Sentenza N. 63 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1965
Data deposito/pubblicazione
06/07/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/06/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
ricorso notificato il 30 novembre 1964, depositato nella cancelleria
della Corte costituzionale il 20 dicembre successivo ed iscritto al n.
17 del Registro ricorsi 1964, per conflitto di attribuzione tra lo
Stato e la Regione siciliana sorto per effetto dei decreti assessoriali
7 giugno 1962, nn. 1100, 1202,1104,1105 e 1123-T, concernenti esenzione
dall’imposta di ricchezza mobile a cantieri edili.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Presidente della
Regione siciliana;
udita nell’udienza pubblica del 3 giugno 1965 la relazione del
Giudice Nicola Jaeger;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe
Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l’avv.
Francesco Santoro Passarelli, per la Regione siciliana.
Con ricorso notificato il 30 novembre 1964 al Presidente della
Regione siciliana, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha elevato
conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione, in riferimento ai
decreti assessoriali 7 giugno 1962, nn. 1100,1202, 1104, 1105 e 1123-T,
trasmessi dal Ministero delle finanze alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri con nota 7/021636 del 31 ottobre 1964; con lo stesso atto è
stata proposta – in via incidentale – una questione di legittimità
costituzionale nei riguardi dell’art. 7 della legge regionale siciliana
7 dicembre 1953, n. 61, su cui si basano il decreto del Presidente
della Regione 4 maggio 1954, n. 2, e i decreti assessoriali sopra
indicati, per contrasto con l’art. 23 della Costituzione della
Repubblica e con i principi delle leggi statali che regolano la
materia, in relazione agli artt. 17 e 36 dello Statuto della Regione
siciliana.
Nel ricorso si fa richiamo ad alcune decisioni della Corte
costituzionale in materie, che si definiscono analoghe, e si fa
menzione di un precedente ricorso in data 7 settembre 1962, con il
quale il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva impugnato un
decreto 8 giugno 1962, che estendeva talune agevolazioni tributarie ad
imprese industriali; vi era stata poi la rinunzia al ricorso, perché
con una circolare 30 ottobre 1962, n. 4220/52/6, la Regione aveva
provveduto a chiarire che l’indicazione delle categorie di industrie
già formulata non escludeva l’esigenza di accertare in concreto la
sussistenza del requisito di “stabilimento industriale tecnicamente
organizzato” previsto dalle leggi nazionali.
Si afferma peraltro nel ricorso che l’Assessore alle finanze della
Regione non ha revocato alcun provvedimento emesso in violazione delle
leggi dello Stato, che riguardasse attività, per le quali non
sussisteva quel requisito, e ciò sebbene gli fossero stati rivolti
ripetuti inviti, ed ha invece adottato i decreti sopra indicati.
Si aggiunge che tali decreti provocano una disfunzione nello
svolgimento dei servizi fiscali ed una evidente disparità di
trattamento fra gli operatori siciliani e quelli operanti nel rimanente
territorio dello Stato.
L’Avvocatura generale dello Stato fa presente che la legge
regionale siciliana 20 marzo 1950, n. 29, la quale aveva esteso con
modificazioni al territorio della Regione le leggi nazionali emanate
fino a quella data in materia, aveva previsto agevolazioni fiscali per
“i nuovi stabilimenti industriali tecnicamente organizzati” (art. 2) e
che la legge regionale 7 dicembre 1953, n. 61, aveva definito
stabilimenti industriali “i complessi aziendali dotati di attrezzatura
fissa nel territorio della Regione, tecnicamente organizzati per la
produzione industriale di beni o servizi” (art. 1, primo comma).
Senonché, nella stessa legge è disposto che “Con decreto del
Presidente della Regione da emanare su proposta dell’Assessore per
l’industria ed il commercio, d’intesa con quello per le finanze,
sentita la Giunta regionale, saranno determinate le categorie di
stabilimenti industriali tecnicamente organizzati che potranno
beneficiare delle agevolazioni previste…” (art. 7, primo comma).
L’attribuzione di tale potestà – che, a parere dell’Avvocatura
generale, non potrebbe assolutamente considerarsi come una delega
legislativa -, al Presidente della Regione, non troverebbe alcuna
rispondenza nei principi stabiliti nelle leggi statali in materia, che
la Regione è tenuta a rispettare, ai sensi degli artt. 16 e 36 del
proprio Statuto. D’altra parte, la materia tributaria, in genere, è –
secondo l’art. 23 della Costituzione – riservata alla legge, la quale
deve precisare almeno i soggetti e l’oggetto dell’imposizione, nonché
i criteri, in base ai quali il tributo può essere imposto; e, in
particolare, i benefici in materia di imposta di registro e di
ricchezza mobile sono riservati alla legge in modo assoluto, con la
esclusione di ogni potere discrezionale della pubblica Amministrazione.
In merito, poi, si osserva che le imprese edilizie non potrebbero
essere inquadrate fra le industrie, né le loro attività fra le
attività tipicamente industriali, perché non si tratterebbe di
attività esercitata con carattere continuativo mediante l’impiego
degli impianti e attrezzature “fisse”, propri degli stabilimenti
industriali, ma di attività svolte in “cantieri necessariamente
temporanei ed istituzionalmente nomadi”.
Comunque i provvedimenti impugnati si porrebbero in evidente,
insanabile contrasto con il sistema nazionale; sarebbero fonte di grave
squilibrio fra i due sistemi fiscali, con grave turbativa dei rapporti
tributari nel resto del territorio nazionale.
Si è costituito regolarmente il Presidente della Regione
siciliana, mediante atto depositato in data 19 dicembre 1964, nel quale
si chiede:
a) in linea principale, che il ricorso sia dichiarato
inammissibile, nel difetto di un conflitto di attribuzioni fra Regione
e Stato;
b) in linea subordinata, che sia dichiarata la legittimità
costituzionale dell’art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, con
conseguente legittimità del decreto presidenziale 5 maggio 1954, n. 2,
e dei decreti assessoriali che su di esso si fondano.
Nelle sue deduzioni la difesa della Regione sostiene anzitutto che
nella specie manca il conflitto di attribuzioni, che dovrebbe
costituire il necessario presupposto del ricorso per regolamento di
competenza; la Regione non avrebbe invaso alcuna sfera di competenza
assegnata allo Stato dalla Costituzione, posto che il ricorso non
rivendica allo Stato una corrispondente potestà.
In quanto al conferimento al Presidente della Giunta regionale
della potestà di determinare le categorie di stabilimenti industriali,
che possono beneficiare delle agevolazioni fiscali, la difesa della
Regione afferma che esso è stato perfettamente legittimo, richiamando
in proposito una decisione (n. 73, del 2 dicembre 1953 -26 gennaio
1954) dell’Alta Corte per la Regione siciliana: il decreto
presidenziale ivi previsto rientrerebbe fra gli atti di esecuzione
della legge e rimarrebbe contenuto entro l’ambito delle norme
legislative di esenzione o agevolazione, secondo le direttive indicate
nella stessa legge, che si trattava di attuare.
Si contesta poi la tesi, secondo la quale i cantieri edili non
potrebbero includersi fra gli stabilimenti industriali tecnicamente
aggiornati, dotati di attrezzature “fisse”: queste non sarebbero
necessariamente rappresentate da impianti inamovibili, ma, altresì, da
una complessa organizzazione di impianti e macchinari, che trovi una
utilizzazione duratura e continuativa, quale si riscontra nelle imprese
edilizie di maggiore importanza.
Alle obiezioni della difesa della Regione ha risposto l’Avvocatura
generale dello Stato, con “brevi note” depositate in cancelleria il 30
aprile 1965, nelle quali si osserva anzitutto che, secondo la costante
giurisprudenza, ogni atto o provvedimento di un organo regionale, che
esorbiti dalla sua competenza e, per esso, dalla competenza della
Regione, invade necessariamente la sfera di competenza – generale e
illimitata – che spetta allo Stato, e dà luogo, perciò, a un
conflitto di attribuzione costituzionale, denunciabile con ricorso per
regolamento di competenza.
Sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della
legge regionale n. 61 del 1953 – dedotta come mezzo al fine – si
ammette che tale disposizione attribuisca al Presidente della Regione
siciliana una potestà amministrativa; ma si sostiene che in ogni
ipotesi tale norma è costituzionalmente illegittima, perché contrasta
con i principi delle leggi dello Stato. E poiché la disposizione
stessa attribuisce al Presidente il potere indiscriminato di
determinare le categorie agevolate (ed ammettere alla esenzione vale
escludere dalla soggezione all’imposta e viceversa), si avrebbe
contrasto anche con l’art. 23 della Costituzione, il quale dispone che
i tributi sono imposti “in base alla legge”.
In conclusione, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che
l’art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, n. 61, sia in contrasto
con i principi delle leggi statali, con l’art. 23 della Costituzione e
con gli articoli 3 della Costituzione e 17 e 36 dello Statuto
regionale, e infine con gli articoli 20 dello Statuto stesso e 13 e 14
del D. L. del Capo provvisorio dello Stato 25 maggio 1947, n. 204,
osservando che, se mai, la potestà regolamentare avrebbe dovuto essere
attribuita alla Giunta regionale, e non al Presidente.
Anche la difesa della Regione ha depositato, in data 21 maggio
1965, le proprie deduzioni, aggiungendo nuovi argomenti a quelli già
esposti. Ha sostenuto, anzitutto, che affinché gli atti impugnati
possano ritenersi idonei a determinare un conflitto di attribuzioni,
essi devono:
a) contenere l’affermazione della competenza dell’organo regionale,
che li ha emanati, in un determinato settore;
b) costituire una invasione della sfera di competenza propria dello
Stato.
Essa espone quindi la successione degli atti posti in essere dagli
organi regionali nella materia oggetto della vertenza, concludendo nel
senso che, ove si riconoscesse la legittimità dell’art. 7 della legge
regionale n. 61 del 1953 e del decreto del Presidente della Regione n.
2 del 1954, non sarebbe possibile negare che gli assessori abbiano
esercitato i poteri ad essi riconosciuti, mantenendosi nei limiti di
tali poteri.
Osserva anche che contro il decreto presidenziale non è stato
proposto alcun ricorso per regolamento di competenza; esso resterebbe
pertanto valido ed operante, non avendo natura di legge, anche qualora
venisse dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della
legge regionale n. 61 del 1953. D’altronde, gli atti di cui si discute,
che non interferirebbero nella sfera di competenza propria
dell’esecutivo statale, non inciderebbero minimamente sulle
attribuzioni del potere legislativo: essi rappresenterebbero una mera
applicazione delle agevolazioni fiscali stabilite dalla legislazione
nazionale e regionale, risolvendosi nell’accertamento, in soggetti
determinati, dei requisiti richiesti da tale legislazione.
Nei riguardi della legittimità costituzionale dell’art. 7 più
volte citato, la difesa della Regione richiama nuovamente la già
ricordata sentenza dell’Alta Corte per la Regione siciliana, nonché
altre più recenti della Corte costituzionale, dalle quali tutte
ritiene di poter desumere argomenti a favore delle proprie tesi; e
conclude su questo punto, affermando che la potestà attribuita
dall’art. 7, anche se non trova riscontro nella legislazione statale
relativa alle agevolazioni fiscali per l’industria del Mezzogiorno, non
contrasta, appunto perché ha carattere esecutivo ed è rigidamente
vincolata, con alcun principio desumibile da tale legislazione; anzi,
costituisce esplicazione del generale principio, che porta a
riconoscere all’esecutivo la potestà di emanare norme regolamentari o
provvedimenti amministrativi per l’attuazione della legge.
Anche nelle deduzioni della difesa della Regione, dopo una
riaffermazione della competenza assessoriale nei riguardi dei decreti
impugnati, viene riesaminata la questione di merito sulla
applicabilità delle agevolazioni alle imprese edilizie e quindi sul
significato del termine “attrezzatura fissa”, che – si sostiene –
dovrebbe essere inteso non già nel senso di una “precisa
localizzazione”, ma per designare una “nota temporale, di continuità e
di durata”.
La difesa della Regione rinnova pertanto le conclusioni già
formulate.
All’udienza i patroni delle parti hanno insistito nelle proprie
argomentazioni e conclusioni.
Il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri contro la
Regione siciliana, oggetto della causa, è configurato come diretto
alla risoluzione di un conflitto di attribuzione fra lo Stato e la
Regione, sorto per effetto di taluni decreti assessoriali emanati in
data 7 giugno 1962; esso si conclude però con la richiesta che la
Corte promuova in via incidentale la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, n.
61, e solo in via subordinata si chiede che venga dichiarata la
incompetenza della Regione, e in specie dell’Assessore alle finanze, ad
emanare i provvedimenti impugnati, e di conseguenza pronunciato
l’annullamento di essi.
La difesa della Regione ha concluso invece in via principale per la
inammissibilità del ricorso, in linea subordinata perché sia
dichiarata la legittimità costituzionale dello stesso art. 7 della
legge regionale suddetta, e conseguentemente sia riconosciuta la
competenza degli organi della Regione.
La Corte non ritiene peraltro necessario procedere all’esame delle
questioni sulla legittimità costituzionale della legge regionale
stessa, posto che il conflitto di attribuzione è proposto dal
Presidente del Consiglio come sorto per effetto dei suddetti decreti
assessoriali emanati il 7 giugno 1962.
A giudizio della Corte, tali provvedimenti regionali hanno natura
di meri atti amministrativi esecutivi, posti in essere per l’attuazione
del decreto del Presidente della Regione, n. 2 del 4 maggio 1954,
previsto dall’art. 7 della legge regionale 7 dicembre 1953, n. 61.
Tale decreto del Presidente regionale non è stato impugnato ed i
provvedimenti emessi dall’Assessore regionale per le finanze, di
concerto con quello per l’industria e commercio, sono in funzione del
decreto presidenziale, cui li collega un legame indiscutibile.
La dichiarazione della inammissibilità del ricorso del Presidente
del Consiglio dei Ministri per la risoluzione del conflitto di
attribuzione importa pertanto la inammissibilità, sia della domanda di
dichiarazione di incompetenza della Regione siciliana, e in particolare
dell’Assessore alle finanze, nella materia in contestazione, sia della
istanza di annullamento dei provvedimenti impugnati.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso del Presidente del Consiglio dei
Ministri notificato al Presidente della Regione siciliana in data 30
novembre 1964 e registrato al n. 17 del Registro ricorsi del 1964.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.