Sentenza N. 99 del 1964
Corte Costituzionale
Data generale
07/12/1964
Data deposito/pubblicazione
07/12/1964
Data dell'udienza in cui è stato assunto
03/12/1964
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIEACIO, Giudici,
30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), promosso con
ordinanza emessa il 30 aprile 1964 dal Tribunale di Palermo nel
procedimento penale a carico di Farinella Mario e Fidora Etrio,
iscritta al n. 106 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 21 ottobre 1964 la relazione del
Giudice Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel corso del procedimento penale contro Farinella Mario e Fidora
Etrio, il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 30 aprile 1964, ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 105
dell’Ordinamento giudiziario (R. D. 30 gennaio 1941, n. 12), per il
quale – in caso di mancanza od impedimento di un giudice – il
Presidente del Tribunale può costituire il collegio, chiamando, quando
non può provvedere altrimenti, un vice pretore della stessa sede (e
quindi anche un magistrato onorario). Questa norma sarebbe in contrasto
con il secondo comma dell’art. 106 della Costituzione, secondo il quale
“La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche
elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a
giudici singoli”.
Con una precedente ordinanza lo stesso Tribunale aveva dichiarato
infondata la questione sopraindicata, facendo richiamo al primo comma
della VII disposizione transitoria della Costituzione, per cui “fino a
quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in
conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme
dell’ordinamento vigente”. Ma dopo la pubblicazione della sentenza di
questa Corte n. 156 del 5 dicembre 1963, la quale ha deciso che, una
volta avvenuta la revisione, sia pure parziale, dell’ordinamento
preesistente, anche le norme conservate non possono sfuggire al
sindacato di legittimità costituzionale, il Tribunale ha revocato la
precedente ordinanza, ha ritenuto non manifestamente infondata la
stessa questione riproposta dalla difesa e, disponendo la sospensione
del giudizio, ha ordinato la trasmissione degli atti a questa Corte.
Nel dispositivo dell’ordinanza, si è fatto riferimento oltre che
all’art. 106 anche all’art. 23 della Costituzione.
L’ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 157 del 27 giugno 1964.
Nel presente giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato.
Nelle deduzioni depositate in cancelleria e nella memoria del 6
ottobre 1964, l’avvocato generale dello Stato premette che il richiamo
all’art. 23 della Costituzione è evidentemente errato, non
discutendosi affatto, nella fattispecie, di prestazioni personali o
patrimoniali; ed aggiunge che potrebbe intendersi richiamato l’art. 25,
sotto il profilo della sottrazione del giudicabile al proprio giudice
naturale attraverso l’istituto della supplenza. A questo proposito,
rileva che, già con sentenza n. 156 del 1963, questa Corte ha
riconosciuto la legittimità di tale istituto, perché la norma
dell’art. 25 – pur comportando che la competenza del giudice debba
essere determinata in via generale, con adeguate garanzie in casi di
deroga, e pur significando che la costituzione degli organi giudicanti
non debba avere luogo in vista del singolo processo – non esclude
tuttavia che ai vuoti determinatisi negli organi giudicanti si faccia
fronte, di volta in volta, o in via permanente oppure in via
temporanea, con la supplenza, la sostituzione e l’applicazione.
Per quanto attiene al riferimento all’art. 106 della Costituzione,
l’Avvocatura dello Stato osserva che – se si ritiene legittima la
supplenza, e cioè che un giudice singolo ordinario possa esercitare
temporaneamente ed eccezionalmente le funzioni di componente di un
collegio giudicante – la questione posta dalla ordinanza deve ritenersi
infondata in quanto il detto articolo consente che dal magistrato
onorario siano esercitate tutte le funzioni del giudice singolo e
quindi anche quelle temporanee ed eccezionali di supplenza.
Peraltro, il precetto costituzionale ha riguardo propriamente alla
nomina del magistrato onorario, ossia alla costituzione del suo status
normale nell’ordinamento giudiziario. Ciò non può essere confuso con
la possibilità del conferimento di un incarico di mera supplenza
presso un organo collegiale, in quanto tale incarico non incide affatto
sulla posizione istituzionale del magistrato onorario in ordine alla
titolarità ed all’ambito delle ordinarie funzioni attribuitegli con
l’atto di nomina.
Pertanto l’Avvocatura dello Stato conclude per la infondatezza
della questione sollevata dal Tribunale di Palermo.
Il Tribunale di Palermo – con la suindicata ordinanza – ritiene che
dal secondo comma dell’art. 106 della Costituzione derivi che il vice
pretore onorario possa esercitare soltanto le funzioni ordinarie del
pretore, e non quelle eccezionali e temporanee di supplenza; e ritiene
pertanto che questo precetto sia violato dall’art. 105 dell’Ordinamento
giudiziario, secondo il quale il Presidente del Tribunale – quando
manchi o sia impedito un giudice – e non sia possibile provvedere con
giudici di altre sezioni – delega, nell’ordine, un pretore, un aggiunto
giudiziario od un vice pretore.
La questione non è fondata.
L’art. 106 stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per
concorso; tuttavia, le funzioni del giudice singolo (pretore e
conciliatore) possono essere esercitate da magistrati onorari. Questo
essendo il significato della norma in esame, la quale non tratta
dell’esercizio delle funzioni giudiziarie e tanto meno della
attribuzione di funzioni a determinati organi, non sembra dubbio che la
frase: “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” debba
intendersi come indicazione generica dell’ufficio nel quale i
magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare funzioni
giudiziarie.
Anche senza tenere conto dell’argomento letterale (la frase “tutte
le funzioni” comprenderebbe non soltanto quelle ordinarie, ma anche le
funzioni temporanee ed eccezionali derivanti da un incarico di
supplenza), per decidere la questione, è sufficiente rilevare che
risolvendosi “la nomina” nella costituzione dello stato giuridico del
magistrato nell’ambito dell’ordinamento giudiziario, la possibilità di
un temporaneo incarico di supplenza presso un collegio giudicante non
può essere confusa con un precetto riguardante detto “stato”. E già
questa Corte ha avuto occasione di affermare che i provvedimenti, i
quali, per ragioni contingenti, facciano luogo alla temporanea
destinazione di un magistrato ad una sede oppure ad una funzione
diversa da quelle alle quali egli sia assegnato, non incidono sullo
“stato” dei magistrati (sentenza n. 156 del 1963).
La norma impugnata che pertanto non viola l’art. 106 della
Costituzione risponde altresì ad esigenze eccezionali
dell’amministrazione della giustizia, che si verificano sopratutto nei
piccoli Tribunali, nei quali non è possibile talvolta comporre il
collegio giudicante per mancanza di un giudice. Ed il vice pretore
onorario può essere chiamato per singole udienze o singoli processi
dopo il pretore e l’aggiunto giudiziario, secondo l’ordine fissato
dallo stesso art. 105.
Nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione è indicato anche
l’art. 23 della Costituzione, ma tale articolo non può essere preso in
considerazione perché l’indicazione è errata, non essendo in
questione alcuna prestazione personale o patrimoniale, e perché
inoltre il riferimento non è sorretto da alcun cenno di motivazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 105 del R. D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento
giudiziario) sollevata dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 30
aprile 1964, in riferimento agli artt. 23 e 106 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1964.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.