Sentenza N. 285 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
27/12/1974
Data deposito/pubblicazione
27/12/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1974
Dott. LUIGI OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO
GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE
ROSSANO, Giudici,
Friuli-Venezia Giulia, notificato il 9 novembre 1973, depositato in
cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 13 del registro 1973,
per conflitto di attribuzione sorto a seguito della determinazione 6
agosto 1973 del Ministro per la sanità di esercitare in luogo della
Regione il controllo diretto sull’ente denominato “Istituto per
l’infanzia e pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed
Aglaia de Manussi – Trieste – Istituto di ricovero e cura a carattere
scientifico – ospedale specializzato pediatrico regionale”.
Visto l’atto di costituzione del Ministro per la sanità, delegato
dal Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 ottobre 1974 Il Giudice relatore
Vincenzo Michele Trimarchi;
uditi l’avv. Gaspare Pacia, per la Regione, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Ministro per la
sanità.
1. – Con ricorso dell’8 novembre 1973 la Regione Friuli Venezia
Giulia, assumendo che, a sensi dell’art. 5, nn. 4 e 6, dello Statuto
speciale e del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 959, ad essa spetti di
esercitare gli ordinari controlli sull’Istituto per l’infanzia e Pie
fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro e Aglaia de Manussi di
Trieste – Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico –
ospedale specializzato pediatrico regionale, ha chiesto che venisse
dichiarata detta competenza e fosse contestualmente annullata la
determinazione del Ministero della sanità di esercitare, in luogo
della Regione, il controllo diretto sul detto ente, determinazione
adottata con nota del 6 agosto 1973 comunicata ad essa Regione sotto la
data del 14 settembre 1973.
Ha osservato che il potere di controllo a contenuto ordinario è
incompatibile con l’alta sorveglianza che allo stesso Ministero è
certamente spettante; che nessuna norma attribuisce a detto Ministero
alcun potere di controllo ordinario sugli enti sanitari ed ancor meno
su quelli a carattere scientifico; che secondo la normativa vigente gli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non hanno una
natura giuridica propria e che per gli stessi manca una disciplina
organizzativa, con la conseguenza che il singolo istituto, ancorché
riconosciuto a carattere scientifico, rimane soggetto alla disciplina
ed al sistema di controllo previsti per il tipo di ente a cui
apparteneva ed appartiene; che l’istituto de quo non ha mai cessato di
essere una istituzione pubblica di assistenza e beneficenza ed è
rimasto soggetto alle norme relative e cioè alla legge fondamentale
del 1890, alla legge 12 febbraio 1968, n. 132, e alla legge regionale
2 marzo 1966, n. 3; e che i controlli ordinari sull’istituto di cui si
tratta sono stati e sono esercitati dal comitato provinciale di
controllo di Trieste a sensi degli artt. 21 e ss. della citata legge
regionale.
2. – Nella memoria, la Regione ricorrente, dopo aver individuato i
punti essenziali della tesi del Ministero della sanità risultanti
dalla determinazione impugnata, ne ha contestato il fondamento e, in
particolare, ha rilevato:
– che non è esatta l’affermazione che gli istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico sono enti sanitari di interesse nazionale,
potendosi e dovendosi, nell’ambito della categoria, individuare accanto
agli istituti di ricovero e cura di interesse nazionale quelli di
interesse locale o regionale e dovendosi ritenere per questi ultimi che
la ricerca scientifico-sanitaria (ammesso che sia sempre di interesse
nazionale o statale) è attribuita solo come scopo complementare, e
ciò comporta unicamente che l’istituto, limitatamente alla attività
di ricerca, sia assoggettato alle prescrizioni ed ai controlli per essa
previsti da norme statali;
– che la natura di fondazione di assistenza ospedaliera
dell’istituto in oggetto ha trovato sempre riscontro nell’attività di
ricovero e cura dei bambini, nella classificazione quale ospedale
regionale pediatrico specializzato, nella strutturazione del consiglio
d’amministrazione e che anche per ciò esso istituto è e rimane ente
sanitario regionale, pur perseguendo altresì scopi di ricerca
scientifica;
– che il riferimento contenuto nella nota del Ministero della
sanità all’art. 5 della legge 13 marzo 1958, n. 296, non è pertinente
atteso che l’istituto, pur perseguendo scopi di ricerca scientifica,
non è ente a carattere nazionale; e conseguentemente non è pertinente
il richiamo all’art. 3 del d.P.R. 9 agosto 1966, n. 869, che si
riferisce nel capoverso agli enti sanitari a carattere nazionale;
– che non è appropriato il riferimento alla sentenza n. 176 del
1971 di questa Corte perché relativa agli istituti fisioterapici di
Roma retti da una normativa speciale ed aventi carattere nazionale, e
perché la questione decisa riguardava i poteri di ordinamento e non
già quelli di controllo;
– e che, infine, nessun argomento a favore della tesi del Ministero
della sanità può essere tratto dall’art. 2 della legge regionale n. 3
del 1966 atteso che questa all’art. 1 menziona le istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza e all’art. 46 fa salva l’alta sorveglianza
ministeriale sulle istituzioni che gestiscono istituti di cura.
3. – L’Avvocatura generale dello Stato, costituendosi per il
Ministro per la sanità, delegato dal Presidente del Consiglio dei
ministri, ha chiesto a questa Corte di voler respingere il ricorso
della Regione.
La potestà in contestazione non rientrerebbe nella sfera di
competenza attribuita alla Regione dallo Statuto in materia di
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nonché di controllo
sugli atti degli enti locali. Infatti, nelle norme statutarie non
esiste alcun riferimento agli istituti scientifici, in ordine ai quali,
peraltro, giusta la norma contenuta nell’art. 5 dello Statuto speciale,
assumono rilevanza e costituiscono limite alla competenza regionale
l’interesse nazionale ed i principi fondamentali stabiliti dalle leggi
dello Stato. Ed in proposito rilevano gli artt. 9 e 33 della
Costituzione. Il valore della ricerca scientifica in campo sanitario
considerato anche in base all’art. 32 della Costituzione, comporta che
l’attività di ricovero e cura esercitata dagli istituti qualificati
come scientifici “deve ritenersi esercitata proprio in funzione di
quella primaria di ricerca applicata”. Pertanto, l’innegabile esistenza
di un interesse nazionale implica necessariamente la sottrazione della
disciplina di detti istituti ad ogni competenza della Regione, la quale
dovrebbe comunque essere esclusa per mancanza di una legge dello Stato
diretta a fissare i principi fondamentali a cui la Regione in ipotesi
dovrebbe ispirarsi.
D’altra parte non si può ritenere che, a seguito della emanazione
della citata legge n. 132 del 1968, siano ancora applicabili le
disposizioni relative alle istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza. Infatti, l’art. 1 della citata legge ospedaliera,
ricollegandosi alla norma contenuta nell’art. 1 del r.d. 30 settembre
1938, n. 1631, precisa che gli istituti di ricovero e cura riconosciuti
a carattere scientifico, “sono assoggettati all’osservanza delle norme
contenute nella medesima legge limitatamente alla parte assistenziale”.
Di conseguenza, salve ipotesi speciali, rimane fermo il principio
enunciato nel citato r.d. n. 1631 del 1938 in base al quale per la
parte non strettamente assitenziale gli istituti scientifici sono
regolati dalle norme dei propri statuti organici, in conformità,
peraltro, con il disposto dell’ultimo comma dell’art. 33 della
Costituzione.
Codesta impostazione, poi, avrebbe trovato conferma nella sentenza
n. 176 del 1971 di questa Corte con la quale si è stabilito che nessun
trasferimento di funzioni alle regioni ipotizzabile per quanto attiene
alla disciplina istituzionale degli enti in questione. Questi assumono
nel quadro generale degli enti operanti nel campo dell’assistenza
sanitaria una configurazione giuridica peculiare in cui la ricerca
scientifica assume carattere preminente rispetto all’assistenza
sanitaria, la quale è così svolta in funzione della ricerca.
Conclusivamente, l’istituto di cui si tratta, avendo ottenuto il
riconoscimento di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico,
non può qualificarsi istituzione pubblica di assistenza e beneficenza
né ente ospedaliero: la classificazione di ospedale regionale
specializzato, infatti, opererebbe esclusiva mente ai fini della
applicazione del titolo IV della legge ospedaliera. Né, in contrario,
potrebbero essere invocate le norme di attuazione e la legge regionale
n. 3 del 1966: le prime, infatti, nulla prevedono né potevano
prevedere in merito agli istituti scientifici; la seconda disciplina il
controllo sugli enti locali tra i quali, per le considerazioni svolte,
non possono farsi rientrare gli istituti scientifici.
4. – All’udienza del 23 ottobre 1974 l’avv. Gaspare Pacia, per la
Regione Friuli-Venezia Giulia, e il sostituto avvocato generale dello
Stato Michele Savarese, per il Ministro per la sanità, hanno svolto le
rispettive ragioni ed insistito nelle precedenti conclusioni.
1. – La Regione Friuli-Venezia Giulia assume che la
determinazione del Ministero della sanità di esercitare il “controllo
diretto” sull’Istituto per l’infanzia e pie fondazioni Burlo Garofolo e
dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi di Trieste, sarebbe lesiva della
sfera di competenza costituzionalmente ad essa Regione assegnata
dall’art. 5, nn. 4 e 6, dello Statuto speciale e dal d.P.R. 26 giugno
1965, n. 959 (norme di attuazione dello Statuto in materia di
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).
In particolare, il controllo di legittimità e di merito sugli atti
dell’istituto de quo sarebbe di spettanza della Regione perché codesto
istituto, anche dopo il riconoscimento del suo carattere scientifico,
avrebbe mantenuto la natura di istituzione pubblica di assistenza e
beneficenza e sarebbe un ente d’interesse locale o regionale, e,
quindi, rientrerebbe tra gli enti (locali) sui cui atti la vigilanza e
la tutela, attribuite alla Regione, sono esercitate dal Comitato
provinciale di controllo territorialmente competente.
E per altro non rileverebbe in senso contrario, ai fini della
risoluzione del conflitto, che con l’art. 3, comma primo, del d.P.R. 9
agosto 1966, n. 869, sia stata riservata “al Ministero della sanità
l’alta sorveglianza sugli enti sanitari” e che la stessa Regione con la
legge 2 marzo 1966, n.3, abbia dichiarato che a rimangono ferme le
attribuzioni degli organi centrali e periferici dell’Amministrazione
statale della Sanità pubblica in materia di alta sorveglianza sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che gestiscono
istituti di cura” (articolo 46); e neppure che un istituto di ricovero
e cura, d’interesse locale o regionale, “limitatamente all’attività di
ricerca, è assoggettato alle prescrizioni ed ai controlli, per essa,
previsti da norme statali”.
2. – Prima di valutare le ragioni hinc et inde fatte valere circa
la spettanza del “controllo diretto” sull’istituto di cui si tratta, è
conveniente tener presente che con decreti del Ministro per la sanità
di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione, del 10 dicembre
1968 e del 3 marzo 1969, “l’ospedale infantile e pie fondazioni Burlo
Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi con sede in Trieste”
è stato “riconosciuto istituto di ricovero e cura a carattere
scientifico” e ne è stato approvato lo statuto organico; e va
constatato che, a sensi dell’art. 1 di tale statuto, “l’istituto ha lo
scopo di promuovere e condurre la ricerca scientifica nel campo della
pediatria, con particolare riferimento allo studio per la diagnosi, la
cura e la profilassi di tutte le forme morbose interessanti l’età
evolutiva”, “ai fini indicati, collabora con la facoltà di medicina e
chirurgia della Università degli studi di Trieste e con le relative
scuole di specializzazione e di perfezionamento” e “integra la sua
attività scientifica funzionando come ospedale specializzato per il
ricovero e la cura degli infermi, di ambo i sessi, al di sotto dei 14
anni di età, e con ogni attività previdenziale e assistenziale per la
sanità dell’infanzia”.
Tale istituto, per ciò, ha come scopo principale e caratterizzante
quello della ricerca scientifica e come scopo affatto complementare e
di certo strumentale quello previdenziale ed assistenziale (e
percentuamente di assistenza ospedaliera) per la sanità dell’infanzia;
ed il suo campo di attività, tenendosi conto dei soggetti a cui questa
è destinata, non ha alcuna implicazione, sia pure indiretta, di
carattere locale o regionale, in funzione del perseguimento degli scopi
istituzionali (e non solo di quello scientifico, ma anche dell’altro
previdenziale ed assistenziale-ospedaliero, essendo a quest’ultimo
riguardo venute meno nel vigente statuto organico le limitazioni
formalmente esistenti nel precedente statuto, approvato con r.d. 18
luglio 1930, in cui si diceva che l’istituto aveva “per iscopo di
provvedere, nei limiti dei propri mezzi, al ricovero, alla cura ed al
mantenimento dei bambini poveri, di ambo i sessi, aventi il domicilio
di soccorso nel Comune, qualunque sia la nazionalità delle loro
famiglie od il culto”).
Di conseguenza la natura e la portata (nonché la gradazione) degli
scopi istituzionali, da un canto e l’identità dei soggetti destinatari
delle relative attività, dall’altro, fanno sì che all’istituto non
possa essere negata la qualità di ente scientifico sanitario
d’interesse e a carattere nazionale.
3 – Se, come a questa Corte appare evidente, è corretta la
indicata qualificazione, non hanno pregio le ragioni addotte dalla
ricorrente a sostegno della sua tesi.
Anche se si presenta convincente l’argomento della Regione, secondo
cui la declaratoria del carattere scientifico effettuata a sensi e nei
modi previsti dall’art. 1, comma quarto, del r.d. 30 settembre 1938, n.
1631, ed ora dall’art, 1, comma secondo, della legge 12 febbraio 1968,
n. 132, nei confronti di un istituto di ricovero e cura, “non trasforma
il tipo di ente, cui essa si riferisce, e non crea una nuova figura
soggettiva”, non si può aderire alla ulteriore considerazione che
l’istituto una volta riconosciuto a carattere scientifico, “rimane
soggetto alla disciplina organizzativa ed al sistema di controllo,
previsti per il tipo di ente cui esso apparteneva e continua ad
appartenere”, perché, quale che sia la natura giuridica dell’ente
prima del detto riconoscimento, dalla constatazione dell’effettività
dello scopo scientifico e della congruità dei mezzi al fine rivolti,
operata dal Ministro per la sanità di concerto con quello per la
pubblica istruzione e dalla connessa declaratoria derivano, nei
confronti dell’ente stesso, un sostanziale arricchimento degli scopi
istituzionali e, tra questi, un’assoluta preminenza di quello
scientifico.
L’istituto, per ciò, a prescindere dalla sua natura giuridica, in
quanto promuove la ricerca scientifica appare rivolto verso uno scopo,
la cui realizzazione presuppone l’esistenza e comporta la tutela di un
interesse d’importanza nazionale.
E ne discende la conseguenza, diversa da quella indicata dalla
Regione, che all’istituto riconosciuto a carattere scientifico debbano
applicarsi le norme che specificamente lo concernano per codesta nuova
qualità.
Correlativamente a ciò, e sempre tuttavia per la natura
(scientifica) dello scopo e per la portata e l’estensione
dell’interesse che lo concretizza, l’istituto, qualora sia – come
quello di specie – di ricovero e cura, si presta ad essere altresì
qualificato come ente sanitario a carattere nazionale ed a diventare,
in tale qualità, punto di riferimento delle norme che agli enti del
genere sono propriamente applicabili.
4. – Dato che a proposito dell’istituto per cui è controversia,
coesistono e concorrono le due qualità, di istituto di ricovero e cura
a carattere scientifico e di ente sanitario a carattere nazionale, e
complessivamente quella di ente scientifico-sanitario d’interesse e a
carattere nazionale, nei suoi confronti, ed in particolare in tema di
controlli (di legittimità e di merito) sugli atti, non è
riscontrabile una competenza della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Nonostante che lo Statuto speciale riconosca alla Regione la
potestà amministrativa nelle materie in cui “con l’osservanza dei
limiti generali indicati nell’art. 4 ed in armonia con i principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato” ha potestà legislativa
e, tra le altre, nella disciplina dei controlli sugli atti degli enti
locali, in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
e nelle materie dell’igiene e sanità, dell’assistenza sanitaria ed
ospedaliera e del recupero dei minorati fisici e mentali (artt. 8 e 5,
nn. 4,6 e 16), i poteri di vigilanza e di tutela sugli atti di quella
categoria di istituti ed enti, di cui fa parte l’istituto per
l’infanzia di Trieste, non sono stati attribuiti o trasferiti ad organi
della Regione.
Anteriormente all’entrata in vigore dello Statuto speciale ed al
verificarsi delle specifiche condizioni eventualmente previste, secondo
la normativa statale allora vigente gli istituti di ricovero e cura
riconosciuti a carattere scientifico erano regolati dai rispettivi
statuti organici (art. 1, comma quarto, del citato r.d. n. 1631 del
1938) e da norme speciali di legge, e gli enti a carattere nazionale
che svolgevano esclusivamente o prevalentemente compiti di assistenza
sanitaria erano sottoposti a vigilanza e tutela del Ministero della
sanità (art. 5, comma primo, della legge 13 marzo 1958, n. 296).
Nello Statuto speciale del 1963 e nelle norme di attuazione
successivamente intervenute nelle materie sopra indicate, oltre che
nella legge regionale 2 marzo 1966, n. 3 (emanata in materia di
esercizio di funzioni di controllo nei confronti di enti locali), non
c’è alcuna norma che, specificamente riferendosi ai detti poteri, li
faccia rientrare nella sfera di competenza regionale. Anzi, con l’art.
4, comma primo, del d.P.R. n. 959 del 1965 si dispone che “nulla è
innovato circa le competenze statali per quanto concerne le istituzioni
che prestino assistenza a favore dei poveri di tutta la Repubblica o a
favore dei poveri di più province, una delle quali sia compresa nel
territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia”; nell’art. 46 della
legge regionale n. 3 del 1966 si dice che in ordine alle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza che gestiscono istituti di cura
“rimangono ferme le attribuzioni degli organi centrali e periferici
dell’Amministrazione statale della sanità pubblica… nelle materie di
cui all’art. 5 n. 16 dello Statuto regionale”; e nelle norme di
attuazione relative a codeste materie (d.P.R. n. 869 del 1966) si
dispone che “nulla è innovato ai poteri di vigilanza e tutela sugli
enti sanitari a carattere nazionale o che svolgono attività anche
fuori del territorio della Regione (art. 3, comma secondo).
Né a sostegno della tesi della Regione potrebbe invocarsi la
normativa di cui alla legge n. 132 del 1968: il fatto che con l’art.
15, comma terzo, sia stato disposto nel senso che “il Ministero della
sanità esercita l’alta sorveglianza sugli altri istituti di ricovero e
cura previsti dall’art. 1”, diversi dagli enti ospedalieri ed esclusi
gli ospedali psichiatrici, e quindi su quelli riconosciuti a carattere
scientifico, non può comportare, così come invece sostiene la
Regione, che l’attribuzione dell’alta sorveglianza abbia reso
“incompatibile la titolarità, in capo allo stesso soggetto (Ministero
della sanità), di un potere di controllo a contenuto ordinario”,
perché ricorre l’alta sorveglianza sui detti istituti solo “per quanto
attiene al loro funzionamento igienico-sanitario”; e per gli stessi
istituti la norma dell’art. 16, che si occupa della vigilanza e della
tutela, sicuramente non è operante, non solo perché specificamente
rivolta agli enti ospedalieri ma anche, e soprattutto, perché detta
norma non rientra tra quelle che, in base all’art. 1, comma secondo,
sono applicabili ai ripetuti istituti, atteso che non attiene alla
“parte assistenziale” e comunque il regime dei controlli si colloca
nell’assetto istituzionale del singolo istituto.
Ed infine non dovrebbe essere senza rilievo che, sia pure nei
confronti delle Regioni a statuto ordinario, il d.P.R. 14 gennaio 1972,
n. 4, dopo aver disposto che “le funzioni amministrative attualmente
esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di
assistenza ospedaliera sono trasferite, per il rispettivo territorio,
alle Regioni” (art. 2), stabilisce espressamente, con l’art. 6, n. 4,
che “restano ferme le attuali competenze degli organi statali in
ordine… agli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere
scientifico”.
5. – Le considerazioni che precedono, inducono questa Corte a
ritenere che i poteri di controllo, di legittimità e di tutela, sugli
atti dell’istituto de quo non spettano alla Regione Friuli-Venezia
Giulia e rientrano, invece, nella competenza dello Stato. E pertanto il
ricorso introduttivo del presente giudizio deve essere respinto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo stato il potere di esercitare i controlli
di legittimità e di merito sugli atti dell’Istituto per l’infanzia e
pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi
di Trieste.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere