G.P.B. 23 giugno 1970, n. 20.
Inoltre lo stesso decreto, implicando per l’area vincolata una
destinazione diversa da quella prevista nel piano regolatore generale
di Bolzano, approvato con legge provinciale 3 gennaio 1964, n. 1,
integrerebbe con atto amministrativo statuale una illegittima modifica
di un atto legislativo provinciale. Ed un ulteriore motivo di
invalidità deriverebbe dall’art. 60 della legge statale n. 641 del
1967, la quale esplicitamente dispone che “nelle regioni a statuto
speciale e nelle provincie di Bolzano e Trento non avranno efficacia le
norme della presente legge in contrasto con i rispettivi ordinamenti”.
Le conclusioni della parte ricorrente sono, pertanto, intese ad
ottenere l’annullamento del decreto indicato in epigrafe per invasione
delle competenze regionale e provinciale.
2. – Si è costituito in giudizio, con deduzioni depositate il 30
ottobre 1970, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo anzitutto la
inammissibilità del ricorso, perché tardivo rispetto alla data ed
alla conoscenza, effettiva o presumibile, del decreto oggetto di
impugnazione.
Nel merito, poi, il ricorso sarebbe infondato. Il decreto del
Provveditore non invaderebbe, infatti, la competenza regionale in
materia di espropriazioni per pubblica utilità, in quanto concerne
opere tutte a carico dello Stato, comprese nel programma edilizio di
cui alla legge 28 luglio 1967, n. 641, e per la cui esecuzione era
stato delegato il Comune di Bolzano, ai sensi dell’art. 1 della legge
22 dicembre 1969, n. 952.
Neppure si verificherebbe nella specie una lesione della competenza
nel settore urbanistico della Provincia di Bolzano, in quanto il
decreto non interferisce in essa e, in particolare, gli aspetti di
contrasto fra legge statale e legislazione provinciale dedotti nel
ricorso sarebbero più apparenti che reali.
Le ulteriori censure prospettate dalla Regione per violazione della
legge provinciale 3 gennaio 1964, n. 1, nonché dell’art. 60 della
legge statale n. 641 del 1967, si riferirebbero, invece, a vizi di
legittimità ordinaria anziché costituzionale del provvedimento in
esame: come tali deducibili – ed in effetti già dedotte – con ricorso
innanzi al competente giudice amministrativo.
Le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato si precisano, perciò,
in una richiesta di inammissibilità o di infondatezza del ricorso.
3. – Nella pubblica udienza i rappresentanti delle parti hanno
insistito nelle rispettive conclusioni
1. – Dev’essere disattesa anzitutto l’eccezione pregiudiziale di
inammissibilità del ricorso, opposta dalla difesa dello Stato
adducendo che esso sarebbe stato proposto molto tempo dopo che la
Provincia di Bolzano aveva avuto legale conoscenza del provvedimento da
cui sorge il conflitto. Tale circostanza è, infatti, inconferente,
perché – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – i
termini non possono iniziare a decorrere se non dal momento in cui
l’atto impugnato sia pervenuto a conoscenza dell’organo legittimato al
ricorso, che, nella specie, è il Presidente della Regione del
Trentino-Alto Adige. Ora, per un verso, non risultano elementi sicuri
ed univoci che permettano di stabilire quando esattamente il Presidente
della Regione ebbe effettiva notizia del decreto del Provveditore alle
opere pubbliche, mentre per altro verso, siffatti elementi nemmeno sono
forniti dall’Avvocatura; né la tardività, com’è ovvio, potrebbe
semplicemente presumersi
2. – Nel merito, il conflitto sollevato dalla Regione ricorrente ha
per oggetto il decreto 22 luglio 1970 del Provveditore alle opere
pubbliche di Trento, con il quale, a norma dell’art. 2 della legge 26
gennaio 1962, n. 17, e dell’art. 14 della legge 28 luglio 1967, n. 641,
e successive integrazioni e modificazioni, sull’edilizia scolastica,
veniva disposto il vincolo delle aree indicate dal Comune di Bolzano
per la costruzione in quella città di un edificio scolastico compreso
nel programma edilizio per il biennio 1967-68 a norma della citata
legge n. 641: aree che, secondo le previsioni del piano regolatore
generale del Comune di Bolzano, approvato con legge provinciale 3
gennaio 1964, n. 1, avrebbero avuto invece una diversa destinazione.
Di qui le doglianze della Regione, che non si esauriscono – come
ritiene la difesa dello Stato – nella denuncia di vizi di legittimità
“ordinaria” del decreto provveditoriale, ma chiaramente si riferiscono
alla invasione, che si assume esserne derivata, della competenza
amministrativa ad essa riconosciuta dall’art. 4, n. 4, dello Statuto,
in materia di espropriazione, e della competenza in materia
urbanistica, riconosciuta alla Provincia di Bolzano dall’art. 11 n. 6,
dello Statuto medesimo
3. – Come già questa Corte ha avuto occasione di affermare con la
sentenza n. 92 del 1968, la legge 28 luglio 1967, n. 641, è legge di
pianificazione relativa al settore dell’edilizia scolastica e verte
perciò in materia di competenza dello Stato, al quale spetta il
compito di realizzare l’edificio scolastico, di cui è questione,
programmato nel Comune di Bolzano. E spetta altresì alla Commissione
provinciale presso l’ufficio del Genio civile, prevista dall’art. 2
della legge n. 17 del 1962, dare parere sulla idoneità delle aree
indicate dal Comune, a norma del quinto comma dell’art. 14 della legge
n. 641 del 1967 e successive modificazioni.
Peraltro, come pure fu precisato nella menzionata sentenza di
questa Corte, la competenza statale dev’essere coordinata con le
competenze costituzionalmente garantite alla Regione e alle Provincie.
Ed a tale coordinamento provvede la stessa legge del 1967, quando,
nell’art. 60, stabilisce che nelle Regioni a statuto speciale e nelle
Provincie di Bolzano e di Trento non avranno efficacia le norme da essa
poste che siano “in contrasto con i rispettivi ordinamenti”.
Ciò premesso, non viene in considerazione la competenza della
Regione del Trentino-Alto Adige in materia di espropriazione, perché
tale competenza è circoscritta, dall’art. 14, n. 4, dello Statuto,
alla “espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a
carico dello Stato”. Laddove, nella specie, si tratta senza dubbio di
opera a carico dello Stato, nulla rilevando in contrario che il Comune
interessato siasi assunto l’onere di fornire l’area necessaria.
Per questa parte, le censure mosse nel ricorso sono prive di
fondamento
4. – A diverse conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne,
invece, le competenze della Provincia di Bolzano in materia di
“urbanistica e di piani regolatori” (art. 11, n. 6, Statuto), essendo
mancato, nel procedimento seguito, quel coordinamento tra competenze
statali e competenze provinciali che risulta implicitamente richiesto
dall’art. 60 della legge n. 641 del 1967.
Stando alle disposizioni del t.u. delle leggi della Provincia di
Bolzano sull’ordinamento urbanistico, approvato con decreto del
Presidente della Provincia 23 giugno 1970, n. 20, la proposta di
variante al piano regolatore generale, implicita nell’indicazione fatta
dal Comune di un’area non coincidente con le previsioni di
quest’ultimo, avrebbe dovuto essere sottoposta dapprima alla Giunta
provinciale, chiamata a pronunciarsi in merito dietro parere del
Comitato urbanistico provinciale, per essere poi approvata dal
Consiglio con legge provinciale (art. 17 del t.u. citato). Non lo
disconosce, sostanzialmente, la stessa difesa dello Stato, allorché,
nel tentativo di ricondurre quanto è di fatto avvenuto entro l’alveo
segnato dalla legislazione della Provincia, vorrebbe configurare il
decreto di vincolo del Provveditore alle opere pubbliche come una
semplice “richiesta” di variante.
Siffatta tesi si rivela, peraltro, insostenibile, sia alla stregua
della formulazione originaria dell’art. 14 della legge n. 641 del 1967,
sia – ed a fortiori – alla stregua delle modificazioni apportatevi
dall’art. 5 del decreto legge 24 ottobre 1969, n. 701, e della relativa
legge di conversione 22 dicembre 1969, n. 952 (cui la difesa della
Regione ha omesso di riferirsi): giacché quel che l’art. 14 della
legge n. 641 equiparava a richiesta di autorizzazione a variante, ed
ora l’art. 5 della successiva legge n. 952 del 1969 equipara
addirittura a deliberazione di variante, è la indicazione da parte del
Comune di un’area diversa da quella prevista nel piano regolatore
precedentemente approvato. Ed è chiaro che l’iniziativa del Comune si
esprime in un atto logicamente e cronologicamente anteriore al decreto
di vincolo di competenza del Provveditore, che ha tutt’altri scopi e
tutt’altra funzione, comportando tra l’altro dichiarazione di pubblica
utilità e di indifferibilità ed urgenza dei lavori per la costruzione
dell’opera pubblica.
Ora, tale decreto, nell’ambito della Provincia di Bolzano, avrebbe
potuto legittimamente intervenire soltanto dopo che la Giunta
provinciale avesse deliberato sulla proposta del Comune e che la
variante al piano regolatore fosse stata quindi approvata con legge.
Deve pertanto pronunciarsene l’annullamento, per avere l’organo statale
pretermesso, nel disporre.
Il vincolo, le competenze statutarie in materia urbanistica degli
Organi della Provincia
LA CORTE COSTITUZIONALE
in parziale accoglimento del ricorso della Regione del
Trentino-Alto Adige, dichiara che spetta alla Provincia di Bolzano
approvare la variante al piano regolatore generale del Comune medesimo
richiesta dallo stesso Comune, ed in conseguenza annulla il decreto 22
luglio 1970 del Provveditore alle opere pubbliche di Trento di cui in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1971
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI