Sentenza N. 94 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
16/06/1970
Data deposito/pubblicazione
16/06/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/06/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
codice civile e dell’art. 1 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge
fallimentare), ” con tutte le norme di legge che ne derivano”, promosso
con ordinanza emessa il 27 giugno 1968 dal pretore di Roma nel
procedimento penale a carico di Segantini Franca, iscritta al n. 80
del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 78 del 26 marzo 1969.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 maggio 1970 il Giudice relatore
Giuseppe Chiarelli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Il tribunale di Roma, con sentenza 30 giugno 1967, dichiarava il
fallimento di Franca Segantini, esercente un negozio di generi
alimentari. A suo carico veniva successivamente promosso procedimento
penale per bancarotta semplice, per omessa tenuta dei libri e delle
prescritte scritture contabili.
In sede di dibattimento la difesa dell’imputata sollevava la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 2221 del codice
civile e 1 della legge fallimentare, “con tutte le norme di legge che
ne derivano “, in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Il pretore di Roma, con ordinanza 27 giugno 1968, rimetteva la
questione alla Corte.
Il pretore ha ritenuto la questione non manifestamente infondata,
osservando che le norme impugnate comportano una discriminazione in
base al censo tra l’imprenditore commerciante e il non commerciante,
mentre altra disparità di trattamento è operata tra gli stessi
commercianti, poiché non è ammesso il fallimento del piccolo
imprenditore. La distinzione tra piccolo e grande imprenditore è
inoltre lasciata all’arbitrio della amministrazione finanziaria, la
quale, accertando un reddito inferiore al minimo imponibile, può dare
o no ingresso alla procedura fallimentare, mentre una ulteriore
discriminazione in base al censo è subordinatamente operata a seconda
che il capitale investito nella impresa sia superiore o inferiore alle
900.000 lire.
La ordinanza era ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto
10 gennaio 1969, nel quale si osserva che il problema prospettato è di
politica legislativa e non di legittimità costituzionale e si chiede
che la questione sia dichiarata infondata.
Le medesime conclusioni sono state confermate, dalla difesa del
Presidente del Consiglio, nella discussione orale.
La questione non è fondata.
Nell’assoggettare alle procedure del fallimento gli imprenditori
commerciali, e non la generalità dei cittadini, la legge ha avuto
riguardo alla natura dell’attività da essi esercitata, e non, come si
assume nell’ordinanza, al loro censo.
Non vi è pertanto violazione dell’art. 3 della Costituzione,
giacché lo svolgere attività commerciale organizzata ad impresa
costituisce una situazione obbiettivamente diversa da quella di chi
svolge un’attività di diverso tipo, e non è irrazionale l’aver
limitato alla prima la disciplina concorsuale, né sono arbitrari i
motivi di tale limitazione, anche se de iure condendo può discutersi
sull’opportunità di una diversa determinazione del campo di
applicazione di quella disciplina.
Le stesse ragioni valgono circa l’esenzione del piccolo
imprenditore dal fallimento. Anche nel configurare questa
discriminazione nell’ambito della categoria dei commercianti, la legge
ha tenuto presente una diversità obbiettiva di situazioni, in
relazione alle dimensioni dell’impresa, diversamente valutando
l’interesse pubblico ad applicare la legislazione fallimentare al loro
stato di insolvenza.
Come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (sent. n. 43
del 1970), la esclusione dal fallimento del piccolo imprenditore e
dell’insolvente civile si basa su una valutazione di politica economico
– sociale e di opportunità giuridica, che non può essere ripetuta in
questa sede.
Non è, comunque, esatto che le norme impugnate abbiano posto in
essere una discriminazione tra i cittadini in base al censo e alla
condizione sociale. I limiti di applicabilità delle procedure
fallimentari sono stabiliti non in relazione alla diversità delle
condizioni economiche e patrimoniali dei cittadini, ma in relazione,
come si è detto, alla natura dell’attività da essi svolta e alla sua
organizzazione imprenditoriale, nonché in relazione all’entità
dell’impresa, desunta dalla misura del reddito obbiettivamente
accertato e, subordinatamente, del capitale investito, anche in
considerazione delle diverse ripercussioni che può avere il dissesto
nell’economia generale. Né il riferimento al reddito accertato ai
fini dell’imposta di ricchezza mobile assoggetta ad arbitri
dell’Amministrazione l’applicabilità della procedura fallimentare,
perché trattasi di accertamento compiuto a fini tributari e non in
funzione di tale assoggettabilità, e in ogni caso non rimesso
all’arbitrio della Pubblica Amministrazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2221 del codice civile e 1 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta
amministrativa) “con tutte le norme di legge che ne derivano”,
sollevata con l’ordinanza in epigrafe indicata, in riferimento all’art.
3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI.