Sentenza N. 370 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1985
Data deposito/pubblicazione
30/12/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1985
REALE – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott. FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO
DELL’ANDRO, Giudici,
parte, legge 25 luglio 1952, n. 991 (Provvedimenti in favore dei
territori montani) e art. 7, legge 27 febbraio 1978, n. 41, promossi
con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa l’11 dicembre 1980 dal Tribunale di Palermo nei
procedimenti civili vertenti tra Ajello Giovanna ed altri c/Servizio
contributi agricoli unificati, iscritta al n. 163 del registro
ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 179 dell’anno 1981 e n. 68 dell’anno 1982;
2) ordinanza emessa il 12 marzo 1981 dal Tribunale di Palmi nel
procedimento civile vertente tra Servizio contributi agricoli unificati
e De Marco Concetta ed altri, iscritta al n. 394 del registro ordinanze
1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 241
dell’anno 1981;
3) ordinanza emessa il 12 giugno 1981 dal Tribunale di Cosenza nei
procedimenti civili vertenti tra Zuccaro Francesco ed altri c/Servizio
contributi agricoli unificati, iscritta al n. 133 del registro
ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 220 dell’anno 1982.
Visti gli atti di costituzione di Ajello Giovanna ed altri, di Nola
Gaetano ed altri, di Mazziotti Gaetano, di Salviati Cataldo e del
Servizio contributi agricoli unificati, nonché gli atti di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 1985 il Giudice relatore
Giuseppe Ferrari;
uditi gli avv.ti Salvatore Orlando Cascio e Giovanni Russo
Bavisotto per Ajello ed altri; l’avv. Achille Morcavallo per Nola,
Mazziotti e Salviati; l’avv. Federico Sorrentino per il Servizio
contributi agricoli unificati e l’avvocato dello Stato Antonio Bruno
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza emessa in data 11 dicembre
1980 nei procedimenti civili vertenti tra Giovanna Ajello ed altri e lo
SCAU (Servizio contributi agricoli unificati), ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 44, comma secondo, Cost., questione di
legittimità costituzionale degli artt. 8, seconda parte, della legge
25 luglio 1952, n. 991, e 7 della legge 28 febbraio 1978, n. 41
(rectius: art. 7 del d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, convertito in
legge, con modificazioni, dalla l. n. 41 del 1978) nella parte in cui
escludono dall’esenzione dal pagamento dei contributi agricoli
unificati l’intero territorio montano, limitando l’esenzione ai terreni
situati ad un’altitudine non inferiore ai 700 metri sul livello del
mare.
Si premette in ordinanza che gli appellanti Giovanna Ajello e
Giovanni e Giuseppe Accardi, titolari di aziende agricole site in
territori dichiarati montani ai sensi della legge n. 991 del 1952, con
ricorsi proposti nel 1972 alla Commissione provinciale di Palermo di
cui all’art. 4, legge 11 marzo 1970, n. 83, avevano chiesto
l’annullamento del carico iscritto al ruolo dallo SCAU per l’anno 1972
assumendo che l’art. 12 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, aveva
esteso all’intero territorio montano le agevolazioni fiscali che l’art.
8 della legge n. 991 del 1952 prevedeva, quanto all’esenzione dal
pagamento dei contributi agricoli unificati, limitatamente ai terreni
siti ad altitudine non inferiore ai 700 metri s.l.m.; onde dalla data
di entrata in vigore della citata legge n. 1102 del 1971 (8 gennaio
1972) dovevano ritenersi esenti dal pagamento dei contributi in
questione tutte le aziende agricole ricadenti in zona montana, quale
che fosse l’altitudine dei terreni.
Il ricorso veniva accolto e la decisione confermata dalla
Commissione regionale per la mano d’opera agricola. Lo SCAU adiva
allora il Pretore di Palermo in funzione di giudice del lavoro negando
che la legge n. 1102 del 1971 avesse modificato il regime
dell’esenzione dal pagamento dei contributi fissato dalla legge n. 991
del 1952. Il Pretore, rilevato che la controversa questione della
estensione – ad opera della legge n. 1102 del 1971 – della esenzione
dal pagamento dei contributi agricoli unificati di cui all’art. 8 legge
n. 991 del 1952 all’intero territorio montano doveva ritenersi ormai
risolta e superata in senso negativo dall’art. 7 del d.l. 23 dicembre
1977, n. 942, convertito in legge dalla l. n. 41 del 1978, il quale
disponeva che “dalla estensione delle agevolazioni fiscali all’intero
territorio montano disposta dall’art. 12 della l. n. 1102 del 1971 deve
intendersi esclusa l’esenzione dal pagamento dei contributi agricoli
unificati di cui al r.d.l. 28 novembre 1938, n. 2138, e successive
modifiche ed integrazioni”, con sentenza del 18 gennaio 1980 accoglieva
il ricorso dello SCAU.
I soccombenti interponevano appello al Tribunale, sollevando anche
questioni di legittimità costituzionale.
Tanto premesso in fatto, il Tribunale di Palermo osserva che il
dubbio interpretativo sulla portata dell’art. 12, ultimo comma, della
l. n. 1102 del 1971 (il quale stabilì che le agevolazioni fiscali di
cui all’art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991, erano estese
all’intero territorio montano), concernente la sussumibilità
nell’ambito delle agevolazioni fiscali dei contributi unificati in
agricoltura, fu risolto in senso affermativo dalla Corte di cassazione
con sentenza del 12 novembre 1977, n. 4909, alla quale fece seguito il
d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, che, all’art. 7, con norma senza alcun
dubbio interpretativa e dunque retroattiva secondo quanto stabilito
anche dalla Corte di cassazione con sentenza 18 gennaio 1980, n. 245,
stabilì doversi intendere esclusa dall’estensione all’intero
territorio montano delle agevolazioni fiscali l’esenzione dal pagamento
dei contributi in questione, riconosciuta invece solo alle imprese con
terreni ubicati ad una altitudine non inferiore ai 700 metri sul
livello del mare.
Tale situazione – continua l’ordinanza – induce a ritenere non
manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità prospettati dagli
appellanti. Dubbi sostanzialmente basati sull’assunto della
irragionevole disparità di trattamento derivante dalla considerazione
del solo criterio altimetrico ai fini del riconoscimento o meno di
agevolazioni che, attenendo a territori che vengono qualificati montani
in base a parametri anche di natura economica ed agraria pur quando
difetti il requisito dell’altitudine di almeno 700 metri s.l.m., a
tutto il territorio montano – espressamente tutelato ex art. 44., comma
secondo, Cost. – dovrebbero essere appunto estese.
Osserva in proposito il giudice a quo che gli artt. 1 (come
modificato dall’articolo unico della l. 30 luglio 1957, n. 657), 14 e
15 della legge n. 991 del 1952 stabiliscono rispettivamente che sono
considerati territori montani i Comuni censuari situati per almeno
l’ottanta per cento della loro superficie al di sopra dei 600 metri di
altitudine e quelli il cui territorio abbia particolari caratteristiche
altimetriche sempre che il reddito imponibile per ettaro non sia
superiore a lire 2.400, dando altresì facoltà alla Commissione
censuaria centrale, incaricata di tenere aggiornato l’elenco dei
territori montani, di includervi pure i Comuni, o porzioni di Comuni
anche non limitrofi ai precedenti che, “pur non trovandosi nelle
condizioni di cui al primo comma, presentassero pari condizioni
economico agrarie” (art. 1); che, “quando sia reso necessario dalle
esigenze della sistemazione e dalla organicità dell’intervento
pubblico, possano essere inclusi nei comprensori di bonifica (montana)
anche i territori che non presentino le caratteristiche di cui all’art.
1 della presente legge” e che “tali territori sono ammessi, per il
semplice fatto dell’inclusione in un comprensorio di bonifica montana,
a godere di tutte le agevolazioni concesse dalla presente legge” (art.
14); che il Ministro per l’agricoltura e per le foreste determina – ma
solo entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – quali
comprensori di bonifica e quali bacini montani (- ma solo fra quelli
rispettivamente classificati ai termini del r.d. n. 215 del 1933 e
delimitati ai sensi del titolo secondo, r.d. n. 3267 del 1923 -)
abbiano le caratteristiche dei comprensori di bonifica montana e
debbano essere regolati dalle norme per essi stabilite dalla presente
legge”. Ed osserva altresì che l’art. 3 della menzionata legge n.
1102 del 1971 ribadisce che “i territori montani sono quelli
determinati in applicazione degli artt. 1, 14 e 15 della legge 25
luglio 1952, n. 991, dell’articolo unico della legge 25 luglio 1957, n.
657, e dell’art. 2 della legge regionale del Trentino-Alto Adige 8
febbraio 1956, n. 4”.
Da tutto ciò risulterebbe, ad avviso del giudice a quo, evidente
che il legislatore ha ritenuto il solo dato altimetrico di cui all’art.
1 (della legge n. 991 del 1952, come modificato con legge n. 657 del
1957) in sé inadeguato per l’individuazione dei territori montani
bisognosi di speciali provvidenze ed agevolazioni, quali che esse
fossero, giacché mentre non sono considerati montani, a quei fini, i
Comuni il cui territorio pur sito al di sopra dei 600 metri abbia
tuttavia una redditività media imponibile per ettaro superiore a lire
2.400, sono invece classificati tali i territori dei Comuni siti ad
altitudine inferiore che però versano in pari condizioni
economico-agrarie e quelli inclusi in comprensori di bonifica. Onde la
concessione ai soli terreni montani situati ad altitudine superiore ai
700 metri s.l.m. del beneficio della esenzione dal pagamento dei
contributi agricoli unificati creerebbe una ingiustificata disparità
di trattamento fra terreni montani situati al di sopra o al di sotto di
quella altitudine, versando anche questi ultimi, come si evince dalle
stesse disposizioni di legge che fissano le condizioni per la loro
classificazione come territorio montano, in condizioni di disagio
economico identico o analogo.
Che tali osservazioni siano corrette – continua il Tribunale di
Palermo – si evince poi dallo stesso d.l. n. 942 del 1977 che, mentre
all’art. 7 detta la disciplina che si censura, all’art. 8 stabilisce
poi che, a decorrere dal 1 gennaio 1978, nei territori montani di cui
alla legge n. 991 del 1952 situati al di sotto dei 700 metri di
altitudine “i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per i
lavoratori agricoli dipendenti sono ridotti del 40 per cento”, così
evidentemente confermando l’inadeguatezza del criterio distintivo
costituito dal mero dato altimetrico, già del resto ritenuto
insufficiente con legge n. 1102 del 1971, con la quale si erano estesi
all’intero territorio montano, prescindendo dall’altitudine, i benefici
previsti dall’art. 12 della legge stessa.
Da ultimo – si conclude in ordinanza – va rammentato che la legge
10 maggio 1976, n. 352, ha dato attuazione alla direttiva della CEE n.
273 del 28 aprile 1975 sull’agricoltura di montagna e di talune zone
svantaggiate che, per l’Italia, sono state individuate, oltre che nei
territori di montagna veri e propri (oltre i 700 metri s.l.m. per
l’Italia meridionale ed insulare), anche in quelle zone dell’Italia
centromeridionale ed insulare minacciate da spopolamento che, poste in
prossimità di zone di montagna, tali tuttavia non possono dirsi in
senso stretto. Ulteriore conferma, questa, della inidoneità del solo
dato altimetrico al fine di individuare i terreni montani che devono
godere del beneficio in oggetto.
2. – Identica questione di legittimità costituzionale è stata
sollevata, sotto gli stessi profili, anche dal Tribunale di Palmi con
ordinanza in data 12 marzo 1981 emessa nel procedimento civile vertente
tra lo SCAU e Concetta De Marco ed altri, nonché dal Tribunale di
Cosenza con ordinanza del 12 giugno 1981 emessa nei procedimenti civili
riuniti vertenti tra Francesco Zuccaro ed altri e lo SCAU.
Nell’ordinanza del Tribunale di Cosenza, pur privilegiandosi la
tesi del carattere innovativo della disposizione di cui all’art. 7 del
d.l. n. 942 del 1977, si afferma in motivazione che la alternativa
natura di interpretazione autentica della norma violerebbe palesemente
l’art. 77 Cost., essendo stata essa emanata dal Governo e non dal
Parlamento e non già in presenza di reali motivi d’urgenza, onde
risulterebbe vulnerato anche il fondamentale principio della divisione
dei poteri.
3. – In tutti i giudizi di costituzionalità si è costituito lo
SCAU ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato. Si sono inoltre
costituiti Giovanna Ajello, Giovanni e Giuseppe Accardi nel giudizio
promosso dal Tribunale di Palermo, Gaetano Nola e Vincenzo Spina nel
giudizio promosso dal Tribunale di Palmi, Gaetano Mazziotti e Cataldo
Salviati in quello promosso dal Tribunale di Cosenza.
4. – Lo SCAU, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Sorrentino,
ha chiesto la declaratoria di infondatezza della questione affermando
che le ordinanze dei giudici a quibus mirano inammissibilmente a
censurare l’esercizio della discrezionalità del legislatore, mentre
dalla stessa duplicità delle categorie dei territori montani –
superiori o inferiori ai 700 metri di altitudine – deriva la
legittimità di un trattamento giuridico differenziato che, se può
essere discusso sul piano dell’opportunità, in tanto potrebbe
ritenersi vietato in quanto si concludesse nel senso dell’obbligo del
legislatore di estendere ai terreni situati a quote inferiori tutti i
benefici previsti per quelli siti ad oltre 700 metri s.l.m..
Inoltre, la circostanza che l’esonero parziale dai contributi sia
stato successivamente esteso anche ai terreni siti a quote più basse
vale a dimostrare la volontà politica di intervenire prima e più
massicciamente dove maggiore è la necessità, poi e secondo le
possibilità dell’economia nazionale dove il bisogno è minore. Anzi,
il fatto che, comunque, per i terreni siti sotto i 700 metri s.l.m.
l’esenzione sia stata solo parziale, avalla le esposte considerazioni
sull’immanenza della diversità delle situazioni di fatto considerate.
Quanto all’addotta violazione dell’art. 44, comma secondo, Cost.,
postane in rilievo la natura meramente accessoria rispetto all’altra
censura, si osserva che la norma costituzionale affida alla valutazione
del legislatore stesso sia la definizione del carattere montano di
determinate zone, sia la scelta dei provvedimenti agevolativi. Sicché
non può fondatamente addursi alcuna violazione dei precetti
costituzionali invocati – secondo quanto ritenuto anche dalla Corte di
cassazione che, con le sentenze nn. 245 e 246 in data 11 gennaio 1980,
ha dichiarato manifestamente infondate, anche in riferimento all’art.
77 Cost., le stesse questioni ora sottoposte al vaglio della Corte
costituzionale – quando vi sia una “obiettiva disparità di situazioni
fra le diverse ipotesi considerate”.
5. – Giovanna Ajello e Giovanni e Giuseppe Accardi, rappresentati e
difesi dagli avv.ti Giovanni Russo Bavisotto, Salvatore Orlando Cascio
e Giuseppe Gueli, ribadivano quanto osservato in ordinanza dal
Tribunale di Palermo.
6. – Gaetano Nola, Vincenzo Spina, Gaetano Mazziotti e Cataldo
Salviati, rappresentati e difesi dall’avv. Achille Morcavallo, si
riportavano a quanto esposto nei precedenti scritti difensivi ponendo
altresì in luce, col richiamo ai lavori preparatori della
Costituzione, il rilievo che alla necessità di apprestare strumenti di
tutela alle zone montane fu dato in sede di Assemblea costituente.
7. – L’Avvocatura dello Stato rileva negli atti di intervento che
la normativa in materia di provvidenze per la montagna (dai dd.ll. n.
98 del 1946 e n. 12 del 1947 alle ll. n. 991 del 1952 e n. 41 del
1978) ha sempre avuto presente la distinzione fra “territorio (o
comune) montano”, qualificato da requisiti altimetrici corretti dalla
considerazione delle condizioni economico-agrarie, e “terreni montani”,
individuati in base ad un criterio altimetrico puro.
Nella sua discrezionalità il legislatore ha ritenuto di concedere
l’esenzione dai contributi agricoli previdenziali non già all’intero
territorio del comune montano già ammesso a fruire delle più estese
provvidenze di natura fiscale e finanziaria, ma solo ai terreni montani
singolarmente considerati che si trovassero ad un’altitudine superiore
ai 700 metri. Né la scelta può considerarsi priva di ragionevolezza,
posto che i terreni siti ad un’altitudine superiore a quella quota
versano in una situazione di particolare svantaggio, caratterizzata,
non solo da differenze qualitative e quantitative di produttività, ma
anche da maggiori difficoltà di accesso e di reperimento della mano
d’opera, cui consegue un più elevato costo del lavoro. L’avere il
legislatore mirato a colmare tali svantaggi, tipici dei terreni più
elevati, rappresenta dunque una scelta che si pone perfettamente in
linea con la lettera e con lo spirito dell’art. 44 della Costituzione.
8. – Hanno depositato memorie lo SCAU, Giovanna Ajello e Giovanni e
Giuseppe Accardi.
9. – Alla pubblica udienza del giorno 8 ottobre 1985 le parti hanno
ribadito i rispettivi assunti.
1. – I Tribunali di Palermo, di Palmi e di Cosenza, con ordinanze
emesse, rispettivamente, l’11 dicembre 1980 (r.o. 163/1981), il 12
marzo 1981 (r.o. 394/1981) ed il 12 giugno 1981 (r.o. 133/1982), hanno
impugnato gli “artt. 8, seconda parte, legge 25 luglio 1952, n. 991 e 7
legge 28 febbraio 1978, n. 41 in relazione agli artt. 3 e 44, secondo
comma, Cost.”, là dove escludono dall’esenzione dal pagamento dei
contributi agricoli unificati i territori montani siti ad una
altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare. Risultando del
tutto identiche le censure formulate, i tre giudizi vanno riuniti e
decisi con unica sentenza.
2. – In ciascuna delle tre ordinanze di rimessione si prospetta
l’irragionevolezza di una disparità di trattamento fondata sulla
considerazione del solo dato altimetrico. Assumono i giudici a quibus
che il legislatore, dopo aver conferito rilievo, ai fini della
qualificazione di un territorio come montano, anche a fattori di altra
natura, non potesse legittimamente escludere dal beneficio
dell’esenzione dal pagamento dei contributi previdenziali ed
assistenziali, dovuti per i lavoratori agricoli dipendenti, quei
terreni che, pur qualificati montani in virtù della loro scarsa
redditività o per altre ragioni, difettassero tuttavia del requisito
dell’altitudine non inferiore ai 700 metri s.l.m..
3. – La questione è fondata.
Il primo riferimento all’altitudine di 700 metri s.l.m. è operato,
nella legislazione repubblicana, dal d.lgs. 27 giugno 1946, n. 98, il
cui articolo unico esentava dall’imposta sui terreni e da quella sul
reddito agrario i comuni il cui centro abitato fosse situato ad
un’altitudine non inferiore ai 700 metri s.l.m. Poco dopo, il
d.lgs.C.p.S. 7 gennaio 1947, n. 12, modificando la norma sopra
richiamata, concedeva l’esenzione dalle menzionate imposte a tutti i
terreni siti a quota non inferiore ai 700 metri, estendendola anche a
quelli che si trovassero solo in parte a detta altitudine. Sino alla
emanazione della legge 25 luglio 1952, n. 991, che provvide alla prima
disciplina organica della materia, l’altitudine di 700 metri s.l.m. era
stata dunque assunta come criterio qualificante esclusivo del carattere
montano di un territorio ed al solo fine del riconoscimento di
un’agevolazione di carattere fiscale, essendo stata l’esenzione dal
pagamento dei contributi agricoli unificati per la prima volta disposta
dalla stessa legge n. 991 del 1952.
Senonché, con tale legge si procedette contestualmente ad una più
precisa e diversa determinazione dei territori montani, individuati,
dall’art. 1, nei “comuni censuari situati per almeno l’80 per cento
della loro superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine sul
livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota
altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è
minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro
censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e del redito
agrario (… ), non superi le lire 2400”. Il mero dato altimetrico,
come criterio unico di qualificazione, venne dunque definitivamente
abbandonato. Di più: il quarto comma del predetto art. 1 (terzo comma
nel testo modificato dalla legge 30 luglio 1957, n. 657) previde
addirittura che dall’altitudine potesse anche del tutto prescindersi
allorché attribuì alla commissione censuaria centrale la facoltà di
includere nell’elenco dei comuni considerati territori montani, quelli,
o porzione di quelli, “anche non limitrofi ai precedenti, i quali, pur
non trovandosi nelle condizioni di cui al primo comma del presente
articolo, presentino pari condizioni economico-agrarie”.
Coerentemente, una volta scelti e determinati i nuovi criteri di
qualificazione, il legislatore, all’art. 8, estendeva ai territori
montani, nei modi descritti individuati, le agevolazioni fiscali
previste dal d.lgs.C.p.S. n. 12 del 1947 “per i terreni situati ad
un’altitudine non inferiore ai 700 metri sul livello del mare”. Ma tali
parametri immediatamente abbandonava allorché, nel prevedere
l’esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura,
drasticamente la limitava ai terreni situati a quota non inferiore ai
700 metri s.l.m.: in tal modo addirittura adottando un criterio più
rigido di quello stabilito col d.lgs.C.p.S. n. 12 del 1947
(contemplante l’esenzione fiscale anche per i terreni che solo in parte
si trovassero a detta altitudine) e che, comunque, era stato sostituito
da criteri di qualificazione nei quali l’altitudine (peraltro
inferiore) era divenuta condizione generalmente, anche se non sempre,
necessaria, ma mai sufficiente per la classificazione di un territorio
come montano. Col risultato – del quale non è dato rinvenire alcuna
ragionevole giustificazione – di escludere l’esenzione per i terreni
che pur se a quota inferiore ai 700 metri, presentavano tuttavia sia i
requisiti di altitudine, sia le imprescindibili (e talora addirittura
in sé sufficienti) caratteristiche di bassa redditività dalla stessa
legge contestualmente stabiliti perché un territorio fosse considerato
montano.
4. – Identici criteri di qualificazione furono adottati dalla
successiva legge 3 dicembre 1971, n. 1102 che, dettando “nuove norme
per lo sviluppo della montagna”, solennemente proclamava all’art. 1 che
finalità della legge era quella di “promuovere, in attuazione degli
artt. 44, ultimo comma, e 129 della Costituzione, la valorizzazione
delle zone montane favorendo la partecipazione delle popolazioni,
attraverso le Comunità montane, alla predisposizione e alla attuazione
dei programmi di sviluppo e dei piani territoriali dei rispettivi
comprensori montani ai fini di una politica generale di riequilibrio
economico e sociale nel quadro delle indicazioni del programma
economico nazionale e dei programmi regionali”.
L’art. 13 stabiliva, invero, al primo comma, che “i territori
montani sono quelli determinati in applicazione degli artt. 1, 14 e 15
della legge 25 luglio 1952, n. 991, dell’articolo unico della legge 30
luglio 1957, n. 657 e dell’art. 2 della legge regionale del
Trentino-Alto Adige 8 febbraio 1956, n. 4” statuendo, al secondo comma,
che “la classifica dei territori montani predetti sarà valida a
qualsiasi effetto di legge e di regolamento”.
Dal riscontro delle norme richiamate risulta che nessuna di esse
annovera l’altitudine di almeno 700 metri s.l.m. tra i requisiti
sufficienti. Non, in particolare, l’art. 1 della legge n. 991 del
1952, come sostituito dall’articolo unico della legge n. 657 del 1957,
del quale s’è già detto; non l’art. 14 della stessa legge, che fissa
le condizioni per la delimitazione e la classificazione in comprensori
di bonifica montana dei territori montani che “a causa del degradamento
fisico e del grave dissesto economico, non siano suscettibili di una
proficua sistemazione produttiva senza il coordinamento dell’attività
dei singoli e l’integrazione della medesima ad opera dello Stato”
(primo comma), in certi casi anche se “non presentino le
caratteristiche di cui all’art. 1 della presente legge” (secondo
comma); non l’art. 15, che affida al Ministro per l’agricoltura e per
le foreste la determinazione dei comprensori di bonifica che “abbiano
le caratteristiche dei comprensori di bonifica montana”; non, infine,
l’art. 2 della l. r. del T.A.A. n. 4 del 1956, che demanda ai
competenti organi regionali o provinciali l’esercizio delle potestà
amministrative attribuite allo Stato dalla legge n. 991 del 1952.
5. – La considerazione delle finalità della nuova legge e quella
ulteriore che l’art. 8 della legge n. 991 del 1952 doveva ritenersi
abrogato, nella parte concernente l’esenzione dalle imposte dirette
erariali, in seguito alla disciplina dettata dagli artt. 58 e 68 del
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (approvazione del testo unico delle
leggi sulle imposte dirette), indussero – com’è noto – la Corte di
cassazione a ritenere, con sentenza n. 4909 del 1977, che l’art. 12,
ultimo comma, della stessa legge n. 1102 del 1971, laddove disponeva
che “le agevolazioni fiscali di cui all’art. 8 della legge 25 luglio
1952, n. 991, sono estese all’intero territorio montano”, si riferisse
all’unica parte dell’art. 8 rimasta in vigore: quella, appunto,
relativa all’esenzione dai contributi agricoli unificati per i
territori montani siti ad altitudine superiore ai 700 metri. Si
osservò in particolare in quella sede che, avuto riguardo alle
finalità della legge, quali risultavano dagli artt. 1 e 2, alla luce
della norma fondamentale di cui all’art. 44, secondo comma, Cost., “è
agevole dedurre che fra gli scopi primari della nuova disciplina per lo
sviluppo della montagna rientra quello di incentivare la realizzazione
nei suoi territori delle iniziative economiche e di frenare l’esodo
delle popolazioni, incoraggiandone invece la permanenza e l’occupazione
lavorativa, nei territori stessi. In relazione a ciò, pienamente
coerenti si rivelano quindi quelle provvidenze dirette ad incrementare
l’assunzione di lavoratori nelle zone montane, diminuendone il relativo
costo, e ciò, fra l’altro, mediante l’esenzione dei datori di lavoro
dagli oneri afferenti alle assicurazioni sociali. D’altra parte,
disposta dapprima tale esenzione per i terreni situati ad altitudine
non inferiore a 700 metri sul mare, una volta definiti i territori
montani, in base, all’evidenza, alla considerazione delle tipiche
condizioni geografiche ed economico-sociali, come quelli aventi le
caratteristiche di cui agli artt. 1 e successive modificazioni, 14 e 15
legge 25 luglio 1952, n. 991 (art. 3, primo comma, della stessa legge
n. 1102 del 1971) ed estese ad essi le agevolazioni tributarie, appare
naturale conseguenza l’ulteriore parallelo perfezionamento della
normativa di favore anche in materia di oneri sociali”.
Tali considerazioni, la cui validità è incontestabile sul piano
degli scopi perseguiti dall’intera normativa a favore delle zone
montane, avallano le argomentazioni dei giudici a quibus in ordine
all’irragionevolezza di una diversità di trattamento che il
legislatore, dopo la citata sentenza della Corte di cassazione, intese
ribadire con la denunciata disposizione interpretativa di cui all’art.
7, primo comma, del d.l. 2 dicembre 1977, n. 942, convertito in legge
dalla l. 27 febbraio 1978, n. 41, laddove stabilì che
“dall’estensione delle agevolazioni fiscali all’intero territorio
montano, disposta dall’art. 12, ultimo comma, della legge 3 dicembre
1971, n. 1102, deve intendersi esclusa l’esenzione dal pagamento dei
contributi agricoli unificati di cui al regio decreto-legge 28 novembre
1938, n. 2138, e successive modificazioni ed integrazioni”,
riconfermando al secondo comma che “le imprese con terreni ubicati ad
una altitudine non inferiore ai 700 metri sul livello del mare
continuano ad essere esonerate dai contributi agricoli anzidetti”.
Non può infatti negarsi che sia intimamente contraddittorio, da un
lato tener conto del “reddito imponibile… che non superi le lire
2400” (art. 1, legge n. 657 del 1957), della “povertà dei territori”,
del loro “degradamento fisico” e “grave dissesto economico” (artt. 4 e
14, legge n. 991 del 1952), delle “condizioni di disagio derivanti
dall’ambiente montano”, del “grado di dissesto idrogeologico”, delle
“condizioni economico-sociali”, delle “aree depresse” (artt. 2 e 5,
legge n. 1102 del 1971) ai fini del riconoscimento di tutte le numerose
provvidenze ed agevolazioni previste dalla legislazione in materia di
territori montani (artt. da 2 a 8 della l. n. 991 del 1952 e l. n.
1102 del 1971) e, dall’altro, negare a quegli elementi ogni rilevanza,
allorché un territorio, pur montano, sia sito ad un’altitudine
inferiore ai 700 metri.
È appena il caso, tuttavia, di precisare che il legislatore potrà
ulteriormente regolare il pagamento dei contributi unificati in
agricoltura, all’interno degli stessi territori montani, a patto di non
fare applicazione del solo criterio altimetrico.
6. – Entrambe le disposizioni denunciate vanno dunque dichiarate
costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 3 Cost.,
rimanendo assorbite le censure mosse in riferimento all’art. 44,
secondo comma, Cost..
7. – Alla ritenuta carenza di ragionevoli giustificazioni in ordine
alla disparità di trattamento fra imprese agricole a seconda che il
territorio montano nel quale l’attività viene esercitata sia sito ad
altitudine superiore o inferiore ai 700 metri s.l.m. consegue, in
applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8 dello stesso
d.l. n. 942 del 1977, convertito in legge dalla l. n. 41 del 1978, in
quanto si limita a ridurre del 40 per cento (a decorrere dal 1 gennaio
1978) l’entità dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti
per i lavoratori agricoli dipendenti nei territori montani siti a quota
inferiore ai 700 metri, anziché prevedere l’esenzione totale dal
pagamento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 8, legge 25
luglio 1952, n. 991 (provvedimenti in favore dei territori montani) e
7, d.l. 23 dicembre 1977, n. 942 (provvedimenti in materia
previdenziale) convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41, nelle
parti in cui non prevedono l’esenzione dal pagamento dei contributi
unificati in agricoltura anche per i terreni compresi in territori
montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del
mare;
in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 dello
stesso d.l. n. 942 del 1977, convertito nella legge n. 41 del 1978.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
ALBERTO MALAGUGINI – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO – ALDO
CORASANITI – GIUSEPPE BORZELLINO –
FRANCESCO GRECO – RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere