Sentenza N. 22 del 1978
Corte Costituzionale
Data generale
20/03/1978
Data deposito/pubblicazione
20/03/1978
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/03/1978
OGGIONI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof.
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE, Giudici,
legge 3 febbraio 1975, n. 15, recante: “Autorizzazione a trasferire in
proprietà al Comune di Bolzano alcuni immobili appartenenti al
patrimonio dello Stato, siti in detta città”, promosso con ricorso del
Presidente della Giunta provinciale di Bolzano e con l’intervento del
Comune di Bolzano, notificato il 21 marzo 1975, depositato in
cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 7 del registro 1975.
Visti gli atti di costituzione del Comune di Bolzano e del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 18 gennaio 1978 il Giudice relatore
Guido Astuti;
uditi l’avv. Umberto Coronas per la Provincia di Bolzano, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di una controversia insorta innanzi al tribunale di
Trento tra il Comune di Bolzano ed il Ministero delle finanze, avente
ad oggetto la validità della donazione di alcuni immobili effettuata
dal Comune predetto in favore dello Stato nel 1938, si prospettava tra
le parti una soluzione transattiva della lite, mediante trasferimento
di alcuni immobili di proprietà dello Stato al Comune di Bolzano,
parte dei quali compresi nella originaria donazione e parte estranei.
A seguito di ciò e per poter dare esecuzione alla transazione era
emanata la legge 3 febbraio 1975, n. 15, recante “autorizzazione a
trasferire in proprietà al Comune di Bolzano alcuni immobili
appartenenti al patrimonio dello Stato, siti in detta città”.
Con atto del 21 marzo 1975 la Provincia di Bolzano ha impugnato, in
via principale, la legge indicata, deducendo la violazione dell’art. 68
dello Statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione.
Con la legge impugnata sarebbe stato, infatti, autorizzato il
trasferimento al Comune di Bolzano di alcuni immobili, ubicati nel
territorio del capoluogo alto-atesino, di pertinenza del patrimonio
dello Stato. Ciò, nonostante che tali immobili rientrassero, per il
combinato disposto dell’art. 68 dello Statuto e dell’art. 8 delle norme
di attuazione, tra quelli devoluti in proprietà alla Provincia. I beni
cui si riferisce la legge sarebbero, quindi, da considerare sottratti
alla disponibilità dello Stato, con conseguente illegittimità della
legge stessa.
Interveniva in giudizio il Comune di Bolzano e si costituiva, a
mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, il Presidente del Consiglio
dei ministri, deducendo entrambi la infondatezza della questione
proposta.
In particolare, l’Avvocatura dello Stato rilevava che l’articolo 68
dello Statuto escluderebbe dal trasferimento alla Provincia i beni
relativi al demanio militare o a servizi di carattere nazionale. Nel
caso di specie, i beni contemplati dalla legge impugnata sarebbero
stati tutti inerenti al patrimonio dello Stato, siccome in uso
governativo, e, quindi, non interessanti servizi relativi a materie
trasferite alla Provincia. Di qui la piena legittimità della
disciplina impugnata.
Del resto, gli immobili cui si riferisce tale normativa sarebbero
già stati esclusi dal trasferimento alla Regione, facendo parte del
patrimonio indisponibile dello Stato anche alla data di entrata in
vigore dello Statuto regionale (14 marzo 1948).
La questione, già fissata per l’udienza del 23 marzo 1977, era poi
discussa all’udienza del successivo 15 giugno. Con ordinanza letta in
udienza la Corte dichiarava inammissibile la costituzione in giudizio e
la domanda di intervento del Comune di Bolzano, non potendo partecipare
nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale
soggetti non titolari di potestà legislativa. La Corte, inoltre, con
ordinanza n. 130 del 14 luglio 1977, disponeva il deposito presso la
cancelleria, a cura della Provincia di Bolzano e del Presidente del
Consiglio dei ministri, degli atti e documenti idonei a provare la
situazione di fatto e di diritto dei beni cui si riferisce il giudizio.
Sia la Provincia di Bolzano che il Presidente del Consiglio dei
ministri hanno prodotto la richiesta documentazione.
1. – La Provincia di Bolzano impugna, in via principale, la legge 3
febbraio 1975, n. 15, “Autorizzazione a trasferire in proprietà al
Comune di Bolzano alcuni immobili appartenenti al patrimonio dello
Stato, siti in detta città”, deducendo violazione dell’art. 68 dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e delle relative norme di
attuazione, approvate con d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115. Si assume nel
ricorso che gli immobili elencati alle lettere a, b, c, d dell’articolo
unico di detta legge rientrerebbero tra i beni patrimoniali dello Stato
devoluti alla Provincia e trasferiti al suo patrimonio in base alle
disposizioni dell’art. 68 dello Statuto e dell’art. 8 delle norme di
attuazione; autorizzandone la cessione al Comune di Bolzano, il
legislatore statale avrebbe illegittimamente disposto di beni ormai
sottratti al suo potere di disposizione.
Essendo contestate tra le parti la natura e la destinazione dei
diversi immobili sopraindicati, questa Corte, con ordinanza 14 luglio
1977, n. 130, ha disposto il deposito degli atti e documenti idonei a
provare la situazione di diritto e di fatto degli immobili stessi, nel
tempo in cui, secondo l’assunto della Provincia, avrebbe dovuto esserne
effettuato il trasferimento.
Eseguito tale deposito da entrambe le parti, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha osservato che gli immobili oggetto della
legge n. 15 del 1975 “non erano e non sono adibiti a servizi attinenti
alle materie trasferite alla Provincia, ed erano restati anche esclusi
dal trasferimento alla Regione, in quanto, alla data di entrata in
vigore dello Statuto regionale, essi facevano parte del patrimonio
indisponibile dello Stato, perché in uso governativo”.
La Provincia ha ribadito che gli immobili in questione sono di sua
pertinenza, risultando con certezza dalla documentazione prodotta che
essi non facevano parte del demanio militare, né erano destinati a
servizi di carattere nazionale.
2. – La questione non è fondata. Presupposto in diritto della
pretesa della Provincia è l’asserita successione, nell’ambito del
proprio territorio, in tutti i beni e diritti demaniali e patrimoniali
di natura immobiliare dello Stato, ad esclusione soltanto di quelli
relativi al demanio militare o a servizi di carattere nazionale. Ma la
disposizione dell’art. 68 dello Statuto speciale non autorizza una
così ampia interpretazione. A differenza dall’art. 67 dello Statuto
del 1948 (che nel secondo comma disponeva, in via generale: “i beni
immobili patrimoniali dello Stato situati nella Regione sono trasferiti
al patrimonio della Regione”), l’art. 68 ha stabilito che le Province
succedono nei beni demaniali e patrimoniali dello Stato “in
corrispondenza delle nuove materie attribuite alla loro competenza”,
ossia delle materie elencate negli artt. 8 e 9 dello Statuto, in cui le
due Province autonome possono emanare norme legislative ed esercitare
le corrispondenti potestà amministrative, già spettanti allo Stato o
alla Regione nell’ordinamento preesistente. Questa oggettiva
limitazione è confermata puntualmente dalle disposizioni del d.P.R. 20
gennaio 1973, n. 115: il capo I (art. 1 e seguenti) e il capo IV (art.
8 e seguenti) delle norme di attuazione regolano precisamente il
trasferimento dei beni e diritti demaniali e patrimoniali di natura
immobiliare dello Stato, con espresso riferimento alle categorie ivi
elencate, che corrispondono alle materie attribuite alla competenza
legislativa ed amministrativa delle Province autonome di Trento e
Bolzano. Occorre pertanto accertare sia la condizione giuridica
attuale (senza esclusivo riguardo alla formale classificazione nei
registri di consistenza o nei catasti), sia la effettiva destinazione,
dei diversi immobili analiticamente indicati nella legge n. 15 del
1975, per stabilire se essi appartengano alle categorie previste
dall’art. 8 delle norme di attuazione, e se eventualmente sussista per
taluno di essi una delle cause di esclusione dal trasferimento, ai
sensi dell’art. 68 dello Statuto speciale.
3. – Dagli atti e documenti prodotti in giudizio risulta con
certezza la situazione seguente:
a) “ex circolo ufficiali (già sale civiche)”: trattasi dell’area
su cui insisteva l’edificio, distrutto durante l’ultimo conflitto
mondiale; formalmente dismessa dalla Amministrazione militare in data 3
maggio 1956, da tale data ha cessato di far parte dei beni in uso
governativo, ed è attualmente oggetto di concessione precaria al
comune di Bolzano, per uso di pubblico parcheggio, con un canone annuo
ricognitivo di lire 5.000 (eccettuata una superficie di circa mq. 8,
concessa del pari in via precaria ad un privato, per un banco di
vendita di prodotti ortofrutticoli).
b) “Area di mq. 809 circa, da escorporare dalla p.ed. 748/2 in c.c.
Bolzano, facente parte del compendio denominato padiglione Donato”.
L’area di mq. 809 risulta già scorporata dalla particella 748/2, in
base a piano di frazionamento del 10 febbraio 1958: contraddistinta
come p. 748/3, l’area è tuttora in consegna all’Amministrazione
militare e classificata tra i beni in uso governativo, ma risulta
attualmente in concessione a due ditte private, che vi hanno costruito
piccoli edifici in muratura di carattere precario. (La Provincia, nella
descrizione prodotta, considera inesattamente l’intero padiglione
Donato, ossia la p. 748/2, su cui insiste un edificio di quattro
piani, adibito ad alloggi e circolo sottufficiali, con antistante
cortile).
c) “Ex Hotel Schgraffer”: è un edificio di antica costruzione, a
più piani, acquistato dall’Amministrazione poste e telegrafi per atto
di compravendita 3 luglio 1930, e intavolato nel 1931 al demanio dello
Stato; nei locali del piano terreno sono da tempo installati un
ristorante ed un bar; i locali dei piani superiori sono affittati a
privati ed enti per uso di abitazione ed uffici. Due locali del primo
piano risultano adibiti fino al 26 aprile 1976 ad uso governativo, come
sede della Commissione distrettuale imposte dirette, e quindi della
Commissione tributaria di primo grado.
d) “Appezzamenti di terreno destinati ed utilizzati a sedime della
rete stradale urbana di Bolzano, della complessiva superficie di mq.
5.120 circa, contraddistinti in catasto con le pp.ed. 1150/4, 194,
1035, 737/11, 737/3 c.c. Gries”. La particella 1150/4, cortile del
complesso ex-GIL, risulta trasferita dallo Stato alla Regione
Trentino-Alto Adige, in base a d.P.R. 2 giugno 1969, e dalla Regione al
Comune di Bolzano in base ad atto di vendita 27 ottobre 1972; oggetto
della autorizzata cessione è solo una parte di detta part. 1150/4,
della superficie di mq. 825, già attualmente inserita nel sedime della
strada urbana denominata viale Trieste. La particella 194 in c.c. Gries
è un complesso rurale con edifici sito in località S. Giorgio,
intavolato dal 1937 come proprietà privata Pircher: il testo della
legge contiene un’indicazione catastale probabilmente erronea, che
peraltro le parti non hanno rettificato. La particella 1035,
comprendente edifici e cortili, risulta intavolata dal 1936 al demanio
dello Stato (ramo guerra): oggetto di cessione è solo una striscia
laterale di mq. 1087, già attualmente inserita nel sedime della strada
urbana denominata viale Cadorna. Le particelle 737/11 e 737/3, cedute
nel 1938 dal Comune di Bolzano allo Stato, sono oggi anch’esse parte
della rete viaria di quella città, essendo la prima inserita nel
sedime del corso Italia, e la seconda, adiacente, adibita a pubblico
parcheggio.
4. – L’esame analitico dei dati forniti dalla documentazione
prodotta in causa consente conclusioni sicure sulla condizione di
diritto e di fatto dei diversi beni elencati nell’articolo unico della
legge 3 febbraio 1975, n. 15 (salvo rettifica della individuazione
catastale della part. 149, che negli atti tavolari risulta di
proprietà privata). Trattasi di beni appartenenti al patrimonio
immobiliare dello Stato, ed è esatto che, sebbene siano tuttora in
parte classificati “in uso governativo”, essi non rientrano tra quelli
relativi al demanio militare o a servizi di carattere nazionale; ma è
tuttavia certo ed incontestabile, considerata la loro attuale
destinazione ad usi pubblici o privati, che essi non possono comunque
ritenersi compresi, come la Provincia pretende, in alcuna delle
categorie elencate nell’art. 8 del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115. In
particolare, le aree già incluse di fatto nel sedime di vie urbane di
Bolzano non possono sicuramente qualificarsi come “beni appartenenti al
demanio o patrimonio stradale dello Stato” (art. 8, lett. a); né gli
immobili concessi in uso precario o in locazione a privati rientrano
solo per ciò tra gli “edifici destinati ad alloggi economici e
popolari di proprietà dello Stato” (art. 8, lett. b); non pertinente
è infine il richiamo della Provincia ricorrente alla categoria
indicata dall’art. 8 lett. f, non essendovi nella specie alcun bene
inerente ad attività sportive o ricreative.
Gli immobili di cui si contende non rientrano dunque tra i beni
patrimoniali dello Stato devoluti alla Provincia di Bolzano a norma
dell’art. 68 dello Statuto, in corrispondenza delle nuove materie
attribuite alla sua competenza. Come beni tuttora appartenenti al
patrimonio dello Stato, (e non occorre qui indagare le ragioni per cui
non furono a suo tempo, almeno in parte, trasferiti alla Regione a
norma dell’art. 67 dello Statuto del 1948), legittimamente ne è stata
autorizzata la cessione al Comune di Bolzano, senza lesione dei diritti
statutariamente garantiti alla Provincia autonoma di Bolzano.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo unico della legge 3 febbraio 1975, n. 15, sollevata in
via principale dalla Provincia di Bolzano, in rifemento all’art. 68
dello Statuto speciale e alle relative norme di attuazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1978.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
LEONETTO AMADEI – EDOARDO VOLTERRA –
GUIDO ASTUTI – MICHELE ROSSANO
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere