Ordinanza N. 81 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
18/03/1999
Data deposito/pubblicazione
18/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
2, e 514 del codice di procedura penale, nel testo modificato dalla
legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice
di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
ordinanze emesse il 5 novembre 1997 dal Tribunale di Napoli, il 24 e
17 febbraio 1998 dal Tribunale di Verbania, il 18 novembre 1997 dal
Tribunale di Napoli ed il 18 febbraio 1998 dal Tribunale di Avezzano,
rispettivamente iscritte ai nn. 236, 301, 324, 388 e 397 del registro
ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 15, 18, 19 e 23, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Napoli (r.o. n. 236 del 1998), il
Tribunale di Verbania (r.o. nn. 301 e 324 del 1998) e il Tribunale di
Avezzano (r.o. n. 397 del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 24, 25, 101, 111 e 112 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 513, comma 2, del codice di
procedura penale, come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267
(Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema
di valutazione delle prove), nella parte in cui subordina all’accordo
delle parti l’utilizzabilità ai fini della decisione delle
dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari
dall’imputato in procedimento connesso che si avvalga in dibattimento
della facoltà di non rispondere;
che, in particolare, il Tribunale di Avezzano impugna, unitamente
al comma 2 dell’art. 513 cod. proc. pen., anche il comma 1 della
medesima disposizione e l’art. 514 dello stesso codice, in
riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 111, primo comma,
Cost;
che con diversa ordinanza il Tribunale di Napoli (r.o. n. 388 del
1998) ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, primo e
secondo comma, 25, secondo comma, 101, 111 e 112 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell’art. 513, comma 2, cod. proc. pen.
“nella parte in cui consente al soggetto citato ex art. 210 c.p.p.,
che durante le indagini preliminari aveva inteso rispondere, di
avvalersi della facoltà di non rendere dichiarazioni in
dibattimento”;
che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di
dibattimenti nei quali alcuni imputati in procedimenti connessi,
citati per la prima volta dopo l’entrata in vigore della legge n. 267
del 1997, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, e che le
parti non hanno prestato il consenso alla utilizzazione delle
dichiarazioni rese in precedenza;
che i rimettenti denunciano il contrasto dell’art. 513, comma 2,
cod. proc. pen. con l’art. 3 della Costituzione per la irragionevole
diversità della disciplina riservata alle dichiarazioni rese nel
corso delle indagini preliminari dall’imputato in procedimento
connesso che in dibattimento si avvalga della facoltà di non
rispondere, utilizzabili solo con l’accordo delle parti, rispetto:
alla disciplina prevista per le dichiarazioni testimoniali rese nel
corso delle indagini preliminari e, fra queste, quelle del prossimo
congiunto dell’imputato (r.o. nn. 301 e 324 del 1998; r.o. n. 388 del
1998, che evoca congiuntamente anche l’art. 111 Cost; r.o. n. 397 del
1998); alla disciplina dettata nel comma 1 dell’art. 513 cod. proc.
pen., secondo cui le dichiarazioni del coimputato che rifiuta in
dibattimento di sottoporsi all’esame sono utilizzabili nei confronti
dell’imputato che vi consenta (r.o. n. 397 del 1998);
che nella prima ordinanza (r.o. n. 236 del 1998) il Tribunale di
Napoli ravvisa la violazione dell’art. 3 della Costituzione sotto il
profilo della disparità di trattamento tra l’imputato raggiunto da
dichiarazioni accusatorie rese da un imputato in procedimento
connesso divenute irripetibili ai sensi dell’art. 512 cod. proc.
pen., come tali utilizzabili per la decisione, e l’imputato attinto
dalle dichiarazioni di un imputato in procedimento connesso,
irripetibili a seguito dell’esercizio della facoltà di non
rispondere, ma inutilizzabili ai fini della decisione;
che nella seconda ordinanza (r.o. n. 388 del 1998) il Tribunale
di Napoli censura inoltre, in riferimento anche agli artt. 24,
secondo comma, 111 e 112 Cost., la disciplina contenuta nel comma 2
dell’art. 513 cod. proc. pen. perché fa dipendere l’esercizio del
diritto dell’imputato al controesame dalla scelta del dichiarante di
avvalersi o meno della facoltà di non rispondere, con conseguente
disparità di trattamento tra imputati e violazione del principio del
giusto processo, del libero convincimento del giudice e della
obbligatorietà dell’azione penale;
che inoltre, secondo i rimettenti, l’art. 513, comma 2, cod.
proc. pen., vietando in mancanza dell’accordo delle parti
l’acquisizione delle dichiarazioni legittimamente assunte prima del
dibattimento, deroga irragionevolmente al principio di non
dispersione della prova e impedisce al giudice la piena conoscenza
dei fatti del giudizio, così sacrificando l’esercizio della funzione
giurisdizionale, il cui fine è quello della ricerca della verità,
con conseguente lesione anche del principio dell’obbligatorietà
dell’azione penale, in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 101,
secondo comma, e 112 della Costituzione (r.o. nn. 301 e 324 del 1998)
e con gli artt. 3, 25, secondo comma, 112 della Costituzione (r.o. n.
388 del 1998, che evoca altresì l’art. 2 della Costituzione per
contrasto della disciplina con “il principio di responsabilità e
collaborazione in vista dell’accertamento della verità”);
che, ad avviso dei giudici a quibus l’art. 513, comma 2, cod.
proc. pen., subordinando alla volontà delle parti l’ingresso delle
dichiarazioni rese in precedenza da imputati in procedimenti connessi
fra il materiale probatorio sottoposto alla valutazione del giudice,
introduce un principio dispositivo in materia probatoria, in
contrasto con i principi di legalità, esercizio dell’azione penale,
funzione conoscitiva del processo e indefettibilità della
giurisdizione, con violazione degli artt. 25, 101, 111 e 112 della
Costituzione (r.o. n. 236 del 1998) e degli artt. 101, secondo comma,
e 111, primo comma, della Costituzione (r.o. n. 397 del 1998, che
evoca anche l’art. 24 della Costituzione per violazione del diritto
di difesa della parte civile e del coimputato che possono avere in
ipotesi interesse alla utilizzazione di dichiarazioni favorevoli);
che nei giudizi promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 236,
301, 324, 388 e 397 del r.o. del 1998 è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, riportandosi integralmente, stante l’analogia
delle questioni, al contenuto dell’atto di intervento relativo ai
giudizi di costituzionalità promossi con le ordinanze iscritte ai
nn. 776 e 787 del r.o. del 1997, già decisi con sentenza n. 361 del
1998, nonché all’atto di intervento relativo alla questione
sollevata con ordinanza del 1 dicembre 1997 dal Tribunale di Lecco
(r.o. n. 112 del 1998).
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione, muovendo dal
quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7
agosto 1997, n. 267, sottopongono a censura il regime di
inutilizzabilità ai fini della decisione, in mancanza dell’accordo
delle parti, delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini
preliminari dall’imputato in procedimento connesso che si avvalga in
dibattimento della facoltà di non rispondere;
che i giudizi, attesa l’analogia delle questioni, vanno riuniti;
che, successivamente alla emissione delle ordinanze, questa
Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul predetto quadro
normativo, dichiarando la illegittimità costituzionale, tra l’altro,
dell’art. 513, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura
penale “nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante
rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti
concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue
precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla
lettura si applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di
procedura penale”;
che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti
affinché verifichino se, alla luce della nuova disciplina
applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
sollevate siano tuttora rilevanti;
che, per quanto concerne la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 514 cod. proc. pen. sollevata dal Tribunale
di Avezzano, con la sentenza richiamata questa Corte ha dichiarato
l’inammissibilità di analoga questione, sul presupposto che “l’art.
514 non ha autonomo contenuto normativo rispetto alle regole di
utilizzazione probatoria delle dichiarazioni rese in precedenza”;
che pertanto la questione va dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 514 del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101,
secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione dal Tribunale
di Avezzano con l’ordinanza in epigrafe;
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Napoli, al
Tribunale di Verbania, al Tribunale di Avezzano, in relazione alla
questione di legittimità costituzionale dell’art. 513, comma 2, del
codice di procedura penale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola