Sentenza N. 126 del 1977
Corte Costituzionale
Data generale
14/07/1977
Data deposito/pubblicazione
14/07/1977
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/07/1977
OGGIONI – Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI –
Avv. ALBERTO MALAGUGINI, Giudici,
legge 9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di
pensione e riordinamento delle norme in materia di previdenza dei
coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), e 1 del d.P.R. 28
dicembre 1970, n. 1434 (Reinserimento, a domanda, dei mezzadri, dei
coloni e degli appartenenti ai rispettivi nuclei familiari,
nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti), promosso con
ordinanza emessa il 22 giugno 1974 dal pretore di Reggio Emilia, nel
procedimento civile vertente tra Terzo Reverberi e l’I.N.P.S., iscritta
al n. 506 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 7 dell’8 gennaio 1975.
Visti gli atti di costituzione di Terzo Reverberi e dell’I.N.P.S.,
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’11 maggio 1977 il Giudice relatore
Leonetto Amadei;
uditi l’avv. Franco Agostini per Reverberi, l’avv. Ennio
Cerritelli per l’I.N.P.S.
Con atto di citazione del 22 marzo 1974 Terzo Reverberi conveniva
in giudizio, davanti al pretore di Reggio Emilia, l’Istituto Nazionale
per la Previdenza Sociale (I.N.P.S.) perché fosse dichiarato che aveva
diritto a veder computati come versati nella assicurazione generale
obbligatoria i contributi versati nella gestione speciale coltivatori
diretti, mezzadri e coloni, per il periodo dal 1957 al 1962.
Di conseguenza chiedeva la corresponsione delle prestazioni di
invalidità, vecchiaia e superstiti secondo le norme dell’assicurazione
generale obbligatoria e perciò che l’I.N.P.S. fosse condannato a
corrispondergli la pensione di vecchiaia già da lui richiesta.
La richiesta veniva respinta dall’Istituto il 10 gennaio 1972
perché:
a) nella gestione lavoratori dipendenti (assicurazione generale
obbligatoria) non aveva raggiunto il minimo contributivo di legge;
egli, infatti, aveva versato solo 613 contributi settimanali dal 27
settembre 1935 al 1 maggio 1971 contro i 780 richiesti;
b) nella gestione coltivatori diretti non aveva raggiunto il 65
anno di età (richiesto a norma dell’art. 17 della legge 26 ottobre
1957, n. 1047 e dell’art. 5 della legge 9 gennaio 1963, n. 9) il che
rendeva inattuale il cumulo della contribuzione versata nella
assicurazione per lavoratori dipendenti con la contribuzione versata
nella gestione speciale (art. 6 legge 9 gennaio 1963, n. 9).
Dinanzi al pretore, il Reverberi oltre a riproporre i temi sopra
accennati sollevava, in via subordinata, questione incidentale di
costituzionalità dell’art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 e degli
artt. 1 e 7 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434.
Nell’un caso e nell’altro per violazione dell’art. 3 della
Costituzione.
E in particolare, per quanto riguarda l’art. 6 della legge ne 9 del
1963, rilevava il Reverberi che quest’articolo, alla lettera b. limita
il diritto alla liquidazione della pensione da parte della
assicurazione generale obbligatoria a quei lavoratori della terra che
lo abbiano maturato autonomamente e cioè senza potersi giovare del
cumulo dei versamenti e che gli artt. 1 e 7 del d.P.R. 28 dicembre
1970, n. 1434 limiterebbero ingiustamente il computo nella
assicurazione generale obbligatoria dei contributi versati nella
gestione speciale ai soli mezzadri e coloni che siano rimasti tali alla
entrata n vigore della legge.
Il pretore, con ordinanza del 22 giugno 1974 ha ritenuto che l’art.
6 della legge n. 9 del 1963 e l’art. 1 del d.P.R. n. 1434 del 1970
“determinano disparità di trattamento… fra assicurati i quali si
vengono a trovare sotto il profilo sostanziale in identica situazione,
attuando discriminazioni in relazione all’età e favorendo coloro che
fossero ancora iscritti alla gestione speciale (coloni e mezzadri)
all’entrata in vigore del d.P.R. 1434/1970 a detrimento degli altri
che pur essendosi trovati nelle medesime condizioni (soprattutto sotto
il profilo contributivo) non si trovassero nelle condizioni precisate”.
Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale sono intervenuti,
oltre alla Avvocatura generale dello Stato, anche il Reverberi e
l’I.N.P.S.
L’Avvocatura rileva che l’art. 6 prevede la possibilità di cumulo
del periodi di contribuzione nella gestione speciale con quelli utili
ai tini dell’assicurazione generale obbligatoria. Tale cumulo si
effettua di ufficio, ma dà luogo al conseguimento della pensione
unicamente quando sussistano i requisiti dell’età (65 anni o 60 se
donne), di assicurazione (15 anni), di contribuzione (2340 contributi
giornalieri).
Sempre secondo l’Avvocatura, l’art. 1 della legge n. 1434/ 1970
riguarda il diritto del mezzadro o colono di chiedere l’iscrizione
nell’assicurazione generale obbligatoria ove tuttavia sussistano le
condizioni prescritte.
Né nel primo caso, né nel secondo si ha violazione dell’art. 3
della Costituzione perché ci si trova di fronte a soggetti che, sia
oggettivamente che soggettivamente, vengono a trovarsi in posizioni
diverse.
L’I.N.P.S. rileva che l’art. 6 si applica indistintamente a tutti i
mezzadri consentendo la utilizzazione dei contributi versati in
ciascuno delle due gestioni assicurative, con il vantaggio che ove in
gestioni diverse da quella dei cd/mc (ad es. quella dell’assicurazione
generale) vengono raggiunti i requisiti per la liquidazione di una
pensione prima che ne sia maturato il diritto nella gestione speciale,
la prestazione deve essere data nell’altra forma assicurativa con
l’aggiunta di un supplemento per utilizzare la contribuzione versata
come cd/mc. D’altro canto rileva l’I.N.P.S. come non sia esatto che
nell’art. 6 ci sia una discriminazione relativa all’età (come è detto
nell’ordinanza) né che richieda che il soggetto abbia raggiunto i
requisiti per la pensione di vecchiaia nelle due forme di assicurazione
obbligatoria: l’art. 6, infatti, specifica che l’assicurato ha diritto
ad ottenere la pensione nella assicurazione obbligatoria quando tutti i
requisiti di legge risultino maturati e ciò indipendentemente dai
contributi accreditati nella gestione speciale.
Quanto all’art. 1 del d.P.R. n. 1434/1970 esso pure, secondo
l’I.N.P.S., non pone discriminazioni poiché non può essere
considerato tale il fatto che esso riguardi soltanto coloro che, al
momento in cui ne chiedono l’applicazione, appartengono ancora alla
categoria dei mezzadri perché chi lo fu e più non lo è non può
computare nella assicurazione generale obbligatoria i contributi
versati nella gestione speciale. E ciò per non causare insopportabili
oneri finanziari all’Istituto.
Secondo il Reverberi, invece, la incostituzionalità deriverebbe
dalla irrazionalità della norma che limita i benefici della legge solo
a coloro che erano coloni o mezzadri alla data di entrata in vigore del
d.P.R. n. 1434 del 1970.
1) La questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della
legge 9 gennaio 1963, n. 9 e dell’art. 1 d.P.R. 28 dicembre 1970, n.
1434, promossa dal pretore di Reggio Emilia con la ordinanza de qua in
riferimento, per entrambe le norme, all’art. 3 della Costituzione, non
è fondata.
È errata la premessa del giudice secondo la quale, ai sensi del
citato art. 6 “i contributi versati nella gestione speciale mezzadri,
si cumulano con quelli versati nella assicurazione generale
obbligatoria a condizione che il soggetto abbia raggiunto i requisiti
per la pensione di vecchiaia nelle due forme di assicurazione
obbligatoria…”. Da questo errore discende la altrettanto erronea
deduzione che quanto sopra viene a creare “disparità di trattamento
non oggettivamente giustificata fra assicurati i quali si vengano a
trovare, sotto il profilo sostanziale, in identica situazione, attuando
discriminazioni in relazione all’età…”.
L’art. 6 della legge 1963, n. 9, che riguarda la gestione speciale
dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, non dice affatto che per
effettuarsi il cumulo dei versamenti il soggetto debba aver raggiunto
l’età pensionabile prescritta nelle due forme di assicurazione
obbligatoria (quella per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e
quella per i lavoratori dipendenti): che anzi, dopo aver nel primo
comma fissato l’obbligo del cumulo dei citati versamenti (ai fini del
pensionamento da parte della gestione speciale) anche se l’assicurato
non abbia maturato il diritto alla pensione né presso questa né
presso altre assicurazioni, stabilisce nel comma successivo che ove dai
versamenti effettuati presso altra gestione (assicurazione generale
obbligatoria) derivi al lavoratore la pensione di vecchiaia, questi ha
il diritto di chiederla al compimento dell’età prevista (60 anni o 55
per le donne) inferiore a quella (65 e 60) occorrente per il
percepimento della stessa pensione da parte della gestione speciale.
Ciò sta a significare che il legislatore, con norma di evidente favore
per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, ha inteso impedire che la
iscrizione obbligatoria di quei lavoratori nella gestione speciale,
accentratrice di ogni tutela assicurativa in forza del cumulo, non
consenta loro di godere di altre forme di assicurazione che si siano
maturate prima di quelle fissate nella stessa gestione speciale.
2) Non esiste pertanto alcuna discriminazione in relazione alla
età degli assicurati: 65 anni o 60, se uomini, per ottenere la
pensione di vecchiaia nella gestione speciale coltivatori diretti,
mezzadri o coloni; 60 anni o 55 se donne per ottenerla da parte
dell’assicurazione generale (lavoratori dipendenti) quando insieme
all’età concorrano gli altri requisiti richiesti dalla legge. Nella
fattispecie esaminata dal giudice a quo, il lavoratore non aveva
raggiunto l’età di 65 anni per avere la pensione di vecchiaia da parte
della gestione speciale (art. 5 legge 9 gennaio 1963, n.9) e non aveva
raggiunto il minimo contributivo di legge per ottenerla nella gestione
lavoratori dipendenti.
Questa situazione di fatto era da sola impeditiva al sorgere di una
pretesa di pensione, ne ha vulnerato il principio di eguaglianza (art.
3 Cost.) L’art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 che intende far
conseguire la pensione di vecchiaia a tutti gli elencati lavoratori
della terra quando ricorrano le condizioni stabilite.
3) L’altra questione di costituzionalità, sempre in riferimento
all’art. 3 Cost. investe l’art. 1 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434,
secondo l’ordinanza del pretore, “nella parte nella quale limita il
computo nella assicurazione generale obbligatoria dei contributi
versati nella gestione speciale ai soli mezzadri che, essendo rimasti
tali alla entrata in vigore della norma stessa, abbiano chiesto
l’inserimento in detta assicurazione generale obbligatoria, con
conseguente esclusione di quei mezzadri i quali siano stati in modo
diverso inseriti nella assicurazione obbligatoria”.
Ciò determinerebbe disparità di trattamento ingiustificata tra
assicurati che si trovano in situazione identica con conseguente
discriminazione in relazione all’età e con favore per chi fosse ancora
iscritto, all’entrata in vigore del d.P.R. n. 1434 del 1970. alla
gestione speciale, a detrimento di altri che non si trovassero in
queste condizioni.
Ma anche questa censura non è fondata.
Premesso che dell’età non e assolutamente fatto cenno nel citato
art. 1, è da considerarsi razionale che il legislatore abbia inteso
che la norma sia applicata soltanto a coloro che rivestano attualmente
la qualità di mezzadri o coloni. Tende infatti la norma a far sì che
costoro possano iscriversi alla assicurazione generale dei lavoratori
dipendenti anziché alla propria assicurazione offre minori vantaggi;
ma se detta norma avesse consentito questa agevolazione a quelli che
mezzadri e coloni furono un tempo ma non più in atto, cioè a dire a
tutti i lavoratori subordinati che nella loro vita lavorativa abbiano
avuto un periodo di attività autonoma, si sarebbe venuta a creare una
situazione economica assai pesante per la copertura delle pensioni che
è garantita dalle contribuzioni acquisite e dalle riserve
matematicamente accantonate.
Nel mentre è doveroso operare onde la sicurezza sociale di cui è
parte la previdenza possa sempre di più trovare estensione, è del
pari indispensabile procedere con ragionata gradualità di evoluzione
dato che, come questa Corte ha già motivato con sentenza n. 128 del
1973, essa gradualità si presenta come modo di essere necessario, dato
che la modifica del sistema pensionistico richiede e comporta una
pluralità di atti ed una successione di tempi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 e dell’art. 1 del d.P.R.
28 dicembre 1970, n. 1434, sollevata in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dalla ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1977.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
NICOLA REALE – LEONETTO AMADEI –
EDOARDO VOLTERRA – GUIDO ASTUTI –
MICHELE ROSSANO – LEOPOLDO ELIA –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere