Ordinanza N. 444 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,
prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, avv. Fernanda
CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,
prof. Annibale MARINI;
del codice di procedura penale come modificato dalla legge 7 agosto
1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura
penale in tema di valutazione delle prove), promossi con ordinanze
emesse il 22 gennaio 1998 dal tribunale di Trani, il 10 febbraio 1998
dalla Corte di assise di Agrigento, il 22 dicembre 1997 dal Tribunale
di Napoli, l’11 marzo ed il 18 febbraio 1998 dal tribunale di Locri e
l’8 maggio 1998 dal tribunale di Napoli, rispettivamente iscritte ai
nn. 234, 237, 319, 351, 353 e 549 del registro ordinanze 1998 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15, 19, 21 e
34, prima serie speciale, dell’anno 1998;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1998 il giudice
relatore Guido Neppi Modona;
Ritenuto che il tribunale di Trani (r.o. n. 234 del 1998), la Corte
di assise di Agrigento (r.o. n. 237 del 1998), il tribunale di Napoli
(r.o. n. 319 del 1998) e il tribunale di Locri (r.o. nn. 351 e 353
del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25,
97, 101, 102, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 513, comma 1, del codice di procedura
penale, come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica
delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di
valutazione delle prove), nella parte in cui tale norma subordina al
consenso degli altri imputati l’utilizzabilità ai fini della
decisione delle dichiarazioni rese dal coimputato che in dibattimento
rifiuti di sottoporsi all’esame o si avvalga della facoltà di non
rispondere;
che il tribunale di Trani censura, congiuntamente all’art. 513,
comma 1, cod. proc. pen., l’art. 6 della legge n. 267 del 1997 nella
parte in cui, quando il coimputato sia esaminato dopo l’entrata in
vigore della legge, prevede l’immediata applicabilità della nuova
disciplina;
che analoga questione, avente ad oggetto l’immediata
applicabilità della nuova normativa ai procedimenti in corso al
momento della entrata in vigore della legge, è prospettata, in
riferimento agli artt. 3, 101 e 112 Cost., dal tribunale di Napoli
(r.o. n. 549 del 1998), sia pure con impugnazione formalmente
indirizzata al solo art. 513 cod. proc. pen. novellato;
che tutte le questioni (comprese quelle prospettate dal tribunale
di Napoli con le ordinanze iscritte ai nn. 319 e 549 del 1998, con le
quali viene impugnato genericamente l’intero testo dell’art. 513 cod.
proc. pen.) sono state sollevate nel corso di procedimenti nei quali
alcuni coimputati, citati per la prima volta dopo l’entrata in vigore
della legge n. 267 del 1997, hanno rifiutato di sottoporsi all’esame
dibattimentale ovvero si sono avvalsi della facoltà di non
rispondere, e i difensori degli altri coimputati non hanno prestato
il consenso alla utilizzazione delle dichiarazioni precedentemente
rese;
che secondo i rimettenti la norma impugnata sarebbe in contrasto
con l’art. 3 della Costituzione per la irragionevole diversità della
disciplina riservata alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini
preliminari dall’imputato che in dibattimento si avvalga della
facoltà di non rispondere o rifiuti di sottoporsi all’esame, le
quali, pur essendo oggettivamente e imprevedibilmente irripetibili,
non sono utilizzabili nei confronti di altri senza il loro consenso,
rispetto:
a) alla disciplina delle dichiarazioni rese in precedenza
dall’imputato in procedimento connesso del quale non è possibile
ottenere la presenza per fatti o circostanze imprevedibili, che
secondo quanto disposto dall’art. 513, comma 2, prima parte, cod.
proc. pen. possono invece essere utilizzate ai sensi dell’art. 512
cod. proc. pen. (r.o. n. 237 del 1998);
b) alla disciplina delle dichiarazioni rese dall’imputato che
decida di sottoporsi all’esame dibattimentale, le quali possono
essere utilizzate, ai sensi dell’art. 503, comma 5, cod. proc. pen.,
previo ricorso al meccanismo delle contestazioni (r.o. n. 237 del
1998);
c) alla disciplina relativa alle dichiarazioni testimoniali rese
nel corso delle indagini preliminari, utilizzabili per la decisione
ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. se divenute irripetibili nella
fase del giudizio “per cause naturali” ovvero in conseguenza
dell’esercizio del diritto di astenersi dal rispondere del prossimo
congiunto (viene richiamata la sentenza n. 179 del 1994), e comunque
utilizzabili previo ricorso al meccanismo delle constestazioni
previsto dall’art. 500 cod. proc. pen. (r.o. n. 237 del 1998 e r.o.
319 del 1998, con particolare riferimento all’ipotesi contemplata nel
comma 5 dell’art. 500 cod.proc.pen. e al controllo del giudice sulla
presenza di eventuali forme di intimidazione che possano aver
determinato il rifiuto di rispondere; nonché r.o. n. 549 del 1998);
che ulteriori profili di irragionevole disparità di trattamento
sono evidenziati in relazione:
a) alla posizione di imputati raggiunti dalle dichiarazioni
accusatorie di altri imputati, a seconda che questi ultimi siano
giudicati cumulativamente o separatamente, essendo necessario, ai
fini della utilizzabilità delle dichiarazioni rese nel corso delle
indagini preliminari, in un caso il consenso degli altri imputati
(art. 513, comma 1, cod. proc. pen.) e nell’altro l’accordo delle
parti (art. 513, comma 2, cod. proc. pen.), con pregiudizio in questa
seconda evenienza dello stesso diritto di difesa qualora, per il
mancato accordo, non sia possibile acquisire dichiarazioni favorevoli
a tutti o ad alcuni imputati (r.o. n. 319 del 1998);
b) alla situazione dell’imputato raggiunto da dichiarazioni
spontanee di altro coimputato o imputato in procedimento connesso
rese in dibattimento al di fuori dello schema dell’esame incrociato e
utilizzabili ai fini della decisione, rispetto alla posizione
dell’imputato che sia raggiunto da pregresse dichiarazioni
accusatorie non ribadite a dibattimento a seguito dell’esercizio del
diritto al silenzio del dichiarante e, a differenza di quelle
spontanee, non utilizzabili ai fini della decisione, anche se in
ipotesi di identico contenuto accusatorio (r.o. n. 319 del 1998);
c) alla possibilità di addivenire, in processi per delitti a
concorso necessario, alla condanna del dichiarante (nei confronti del
quale sono sempre utilizzabili le dichiarazioni autoaccusatorie
precedentemente rese) e alla assoluzione degli altri imputati (nei
confronti dei quali, viceversa, le dichiarazioni eteroaccusatorie non
possono essere utilizzate senza il loro consenso), così
determinandosi una irragionevole disparità di trattamento fra tali
soggetti (r.o. n. 319 del 1998);
d) alla diversa disciplina riservata, nei processi in corso alla
data di entrata in vigore della legge n. 267 del 1997, alla
situazione del coimputato, esaminato per la prima volta nella vigenza
della nuova legge, che si avvalga della facoltà di non rispondere,
rispetto al caso, disciplinato dall’art. 6, commi 2 e 5, della legge
n. 267 del 1997, del dichiarante già esaminato prima di tale
momento, per il quale è prevista una nuova citazione ed
è consentita, nel caso di nuovo esercizio della facoltà di non
rispondere, la utilizzabilità delle sue precedenti dichiarazioni,
sia pure con la particolare regola di giudizio di cui al comma 5
della medesima disposizione (r.o. nn. 351 e 352 del 1998, r.o. n.
234, in riferimento anche agli artt. 97 e 112 Cost., per conseguente
violazione del principio di buon andamento della pubblica
amministrazione e del principio della obbligatorietà dell’azione
penale, nonché r.o. n. 549 del 1998, in riferimento anche agli artt.
112 e 101 Cost.);
che i rimettenti lamentano inoltre che la norma impugnata,
vietando l’acquisizione, in mancanza del consenso degli altri
imputati, di quanto legittimamente acquisito prima del dibattimento,
deroga irragionevolmente al principio di non dispersione della prova
e impedisce al giudice di pervenire ad una decisione giusta, così
sacrificando l’esercizio della funzione giurisdizionale, il cui fine
è quello della ricerca della verità, con conseguente lesione degli
artt. 3 e 101, secondo comma, della Costituzione (r.o. n. 237 del
1998), degli artt. 2, 3 e 25, secondo comma, della Costituzione (r.o.
n. 319 del 1998), degli artt. 3 e 111 della Costituzione (r.o. nn.
351 e 352 del 1998);
che, infine, secondo i rimettenti l’art. 513, comma 1, cod. proc.
pen., condizionando alla volontà delle parti l’ingresso delle
dichiarazioni rese in precedenza fra il materiale probatorio
sottoposto alla valutazione del giudice, introduce un principio
dispositivo in materia probatoria che viola i principi di
uguaglianza, legalità, esercizio dell’azione penale, funzione
conoscitiva del processo, indefettibilità della giurisdizione, in
contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 101, 102, 111 e 112 della
Costituzione (r.o. n. 237 del 1998), con gli artt. 2, 3, 24, 25, 101
e 112 della Costituzione (r.o. n. 319 del 1998), con gli artt. 101,
111 e 112 della Costituzione (r.o. nn. 351 e 353 del 1998);
che nei giudizi di legittimità costituzionale promossi con le
ordinanze iscritte ai nn. 237, 351, 353 e 549 del r.o. del 1998 è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi
integralmente, stante l’analogia delle questioni, al contenuto
dell’atto di intervento relativo ai giudizi di costituzionalità
promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787 del r.o. del
1997, già decisi con sentenza n. 361 del 1998;
che nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 234 del
r.o. del 1998 l’Avvocatura ha depositato atto di intervento nel quale
chiede che la questione venga dichiarata infondata, rilevando: – che
l’individuazione del momento di operatività della nuova disciplina a
seconda dell’avvenuta lettura delle precedenti dichiarazioni è
scelta di diritto transitorio che, non essendo manifestamente
irragionevole, rientra nella discrezionalità del legislatore; – che
è erroneo il richiamo all’art. 112 della Costituzione dal quale
sarebbe desunto il principio di non dispersione dei mezzi di prova, e
che, comunque, le esigenze di garanzia dell’imputato sono dotate di
pari rilievo costituzionale;
che è infondato il richiamo al parametro dell’art. 97 Cost.
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione, muovendo dal
quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7
agosto 1997, n. 267, sottopongono a censura il regime di
inutilizzabilità ai fini della decisione, in mancanza del consenso
degli altri imputati, delle dichiarazioni rese sul fatto altrui dal
coimputato che in dibattimento rifiuti di sottoporsi all’esame o si
avvalga della facoltà di non rispondere;
che i giudizi, attesa la sostanziale identità delle questioni,
vanno riuniti;
che, successivamente alla emissione delle ordinanze, questa
Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul predetto quadro
normativo, dichiarando la illegittimità costituzionale in parte qua
tra l’altro, degli artt. 513, comma 2, ultimo periodo e 210 del
codice di procedura penale;
che, per effetto di detta pronuncia, qualora il coimputato, che
abbia in precedenza reso dichiarazioni su fatti concernenti la
responsabilità di altri, in dibattimento rifiuti o comunque ometta
in tutto o in parte di rispondere su tali fatti, si applica la
disciplina degli artt. 210 e 513, comma 2, cod. proc. pen., nonché,
in mancanza dell’accordo delle parti, il meccanismo delle
contestazioni previsto dall’art. 500, commi 2-bis, e 4, cod. proc.
pen.;
che, con riguardo alle ordinanze che investono specificamente
anche la disciplina transitoria (r.o. n. 234 e n. 549 del 1998), la
citata sentenza n. 361 del 1998, nel disporre la restituzione degli
atti relativi a questioni che avevano impugnato la medesima
normativa, aveva affermato che doveva essere valutato dai giudici a
quibus se le questioni potessero considerarsi superate a seguito
della modifica della disciplina a regime, “che ora permette di
recuperare mediante il sistema delle contestazioni i singoli
contenuti narrativi delle dichiarazioni rese in precedenza”;
che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti
affinché verifichino se, alla luce della nuova disciplina
applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
sollevate siano tuttora rilevanti;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al tribunale
di Trani, alla Corte di assise di Agrigento, al tribunale di Napoli e
al tribunale di Locri.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
Il direttore della cancelleria: Di Paola