Ordinanza N. 492 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI; dott. Cesare
RUPERTO;
1,2 e 5, della legge 8 agosto 1992, n. 359 (rectius: art. 5- bis,
commi 1.2 e 5, del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella
legge 8 agosto 1992, n. 359) (Misure urgenti per il risanamento della
finanza pubblica), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 76 maggio 1993 dalla Corte d’Appello di
Bologna nel procedimento civile vertente tra Ferranti Anna ed altre
ed il Comune di Cento, iscritta al n. 408 del registro ordinanze 1993
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima
serie speciale, dell’anno 1993;
2) ordinanza emessa il 9 marzo 1993 dal Tribunale di Benevento
nel procedimento civile vertente tra Pacelli Alberto ed altri e
l’Amministrazione provinciale di Benevento, iscritta al n. 483 del
registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di costituzione di Ferranti Anna ed altre nonché gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 1993 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione alla stima
dell’indennità definitiva di espropriazione proposto da Ferranti
Anna ed altri l’adita Corte d’appello di Bologna ha sollevato (con
ordinanza del 7 maggio 1993) questione incidentale di legittimità
costituzionale dell’art. 5- bis, commi 1, 2 e 5, della legge 8 agosto
1992 n. 359 (rectius: art. 5- bis, commi 1, 2 e 5, d.l. 11 luglio
1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n. 359), che ha
introdotto nell’ordinamento positivo una nuova normativa in materia
di determinazione della indennità di espropriazione, immediatamente
applicabile (anche) ai giudizi in corso;
che la Corte rimettente ritiene che il primo comma della norma
censurata violi l’art. 42, comma 3, Cost. nella parte in cui riduce
del 40% l’importo ottenuto mediando il valore venale sull’immobile
espropriato col reddito dominicale rivalutato perché non risponde al
canone di congruità un indennizzo espropriativo pari a circa il
31,8% del valore venale del bene espropriato;
che inoltre il secondo comma dell’art. 5- bis (stabilendo che in
ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato può
convenire la cessione volontaria del bene e in tal caso non si
applica la suddetta riduzione del 40%) viola il principio di
eguaglianza perché attua una irragionevole disparità di trattamento
tra chi al momento della sua entrata in vigore ha già subito
l’esproprio e non può più convenire la cessione volontaria del bene
e chi invece non è ancora colpito dal provvedimento ablativo e può
addivenire alla detta cessione volontaria;
che altresì la norma confligge con l’art. 24, comma 2, Cost.
perché condiziona la proposizione dell’opposizione alla stima
dell’indennità di esproprio in quanto induce ad accettare
l’indennità determinata in sede amministrativa anche ove il valore
venale posto a base del calcolo sia inferiore a quello effettivo;
che infine la disposizione del quinto comma della norma
censurata, secondo cui è rinviata ad un regolamento, da emanarsi con
decreto ministeriale, la definizione dei criteri e dei requisiti per
la individuazione della edificabilità di cui al precedente terzo
comma, viola la riserva di legge (di cui all’art. 42, comma 2, Cost.)
perché autorizza l’esercizio di una potestà regolamentare
ministeriale, prescindendo peraltro da qualsiasi indicazione dei
principi direttivi ai quali il potere esecutivo deve uniformarsi, e
lascia al Ministro una assoluta discrezionalità nella
classificazione delle aree edificabili; che inoltre la mancata
previsione di un limite di tempo entro il quale tale regolamento
debba essere emanato si riflette negativamente sia sul diritto
dell’espropriato alla corresponsione dell’indennizzo entro tempi
ragionevoli (art. 42, comma 3, Cost.), sia sulla sollecita
definizione dei giudizi di opposizione alla stima, non essendo il
nuovo criterio estimativo applicabile prima dell’emanazione del detto
regolamento (art. 24, comma 1, Cost.);
che si sono costituite le parti private senza svolgere
argomentazioni difensive e solo successivamente – ma fuori termine –
hanno depositato memoria;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato chiedendo
che le questioni siano dichiarate non fondate;
che nel corso del giudizio promosso da Pacelli Alberto ed altri
nei confronti dell’Amministrazione provinciale di Benevento per
sentirla condannare, tra l’altro, al pagamento dell’indennità per il
periodo di occupazione legittima di un fondo di loro proprietà
l’adito Tribunale di Benevento – dopo aver disposto c.t.u. per la
quantificazione dell’indennità di occupazione con il criterio di
stima del 5% del valore dell’indennità di espropriazione – ha
sollevato (con ordinanza del 9 marzo 1993) questione incidentale di
legittimità costituzionale del medesimo art. 5- bis, commi 1, 2 e 5,
per contrasto con gli artt. 3, 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3, Cost.,
svolgendo argomenti in tutto simili a quelli addotti dalla Corte
d’appello di Bologna;
che anche in tale giudizio è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato richiamando la sentenza n. 283 del 1993 della
Corte e chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e
comunque non fondate;
Considerato che la questione se sia costituzionalmente legittimo –
in riferimento all’art. 42, comma 3, Cost. – il primo comma dell’art.
5- bis cit. perché l’indennizzo espropriativo non presenterebbe le
caratteristiche del “serio ristoro”, che invece dovrebbe avere, è
già stata da questa Corte dichiarata non fondata nella sentenza n.
283/93 e successivamente manifestamente infondata con ordinanza n.
414/93 e con sentenza n. 442/93; né nuove e diverse argomentazioni
sono prospettate dalle Corti rimettenti sicché la questione è
manifestamente infondata;
che è altresì manifestamente infondata la questione se sia
costituzionalmente legittimo – in riferimento all’art. 3 Cost. – il
secondo comma del medesimo art. 5- bis (prospettata sotto il profilo
della disparità di trattamento tra espropriati nei cui confronti, al
momento della sua entrata in vigore, sia stato emesso il decreto di
espropriazione, e proprietari nei cui confronti non sia stato ancora
emesso il decreto ablativo) atteso che sul punto questa Corte è già
intervenuta con pronuncia additiva dichiarando l’illegittimità
costituzionale della disposizione censurata nella parte in cui non
prevede in favore dei soggetti già espropriati al momento
dell’entrata in vigore della legge n. 359 del 1992 e nei confronti
dei quali l’indennità di espropriazione non sia ancora divenuta
incontestabile il diritto di accettare l’indennità di cui al primo
comma con esclusione della riduzione del 40% (sent. n. 283/93 cit.);
che la ulteriore censura del medesimo secondo comma dell’art. 5-bis – in riferimento all’art. 24, comma 1, Cost. – prospettata sotto
il profilo che l’abbattimento del 40% dell’indennizzo espropriativo
in caso di cessione volontaria opererebbe come deterrente
dell’esercizio della facoltà di agire in giudizio e scoraggerebbe le
opposizioni alla stima con conseguente vulnerazione del diritto di
azione è manifestamente inammissibile (come già ritenuto da questa
Corte nelle cit. pronunce) atteso che da una parte l’ordinanza della
Corte d’appello di Bologna si riferisce ad un’area già espropriata e
quindi attiene ad un procedimento nel quale, per essere già
intervenuto il decreto di espropriazione, non è più possibile la
cessione volontaria e conseguentemente non è applicabile la relativa
disciplina; d’altra parte l’ordinanza del Tribunale di Benevento si
riferisce ad un’area assoggettata ad occupazione provvisoria e quindi
attiene ad un procedimento nel quale non è ancora possibile la
cessione volontaria;
che parimenti è manifestamente inammissibile la censura di
incostituzionalità – in riferimento agli artt. 24, comma 1, e 42,
commi 2 e 3, Cost. – del quinto comma dell’art. 5- bis, censurato per
violazione della riserva di legge nella parte in cui, prescindendo da
qualsiasi indicazione dei principi direttivi e senza neppure la
previsione di un limite di tempo, rinvia ad un regolamento
ministeriale la definizione dei criteri e dei requisiti per la
individuazione del carattere di edificabilità di fatto delle aree
assoggettate ad espropriazione, così incidendo negativamente sia sul
diritto dell’espropriato alla corresponsione dell’indennizzo entro
tempi ragionevoli (art. 42, comma 3, Cost.), sia sulla sollecita
definizione dei giudizi di opposizione alla stima (art. 24, comma 1,
Cost.); ed infatti la questione è carente di rilevanza nei giudizi a
quibus atteso che da una parte nell’ordinanza di rimessione della
Corte d’appello di Bologna si precisa che la destinazione dell’area
espropriata, quale risultante dal P.R.G. all’epoca dell’esproprio,
era di zona di attrezzature per il tempo libero, per la pratica
sportiva e per lo spettacolo sportivo, mentre non si fa menzione di
attitudine edificatoria di fatto; d’altra parte nell’ordinanza di
rimessione del Tribunale di Benevento non si precisa la destinazione
edificatoria, o meno, dell’area assoggettata ad occupazione
provvisoria, né si fa menzione di una sua possibile attitudine
edificatoria di fatto;
che infine non c’è luogo a provvedere, perché non ricorre
l’indefettibile presupposto della pregiudizialità, in ordine alla
richiesta della parti private costituite che sia sollevata
(d’ufficio) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11,
commi 5, 6, 7, 8 legge 30 dicembre 1991 n. 413 sotto il profilo che
la ritenuta d’imposta del 20% sull’indennizzo espropriativo, da tali
disposizioni prevista, riduce quest’ultimo al di sotto della soglia
di congruità;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 5- bis, commi 2 e 5, decreto
legge 11 luglio 1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n.
359 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica)
sollevate, in riferimento agli artt. 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3,
della Costituzione, dalla Corte d’appello di Bologna e dal Tribunale
di Benevento con le ordinanze indicate in epigrafe;
Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 5- bis, commi 1 e 2, decreto legge 11 luglio
1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n. 359 (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica) sollevate, in
riferimento agli artt. 3 e 42, comma 3, della Costituzione, dalla
Corte d’appello di Bologna e dal Tribunale di Benevento con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA