Ordinanza N. 478 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della libertà), come sostituito dall’art. 15 del decreto-legge 8
giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura
penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa),
convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356,
promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1994 dal Tribunale di
sorveglianza di Roma nel procedimento relativo alle istanze proposte
da Manzoni Mario, iscritta al n. 540 del registro ordinanze 1994 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima
serie speciale, dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Roma ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 4- bis, primo
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della libertà), come sostituito dall’art. 15 del decreto-legge 8
giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella legge 7
agosto 1992, n. 356, nella parte in cui prevede che l’affidamento in
prova al servizio sociale non possa essere concesso a coloro che,
avendo ricoperto un ruolo marginale nel fatto criminoso, rientrante
in una delle fattispecie tipicamente indicate dalla medesima
disposizione, abbiano necessariamente prestato una condotta di
collaborazione con la giustizia “oggettivamente irrilevante”, in
difetto del riconoscimento di una delle attenuanti previste dagli
artt. 62 n. 6, 114, e 116, secondo comma, cod. pen. ;
che ad avviso del remittente tale norma contrasterebbe con gli
artt. 3 e 27 della Costituzione, in quanto l’uguaglianza dinanzi alla
pena significa innanzi tutto proporzione della pena rispetto alle
personali responsabilità ed alle esigenze che ne conseguono, e il
trattamento penitenziario deve, per espresso dettato normativo,
essere improntato ai criteri di proporzionalità ed
individualizzazione nel corso di tutta l’esecuzione della pena;
che sarebbe inoltre violato l’art. 25, secondo comma, della
Costituzione, atteso che l’irretroattività della legge penale
sancita da tale precetto costituzionale si estenderebbe “a tutte le
norme che si riferiscono al quadro sanzionatorio”, e che al momento
dell’entrata in vigore della normativa in questione l’istante vantava
tutti i requisiti di legge perché fosse valutata nel merito la
concedibilità del beneficio richiesto;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la infondatezza della questione;
Considerato che il procedimento a quo concerne l’applicabilità
dell’affidamento in prova al servizio sociale di un condannato alla
pena di anni quattro di reclusione per il delitto previsto dall’art.
75 della legge n. 685 del 1975;
che, secondo quanto dedotto dal giudice a quo, sarebbe stata
accertata l’assenza di collegamenti attuali dell’istante con la
criminalità organizzata, e, tenuto conto del positivo percorso
rieducativo segui’to durante l’espiazione della pena, nonché
dell’entità della pena espiata, non sussisterebbero ostacoli, al di
fuori di quello derivante dalla norma sottoposta a censura, all’esame
del merito della domanda;
che questa Corte, con sentenza n. 357 del 1994, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4- bis, primo comma,
secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come sostituito
dall’art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella
parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del
medesimo comma (tra cui l’affidamento in prova al servizio sociale),
possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata
partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di
condanna, renda impossibile un’utile collaborazione con la giustizia,
sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in
maniera certa l’attualità di collegamenti con la criminalità
organizzata;
che, tenuto conto sia della accertata rottura dei collegamenti
del condannato con la criminalità organizzata sia della entità
della pena al medesimo inflitta, non è da escludere l’incidenza
della suddetta pronuncia nel procedimento pendente dinanzi al giudice
remittente;
che, pertanto, appare opportuno disporre la restituzione degli
atti al medesimo giudice, affinché, alla luce del nuovo quadro
normativo, valuti se la questione da esso sollevata sia tuttora
rilevante;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di
Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA