Sentenza N. 98 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
11/03/1971
Data deposito/pubblicazione
11/03/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/05/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della
legge 4 aprile 1952, n. 218, in materia di pensioni dell’assicurazione
obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia), promosso con ordinanza
emessa il 23 giugno 1969 dal tribunale di Piacenza nel procedimento
civile vertente tra Guasconi Giovanni e l’Istituto nazionale della
previdenza sociale, iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1969 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.269 del 22
ottobre 1969.
Visti gli atti di costituzione di Guasconi Giovanni e d’intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 1971 il Giudice relatore
Luigi Oggioni;
uditi l’avv. Franco Agostini, per il Guasconi, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Cesare Soprano, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Guasconi Giovanni, dopo aver ottenuto, dal 1 maggio 1961, la
pensione di invalidità con la consegna del relativo libretto, avanzò
domanda, nel febbraio 1966, di riconoscimento dei contributi figurativi
relativi al servizio militare prestato negli anni 1941-1945 con
interruzione dell’attività lavorativa.
L’Istituto nazionale della previdenza sociale, in accoglimento
della richiesta, effettuò la rivalutazione della pensione come sopra
attribuita, a far tempo dal primo giorno del mese successivo a quello
in cui era stata avanzata la richiesta, cioè dal marzo 1966, a mente
dell’art. 22 d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, il quale dispone appunto
che, qualora, come nella specie, sia richiesto il riconoscimento di
contributi figurativi dopo la consegna del libretto di pensione
all’interessato, o vengano presentate tessere assicurative o versati
contributi dopo tale termine, la pensione viene riliquidata, ma
l’eventuale aumento decorre dal primo giorno del mese successivo a
quello in cui si è verificato “il tardivo adempimento”.
Il Guasconi allora ha convenuto l’INPS avanti al tribunale di
Piacenza per ottenere la retrodatazione della detta rivalutazione al 1
maggio 1961 e l’Istituto, nel resistere alla domanda, ha fatto richiamo
alla disposizione sopra menzionata.
Il tribunale, su conforme richiesta dell’attore, con ordinanza 23
giugno 1969, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
della ripetuta norma, sotto il profilo della violazione dell’art. 76
della Costituzione, per eccesso dai limiti della delega di cui all’art.
37 della legge 4 aprile 1952, n. 218. Il tribunale osserva al riguardo
che, se in nessuna delle leggi concernenti l’accreditamento dei
contributi figurativi vi sono disposizioni espresse che prescrivano la
rivalutazione della pensione dalla data di decorrenza della medesima,
tuttavia non vi sono neppure disposizioni nel senso limitativo di
quella impugnata, mentre anzi gli artt. 56 della legge 4 ottobre 1935,
n. 1827, e 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, deporrebbero a favore
del primo criterio dovendosi ritenere, in base ad essi, che
l’accreditamento dei contributi figurativi e la relativa rivalutazione
della pensione hanno effetto dalla data del pensionamento.
Questo convincimento sarebbe rafforzato dalla legge 18 marzo 1968,
n. 238, e dal successivo decreto presidenziale delegato 27 aprile 1968,
n. 488, con cui si stabilisce espressamente il principio della
rivalutazione “ex tunc” della pensione, anche nel caso di contribuzioni
figurative fatte valere dopo la consegna del certificato di pensione.
La norma impugnata, pertanto, conterrebbe una disciplina del tutto
nuova che non potrebbe qualificarsi né di attuazione né di
coordinamento con le precedenti disposizioni, ed andrebbe pertanto
oltre i limiti fissati con la citata legge di delegazione.
Il Guasconi inizialmente rappresentato e difeso dagli avvocati
Felice Trabacchi e Manlio Donati si è ritualmente costituito avanti a
questa Corte, sostituendo poi l’avv. Franco Agostini all’avv. Donati,
deceduto.
La difesa richiama sia l’art. 56 della citata legge n. 1827 del
1935, il quale dispone che i periodi di contribuzione figurativa “siano
computati utili” “su richiesta dell’interessato”, agli effetti della
pensione, sia l’art. 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218, che aggiunge
altri periodi di contribuzione figurativa a quelli ammessi in
precedenza, ed il cui computo dovrebbe avvenire d’ufficio,
indipendentemente dalla richiesta dell’interessato.
Dalla interpretazione di queste norme dovrebbe trarsi la
conclusione che l’accertamento dei periodi di contribuzione figurativa
e la rivalutazione della pensione che ne consegue hanno, per legge,
effetto dalla data del pensionamento e la norma impugnata esorbiterebbe
quindi dalla delega, perché subordinerebbe all’adempimento della
formalità della domanda la effettiva decorrenza del beneficio.
Si è anche tempestivamente costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che, nelle proprie difese, contesta la fondatezza della
questione.
Osserva infatti l’Avvocatura che la fissazione della data di
decorrenza di cui alla norma impugnata sarebbe da considerare in
aderenza con i principi generali del diritto e con quelli particolari
relativi alle liquidazioni delle pensioni INPS. Invero la scelta di una
decorrenza successiva alla domanda si fonderebbe sulla imputabilità al
suo titolare del ritardo nel far valere un diritto, cioè su un
principio universalmente riconosciuto in materia negoziale, e comunque
l’avere fissato la detta decorrenza al primo giorno del mese successivo
a quello in cui si è verificato il tardivo adempimento risponderebbe a
criteri già adottati in precedenti disposizioni in materia. Invero,
l’art. 93 della legge 4 ottobre 1935, n. 1827, stabilirebbe appunto
tale decorrenza per le pensioni liquidate in base a versamenti
facoltativi; l’art. 64 della stessa legge sancirebbe eguale principio
in materia di liquidazione anticipata della pensione, e l’art. 2 della
legge delega riaffermerebbe il riconoscimento del diritto alla pensione
dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata
presentata la domanda.
Né potrebbero condividersi le avverse illazioni relative all’art.
56 della legge n. 1827 del 1935 ed all’art. 4 della legge n. 218 del
1952.
La prima norma, invero, si limiterebbe a stabilire quali siano i
periodi utili ai fini del diritto alla pensione o della misura di
questa senza alcun cenno alla decorrenza del relativo beneficio, e la
seconda non farebbe che estendere i criteri dell’art. 56 citato anche
ai periodi di disoccupazione e di degenza sanatoriale, non considerati
in precedenza. Ciò senza pregiudicare in alcun modo la questione
della decorrenza del beneficio in caso di tardiva domanda, e postulando
anzi, con tale silenzio, la necessità del completamento, appunto
effettuato con la norma impugnata, in piena aderenza con la delega di
cui all’art. 37 della legge 1952, comprensiva del coordinamento con i
principi generali del diritto e con le particolari norme specifiche in
materia, e quindi della facoltà di eliminare le lacune contenute in
precedenti disposizioni.
Infine nessun argomento a favore delle tesi della illegittimità
potrebbe trarsi dalla nuova e contraria disciplina di cui alla legge
del 18 marzo 1968, n.238, e del relativo regolamento, poiché, anzi,
con ciò si dimostrerebbe che solo una nuova regolamentazione della
materia poteva sancire l’adozione del principio opposto a quello
precedente.
Chiede pertanto che la questione sia dichiarata infondata.
La difesa del Guasconi ha depositato nei termini una memoria
illustrativa con cui confuta le ragioni svolte nelle deduzioni
dell’Avvocatura ed insiste per la dichiarazione di illegittimità della
norma impugnata.
Sostanzialmente si osserva nella memoria che l’accreditamento di
ufficio dei contributi figurativi per disoccupazione e ricovero in
sanatorio di cui al citato art. 4 della legge 4 aprile 1952, n. 218,
escluderebbe l’applicabilità, in questi casi, del principio di
imputabilità all’avente diritto del ritardo nel farlo valere, dato che
si tratterebbe, in ipotesi, di un ritardo ascrivibile all’Istituto
previdenziale, e non all’interessato.
Tale principio, d’altra parte, non sarebbe comunque applicabile
nella specie perché, secondo la difesa, si finirebbe col confondere
l’esercizio di un diritto con il suo contenuto, ivi compresa, nel caso
delle prestazioni economiche periodiche in esame, la relativa
decorrenza, dovendosi riconoscere che in base al sistema previdenziale,
e segnatamente alla espressa disposizione dell’art. 72 r.d.l. 4 ottobre
1935, n. 1827, il diritto alla pensione sarebbe unitariamente collegato
al verificarsi dell’evento-rischio oggetto dell’assicurazione sociale,
esclusa quindi ogni autonomia del diritto stesso in relazione alla
quota della prestazione relativa ai contributi figurativi. La modifica
di cui all’art.2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, che introdusse il
collegamento della decorrenza della pensione di vecchiaia alla
presentazione della domanda, in vista della nuova possibilità
attribuita all’interessato di differire il godimento della pensione
stessa, apparirebbe giustificata solo in quanto effetto di una espressa
disposizione di legge e pertanto, in mancanza di ulteriori specifiche
prescrizioni di tal natura, che distinguano dal resto della pensione
quella parte che attiene ai contributi figurativi e ne fissino una
diversa decorrenza, dovrebbe concludersi che i contributi stessi
influiscono sulla misura della pensione con la decorrenza originaria.
Onde l’art. 22 impugnato si porrebbe in contrasto con i principi
dell’ordinamento giuridico previdenziale ed esorbiterebbe quindi dai
limiti della delega.
1. – La questione di costituzionalità è sottoposta alla Corte nei
seguenti termini: se sia conforme all’art. 76 della Costituzione l’art.
22 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (decreto delegato), nella parte in
cui dispone che – qualora, dopo la consegna all’interessato del
libretto di pensione (di invalidità), sia fatta istanza dallo stesso,
al fine di rivalutazione della pensione, per ottenere l’accredito di
contributi cosiddetti figurativi, in relazione a periodo pregresso di
interruzione forzata di attività lavorativa (nel caso, per servizio
militare obbligatorio) – tale riliquidazione debba avvenire con inizio
dell’eventuale aumento dal primo giorno del mese successivo a quello
del “tardivo adempimento” anziché dalla data di decorrenza originaria.
La Corte rileva che l’art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218
(legge delegante), ha demandato al Presidente della Repubblica di
emanare, mediante decreto, disposizioni di attuazione della legge
stessa e di coordinamento con le norme sulle assicurazioni sociali, il
tutto in conformità dei principi e criteri direttivi, emergenti dal
testo.
Poiché il decreto presidenziale sopra citato, di cui fa parte la
disposizione impugnata, ha avuto, per suo dichiarato oggetto,
l’attuazione ed il coordinamento previsti con la legge del 1952, devesi
esaminare se detta disposizione sia o meno conforme al contenuto ed ai
limiti segnati dalla legge di delega.
2. – La questione non è fondata.
L’ordinanza di rinvio dà atto, anzitutto, che “non esiste alcuna
disposizione di legge precedente al decreto delegato, la quale
stabilisca che la ricostituzione della pensione per accreditamento di
contributi figurativi debba decorrere dalla data di decorrenza della
pensione anziché dal mese successivo a quello della domanda di
ricostituzione”. Di seguito, tuttavia, l’ordinanza fa richiamo all’art.
56 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito in legge 6 aprile
1936, n. 1115, come disposizione atta a dimostrare che l’accreditamento
e la rivalutazione debbono decorrere dalla data del pensionamento.
La Corte (a parte la contraddizione tra il primo ed il secondo dei
suindicati richiami, negativo l’uno e positivo l’altro) osserva che
occorre considerare, nel quadro generale del sistema assicurativo e con
riguardo alla assicurazione contro l’invalidità, la parte afferente ai
contributi figurativi, quale risulta dalla legge-delega del 1952 e da
quelle precedenti in materia, di cui detta legge costituisce un
aggiornato ordinamento.
A comporre quel sistema hanno concorso il decreto legge lgt. 21
aprile 1919, n. 603; il r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827; il r.d.l. 14
aprile 1939, n. 636, sino alla legge citata del 1952.
Da queste norme risulta:
a) che, per ottenere la pensione d’invalidità, con l’utilizzazione
delle somme effettivamente versate a titolo di contribuzione
obbligatoria, si è imposta l’esigenza che l’interessato ne abbia fatto
domanda, condizionando all’adempimento di quest’onere i relativi
effetti, con inizio del loro decorso dal primo giorno del mese
successivo alla domanda stessa, indipendentemente dalla data di
insorgenza della invalidità (articolo 62 r.d.l. n. 1827 del 1935,
confermato per implicito dall’art. 38 della legge del 1952);
b) che, sempre con riguardo all’assicurazione contro la
invalidità, lo stesso collegamento tra presentazione di domanda,
riconoscimento ed attuazione del diritto è stato esteso con criteri
paralleli, alla utilizzazione delle contribuzioni figurative nei casi
di servizio militare, malattia, gravidanza e puerperio (art. 56 citato
r.d.l. n. 1827 del 1935);
c) che, solo per eccezione, l’accredito dei contributi figurativi
è stato riservato alla iniziativa di ufficio, nei casi di
assicurazione contro la disoccupazione involontaria e la degenza in
regime sanatoriale e postsanatoriale (art. 27 r.d.l. n. 636 del 1939 e
art. 4 legge n. 218 del 1952). In tal caso (vedi art. 27 del r.d.l. del
1939) “anche quando i contri buti non siano stati effettivamente
versati ma risultino dovuti, il requisito di contribuzione si intende
verificato”. Ciò ha la sua giustificazione nel fatto che è lo stesso
Istituto ad erogare le indennità di disoccupazione e assistenza
sanatoriale e, quindi, è già a conoscenza, senza che occorra la
domanda dell’interessato, dell’evento coperto da contribuzione
figurativa.
3. – Questa situazione normativa, vigente all’emanazione del
decreto delegato, va tenuta presente per giudicare della
costituzionalità, nel caso, dell’esercizio della funzione legislativa
delegata.
Questa Corte, con sentenza n. 34 del 1960, ha dato atto che la
delega contenuta nella legge del 1952 è “quanto mai ampia” e che va
intesa nel senso di escludere dal suo ambito quelle norme successive
che risultino in assoluta antinomia con la legge di delega.
Tale antinomia non si ravvisa nella norma in esame.
Il parallelismo indicato alla lettera b del numero precedente,
comporta che non sia da ritenere difforme dal sistema, che, come la
pensione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di
presentazione della domanda, così la sua rivalutazione, con relativo
aumento (collegata con l’accredito della contribuzione figurativa e
richiesta in separato atto, successivamente al verificarsi dell’evento
cui detta contribuzione si riferisce), decorra, corrispondentemente,
dal primo giorno del mese successivo a quello in cui tale richiesta sia
stata manifestata.
Si mantiene, quindi, nei limiti dell’ampia delega e della prevista
attuazione della stessa, l’aver tenuto conto della successione
cronologica della domanda, qualora questa risulti distanziata, in
misura maggiore o minore, dall’evento.
Data la natura condizionante della domanda, che costituisce, per
l’Istituto di previdenza, l’unica fonte d’informazione, rientra nel
sistema, che ha preceduto il decreto delegato, l’aver affidato alla
volontà d’iniziativa dell’interessato ed alla tempestività della
stessa, il far valere il suo diritto. con le conseguenze suindicate:
conseguenze che derivano anche, nei riflessi dell’Istituto, da
considerazioni di tecnica attuariale e di certezza di rapporti
giuridici.
4. – Poiché la proposta questione di legittimità costituzionale
è circoscritta nei limiti di eccesso di delega rispetto alla legge del
1952, ne rimangono estranei gli sviluppi legislativi posteriori al
decreto delegato del 1957 (legge n. 1338 del 1962 – legge n. 238 del
1968 – d.P.R. n. 488 del 1968 – legge n. 153 del 1969), nella parte in
cui si è ritenuto modificare la situazione normativa in materia per
mutati criteri, valutati ex novo dal legislatore.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e
di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sulle pensioni
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia e i
superstiti), sollevata, con ordinanza 23 giugno 1969 del tribunale di
Piacenza, in riferimento all’art. 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.