Sentenza N. 97 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
10/06/1969
Data deposito/pubblicazione
10/06/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/05/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE, Giudici,
regio decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468 (convertito in legge 9
gennaio 1939, n. 142), relativo alla “disciplina dei magazzini di
vendita a prezzo unico”, promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre
1967 dal pretore di Saronno nel procedimento penale a carico di
Segalini Luigi, iscritta al n. 11 del Registro ordinanze 1968 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 24
febbraio 1968.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 7 maggio 1969 la relazione del
Giudice Francesco Paolo Bonifacio;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Nel corso di un giudizio penale a carico del signor Luigi
Segalini – titolare di un’azienda commerciale di vendita a prezzi unici
– imputato di vari reati per aver posto in commercio beni non di largo
consumo né di valore esiguo in violazione della licenza rilasciata dal
prefetto di Varese, il pretore di Saronno ha sollevato una questione di
legittimità scostituzionale concernente l’art. 2 del regio
decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468, convertito in legge 9 gennaio
1939, n. 142.
L’ordinanza di rimessione, emessa il 22 dicembre 1967, sostiene che
l’attribuzione al prefetto del potere di concedere la licenza per
l’apertura dei magazzini di vendita a prezzi unici limita la
possibilità di creare nuovi esercizi senza che siano poste restrizioni
attinenti alle caratteristiche delle merci, e perciò contrasta con la
libertà di iniziativa economica; aggiunge che quel potere
amministrativo, preordinato al fine di tutelare i commercianti al
minuto attraverso le gravose restrizioni della possibilità di scelta
delle modalità di vendita, non persegue l’interesse dei consumatori,
che neppure in parte potrebbe identificarsi con quello dei
commercianti, rispetto al quale il primo si pone in termini di
antagonismo; rileva, infine, che il vigente sistema impone al titolare
di una licenza prefettizia di vendita a prezzi unici la necessità di
richiedere al sindaco il rilascio della normale licenza per altre
merci, ed in ciò ravvisa un ulteriore limite alla libertà di
iniziativa economica, determinato dalla diversità di criteri presi in
considerazione dalle due autorità.
Sulla base di tali considerazioni il giudice a quo esprime l’avviso
che non sia manifestamente infondato il dubbio che la norma denunziata,
rilevante per la definizione del giudizio, contrasti con l’art. 41
della Costituzione, in quanto contiene restrizioni dannose per i
consumatori, il cui interesse è, invece, l’unico che potrebbe
validamente giustificare l’intervento della pubblica autorità.
2. – L’ordinanza, letta nella pubblica udienza, è stata
ritualmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri,
comunicata ai Presidenti delle due Camere e pubblicata nella – Gazzetta
Ufficiale n. 50 del 24 febbraio 1968. Nel presente giudizio è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
3. – Nell’atto di intervento del 13 febbraio 1968 e nella memoria
del 20 aprile 1969 l’Avvocatura dello Stato, dopo aver ricordato le
caratteristiche del vigente sistema delle licenze di vendita, mette in
evidenza la diversità di funzione economico- sociale dei magazzini a
prezzo unico e dei magazzini per la normale vendita al dettaglio,
diversità che giustifica la differente disciplina giuridica dei due
tipi di licenza e ne dimostra la sicura compatibilità col secondo
comma dell’art. 41 della Costituzione, in base al quale l’iniziativa
economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale:
utilità alla quale si ispira una disciplina del commercio, quale
quella in esame, che assicuri una ordinata concorrenza.
L’Avvocatura prosegue col rilievo che l’ordinanza di rimessione
cade in contraddizione là dove afferma, nello stesso tempo, che le
restrizioni consentite dalla legge danneggiano i commercianti e
minacciano solo i consumatori. A suo avviso la diversità di
competenza, secondo che si tratti di magazzini a prezzo unico o di
normale licenza, è giustificata per il fatto che nel primo caso si
rende necessario l’intervento dell’autorità governativa, idoneo ad
assicurare un armonico sviluppo del sistema distributivo e ad evitare
la formazione di organismi economici che possano limitare il libero
giuoco della concorrenza: intervento costituzionalmente legittimo alla
stregua dei principi affermati nella giurisprudenza del Consiglio di
Stato ed in varie sentenze della Corte, perché esso appare preordinato
alla realizzazione di quelle finalità che sono indicate nell’art. 41
della Costituzione e che vanno considerate in un coordinato quadro di
insieme.
Le restrizioni contenute nell’impugnato art. 2 del decreto del 1938
– così conclude la difesa dello Stato – circoscrivono il campo di
applicazione della legge, assicurano l’armonia del sistema
distributivo, impediscono la formazione di organismi che possano
limitare, con danno della collettività, la concorrenza commerciale, e
ciò dimostra la non fondatezza della questione di legittimità
costituzionale sollevata dal pretore di Saronno.
4. – Nell’udienza pubblica la difesa del Presidente del Consiglio
ha insistito nelle sue tesi e conclusioni.
1. – La questione di legittimità costituzionale sollevata dal
pretore di Saronno riguarda la disciplina disposta dal regio
decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468 (convertito in legge 9 gennaio
1939, n. 142) per le licenze di impianto e di esercizio dei magazzini
di vendita di merci a prezzo unico. Nonostante che l’ordinanza di
rimessione faccia esplicito riferimento solo all’art. 2 di tale
decreto, la denunzia di illegittimità costituzionale, come
univocamente risulta dai motivi che ne illustrano il contenuto, investe
non soltanto la definizione dei magazzini a prezzo unico e la
delimitazione dei beni in essi commerciabili, ma anche la competenza al
rilascio delle relative licenze che l’art. 1 – parzialmente modificato
dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 aprile
1947, n. 630 – attribuisce al prefetto.
2. – Secondo i motivi esposti nell’ordinanza, l’attuale regime
delle licenze concernenti i predetti magazzini violerebbe la libertà
di iniziativa economica garantita dall’art. 41 della Costituzione. Ad
avviso del giudice a quo, infatti, le restrizioni consentite dalla
legge si risolvono in un danno per i consumatori e non perseguono un
interesse generale idoneo a legittimarle; il potere concesso al
prefetto è preordinato all’esclusiva tutela dei comuni commercianti al
minuto; la necessità, infine, che i titolari dei grandi magazzini si
muniscano anche della normale licenza del sindaco per le merci non
comprese nel possibile oggetto della licenza prefettizia costituisce
ulteriore, illegittimo limite alla libera iniziativa economica.
Nessuna delle critiche che in questi termini il pretore muove alla
legge in esame merita di essere condivisa e la questione appare perciò
non fondata.
3. – La Corte osserva che la libertà di commercio, come gode della
tutela accordata dall’art. 41 della Costituzione, cosl soggiace a quei
limiti che tale disposizione consente di imporre a salvaguardia di beni
che la Costituzione considera preminenti rispetto alla libertà di
iniziativa economica. Fra questi limiti viene qui in evidenza quello
connesso all’utilità sociale, alle cui esigenze deve essere
subordinata anche la concorrenza, che indubbiamente il vigente sistema
costituzionale non considera di per sé idonea a realizzare o a
rispettare gli interessi della società.
In questo quadro ed in conformità dei precedenti giurisprudenziali
di questa Corte (cfr. sent. n. 32 del 1959 e n. 60 del 1965) va
valutato il fondamento costituzionale della legislazione sulle licenze
commerciali. Gli interventi autoritativi che essa prescrive,
indipendentemente dalle ragioni occasionali o di regime che un tempo ne
giustificarono l’introduzione e che ora hanno perduto ogni rilevanza,
devono essere esercitati secondo le direttive che risultano dall’art.
41 della Costituzione: di tal che essi sono legittimi se ed in quanto
siano essenziali alla tutela di quegli interessi che, per la loro
consistenza ed in relazione allo sviluppo della società, fanno capo
mediatamente o immediatamente alla collettività nazionale e non
esclusivamente a singole categorie di operatori economici.
4. – Nelle disposizioni impugnate dall’ordinanza di rimessione
nulla contraddice ai principi innanzi enunciati: che il potere concesso
al prefetto per i magazzini a prezzo unico sia conferito e debba essere
esercitato nell’esclusivo interesse degli altri, comuni commercianti è
una pura supposizione del giudice a quo, non confortata né dal testo
della legge né dalla interpretazione che costantemente la
giurisprudenza ne ha dato.
Sta di fatto che il regio decreto-legge n. 1468 del 1938 si limitò
a definire un particolare tipo di esercizio commerciale, sviluppatosi
nella realtà sociale con proprie, peculiari caratteristiche
(determinate dalla destinazione delle merci al generale consumo, dal
loro valore esiguo e dalle modalità di immissione in commercio), a
spostare per esso dal sindaco al prefetto la competenza a rilasciare la
licenza che il regio decreto-legge 16 dicembre 1926, n. 2174, già
prevedeva, in generale, per il commercio all’ingrosso ed al minuto, e a
dettare particolari disposizioni inerenti al procedimento. La
disciplina così introdotta trova la sua evidente ragion d’essere nella
circostanza, di comune esperienza, che l’apertura di un magazzino a
prezzi unici produce serie modificazioni nella tradizionale rete di
distribuzione con conseguenze su un mercato che travalica la cerchia
comunale: si giustifica perciò l’attribuzione del potere di
autorizzazione ad un organo che anche in considerazione della sua più
estesa competenza territoriale sia meglio in grado di valutare tutti i
fattori che devono esser presi in considerazione per un corretto
esercizio del potere stesso. Ma a parte ciò, e a parte le necessarie
modificazioni inerenti al procedimento amministrativo ed ai pareri
richiesti, è certo che i criteri ai quali nei rispettivi settori
devono ispirarsi l’autorità prefettizia o l’autorità comunale sono
gli stessi: l’esigenza di un ordinato sviluppo del mercato in funzione
dell’interesse della società vale sia per i normali esercizi
commerciali sia per i magazzini a prezzo unico, a proposito dei quali,
anzi, più evidente è il rischio che la totale liberizzazione – specie
in una fase di profonda modificazione del sistema di distribuzione dei
beni, nella quale i numerosi piccoli operatori non ancora hanno avuto
modo di dar vita a forme di organizzazione adeguate alle trasformazioni
sociali in atto – possa tradursi nella creazione di monopoli non
corrispondenti all’interesse dei consumatori e, quindi, della
collettività. È ad ogni modo indubbio che in base alla legislazione
vigente il potere del prefetto relativo al rilascio delle licenze per i
magazzini a prezzo unico, al pari del potere del sindaco per i normali
esercizi-commerciali, deve tendere a disciplinare iniziativa economica
in funzione di scopi di utilità sociale e non di interessi meramente
settoriali. Un suo esercizio a fini diversi da quelli consentiti dalla
legge trova remora nelle modalità del procedimento, nei pareri
necessari e nell’obbligo di motivazione dei provvedimenti, e può
essere represso giurisdizionalmente con i normali rimedi offerti
dall’ordinamento per la rimozione degli atti illegittimi: e a questo
ultimo proposito non può esserci sottaciuto che nella costante
giurisprudenza successiva alla Costituzione la legge in esame è stata
sempre rigorosamente interpretata in conformità dei principi
desumibili dall’art. 41 della Carta.
5. – Quanto innanzi si è detto sulle peculiarità che, a causa
delle particolari caratteristiche delle merci e delle modalità della
loro offerta al pubblico, contraddistinguono il c.d. magazzino a
prezzo unico dimostra il fondamento razionale della delimitazione del
possibile oggetto della licenza prefettizia e del conseguente obbligo
per il titolare di questa di richiedere, quanto intenda vendere anche
merci diverse da quelle descritte nell’art. 2 del decreto del 1938, la
normale licenza comunale. Anche sotto quest’ultimo profilo, dunque, la
questione appare priva di fondamento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1 e 2 del regio decreto legge 21 luglio 1938, n. 1468
(convertito in legge 9 gennaio 1939, n. 142), relativo alla “disciplina
dei magazzini di vendita a prezzo unico”, sollevata dall’ordinanza
indicata in epigrafe in riferimento all’art. 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.