Ordinanza N. 446 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
27/10/2000
Data deposito/pubblicazione
27/10/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
23/10/2000
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove
norme per l’elezione diretta del sindaco, del presidente della
provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale),
promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 2000 dal Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania,
sul ricorso proposto da S.O. contro il comune di Patti ed altri,
iscritta al n. 327 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª serie speciale,
dell’anno 2000.
Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
sezione staccata di Catania, nel corso di un giudizio di impugnazione
della deliberazione del consiglio comunale di Patti recante
approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del sindaco, con
ordinanza del 15 marzo 2000, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione
Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per l’elezione
diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio
comunale e del consiglio provinciale) per contrasto con gli articoli
1, 48 e 97 della Costituzione;
che la norma impugnata, ad avviso del giudice rimettente,
stabilendo che l’approvazione della mozione di sfiducia da parte del
consiglio comunale determina la cessazione dalla carica del sindaco
direttamente eletto dal corpo elettorale comunale, violerebbe il
principio della sovranità popolare, poiché, all’interno del sistema
elettorale vigente nella Regione Siciliana, nel quale l’elettore –
secondo il meccanismo del voto c.d. disgiunto – ha facoltà di
attribuire il voto anche ad un candidato sindaco non collegato alla
lista da lui prescelta, si verrebbe a creare un rapporto diretto fra
il corpo elettorale ed il sindaco, che proprio la mozione di sfiducia
altererebbe ingiustificatamente;
che la disposizione impugnata, secondo il Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia, contrasterebbe anche con
l’art. 97 della Costituzione, consentendo che la mozione di sfiducia
venga utilizzata quale strumento di condizionamento nei confronti
dell’esecutivo, con ripercussioni negative sul “valore della
stabilità delle istituzioni pubbliche”, secondo il quale “il patto
tra corpo elettorale ed organi eletti” deve esplicarsi nei tempi
prefissati, “senza interruzioni che si ripercuotono in termini di
inefficienza e deresponsabilizzazione dei soggetti investiti da
cariche pubbliche”;
che, sempre secondo il giudice a quo la disciplina contestata
neanche potrebbe trovare fondamento nella legge costituzionale
22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta
del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle
Regioni), dato che, in quest’ultima, a differenza che in quella
impugnata, l’istituto della sfiducia consiliare al Presidente della
Regione sarebbe connesso ad un sistema elettorale nel quale
l’elettore “opera una scelta nella lista dei candidati da eleggere al
Consiglio, che deve coincidere con la scelta del Presidente della
Giunta alla cui carica è eletto il capolista”, creandosi così un
“necessario collegamento” fra i due organi, che “deve permanere
durante la legislatura e può essere superato soltanto attraverso una
nuova consultazione elettorale originata dalla mozione di sfiducia”.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia, sezione staccata di Catania, dubita della legittimità
costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione
Siciliana n. 35 del 1997, perché ritiene contrastante con il
principio della sovranità popolare e del buon andamento della
pubblica amministrazione la previsione che la approvazione di una
mozione di sfiducia da parte del consiglio comunale comporti la
cessazione dalla carica del sindaco direttamente eletto dal corpo
elettorale comunale;
che questa Corte, con ordinanza n. 305 del 2000, ha
dichiarato manifestamente infondata una identica questione di
costituzionalità, sollevata dal medesimo giudice rimettente, sul
presupposto che la scelta del legislatore regionale rientra
nell’ambito della discrezionalità attribuitagli dalla Costituzione
nella disciplina della forma di governo dell’ente locale;
che non sono stati prospettati, a conforto delle censure,
argomenti ulteriori, rispetto a quelli esaminati dalla Corte con
l’ordinanza n. 305 del 2000, i quali possano indurre ad una modifica
del giudizio formulato con la predetta decisione;
che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente
infondata.
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
costituzionalità dell’art. 10, comma 2, della legge della Regione
Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per l’elezione
diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio
comunale e del consiglio provinciale), sollevata, in riferimento agli
articoli 1, 48 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Capotosti
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 27 ottobre 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola