Sentenza N. 94 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
11/03/1971
Data deposito/pubblicazione
11/03/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/05/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 30 luglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a
favore della città di Agrigento in conseguenza del movimento franoso
verificatosi il 19 luglio 1966), promosso con ordinanza emessa il 20
marzo 1970 dal pretore di Agrigento nel procedimento penale a carico di
Ferlisi Salvatore e Giuseppe, iscritta al n. 175 del registro
ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 150 del 17 giugno 1970.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 1971 il Giudice relatore
Paolo Rossi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco
Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di un procedimento penale a carico dei fratelli Ferlisi
imputati di varie contravvenzioni per aver iniziato, sprovvisti di
licenza, la costruzione di un capannone industriale nella Valle dei
Templi di Agrigento, in zona ricadente nel perimetro delimitato dal
decreto ministeriale 16 maggio 1968, il pretore di Agrigento ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 bis
della legge 28 settembre 1966, n. 749, in base al quale è stato
emanato il predetto decreto ministeriale.
La norma impugnata, dichiarando la Valle dei Templi di Agrigento
“zona archeologica d’interesse nazionale”, ed attribuendo al Ministro
per la pubblica istruzione, di concerto con quello dei lavori pubblici,
il compito di determinare, “con proprio decreto, il perimetro della
zona, le prescrizioni d’uso, ed i vincoli di inedificabilità”,
violerebbe la riserva di legge stabilita dall’art. 42, secondo comma,
della Costituzione, per aver demandato alla pubblica Amministrazione,
senza prestabilire adeguati criteri direttivi, il potere di delimitare
la zona e di determinare i modi di godimento del diritto dominicale,
con possibilità di inibire totalmente lo jus aedificandi.
In secondo luogo, prosegue l’ordinanza di remissione, la norma
impugnata violerebbe l’art. 14 (lett. n) dello Statuto regionale
siciliano – secondo cui rientrano nella competenza legislativa
esclusiva della regione la tutela del paesaggio e la conservazione
delle antichità, e delle opere artistiche – per aver attribuito al
Ministro per la pubblica istruzione le corrispondenti funzioni
amministrative, spettanti invece al Presidente della Regione.
Si è costituito in questa sede il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con atto di intervento depositato il 7 luglio 1970, chiedendo
dichiararsi l’infondatezza della questione sollevata.
In ordine al primo profilo di illegittimità costituzionale
prospettato dal giudice di merito, la difesa dello Stato premette che
secondo i principi generali (cfr. artt. 11, 12 e 21 legge 1 giugno
1939, n. 1089), l’interesse storico o artistico, di un immobile o di
una intera zona viene di solito riconosciuto e dichiarato mediante un
mero provvedimento amministrativo, cui consegue l’assoggettamento del
bene allo speciale status stabilito ex lege, con l’ulteriore
conseguenza che alla stessa Amministrazione compete l’adozione dei
provvedimenti esecutivi richiesti dalla natura del bene stesso;
soggiunge quindi l’Avvocatura che la particolarità ravvisabile nella
specie – riconoscimento della natura archeologica del bene mediante
atto legislativo, e adozione dei provvedimenti conseguenziali con atto
amministrativo – non rileva ai fini del profilo di illegittimità
costituzionale denunciato.
Comunque passando ad esaminare il complesso dei poteri spettanti,
in subiecta materia, alla pubblica Amministrazione, concretantisi nella
determinazione del perimetro della Valle dei Templi, delle prescrizioni
d’uso e dei vincoli di inedificabilità, la difesa dello Stato osserva
che tali attività rientrano istituzionalmente nei compiti del potere
esecutivo, costituendo esercizio della discrezionalità tecnica. La
stessa Corte costituzionale controllando, sempre in riferimento alla
riserva di legge di cui all’art. 42, secondo comma, della Carta, gli
analoghi poteri, spettanti ai Comuni ex art. 7 della legge urbanistica,
per la ripartizione in zone edificabili o meno del territorio comunale,
ha riconosciuto che siffatta discrezionalità, non illimitata, e
soggetta a sindacato giurisdizionale, non contrasta con il principio
costituzionale invocato.
Per quanto attiene al secondo profilo di illegittimità
costituzionale denunciato (pretesa violazione dell’art. 14 dello
Statuto), la difesa dello Stato rileva che la questione prospettata è
stata già recentemente dichiarata infondata dalla Corte costituzionale
con la sentenza n. 74 del 1969, né sono stati addotti nuovi argomenti
dal pretore di Agrigento, che sembra aver ignorato la predetta
decisione.
1. – La Corte costituzionale è chiamata a decidere le seguenti
questioni:
a) se l’art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, –
disponendo che “la Valle dei Templi di Agrigento è dichiarata zona
archeologica di interesse nazionale” e che “il Ministro per la pubblica
istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici,
determina, con proprio decreto, il perimetro della zona, le
prescrizioni d’uso, i vincoli di inedificabilità” – contrasti o meno
con la riserva di legge di cui all’art. 42, secondo comma, della
Costituzione, per non aver specificato i criteri cui la pubblica
Amministrazione avrebbe dovuto adeguarsi nel dare esecuzione al dettato
legislativo;
b) se la norma predetta, provvedendo in siffatta maniera alla
tutela del complesso archeologico della Valle dei Templi, non contrasti
con l’art. 14 dello Statuto regionale, secondo cui l’Assemblea
regionale siciliana ha la legislazione esclusiva in materia di
“conservazione delle antichità e delle opere artistiche”.
2. – Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la riserva
relativa di legge, invocata anche nella specie, consente al legislatore
di attribuire alla pubblica Amministrazione il potere di incidere sulla
concreta disciplina del godimento degli immobili “qualora, nella legge
ordinaria, siano contenuti elementi e criteri idonei a delimitare
chiaramente la discrezionalità dell’Amministrazione” (sentenza n. 38
del 1966).
Di tale principio la Corte fece applicazione in relazione agli ampi
poteri conferiti ai Comuni dall’art. 7 della legge urbanistica, secondo
cui, com’è noto, mediante l’emanazione dei piani regolatori il
territorio comunale viene distinto in zone più o meno edificabili, con
rilevanti conseguenze per il diritto del proprietario. In tale
occasione fu riconosciuto che l’imposizione di vincoli di zona sulle
aree altrimenti fabbricabili non costituisce esercizio “di
discrezionalità indiscriminata ed incontrollabile”, “bensì di
discrezionalità tecnica”, rimanendo pertanto esclusa la prospettata
violazione della riserva relativa di legge.
Imedesimi criteri consentono a fortiori di escludere, anche nella
fattispecie ora in esame, il vizio di illegittimità costituzionale
denunziato.
Invero i poteri attribuiti dalla norma impugnata al Ministro per la
pubblica istruzione, concernenti la delimitazione del perimetro della
Valle dei Templi, le prescrizioni d’uso dei terreni, ed i vincoli di
inedificabilità, involgono apprezzamenti e valutazioni strettamente
connessi con discipline tecniche, e sono stati conferiti all’unico
evidente fine di salvaguardare l’interesse archeologico nazionale del
comprensorio. Sono stati così previsti il divieto di usare
particolari mezzi meccanici per il dissodamento del terreno e
l’imposizione di limitazioni edificatorie variamente configurate in
relazione alla distanza dei terreni dai monumenti archeologici allo
scopo di non danneggiarne la prospettiva e la visione d’assieme.
Deve quindi riconoscersi che la circoscritta discrezionalità
conferita alla pubblica Amministrazione dalla norma in esame è
sufficientemente definita ed ha natura tecnica. Pertanto l’asserita
violazione dell’art. 42, secondo comma, della Costituzione, non
sussiste
3. – È chiara poi la manifesta infondatezza della seconda
questione in esame. Invero questa Corte, con la sentenza n. 74 del
1969, ha già escluso l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2
bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, a suo tempo denunciato per
asserita violazione dell’art. 14 dello Statuto regionale siciliano,
questione ora riproposta – in termini del tutto generici – senza che
siano addotti nuovi motivi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749 (conversione in
legge, con modificazioni, del d.l. 30 luglio 1966, n. 590, recante
provvedimenti a favore della città di Agrigento in conseguenza del
movimento franoso verificatosi il 19 luglio 1966), sollevata, con
l’ordinanza in epigrafe indicata, in riferimento all’art. 42, secondo
comma, della Costituzione;
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749,
sollevata in riferimento all’art. 14 dello Statuto regionale siciliano
e già dichiarata non fondata con sentenza n. 74 del 27 marzo 1969
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1971
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – NICOLA REALE –
PAOLO ROSSI.