Ordinanza N. 411 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
17/12/1997
Data deposito/pubblicazione
17/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/12/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale
MARINI;
del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della
lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con
la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), promosso
con ordinanza emessa il 15 luglio 1996 dal giudice istruttore presso
il tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Pamer
Barbara e Gotsch Sala Maria, iscritta al n. 1176 del registro
ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 44, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri e della provincia autonoma di Bolzano;
Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
Ritenuto che con ordinanza del 15 luglio 1996 emessa nel corso di
un giudizio civile il giudice istruttore presso il tribunale di
Bolzano ha sollevato, in riferimento agli artt. 6 e 24 della
Costituzione e all’art. 100 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di
legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, del d.P.R. 15
luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca
e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica
amministrazione e nei procedimenti giudiziari), “nella parte in cui
impedisce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del
giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta, fatti salvi,
in caso di modifica, la prosecuzione del giudizio senza interruzioni
o ritardi ed il divieto di ottenere a spese d’ufficio la traduzione
degli atti precedenti”;
che nel processo principale, scelto inizialmente da entrambe le
parti l’uso della lingua tedesca, determinando così l’instaurazione
del giudizio monolingue (art. 20, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 574 del 1988), e dopo che, a seguito della
rinuncia al mandato del difensore della parte attrice, il nuovo
procuratore da questa nominato ha depositato atti e formulato
richieste di verbalizzazione in lingua italiana, a tale variazione si
è opposta la parte convenuta, sul rilievo che essa è preclusa
dall’art. 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n.
574 del 1988, il quale stabilisce che, nei giudizi civili, la lingua
prescelta da ciascuna parte rimane immutata per l’intero grado del
giudizio;
che, ad avviso del rimettente, la disciplina contenuta nel
decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988 – il quale,
in attuazione dell’art. 100 dello statuto speciale di autonomia per
il Trentino-Alto Adige, riconosce ai cittadini di lingua tedesca
della provincia di Bolzano il diritto di usare la madrelingua nei
rapporti con gli uffici giudiziari, quale espressione del principio
fondamentale di tutela delle minoranze linguistiche, posto dall’art.
6 della Costituzione – deve essere considerata insieme al diritto di
difesa (art. 24 della Costituzione), inteso anche come difesa
tecnica, nel quadro della più ampia libertà di scelta del proprio
difensore, secondo quanto affermato nella sentenza n. 16 del 1995
della Corte costituzionale;
che tale ultima garanzia non sarebbe assicurata dalla norma
denunciata che, impedendo di mutare la lingua inizialmente prescelta,
comprimerebbe ingiustificatamente il diritto di difesa, con riguardo
alla possibilità della parte di variare le proprie strategie
difensive e di scegliere un difensore appartenente a un gruppo
linguistico diverso da quello iniziale, lungo tutto il corso e in
ogni fase del giudizio;
che il giudice a quo dubita inoltre della conformità della norma
rispetto alla garanzia di utilizzazione della lingua tedesca,
riconosciuta ai cittadini appartenenti alla relativa minoranza
dall’art. 100 dello statuto speciale di autonomia, giacché,
nell’ipotesi che la parte abbia rinunciato a tale possibilità in
funzione dell’esigenza di una migliore difesa tecnica, avvalendosi
perciò, inizialmente, di un difensore di lingua italiana, è
preclusa la possibilità di modificare nel corso del grado la scelta
originaria, a favore della lingua-madre tedesca;
che, secondo il rimettente, alla censurata limitazione dovrebbe
porsi rimedio per mezzo di una pronuncia di incostituzionalità da
cui consegua la facoltà di modificare la lingua prescelta in ogni
fase del giudizio, senza che ciò determini l’interruzione dei
termini processuali o altri ritardi nello svolgimento del processo e
senza il diritto di ottenere la traduzione a spese d’ufficio degli
atti anteriormente formati;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo una declaratoria di inammissibilità o di
infondatezza della questione;
che è altresì intervenuta in giudizio la provincia autonoma di
Bolzano, la quale, nell’atto di intervento e in una memoria
successivamente depositata, ha concluso nel senso
dell’inammissibilità o dell’infondatezza della questione.
Considerato che la disciplina dell’uso della lingua tedesca nei
rapporti con gli uffici giudiziari della provincia di Bolzano
contenuta nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n.
574 del 1988 è attuativa della speciale protezione costituzionale
delle minoranze linguistiche prevista, in generale, nell’art. 6 della
Costituzione e, in particolare, nell’art. 100 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 670 del 1972;
che il diritto dei cittadini di lingua tedesca di usare la
propria madrelingua nei rapporti con gli uffici giudiziari della
provincia di Bolzano è pienamente tutelato dalla facoltà loro
riconosciuta dalla norma impugnata di presceglierne l’uso;
che, all’evidenza, la pretesa contraria facoltà di variare la
scelta iniziale, per abbandonare la propria lingua e passare all’uso
di quella italiana, sotto nessun aspetto ha a che vedere con la
garanzia della loro identità linguistica;
che l’anzidetta facoltà di mutare la lingua usata nel processo
è invece collegata alla garanzia della difesa in giudizio prevista
dall’art. 24 della Costituzione, come conseguenza del diritto di
libera scelta in ordine alla propria difesa tecnica;
che tuttavia tale facoltà non potrebbe essere riconosciuta
illimitatamente, senza che siano stabilite condizioni minime di
stabilità in funzione sia dell’esigenza, costituzionalmente
rilevante (sentenze n. 288 e n. 10 del 1997; n. 353 del 1996; n. 460
e n. 130 del 1995), del regolare ed efficiente svolgimento del
giudizio, sia della protezione della posizione nel processo delle
altre parti, le cui determinazioni in ordine alla scelta della lingua
potrebbero essere dipese dalla scelta inizialmente operata in
proposito dalla parte che intende mutarla;
che, sotto il profilo della necessaria composizione delle
anzidette esigenze, non appare certo irragionevole che il
legislatore, con la norma impugnata, abbia prescritto la regola
dell’immutabilità della scelta della lingua all’interno di ciascun
grado del processo civile;
che, infine, la considerazione che precede riguardo all’esistenza
di più esigenze da comporre priva di forza anche l’argomento,
avanzato dal giudice rimettente, in ordine al caso (che peraltro non
è quello verificatosi nel giudizio nel quale la presente questione
è stata sollevata) della parte di lingua tedesca che, avendo
inizialmente scelto di usare la lingua italiana, pretende poi, nel
corso del medesimo grado processuale, di ritornare sulla sua scelta e
di optare per la sua madrelingua, poiché l’uso della lingua diversa
da questa non gli è stata imposta ma dipende pur sempre da una sua
iniziale libera determinazione;
che la questione sollevata deve pertanto essere dichiarata
manifestamente infondata sotto ogni profilo e in relazione a ciascun
parametro invocato.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 20, comma 1, del d.P.R. 15 luglio 1988, n.
574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della
lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica
amministrazione e nei procedimenti giudiziari), sollevata, in
riferimento agli artt. 6 e 24 della Costituzione e all’art. 100 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), dal giudice istruttore presso il tribunale di
Bolzano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1997.
Il direttore della cancelleria: Di Paola