Sentenza N. 92 del 1977
Corte Costituzionale
Data generale
30/05/1977
Data deposito/pubblicazione
30/05/1977
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/05/1977
OGGIONI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO
AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Prof. ANTONINO
DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv.
ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI, Giudici,
della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e 34 della legge 30 dicembre
1971, n. 1204 (piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido
comunali e tutela delle lavoratrici madri), promosso con ordinanza
emessa il 18 ottobre 1974 dal pretore di Arezzo, nel procedimento
civile vertente tra l’Istituto nazionale della previdenza sociale e la
società S.p.a. Industrie Buitoni-Perugina, iscritta al n. 463 del
registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1975.
Visto l’atto di costituzione dell’INPS, nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 marzo 1977 il Giudice relatore
Leonetto Amadei;
uditi l’avv. Mariano Petrina, per l’INPS, ed il sostituto avvocato
generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Su ricorso dell’INPS, in persona del suo Presidente pro-tempore, il
pretore di Arezzo, con decreto 22 maggio 1974, ingiungeva alla S.p.a.
Buitoni con sede in Perugia via Cortonese 4 e stabilimento in San
Sepolcro, in persona del legale rappresentante, il pagamento della
somma di lire 8.835.982, che l’Istituto ricorrente assumeva dovuta a
titolo di contributi assicurativi e previdenziali, nonché di sanzioni
civili per il periodo dal 10 gennaio 1972 al 31 gennaio 1973.
Avverso tale decreto, con atto notificato il 28 giugno 1974,
proponeva opposizione la S.p.a. I.B.P. Industrie Buitoni Perugina con
sede in Perugia, in persona del legale rappresentante, deducendo, tra
l’altro, l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli
artt. 8 e 11 legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e 34 legge 30 dicembre
1971, n. 1204, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione. In
breve l’opponente sosteneva che, con le disposizioni citate, il
legislatore aveva stabilito una discriminazione tra imprenditori
economici nel contesto di una situazione di identica natura, prevedendo
per quelli che avevano istituito asili-nido aziendali in base alla
legge 26 agosto 1950, n. 860, l’obbligo di mantenere e gestire gli
asili medesimi nonché di versare dei contributi all’INPS, e per quelli
che non avevano ottemperato alla legge n. 860 del 1950 citata soltanto
l’obbligo contributivo nella stessa misura.
Il pretore accoglieva l’eccezione dichiarandola non manifestamente
infondata perché, per i datori di lavoro che avessero istituito camere
di allattamento e nidi aziendali funzionanti alla data del 15 febbraio
1971 il legislatore avrebbe dovuto correlativamente stabilire l’esonero
dal versamento del contributo previsto nell’art. 8 legge 1044 del 1971;
e cio in via provvisoria, fino a quando, in applicazione del capoverso
dell’art. 34 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, il competente
Ispettorato del lavoro non avesse autorizzato, tenuto conto delle
esigenze delle lavoratrici occupate nelle aziende in relazione
all’attuazione del piano quinquennale per l’istituzione degli
asili-nido comunali, la chiusura delle camere di allattamento e degli
asili-nido aziendali.
Pertanto, a parere del pretore, sono da ritenere incostituzionali
(e quindi da rimettere all’esame della Corte) sia l’art. 8 della legge
1044 del 1971 sia l’art. 34 della legge 1204 del 1971 perché o si
ritiene che i datori di lavoro rispettosi delle norme della vecchia
legge debbano essere provvisoriamente esonerati dal versamento del
maggior contributo, ovvero che gli stessi possano legittimamente
chiudere le camere di allattamento e gli asili-nido già apprestati.
Si costituiva in giudizio l’INPS il quale sosteneva che:
a) il temporaneo mantenimento degli asili-nido costituiti dai
datori di lavoro in base alle abrogate disposizioni, risponde ad
insopprimibili esigenze di carattere transitorio connesse con la
progressiva attuazione del nuovo sistema di assistenza; b) che tale
provvisorio mantenimento non può considerarsi lesivo dell’art. 3 della
Costituzione, anche perché deve ragionevolmente ritenersi che gli
inadempimenti all’obbligo sancito dall’art. 11 della legge n. 860/1950,
nei ventuno anni in cui detta norma è rimasta in vigore, siano stati
debitamente perseguiti a termini del successivo art. 33, lett. b, della
legge stessa.
1. – Con l’ordinanza in epigrafe il pretore di Arezzo prospetta la
questione di legittimità costituzionale degli articoli 8 e lì della
legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e 34 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204, in relazione all’art. 3 della Costituzione.
Si osserva che con l’art. 11 della legge 26 agosto 1950, n. 860,
veniva fatto obbligo ai datori di lavoro di istituire “una camera di
allattamento nelle dipendenze dei locali di lavoro per tutti i figli
delle lavoratrici dipendenti, quando nella azienda siano occupate
almeno trenta donne coniugate di età non superiore ai 50 anni”. In
sostituzione della camera di allattamento il datore di lavoro poteva
istituire “nelle adiacenze dei locali di lavoro un asilo-nido per
l’allattamento, l’alimentazione e la custodia dei bambini di età non
superiore ai tre anni, delle lavoratrici dipendenti ecc.”.
Che successivamente, con la legge 6 dicembre 1971, n. 1044, l’art.
11 della legge del 1950 veniva abrogato e con l’art. 8 veniva aumentata
dello 0,10% “l’aliquota contributiva dovuta dai datori di lavoro al
fondo adeguamento pensioni”. Tale aliquota, a norma dell’art. 9 della
legge, doveva servire ad alimentare lo speciale fondo per gli
asili-nido di cui al precedente art. 2 sottraendo, così, le imprese
private all’obbligo di ottemperare a quel particolare servizio di
assistenza sociale.
Che infine, con l’art. 34 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, si
stabiliva in via transitoria che continuassero ad avere applicazione le
disposizioni contenute nell’art. 11 della legge 26 agosto 1950, n. 860,
nei confronti dei “datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa
abbiano istituito camere di allattamento o asili nido aziendali
funzionanti alla data del 15 dicembre 1971”. Soggiungeva poi nel
secondo comma che “l’ispettorato del lavoro… può autorizzare la
chiusura delle camere di allattamento e degli asili- nido aziendali…
in relazione alle effettive esigenze delle lavoratrici occupate
nell’azienda”.
2. – Pertanto, dopo la emanazione di quest’ultima legge, si erano
costituite tre diverse categorie di aziende: quelle che, al 15 dicembre
1971 non avevano ancora istituito asili-nido, quelle che, avendoli
istituiti, erano state però autorizzate dall’ispettorato del lavoro a
chiuderli e quelle, infine, che li avevano in attività anche dopo il
15 dicembre 1971.
Le tre categorie erano peraltro tenute, come tutte le aziende in
genere, con personale femminile o meno, al pagamento dell’aliquota
contributiva dello 0,10% fissata dall’art. 8 della legge 6 dicembre
1971, n. 1044. Era sorta in conseguenza una evidente disparità di
trattamento fra le aziende che mai avendo istituito camere di
allattamento o asili nido erano incorse in una ammenda (da L.10.000 a
100.000) che, dichiarata scarsamente efficace nella ordinanza del
giudice, era stata, del resto, soppressa dalla legge 6 dicembre 1971,
n. 1044; quelle che, autorizzate dall’ispettorato del lavoro, avevano
cessato l’esercizio ditale attività assistenziale, e quelle che invece
venivano obbligate a mantenere efficiente la stessa attività se
funzionante alla data del 15 dicembre 1971 (art. 34 legge 30 dicembre
1971, n. 1204). Per queste ultime aziende avrebbe dovuto il
legislatore, secondo l’ordinanza del pretore di Arezzo, o esentarle dal
pagamento del maggior contributo, o autorizzarle alla chiusura delle
camere di allattamento o degli asili-nido.
3. – La questione è fondata. E non tanto per il raffronto fra gli
artt. 8 e 11 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e l’art. 3 della
Costituzione, ma per quello dell’art. 34 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, ed il citato art. 3 della Costituzione. Non violano, infatti,
quest’ultima norma gli artt. 8 e 11 della legge 6 dicembre 1971, n.
1044. Non il primo, per la ragione che la maggiorazione di aliquota
viene a gravare tutti i datori di lavoro abbiano o no alle loro
dipendenze personale femminile e quindi con coerente salvaguardia del
principio di eguaglianza. Non il secondo, dato che con lo stesso viene
puramente abrogato l’art. 11 della legge 26 agosto 1950, n. 860, per la
considerazione che intendeva la norma concentrare nella mano pubblica
col concorso finanziario dello Stato, le dette provvidenze.
È invece l’art. 34 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, che si
trova in netto contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Facendo
rivivere, sia pure in via transitoria, l’art. 11 della legge istitutiva
degli asili-nido per le sole aziende che li avessero in attività. al
15 dicembre 1971, ha concorso a gravarle di una duplicità di oneri
(spese per la conduzione degli asili nido in aggiunta alla
maggiorazione dello 0,10% sui contributi), oneri che non sopportano
vuoi le aziende che non ottemperarono all’obbligo della loro
istituzione, vuoi le aziende che furono autorizzate a chiuderli o che
comunque non li avevano, a quella data, in esercizio.
E poiché la censura di legittimità costituzionale non può, per
quanto sopra spiegato, investire la norma di applicazione del maggior
contributo, è l’obbligo del mantenimento degli asili-nido che
contrasta con l’art. 3 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 34 legge 30
dicembre 1971, n. 1204, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui stabilisce che le disposizioni dell’art. 11 della
legge 26 agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in via
transitoria ai datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa,
abbiano istituito camere di allattamento o asili-nido aziendali
funzionanti alla data del 15 dicembre 1971, sollevata dal pretore di
Arezzo, con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 8 e 11 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, sollevata con
la citata ordinanza, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – ANTONINO DE STEFANO –
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere