Sentenza N. 413 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
18/07/1989
Data deposito/pubblicazione
18/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge 25 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di
immobili ad uso non abitativo, di alloggi di edilizia agevolata e di
prestiti emessi dalle ferrovie dello Stato, nonché interventi per il
settore distributivo), dell’art. 17, secondo comma, della legge 11
marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1988), degli
artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e
funzionamento degli organi regionali) e degli artt. 18 e 19 della
legge della Regione Piemonte 12 agosto 1976, n. 42 (Norme per il
funzionamento dell’Organo regionale di controllo) e successive
modificazioni, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza
emessa il 5 ottobre 1988 dal TAR per il Piemonte sul ricorso proposto
dalla S.p.a. Imprebeton contro la Regione Piemonte ed altri,
iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale,
dell’anno 1989; 2) ordinanza emessa l’11 gennaio 1989 dal TAR per il
Piemonte sul ricorso proposto dalle Imprese Riunite Garzena S.p.a. ed
altro contro la Comunità Montana Pinerolese Pedomontano ed altri,
iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale,
dell’anno 1989;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
provvedimento con cui il Comitato regionale di controllo aveva
annullato un atto di aggiudicazione di una gara per l’esecuzione di
opere pubbliche, il Tar per il Piemonte, con ordinanza in data 5
ottobre 1988 (r.o. n. 83 del 1989), ha sollevato, in riferimento
all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n.
393 (soppresso dall’art. 1, primo comma, della legge di conversione
25 novembre 1987, n. 478, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dal
secondo comma della medesima disposizione), 59 e 60 della legge 10
febbraio 1953, n. 62, 18 e 19 della legge reg. Piemonte 12 agosto
1976, n. 42 e successive modificazioni.
Dall’ordinanza di rinvio emerge che l’organo regionale di
controllo aveva annullato la delibera comunale di aggiudicazione in
quanto, nell’individuazione delle offerte anomale da escludere dalla
gara, l’ente appaltante, contrariamente a quanto prescrive l’art. 4
del decreto legge n. 393 del 1987, aveva tenuto conto (nella media
delle percentuali delle offerte ammesse) anche delle offerte in
aumento e non soltanto di quelle a ribasso.
Il giudice a quo ritiene che la predetta disposizione vada invece
interpretata nel senso che al calcolo della media delle percentuali
delle offerte ammesse debbano concorrere sia quelle al rialzo che
quelle al ribasso, mentre, in base al dato letterale della norma,
l’esclusione potrà colpire solo le seconde. Nonostante tale
interpretazione, che consentirebbe di definire il giudizio nel senso
invocato dal ricorrente, il Tribunale adito dubita, per altri versi,
della legittimità costituzionale della norma in questione.
Le censure attengono al nuovo sistema introdotto dal legislatore
che, modificando il precedente, non consente più alcuna
discrezionalità nell’individuazione delle offerte anomale.
L’esclusione di quest’ultime dalla gara in base ad un mero calcolo
matematico e non più ad una valutazione dell’ente appaltante,
sarebbe del tutto irrazionale soprattutto nei casi in cui (art. 1
lett. a) e d) legge 2 febbraio 1973, n. 14), il procedimento di
aggiudicazione, prescinde dal raffronto con un prezzo base
preventivamente stabilito dall’amministrazione: in tali ipotesi,
l’esclusione verrebbe a dipendere da elementi esclusivamente forniti
dagli stessi concorrenti.
Il sistema introdotto dalla disposizione impugnata costringe
infatti l’amministrazione a considerare come anomale offerte che
traggono tale qualificazione non dalla verifica con un parametro
obiettivo e rapportato al costo preventivo delle opere, ma bensì
dalle altre offerte presentate, le quali, già di per sé, potrebbero
risultare anomale, quando addirittura non siano abnormi ed
esclusivamente finalizzate a spostare il livello di anomalia.
La determinazione del margine di accettabilità delle offerte, ad
avviso del giudice a quo, non può non comportare una valutazione che
solo il destinatario delle stesse è in grado di compiere (come era
peraltro giustamente previsto dall’art. 24, terzo comma, della legge
8 agosto 1977, n. 584) e sarebbe quindi del tutto illogico e lesivo
del principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della
Costituzione) affidare la tutela di tale interesse, mediante un
meccanismo di esclusione meramente automatico, alle stesse parti
interessate.
Una ulteriore violazione dell’invocato principio di buon andamento
consisterebbe, inoltre, nel fatto che la disposizione censurata,
invece di disporre che la verifica dell’anomalia avvenga
anteriormente all’aggiudicazione e con un procedimento autonomo,
prevede che l’offerta sospetta, confluendo negli elementi da cui è
tratta la media, concorra anch’essa a determinare il risultato della
gara, consentendo così che quest’ultima risulti alterata da
eventuali componenti anomale.
2. – In ordine alla rilevanza della prospettata questione, il
Tribunale remittente ritiene che, pur non potendo condividere
l’interpretazione data dal Coreco alla norma impugnata, non potrebbe
limitarsi ad annullare l’atto negativo di controllo perché così
facendo “darebbe pur sempre applicazione ad una norma della cui
legittimità dubita”. L’accoglimento del ricorso, difatti,
significherebbe accettare quell’automatismo di determinazione
dell’offerta anomala che la disposizione censurata impone.
Poiché, inoltre, all’eventuale dichiarazione di
incostituzionalità della norma impugnata conseguirebbe – attraverso
l’annullamento giurisdizionale dell’atto impugnato – l’automatica
esecutività del provvedimento controllato, il quale “ancor più
dell’atto di controllo, ha fatto rigorosa applicazione della norma
nel frattempo dichiarata incostituzionale”, il giudice a quo dubita
della legittimità costituzionale dell’attuale sistema di controlli
regionali, in quanto, seppure indirettamente, costringerebbe l’organo
di giustizia amministrativa, a conferire legittimità ad atti
addirittura applicativi di una norma incostituzionale.
Vengono così denunciati in relazione all’art. 97 della
Costituzione, gli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953 n. 62, e
gli artt. 18 e 19 della legge reg. Piemonte 12 agosto 1976, n. 42,
nella parte in cui non prevedono che, dopo l’annullamento
giurisdizionale dell’atto negativo di controllo, il controllo debba
essere di nuovo esercitato nelle stesse forme e negli stessi tempi
originariamente previsti.
3. – Nel corso di un altro giudizio concernente non solo il
provvedimento con cui il Coreco aveva annullato l’aggiudicazione di
un appalto di lavori pubblici, ma anche l’atto con cui l’ente locale,
uniformandosi alle indicazioni emesse dall’organo di controllo, aveva
successivamente modificato l’aggiudicazione, lo stesso Tribunale
amministrativo, con ordinanza in data 11 gennaio 1989 (r.o. n. 206
del 1989), ha sollevato con eguale motivazione e sempre in relazione
all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 17, secondo comma, della legge 11 marzo
1988, n. 67, avente contenuto sostanzialmente identico alla prima
delle norme impugnate con il precedente atto di rimessione, nonché
delle medesime disposizioni statali e regionali (del Piemonte) che
disciplinano l’attività di controllo sugli atti degli enti locali,
già denunciate nell’altra ordinanza di rinvio.
4. – In entrambi i giudizi non si sono costituite le parti
private, mentre ha spiegato intervento l’Avvocatura Generale dello
Stato che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della
questione concernente le norme sui controlli regionali. Un’eventuale
sentenza additiva, nel senso invocato dal giudice a quo,
comporterebbe, difatti, la sostanziale sostituzione di una nuova
disciplina a quella vigente, operazione che sarebbe preclusa a questa
Corte, rientrando nella sfera di esclusiva discrezionalità del
legislatore.
Nel merito, poi, la questione risulterebbe comunque infondata, in
quanto, accettando la soluzione auspicata dal Tribunale remittente,
il controllo sugli atti degli enti locali, previsto da una norma
costituzionale (art. 130 della Costituzione) verrebbe in sostanza ad
essere esercitato dal giudice amministrativo, che finirebbe per
sovrapporsi all’organo tutorio nell’individuazione dei vizi dell’atto
sottoposto a controllo.
Essendo dunque inammissibile e comunque infondata la seconda delle
questioni sollevate, al cui accoglimento le ordinanze di rinvio hanno
subordinato la rilevanza della prima questione, quest’ultima, ad
avviso dell’Avvocatura risulterebbe irrilevante in base alla stessa
prospettazione del giudice a quo.
L’interveniente osserva, poi, che la questione sarebbe comunque
infondata nel merito. Il sistema di esclusione automatica delle
offerte anomale è stato infatti adottato al fine di accelerare le
procedure relative all’affidamento degli appalti, in quanto la
precedente norma (art. 24, terzo comma, legge 8 agosto 1977, n. 584),
basata sulla verifica e sul contraddittorio, si era rivelata densa di
inconvenienti, sia in ordine ai tempi di svolgimento, sia in ordine
alle difficoltà tecniche nel valutare la serietà dell’offerta
sospetta.
Il criterio di esclusione automatica che elimina ogni
discrezionalità dell’ente appaltante, predeterminando un limite al
di sotto del quale l’offerta è presunta anomalmente bassa, tutela
nel modo migliore l’interesse pubblico alla buona realizzazione
dell’opera. Tale sistema, quindi, che si inserisce peraltro in una
materia nella quale il legislatore gode di ampia discrezionalità,
non sembra affatto irragionevole, ma appare anzi basato
“sull’obbiettività dei dati risultanti dal mercato” e quindi
maggiormente teso a garantire la par condicio dei concorrenti.
con cui il Comitato regionale di controllo del Piemonte aveva
annullato una deliberazione comunale di aggiudicazione di una gara di
appalto – nel presupposto che l’esclusione di alcune “offerte
anomale” da parte di ditte concorrenti era stata disposta sulla base
di una errata interpretazione della legge da applicare – il Tribunale
amministrativo regionale adito, ha sollevato di ufficio, in
riferimento all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n.
393 (soppresso dall’art. 1, primo comma, della legge di conversione
25 novembre 1987, n. 478, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dal
secondo comma della stessa disposizione). Nel dubbio che la questione
così proposta fosse irrilevante ai fini della definizione del
giudizio a quo, essendo l’ambito di quest’ultimo limitato al petitum
di annullamento dell’atto dell’organo di controllo, il giudice a quo
ha sollevato, sempre di ufficio, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n.
62 e 18 e 19 della legge regionale del Piemonte 12 agosto 1976, n. 42
e successive modificazioni, in quanto queste norme, secondo la
giurisprudenza, non consentono all’organo regionale di controllo, che
si sia visto annullare in sede giurisdizionale il proprio atto
negativo, di rinnovare il potere di controllo.
Il giudice a quo, in altri termini, in questa prospettazione
alternativa, subordina la rilevanza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n.
393 – cioè della normativa sostanziale che regolava all’epoca la
materia della esclusione dalle gare di appalto delle c.d. offerte
anomale – alla possibilità che l’organo regionale di controllo possa
vedersi restituito nella propria potestà di annullamento in
conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale della
normativa che attualmente glielo impedisce (artt. 59 e 60 della legge
n. 62 del 1953 e artt. 18 e 19 della legge regionale del Piemonte n.
42 del 1976), e possa quindi applicare lo jus superveniens
conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della
norma in materia di offerte anomale, annullando la deliberazione
comunale che su di essa si fonda.
Con identiche argomentazioni, nel corso di un altro giudizio
relativo all’impugnativa sia dell’atto negativo di controllo che di
quello conseguente con cui il Comune si era uniformato al primo, lo
stesso Tribunale ha sollevato questione di legittimità
costituzionale sia dell’art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo
1988, n. 67, che ha successivamente disciplinato la materia delle
offerte in modo sostanzialmente identico all’art. 4 del decreto legge
n. 393 del 1987, sia della normativa statale e regionale in tema di
controlli già censurata nella precedente ordinanza.
2. – I giudizi possono essere riuniti e le relative questioni
affrontate congiuntamente essendo ininfluente, ai fini della loro
soluzione, la circostanza che nel secondo dei giudizi a quo era stata
impugnata anche la delibera comunale che si era successivamente
uniformata all’indirizzo dell’organo di controllo.
3. – Le questioni, nei termini in cui risultano sollevate, sono
inammissibili in quanto irrilevanti ai fini della definizione dei
giudizi a quo.
Per quel che concerne l’art. 4 del decreto legge n. 393 del 1987,
nonché l’art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo 1988, n. 67,
è la stessa prospettazione del giudice a quo a far concludere per la
irrilevanza della questione, dato che nelle ordinanze di rimessione
testualmente si afferma che “il ricorso è proposto contro
l’interpretazione che l’organo di controllo ha dato alla norma. Il
Tribunale non ritiene di poter accettare questa interpretazione, ma
non può limitarsi ad annullarla, in quanto in questo modo darebbe
pur sempre applicazione ad una norma della cui costituzionalità si
dubita”, soggiungendo che “anche la decisione della Corte che si
limitasse a dichiarare l’incostituzionalità della norma in questione
non farebbe completamente giustizia. Se venisse meno infatti l’art. 4
del decreto legge 23 settembre 1987, n. 393, questo Tribunale si
vedrebbe costretto ad annullare l’interpretazione che il CO.RE.CO. ne
ha data, ma la conseguenza sarebbe che – annullato l’atto di
controllo – diventerebbe esecutiva quella aggiudicazione” facendo sì
“che l’organo di giustizia amministrativa finisca con il conferire
legittimità ad atti per altro verso dichiaratamente illegittimi (e,
nel caso in esame, addirittura applicativi di una norma
incostituzionale)”.
Lo scopo che dichiaratamente intende perseguire il giudice
rimettente, al fine di rendere rilevante la pronunzia di
illegittimità costituzionale della normativa denunciata, in tema di
c.d. offerte anomale, è dunque quello di pervenire alla caducazione
della delibera comunale di aggiudicazione, di un atto cioè al di
fuori del giudizio a quo, essendone l’oggetto delimitato dalla
richiesta di annullamento dell’atto di controllo.
Peraltro, come si è già avuto modo di illustrare in precedenza,
il Tribunale rimettente, dubitando della rilevanza della questione
così sollevata, si propone di pervenire al risultato
dell’annullamento della deliberazione comunale, in quanto solo in
questo modo, la questione di legittimità costituzionale della norma
sulla quale detta deliberazione si fonda diverrebbe rilevante. Viene
pertanto denunciata l’incostituzionalità delle norme che escludono
la possibilità di reiterare l’esercizio della potestà di controllo,
poiché, qualora quest’ultime fossero dichiarate illegittime
assumerebbe automaticamente rilevanza anche la declaratoria di
illegittimità costituzionale della norma in tema di c.d. offerte
anomale, in questo caso, infatti, l’organo di controllo potrebbe
annullare la deliberazione comunale per il venir meno della norma che
la sorregge.
Ma la questione di legittimità costituzionale della normativa in
tema di controlli, dalla cui fondatezza viene ad essere così
condizionata la fondatezza dell’altra questione, è a sua volta
irrilevante ai fini della definizione del giudizio a quo. Questo non
riguarda affatto l’aspetto della reiterabilità dell’atto di
controllo dopo il suo annullamento in sede giurisdizionale, essendo
questa una evenienza estranea all’ambito del giudizio che,
circoscritto dal petitum, non richiede al giudice alcuna diretta
applicazione di tale normativa.
L’irrilevanza della questione riguardante la normativa statale e
regionale in tema di controlli, rende a sua volta irrilevante, anche
dal punto di vista di questa prospettazione alternativa, la questione
di legittimità costituzionale della norma in tema di c.d. offerte
anomale, subordinata dal giudice a quo all’accoglimento dell’altra.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legge 23
settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili a
uso non abitativo, di alloggi di edilizia agevolata e di prestiti
emessi dalle Ferrovie dello Stato, nonché interventi per il settore
distributivo) e dell’art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo
1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)), nonché la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 59 e 60 della
legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli
organi regionali), 18 e 19 della legge regionale del Piemonte 12
agosto 1976, n. 42 (Norme per il funzionamento dell’organo regionale
di controllo), sollevate in riferimento all’art. 97 della
Costituzione con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 18 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA