Sentenza N. 120 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
09/06/1971
Data deposito/pubblicazione
09/06/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
da 9 a 17, 26, 27, 29, 33, 51, 52 e 53 della legge 12 febbraio 1968, n.
132 (enti ospedalieri e assistenza ospedaliera), promossi:
1) dalla Regione della Lombardia, con ricorso notificato il 27
agosto 1970, depositato in cancelleria il 5 settembre successivo ed
iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1970;
2) dalla Regione degli Abruzzi, con ricorso notificato il 2 ottobre
1970, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 19
del registro ricorsi 1970.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 1971 il Giudice relatore
Giovanni Battista Benedetti;
uditi l’avv. Enrico Allorio, per la Regione della Lombardia, l’avv.
Pietro Tranquilli-Leali, per la Regione degli Abruzzi, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – La Regione della Lombardia e quella degli Abruzzi, con ricorsi
notificati al Presidente del Consiglio dei ministri rispettivamente il
27 agosto 1970 e il 2 ottobre 1970, hanno impugnato la legge 12
febbraio 1968, n. 132, contenente norme sugli enti ospedalieri e
l’assistenza ospedaliera.
In particolare la Regione lombarda ha denunciato l’illegittimità
costituzionale dei seguenti articoli:
a) art. 1, per violazione dell’art. 118 della Costituzione, perché
confisca a beneficio del Ministro della sanità competenze
amministrative nella materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che
l’art. 117 riserva alle Regioni;
b) artt. 9 a 17, perché organizzano l’amministrazione degli enti
ospedalieri, la vigilanza sugli stessi e sugli istituti ed enti
ecclesiastici che esercitano l’assistenza ospedaliera, con disposizioni
che tolgono ogni potere regionale di intervento;
c) artt. 26, 27 e 29, perché consentono allo Stato di procedere ad
una programmazione di settore in una materia di competenza
amministrativa e legislativa regionale;
d) art. 33, perché consente la concessione, da parte del Ministro
della sanità, di contributi e sussidi agli enti e integrazione degli
assegni ai medici interni, mentre in base agli artt. 118 e 119 della
Costituzione gli interventi predetti dovrebbero essere effettuati
attraverso le Regioni;
e) artt. 51, 52 e 53, perché concernono le case di cura privata e
permettono unicamente all’amministrazione centrale dello Stato, insieme
a quella periferica, ogni iniziativa ed ogni controllo.
La Regione abruzzese ha impugnato invece gli artt. 1, da 9 a 17,
26, 27, 29, 33, 51, 52 e 53, come lesivi della competenza legislativa
ed amministrativa della Regione ed inoltre della sua autonomia
finanziaria.
Viene rilevato dalle due Regioni che allo Stato poteva competere di
dettare norme direttive, non disposizioni così analitiche come quelle
emanate, che rendono esclusivo l’intervento dello Stato e negano ogni
potere alle Regioni.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto innanzi
alla Corte, ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi, perché
notificati entro i trenta giorni dalla data d’insediamento della prima
giunta regionale, ma a distanza di anni dalla data di pubblicazione
della legge impugnata: le ragioni dell’eccezione sono quelle stesse
esposte dalla medesima parte a proposito del ricorso proposto dalla
Regione lombarda avverso la legge 16 maggio 1970, n. 281, contenente
provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto
ordinario, deciso con la sentenza 25 febbraio 1971, n. 39.
Nel merito, il Presidente del Consiglio rileva che non tutta la
materia sanitaria può considerarsi trasferibile alle Regioni: l’art.
32 della Costituzione affida alla “Repubblica” la tutela della salute,
e la legge suddetta è di natura programmatica ancorché di settore,
cosicché vale per essa ciò che la Corte ha deciso nella sentenza 24
gennaio 1964, n. 4, a proposito della legge sugli acquedotti. L’art. 32
della Costituzione dovrà necessariamente passare attraverso strumenti
e fasi di programmazione a carattere nazionale, coordinati con le
competenze delle Regioni: l’obiettivo di fondo è l’istituzione del
servizio sanitario nazionale, ma la legge impugnata non sembra ignorare
o comprimere, fuori dalle necessità di coordinamento, le autonomie
regionali. L’intervento degli organi statali previsto nell’art. 1 si
spiega alla luce della natura degli istituti ivi considerati di livello
universitario, mentre la disciplina delle case di cura private,
riguardando le iniziative privatistiche nel settore sanitario, esula
dalla competenza regionale e non può non essere riservata allo Stato.
3. – La Regione lombarda e il Presidente del Consiglio dei ministri
hanno presentato memorie.
La Regione lombarda, a proposito dell’eccezione di intempestività
del suo ricorso, oppone le medesime argomentazioni da essa prospettate
nella causa decisa con la predetta sentenza 25 febbraio 1971, n. 39.
Nel merito ribadisce che la legge impugnata non può ritenersi di
programma, dato che contiene minuziose disposizioni che non lasciano
margine alcuno alle competenze regionali e addirittura le confisca.
La Presidenza del Consiglio fa presente che, per evitare vuoti
legislativi, l’intervento dello Stato non poteva essere che completo e
minuto. Allorquando le Regioni saranno poste in grado di esercitare la
potestà legislativa che loro spetta nella materia, si porrà il
problema della coesistenza della legge con quelle regionali: una
corretta dialettica del rapporto fra la potestà statale e quella
regionale potrà consentire la discriminazione fra norme e principi,
mentre oggi la Regione non può pretendere che l’ordinamento si tenga
sgombro da una disciplina in atto necessitata.
4. – All’udienza del 13 gennaio 1971 le parti hanno oralmente
svolto e illustrato le rispettive tesi difensive.
Le questioni da decidere sono sostanzialmente eguali a quelle sulle
quali questa Corte si è pronunciata con sentenza in pari data n. 119.
Anche i ricorsi in esame devono ritenersi tempestivamente
notificati, poiché, come già statuito nella sentenza 25 febbraio
1971, n. 39, i termini per la proposizione dei ricorsi per le Regioni
di nuova istituzione debbono computarsi a far data dal giorno della
formazione delle rispettive giunte.
Tuttavia tali ricorsi sono inammissibili per altro verso. Nella
citata sentenza n. 119 la Corte ha precisato che alle Regioni è
impedito di sollevare questioni d’invasione della sfera di loro
competenza finché non siano maturati i presupposti richiesti dall’art.
17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e cioè fino a quando non siano
stati emanati i decreti relativi al trasferimento alle Regioni delle
funzioni loro attribuite e del relativo personale dipendente dallo
Stato o, in mancanza, finché non sia decorso un biennio dall’entrata
in vigore della predetta legge.
Nella specie tali presupposti non si sono ancora verificati e
pertanto solo quando sarà stato rimosso l’impedimento costituzionale
che ne deriva potranno porsi in concreto questioni di menomazione delle
competenze regionali. Rimosso tale impedimento, la legge impugnata non
potrà impedire l’esercizio della competenza regionale e in essa si
potranno rinvenire i principi fondamentali che pongono limiti a tale
esercizio, ex art. 117 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 26, 27, 29, 33, 51,
52 e 53 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, recante norme sugli enti
ospedalieri e sull’assistenza ospedaliera, proposta dalla Regione della
Lombardia e da quella degli Abruzzi, con ricorsi rispettivamente del 27
agosto e 2 ottobre 1970, in riferimento agli artt.5, 115, 117, 118, 119,
23, 125 e 130 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.