Ordinanza N. 16 del 1979
Corte Costituzionale
Data generale
10/05/1979
Data deposito/pubblicazione
10/05/1979
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/05/1979
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO
ANDRIOLI, Giudici,
presso il tribunale di Caltanissetta, iscritto al n. 10 del registro
a.r. 1978, per conflitto di attribuzione contro il Ministro di Grazia
e Giustizia, sorto a seguito dei provvedimenti di sospensione della
pena in data 11 e 22 aprile 1975 emanati dal predetto Ministro nei
confronti di Milano Giuseppe.
Udito nella camera di consiglio del 19 dicembre 1978 il Giudice
relatore Antonio La Pergola.
Ritenuto che il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il
tribunale di Caltanissetta ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti del Ministro di Grazia e Giustizia, con riguardo al potere,
a quest’ultimo conferito dall’art. 589, quinto comma, del codice di
procedura penale – nei casi preveduti dall’art. 147, n. 2, del codice
penale – deducendo, con ricorso 6 febbraio 1978: che la Procura della
Repubblica di Caltanissetta chiedeva, senza esito, al Ministero di
Grazia e Giustizia copia del provvedimento di sospensione emesso con
riferimento all’esecuzione della pena del pluricondannato Giuseppe
Milano, ex art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale; che
il Ministero, dal canto suo, richiedeva successivamente alla Procura
di Caltanissetta di unificare le pene in corso di esecuzione; che
detta procura provvedeva allora al cumulo delle pene ed emetteva il
conseguente ordine di scarcerazione, sull’assunto che il provvedimento
di sospensione fosse stato revocato; che il Milano, arrestato il 2
maggio 1976, proponeva impugnazione avverso l’ordine di carcerazione;
che il tribunale di Caltanissetta, decidendo sull’incidente di
esecuzione, disponeva, con ordinanza depositata il 30 giugno 1977, la
revoca dell’ordine di carcerazione e la immediata scarcerazione del
Milano, in quanto i provvedimenti di sospensione, emessi l’11 aprile
1975 e 22 aprile 1975, non erano stati revocati; che tali provvedimenti
non sono stati revocati nemmeno in prosieguo di tempo, col risultato
che si rischierebbe di vanificare le decisioni dell’Autorità
giudiziaria.
Ritenuto, altresì, che il ricorrente deduce:
l’incostituzionalità – per contrasto, sotto vari profili, con gli
artt. 3, 13, 101,102,111 e 112 della Costituzione – dell’art. 589,
quinto comma, del codice di procedura penale che riserva il
differimento dell’esecuzione della pena all’esclusiva ed insindacabile
competenza del Ministro di Grazia e Giustizia, laddove la materia
ricadrebbe nella sfera della giurisdizione; l’illegittimità dei
provvedimenti adottati in punto di fatto dal Ministro, perché viziati
da incompetenza in senso costituzionale, oltreché da eccesso di potere
amministrativo.
Ritenuto che alla Corte viene dunque richiesto di risolvere il
conflitto sottoposto al suo esame dichiarando che il potere attribuito
nella specie al Ministro di Grazia e Giustizia spetta invece, secondo
Costituzione, all’Autorità giudiziaria, e annullando in conseguenza i
decreti di sospensione impugnati, e quanti altri successivamente
emanati dal Ministro.
Considerato che il ricorrente, assumendo che i poteri riservati nel
caso in esame alla competenza del Ministro di Grazia e Giustizia
rappresentano un’indebita interferenza dell’Esecutivo nell’ambito
della giurisdizione, ne rivendica l’attribuzione agli organi
costituzionalmente investiti della funzione giurisdizionale in senso
proprio;
che però – come la Corte ha affermato costantemente, e da ultimo
nella sentenza n. 52 del 1976 – tra gli organi anzidetti non possono
essere annoverati né la Procura della Repubblica, né altro ufficio
del pubblico ministero;
che, pertanto, non concorrono i requisiti di ordine soggettivo e
oggettivo prescritti per aversi conflitto di attribuzione ai sensi del
primo comma dell’art. 37 della legge n. 87 del 1953;
che tali rilievi assorbono ogni altro profilo, pure attinente
all’ammissibilità.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1979.
F.to: GIULIO GIONFRIDA – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO –
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere