Sentenza N. 11 del 2019
TAR di Genova - Sezione Prima
Data deposito/pubblicazione
03/01/2019
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/12/2018
Pubblicato il 03/01/2019
N. 00011/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00011/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11 del 2016, proposto da:
Comune della Spezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Bormioli e Stefano Carrabba, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Bormioli in Genova, p.zza Dante 9/14;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliato in Genova, viale Brigate Partigiane 2;
per il risarcimento dei danni da provvedimento illegittimo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso depositato in data 16 gennaio 2016 il Comune della Spezia instava per la condanna del Ministero per i beni e le attività culturali al risarcimento dei danni da provvedimento illegittimo ai sensi dell’articolo 30 c.p.a..
2. Detta richiesta seguiva al contenzioso originato dalla realizzazione, da parte della civica amministrazione, di un progetto di riqualificazione architettonica ed artistica di Piazza G. Verdi, che prevedeva tra l’altro l’eliminazione di un filare di pini marittimi -che ne costituiva lo spartitraffico centrale- e la loro sostituzione con altre forme di arredo urbano.
3. Il progetto otteneva l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 21 del d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) ma, a seguito degli esposti presentati da alcuni comitati di cittadini e associazioni contrari all’opera, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per la Liguria sospendeva i lavori e –all’esito del procedimento di verifica- dichiarava l’interesse culturale della piazza e degli alberi, annullando d’ufficio l’autorizzazione limitatamente alle opere che prevedevano la rimozione dell’alberatura. Tali atti, preannunciati da un tweet del Ministro, venivano giustificati con la sopravvenuta notizia della risalenza della piantumazione degli alberi ad un’epoca che contrastava con la datazione dichiarata dal comune ai fini del rilascio dell’autorizzazione e che comportava la soggezione di tali beni pubblici alla procedura di verifica dell’interesse culturale ai sensi dell’art. 12 del Codice.
4. Detti provvedimenti (sospensione dei lavori, dichiarazione di interesse culturale e annullamento d’ufficio dell’autorizzazione) venivano annullati in sede giudiziale (TAR Liguria, I, 787/2014 confermata da C.d.S., sez. VI, 769/2015).
5. Il comune della Spezia agiva quindi con l’odierno gravame al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della loro adozione. Evidenziava che il ritardo nella realizzazione del progetto ad essi riconducibile era stimabile in 605 giorni e articolava le seguenti correlate voci di danno: il pregiudizio per il ritardo subito nell’esecuzione dei lavori, quantificato in 205.000 euro, corrispondente a quanto versato alla ditta appaltatrice dei lavori per riserve; il danno per il ritardato utilizzo della Piazza riqualificata da parte della collettività dei cittadini, stimato in 1.633.000 euro, il danno all’immagine dell’amministrazione comunale, per il quale chiedeva sia il risarcimento in forma specifica sia il pagamento di 500.000 euro. Infine instava per la condanna “condizionata” dell’amministrazione intimata al ristoro delle future somme dovute dal comune a soggetti terzi per il ritardo nei lavori e nella disponibilità di Piazza Verdi.
6. Si costituiva in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali contestando sia la ricostruzione dei fatti proposta dall’amministrazione ricorrente sia la fondatezza delle pretese risarcitorie avanzate.
7. In vista dell’udienza di merito le parti ribadivano le proprie posizioni con il deposito di memorie e repliche.
8. La causa veniva quindi chiamata all’udienza pubblica del 6 dicembre 2018 e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’odierna controversia ha ad oggetto la domanda del Comune della Spezia di condanna del Ministero dei beni e delle attività culturali al risarcimento dei danni patiti per l’illegittima sospensione dei lavori di riqualificazione di Piazza Verdi determinata dai provvedimenti adottati dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria, successivamente annullati giudizialmente.
2. Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati.
3. La responsabilità della pubblica amministrazione per attività amministrativa illegittima va ricondotta al paradigma della responsabilità extracontrattuale, disciplinata dall’art. 2043 Cod. civ., e i cui elementi costitutivi sono dati da: a) l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo; b) il danno, patrimoniale o non patrimoniale; c) il nesso causale tra la condotta e il danno e d) la colpa dell’amministrazione. (C.d.S. Sez. V, 9.07.2018, n. 4191).
3.1. Nel caso di specie il primo elemento, di carattere oggettivo, risulta provato dall’annullamento giudiziale dei provvedimenti che hanno determinato la sospensione o comunque il rallentamento nei lavori in questione e l’elemento soggettivo è dato dalla violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve costantemente ispirarsi, parimenti accertata dalle richiamate pronunce di annullamento. La sentenza del TAR Liguria, sez. I, n. 787/2014 ha, infatti, ritenuto ricorrente il vizio di eccesso di potere per sviamento, in quanto “gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a sospendere i lavori – oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti determinazioni- non già sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi istruttori circa l’epoca di piantumazione del filare dei pini (elementi emersi soltanto in seguito, e valorizzati nel decreto del Direttore regionale 8.11.2013), ma al fine di assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro, di sospendere i lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren”.
3.2. Va quindi verificata, in relazione ai pregiudizi esposti, la ricorrenza degli ulteriori presupposti per il positivo accertamento della responsabilità, ovvero il danno, patrimoniale o non patrimoniale, prodotto (c.d. danno conseguenza) ed il nesso causale, ovvero la sua riconducibilità alla condotta dell’amministrazione.
4. Detti elementi ricorrono per la prima voce per la quale viene richiesto il risarcimento, relativa al ritardo nei lavori di riqualificazione della piazza e alle somme che il Comune della Spezia ha conseguentemente corrisposto alla ditta esecutrice in relazione alle riserve da questa avanzate.
4.1. E’ infatti indubbio che i provvedimenti giudizialmente annullati abbiano determinato un rallentamento dei lavori per la realizzazione del progetto e, parimenti, che lo stesso abbia comportato, per il Comune, un onere di risarcimento in favore della ditta esecutrice, NEC s.p.a..
Sussistono pertanto le condizioni per accogliere tale domanda di danno, attesa la rilevata sussistenza dei presupposti per la sua fondatezza.
4.2. La quantificazione del pregiudizio subito viene allegata dal ricorrente facendo riferimento alla somma versata alla ditta esecutrice a seguito dell’accordo bonario con la stessa siglato. L’ammontare complessivo delle 7 riserve ammontava a 831.602,25 euro, mentre l’accordo bonario ha ridotto il versamento da parte del Comune a 205.000 euro.
4.3. Alcune voci esposte dalla ditta appaltatrice non erano peraltro riconducibili ai provvedimenti giudizialmente annullati o lo erano solo in parte. In particolare:
la riserva n. 2 – scarsa produttività del cantiere nel periodo dal 13 luglio 2013 al 31 gennaio 2015, per un importo totale stimato da NEC in 500.091,77 euro, veniva motivata dalla società appaltatrice non solo in ragione della ridotta utilizzabilità dell’area di cantiere e dalla difficoltà di movimentazione di mezzi e materiali per il blocco lavori imposto dalla Soprintendenza, ma anche dal reperimento di canali fognari di cui non si conosceva l’esistenza, da ritardi nella posa dei tubi di acqua potabile e gas da parte della ditta incaricata, da complicazioni relative alla presenza e alla sovrapposizione di sottoservizi che avevano rallentato gli scavi negli incroci, dal rotture di condotte idriche, dalla mancanza di una struttura tecnica e organizzativa efficiente. Inoltre veniva richiamato da NEC anche il ritardo dovuto al reperimento di fondazioni di vecchi edifici ottocenteschi che avevano richiesto per due volte l’iter per l’autorizzazione alla demolizione; come precisato dalla difesa del Ministero detto rallentamento è imputabile esclusivamente al comune, che ha omesso la previa verifica -in fase progettuale- dell’interesse archeologico ai sensi degli artt. 95-96 del D.Lgs. 163/2006, con conseguente necessità di effettuare gli studi e le indagini in fase esecutiva;
la riserva n. 3 – fermo cantiere dal 26 giugno all’11 settembre 2014, quantificata da NEC in 60.041,50 euro, era motivata dal ritrovamento, durante gli scavi, di parti murarie e dalla conseguente necessità di ottenere il permesso di demolire da parte della Soprintendenza Ligure. Pertanto detta voce, peraltro contestata anche dalla direzione lavori del comune, non è imputabile al MIBAC;
la riserva n. 4, quantificata in 70.369,38 euro era motivata dal costo per l’approvvigionamento di materiali, pertanto detta voce, contestata anche dalla direzione lavori del comune, non è imputabile al MIBAC;
analogamente non possono essere addebitate alla controinteressata le riserve n. 6, per mancata contabilizzazione impianto irrigazione lato monte (4.479,05 euro) e n. 7 per mancata contabilizzazione angolare in alluminio aiuole lato mare (2.762,25 euro).
Sono invece riconducibili alla sospensione lavori disposta ai fini della verifica dell’interesse culturale della piazza e ai conseguenti contenziosi giudiziali le riserve n. 1 e n. 5 per fermo cantiere (rispettivamente per 24 e 77 giorni), per le quali veniva esposto un importo complessivo di 193.858,08.
4.4. Pertanto, considerando come imputabile al ritardo determinato dai provvedimenti giudizialmente annullati una parte della riserva n. 2, nonché le riserve n. 1 e n. 5, per una somma complessiva di 292.000 euro, e riconoscendo al comune detto importo in proporzione al rapporto tra la somma inizialmente richiesta dalla ditta (831.602,25 euro) e quella effettivamente versata dal comune a seguito dell’accordo bonario (205.000 euro), ovvero nella misura di 1/4, si può stimare il danno imputabile al MIBAC in 73.000 euro.
5. Per le altre voci di danno esposte non ricorrono invece gli elementi costitutivi dell’illecito e quindi i presupposti del risarcimento.
6. Per quanto riguarda il preteso danno derivante alla collettività dalla mancata disponibilità della piazza, quantificato in 1.633.000 euro, in disparte ogni considerazione in merito al quantum, non sussiste la legittimazione attiva del Comune a rivendicarne il risarcimento né la prova del danno stesso.
6.1. Il primo elemento non pare ancorabile alla generica affermazione relativa alla rappresentatività istituzionale in capo al Comune degli interessi della comunità insediata nel suo territorio. Occorre -infatti- evidenziare che nel caso di specie il progetto era fortemente osteggiato da una parte significativa della popolazione rappresentata dal medesimo ente esponenziale.
6.2. Sotto il profilo del danno va rilevato poi che la realizzazione di qualsiasi opera pubblica comporta dei disagi più o meno prolungati alla popolazione dell’area interessata, senza che ciò possa ex sé configurare l’esistenza di una posizione sostanziale tutelabile giudizialmente e l’esistenza di un danno suscettibile di ristoro. Diversamente ragionando anche il comune dovrebbe essere tenuto al risarcimento dei danni alla collettività in ragione del mancato utilizzo di Piazza Verdi, anche in considerazione dei ritardi nei lavori direttamente imputabili all’amministrazione civica.
6.1. La pretesa non merita pertanto accoglimento.
7. Il danno all’immagine discenderebbe, secondo l’amministrazione ricorrente, dai provvedimenti annullati nonché dalle dichiarazioni ai mezzi di informazione rese da cittadini, esponenti di associazioni e da opinionisti televisivi, che avrebbero rappresentato l’amministrazione comunale e i suoi esponenti come responsabili di false rappresentazioni della realtà (in relazione alla datazione del filare di piante) e della conseguente lesione di beni del patrimonio storico-artistico.
7.1. Non sussiste in questo caso il nesso di causalità tra gli atti adottati dal Ministero e dalle sue articolazioni periferiche e il danno lamentato dal Comune. L’amministrazione resistente non può infatti essere ritenuta responsabile di commenti o critiche all’amministrazione comunale e ai suoi rappresentanti politici e tecnici formulati da parte di soggetti ad essa estranei che, in ragione della loro contrarietà all’opera pubblica, si sono espressi attraverso i mezzi di informazione in modo aggressivo o offensivo rispetto alla civica amministrazione. Tale richiesta è quindi parimenti infondata.
8. Infine non merita accoglimento la richiesta di condanna condizionata del Ministero resistente al ristoro al comune dei danni “futuri” da risarcire nei confronti di terzi a causa della ritardata disponibilità della Piazza. Detta richiesta risulta del tutto generica e priva di qualsiasi supporto probatorio.
9. In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto limitatamente alla richiesta del risarcimento dei danni relativi alle spese sostenute dal comune per le riserve avanzate dalla ditta aggiudicatrice dei lavori, che per le motivazioni premesse viene quantificato nella misura di 73.000 euro.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati in premessa e, per l’effetto, condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore del Comune della Spezia, a titolo di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, l’importo di 73.000 euro, nonché al pagamento delle spese di lite, che liquida in 3.000,00 (tremila//00) euro, oltre agli accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Peruggia, Presidente FF
Richard Goso, Consigliere
Elena Garbari, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Elena Garbari
IL PRESIDENTE
Paolo Peruggia