Sentenza N. 51 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
26/06/1965
Data deposito/pubblicazione
26/06/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/06/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
Trentino-Alto Adige con ricorso notificato il 28 aprile 1964,
depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 maggio
successivo, ed iscritto al n. 6 del Registro ricorsi 1964, per
conflitto di attribuzione tra la Regione del Trentino-Alto Adige e lo
Stato, sorto a seguito del provvedimento del Medico provinciale di
Bolzano 2 marzo 1964, n. 789/30, concernente la classificazione nella
prima categoria dell’Ospedale civile di Bolzano.
Vista la costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 26 maggio 1965 la relazione del
Giudice Francesco Paolo Bonifacio;
uditi l’avv. Pietro Gasparri, per il ricorrente, e il sostituto
avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
1. – Con ricorso notificato il 28 aprile 1964 al Presidente del
Consiglio dei Ministri, depositato nella cancelleria della Corte
costituzionale il 6 maggio 1964, il Presidente della Regione
Trentino-Alto Adige, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Gasparri,
previe deliberazioni 6 e 31 marzo 1964 della Giunta regionale, ha
sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto 2 marzo
1964, n. 789/30, col quale il Medico provinciale di Bolzano ha
provveduto a classificare nella prima categoria l’Ospedale civile di
quella città.
Il ricorrente, dopo aver premesso che a seguito dell’emanazione
delle norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera (D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307) la Regione in diverse
occasioni e senza contestazione da parte dello Stato ha proceduto a
classificazione di ospedali, deduce che l’impugnato decreto del Medico
provinciale di Bolzano, emesso su conforme avviso del Ministro della
sanità, è invasivo della sfera di competenza della Regione, così
come questa risulta delineata negli artt. 4, n. 12, 5, n. 2, e 13,
primo comma, dello Statuto, norme dalle quali deriva che la Regione è
competente a legiferare ed a svolgere tutte le attività amministrative
sia in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera sia in quella di
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Siffatta competenza
statutaria sarebbe divenuta effettiva, ad avviso del ricorrente, con
l’entrata in vigore del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, contenente le
norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Nessun rilievo avrebbe la circostanza che in tale testo normativo non
sia specificamente previsto il potere di classificazione degli
ospedali: le norme di attuazione, infatti, non possono ridurre la sfera
di attribuzioni statutariamente fissata, e non è ipotizzabile che lo
Statuto abbia voluto rendere attualmente effettive solo alcune delle
competenze regionali, giacché è da ritenersi che l’autonomia
regionale, quando sia entrata in vigore in una determinata materia per
effetto delle norme di attuazione, lo sia in tutta la sua pienezza. Né
argomento contrario potrebbe dedursi dall’art. 4 del citato D.P.R. del
1958, n. 307, che conserva in vigore le leggi dello Stato finché la
Regione non abbia provveduto con leggi proprie: questa norma deve
intendersi, infatti, nel senso che gli organi regionali nell’esercizio
delle trasferite funzioni amministrative debbano attenersi al disposto
sostanziale della legislazione statale fino a che questa non venga
modificata dalle leggi regionali. Ove, infine, dovesse invece ritenersi
che gli artt. 1 e 4 delle norme di attuazione escludano la competenza
della Regione nella subjecta materia, bisognerebbe concludere che esse,
perché in contrasto con norme statutarie, sono costituzionalmente
illegittime.
La Regione conclude chiedendo, in via principale, che la Corte
dichiari che l’impugnato provvedimento è invasivo della competenza
della Regione e ne pronunzi, conseguentemente, l’annullamento; in via
subordinata, che la Corte ritenga non manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del D.P.R.
18 febbraio 1958, n. 307, e, investendosi di detta questione, dichiari
costituzionalmente illegittime tali norme ed annulli l’indicato
provvedimento amministrativo.
2. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel
giudizio, resistendo al ricorso, con atto di deduzioni depositato il 16
maggio 1964.
L’Avvocatura dello Stato, dopo aver ricordato che le funzioni
regionali, sia legislative che amministrative, sono condizionate
all’emanazione delle norme di attuazione che ne operano il concreto
trasferimento, esclude che nel caso in esame ci sia violazione
dell’art. 5, n. 2, dello Statuto, relativo alle istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza, giacché, a parte il non pertinente
richiamo a tale norma, le corrispondenti disposizioni di attuazione
(D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97) non solo nulla dispongono in ordine a
quanto forma oggetto della presente vertenza, ma espressamente
riservano (art. 6) al Ministro della sanità la competenza all’alta
sorveglianza delle istituzioni che gestiscono istituti di cura,
limitatamente all’organizzazione ed alle attività sanitarie. Non
sussisterebbe neppure violazione dell’art. 4, n. 12, dello Statuto,
dovendosi ritenere che il potere di classificazione degli ospedali non
rientri nella competenza assegnata alla Regione. Esso, infatti, appare
espressione saliente di quella vigilanza tecnica sulle organizzazioni,
enti ed istituti svolgenti attività sanitarie, che la legislazione
statale (legge 13 marzo 1958, n. 296) attribuisce al Ministero della
sanità. L’esame delle conseguenze che si riconnettono alla
classificazione, specialmente in ordine allo status ed alle modalità
di scelta del personale, induce a ritenere che la relativa funzione sia
esclusivamente statale, e da ciò discende la ratio della legittima
riserva contenuta nell’art. 1 delle norme di attuazione in materia di
assistenza sanitaria (D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307) e nell’art. 6
delle norme di attuazione in materia di istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza, le quali, coordinate con la legge 13 marzo
1958, n. 296, appaiono espressione di un unico principio, che accentra
nel Ministero della sanità la tutela della salute pubblica, preminente
rispetto ad altre situazioni anch’esse costituzionalmente protette.
In linea subordinata l’Avvocatura osserva che, anche se il potere
di cui si controverte, rientrasse nella competenza assegnata alla
Regione, il ricorso sarebbe nondimeno infondato per un duplice e
concorrente ordine di ragioni:
a) l’omesso trasferimento del potere di classificazione può
significare una riserva di trasferimento futuro, e tale riserva è
legittima, non sussistendo l’obbligo dello Stato di operare il
trasferimento simultaneo di tutte le funzioni; b) l’art. 4 del D.P.R.
18 febbraio 1958, n. 307, esclude l’immediato trasferimento nelle
materie nelle quali il legislatore regionale non abbia ancora emanato
proprie leggi: tale limitazione non toccherebbe minimamente l’autonomia
regionale, giacché alla Regione sarebbe demandata l’iniziativa di far
scattare il termine di decorrenza del trasferimento delle funzioni.
L’Avvocatura, dopo aver eccepito l’inammissibilità della questione
incidentale di legittimità costituzionale delle norme di attuazione
per intervenuta preclusione derivante dalla mancata impugnativa
principale nei termini di legge, conclude chiedendo che la Corte
respinga il ricorso.
Nella successiva memoria del 25 novembre 1964 l’Avvocatura osserva
che l’inquadramento, in massima parte, degli ospedali nelle istituzioni
di assistenza e beneficenza, disciplinate dalla legge 17 luglio 1890,
n. 6972, costituisce un aspetto particolare della loro struttura, che
non incide sull’aspetto funzionale, al quale certamente appartiene la
classificazione, regolata dal R. D. 30 settembre 1938, n. 1631,
emanato in attuazione dell’art. 192 del T.U. delle leggi sanitarie
(R.D. 27 luglio 1934, n. 1265). Le stesse disposizioni di attuazione
dello Statuto T. A. A. in materia di istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza confermano la netta separazione fra aspetto
strutturale ed aspetto funzionale degli ospedali e rendono inconferente
il richiamo della Regione all’art. 5, n. 2, dello Statuto. Quanto alla
materia dell’assistenza sanitaria ed ospedaliera, attribuita alla
competenza regionale dall’art. 4, n. 12, dello Statuto, si rileva che
la classificazione degli ospedali attiene alla sottoposizione degli
istituti di cura ad una disciplina che, per i suoi effetti sostanziali,
non può che essere uniforme per tutto il territorio dello Stato: e non
è da accogliere l’ipotesi che comunque debba appartenere alla Regione
la corrispondente competenza amministrativa, giacché le esigenze di
eguaglianza di trattamento di tutti gli istituti sanitari legittimano,
anche sul piano soggettivo, l’unitarietà del potere deliberativo e
decisorio. Ma anche se si dovesse addivenire ad una diversa
interpretazione, il ricorso sarebbe infondato, essendo certo che le
norme di attuazione, che trasferiscono alla Regione specifici poteri,
casisticamente individuati, nulla prevedono in tema di classificazione,
sicché la competenza regionale sarebbe in ogni caso inoperante. E se
infine si volesse, in via di mera ipotesi, riconoscere una discordanza
tra norme statutarie e norme di attuazione, questa non potrebbe essere
denunziata in questa sede: la possibilità di sollevare innanzi alla
Corte la questione di legittimità costituzionale in via incidentale
riguarda infatti, ad avviso dell’Avvocatura, gli atti legislativi
impugnabili solo incidentalmente e non anche quelli per i quali
l’impugnativa va autonomamente proposta in via diretta e nei termini di
legge. Nella specie se invasione di competenza derivasse dalle norme di
attuazione, la mancata impugnativa di queste precluderebbe la
possibilità di impugnare successivi provvedimenti di carattere
strumentale od esecutivo.
3. – Nella memoria depositata il 2 dicembre 1964 la difesa della
Regione esclude che nell’attuale giudizio si sia in presenza di una
rivendicazione della potestà legislativa di abrogare o modificare le
norme sulla classificazione degli ospedali contenute nella legislazione
statale. Ammesso, in ipotesi, che un principio dell’ordinamento vieti
alla Regione di abolire o di adottare una classificazione degli
ospedali diversa da quella predisposta dallo Stato, sussiste il
problema della competenza statale o regionale ad emettere gli atti
amministrativi di accertamento: e, essendo questo l’oggetto del
sollevato conflitto, si appalesa inutile l’argomentazione
dell’Avvocatura dello Stato relativa alla necessaria unitarietà dei
criteri di classificazione degli ospedali.
Ciò premesso, la Regione osserva che in virtù del disposto degli
artt. 4 e 13 dello Statuto essa è competente ad esercitare in materia
di assistenza sanitaria ed ospedaliera tutte le potestà amministrative
che in base all’ordinamento precedente erano attribuite allo Stato e,
quindi, quella di verificare se i singoli ospedali presentano le
caratteristiche di ascrivibilità a questa o a quella categoria. Le
norme di attuazione, approvate con D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, non
contrastano con questa conclusione, dovendosi escludere che la
competenza di classificazione degli ospedali rientri in quella “alta
vigilanza” che, quanto all’organizzazione ed alle attività sanitarie,
l’art. 6, comma terzo, di quel decreto riserva al Ministro della
sanità. L’esame dell’art. 44 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e
dell’art. 80 del Regolamento deve indurre, infatti, a ritenere che
l’alta sorveglianza si concreta in un potere di controllo da parte
dell’autorità governativa, in un ius inspectionis che può porsi come
presupposto di un ius compellendi e di un ius prohibendi: con i quali
la classazione degli ospedali nulla ha a che vedere. Né può
sostenersi che il potere di cui si controverte non sia attualmente
passato alla Regione: l’art. 6 del D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97,
concerne gli enti di assistenza in genere, non esclusi quelli
ospedalieri, e la riserva al Ministro della sanità dell’alta
sorveglianza dimostra che tutte le altre funzioni amministrative sono
state trasferite alla Regione.
4. – Con ordinanza del 19 febbraio 1965 – pronunziata dopo la
pubblica udienza del 16 dicembre 1964 – la Corte costituzionale dispose
che la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione esibissero
tutti gli atti e documenti relativi al provvedimento impugnato.
In ottemperanza a tale decisione sono stati depositati:
a) nota del Ministero della sanità alla Giunta regionale sulla
classifica degli istituti di cura;
b) domanda del Presidente dell’Ospedale civile di Bolzano, diretta
al Presidente della Giunta regionale, per la classificazione
dell’istituto nella prima categoria, e delibera del Consiglio di
amministrazione;
c) lettere dell’Assessore regionale al Medico provinciale con la
richiesta degli accertamenti tecnici necessari per l’adozione del
provvedimento;
d) richiesta di informazioni dell’Assessore regionale;
e) informazioni del Presidente dell’Ospedale al Medico provinciale.
5. – Con note depositate il 13 maggio 1965 la difesa della Regione
ha ribadito le sue tesi, ed in particolare ha osservato:
a) la classazione degli ospedali rientra nella competenza relativa
alla “assistenza sanitaria ed ospedaliera”; b) il relativo potere, in
quanto riguarda gli enti gestori degli ospedali, trova un suo
fondamento anche nell’art. 5, n. 2, dello Statuto, relativo alle
“istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”; c) il concetto di
alta sorveglianza riservata al Ministero della sanità dall’art. 6,
comma terzo, del D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, non può comprendere la
classazione degli ospedali; d) l’elenco delle attribuzioni trasferite
alla Regione attraverso le norme di attuazione non può essere ritenuto
tassativo; se lo fosse, l’omissione relativa al potere in discussione
sarebbe contraria allo Statuto e renderebbe necessario il giudizio
sulla sua legittimità costituzionale.
6. – Nella pubblica udienza del 26 maggio 1965 le parti hanno
insistito nelle rispettive tesi e conclusioni.
1. – Il Medico provinciale di Bolzano – come è confermato dalla
documentazione esibita a seguito dell’ordinanza 19 febbraio 1965 di
questa Corte – ha provveduto alla classificazione dell’Ospedale civile
di quella città nell’esercizio del potere conferito dal combinato
disposto dell’art. 9 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631, e dell’art.
6, quarto comma, della legge 13 marzo 1958, n. 296, istitutiva del
Ministero della sanità.
La Regione del Trentino-Alto Adige sostiene che il relativo decreto
n. 789/30 del 2 marzo 1964 invade la competenza ad essa riservata dagli
artt. 4, n. 12, 5, n. 2, e 13 dello Statuto; assume che la potestà
rivendicata col proposto ricorso per conflitto di attribuzione è da
considerare già effettivamente trasferita dallo Stato in virtù delle
norme di attuazione emanate con il D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, e
con il D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97; in linea subordinata solleva la
questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4
del citato D.P.R. del 1958, n. 307.
2. – La Corte ritiene, anzitutto, che il potere in contestazione
nel presente giudizio esuli dalla materia relativa alle istituzioni
pubbliche di assistenza e di beneficenza e che, di conseguenza, ai fini
della decisione non debbano esser prese in considerazione le relative
norme di attuazione (D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97). La determinazione
delle categorie degli ospedali, infatti, regolata dall’art. 6 del R.D.
30 settembre 1938, n. 1631 (contenente le norme generali per
l’ordinamento dei servizi sanitari ed emanato a norma dell’art. 192 del
R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, T.U. sanitario), attiene, per la sua
natura ed i suoi effetti, alla specifica funzione sanitaria degli
stessi, e non riguarda la struttura, l’organizzazione e le più ampie
finalità istituzionali degli enti pubblici di assistenza e di
beneficenza, ai quali si riferisce la legge fondamentale n. 6972 del 17
luglio 1890, richiamata, con le successive modificazioni ed
integrazioni, nelle citate norme di attuazione dell’art. 5, n. 2, dello
Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige (sulle quali cfr. Corte
costituzionale sentenza n. 14 del 1960). E ciò trova conferma
nell’ultimo comma dell’art. 6 del citato D.P.R. 1959, n. 97, che
attribuendo al Ministero della sanità l’alta sorveglianza sulle
predette istituzioni, razionalmente la limita all’organizzazione ed
all’attività sanitaria degli istituti di cura da esse gestiti (con il
che, peraltro, si fa salvo un potere di controllo dello Stato che
certamente nulla ha a che vedere con la materia oggetto del presente
giudizio).
Passando all’esame delle norme di attuazione in materia di
assistenza sanitaria ed ospedaliera, va rilevato che il D.P.R. 18
febbraio 1958, n. 307, contiene un compiuto ed analitico elenco dei
poteri trasferiti alla Regione e che il primo comma dell’art. 1
espressamente conserva allo Stato ogni altra competenza relativa alla
tutela dell’igiene e della sanità pubblica. L’omessa menzione della
disciplina relativa alla classificazione degli ospedali esclude,
perciò, che la corrispondente attribuzione sia stata trasferita: dal
silenzio del legislatore, infatti, non si può desumere il
trasferimento di poteri non specificamente previsti (cfr. sentenza n.
8 del 1965), né può condividersi la tesi della Regione – in contrasto
con la costante giurisprudenza di questa Corte – secondo la quale, una
volta intervenute le norme di attuazione relative ad una determinata
materia, qual che sia il loro contenuto, l’autonomia regionale possa
spiegarsi in tutta la sua ampiezza.
L’assunto principale della Regione ricorrente va pertanto respinto.
3. – Per quanto riguarda l’istanza con la quale la Regione, in via
subordinata, solleva la questione incidentale di legittimità
costituzionale delle citate norme di attuazione per la parte in cui
esse, riservando allo Stato le competenze non trasferite, attengono
alla classificazione degli ospedali – questione il cui indubbio
carattere di strumentalità rispetto al presente giudizio non è
contestato dal controricorrente – va preliminarmente respinta
l’eccezione di inammissibilità che l’Avvocatura dello Stato oppone sul
presupposto che un incidente siffatto non possa esser sollevato per
quei provvedimenti aventi forza di legge che la Regione avrebbe potuto
impugnare in via diretta ed in termini perentori oramai decorsi. Questa
Corte, infatti, con costante giurisprudenza, ha riconosciuto che lo
Stato e le Regioni attraverso il procedimento per conflitto di
attribuzione possono difendere i poteri loro spettanti in base
all’ordinamento anche se per la realizzazione di tale difesa si imponga
la necessità di introdurre una questione incidentale di legittimità
avente ad oggetto una legge non impugnata in via principale (cfr.
ordinanza n. 22 del 1960).
4. – L’istanza proposta dalla Regione va tuttavia respinta.
Per quanto riguarda l’art. 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307,
è da escludere che esso attenga alle competenze conservate dallo
Stato. Stabilendo, infatti, che le disposizioni delle leggi in vigore
continueranno ad applicarsi fino a quando la Regione non provvederà
con proprie leggi, la norma si riferisce alle materie analiticamente
trasferite in forza degli articoli precedenti e rappresenta una
puntuale applicazione del principio generale contenuto nell’art. 92
dello Statuto.
Relativamente, invece, alla riserva allo Stato contenuta nell’art.
1, primo comma, l’eccezione è manifestamente infondata perché è da
ritenere che la disciplina della classificazione degli ospedali, nei
sensi di cui si dirà, non rientri nella materia attribuita alla
Regione dall’art. 4, n. 12, dello Statuto.
È anzitutto destituita di fondamento la tesi della ricorrente,
secondo la quale tutte le argomentazioni addotte dall’Avvocatura dello
Stato a dimostrazione della necessaria unitarietà del sistema di
determinazione delle categorie ospedaliere sarebbero irrilevanti
perché nell’attuale giudizio la Regione non rivendica la potestà
legislativa di modificare tale sistema, ma solo la potestà
amministrativa di procedere all’assegnazione degli ospedali all’una o
all’altra categoria, secondo le norme in proposito dettate dalla
legislazione statale (art. 6 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631). Ed
invero il primo comma dell’art. 13 dello Statuto assegna alla Regione
la titolarità della funzione amministrativa solo “nelle materie e nei
limiti” in cui essa può emanare norme legislative; sicché la
decisione del giudizio, ancorché questo abbia ad oggetto una potestà
tipicamente amministrativa, dipende dall’accertamento della spettanza
della corrispondente e presupposta potestà legislativa.
Ciò premesso, va rilevato che la determinazione delle categorie
alle quali gli ospedali vanno concretamente assegnati non può esser
valutata se non come strumentale rispetto a tutta una serie di effetti
che, attraverso altre disposizioni legislative statali, ad essa si
ricollegano o possono ricollegarsi: ed appare perciò ovvio che
riconoscere alla Regione la potestà di dettar norme destinate a
sostituire quelle statali comporterebbe l’attribuzione alla stessa del
potere di influire anche su materie sottratte alla sua competenza (ad
es., valutazioni in concorsi pubblici negli ospedali di tutto il paese
– cfr. art. 3 della legge 10 marzo 1955, n. 97-, riforme del sistema
sanitario, ospedaliero o previdenziale etc.). Dal che consegue che, se
alla Regione è consentito, nell’ambito della potestà attribuita
dall’art. 4, n. 12, di provvedere eventualmente ad emanare norme in
merito alla fissazione di categorie ospedaliere limitatamente ad
effetti che rientrino in sue specifiche attribuzioni, è ad essa
certamente precluso il potere di interferire legislativamente – e, per
quanto si è detto, anche amministrativamente – sulla competenza che
allo Stato è da riconoscere per il raggiungimento di fini suoi propri.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità
costituzionale, proposta dalla Regione del Trentino-Alto Adige, degli
artt. 1 e 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, contenente le norme di
attuazione dello Statuto in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera;
dichiara che il potere di classificazione degli ospedali di cui
all’art. 9 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631, ed all’art. 6, quarto
comma, della legge 13 marzo 1958, n. 296, spetta allo Stato;
respinge di conseguenza il ricorso per conflitto di attribuzione
proposto dalla Regione del Trentino-Alto Adige con atto 28 aprile 1964,
ed avente ad oggetto il decreto n. 789/30 del 2 marzo 1964 del Medico
provinciale di Bolzano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.