Sentenza N. 132 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
26/05/1976
Data deposito/pubblicazione
26/05/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/05/1976
OGGIONI – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO
DE STEFANO, Giudici,
27 dicernbre 1973, n. 852 (proroga della legge 5 marzo 1963, n. 322,
recante norme per l’accertamento dei lavoratori agricoli aventi diritto
alle prestazioni previdenziali ed assistenziali), promosso con ricorso
del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, notificato il 23
febbraio 1974, depositato in cancelleria il 5 marzo successivo ed
iscritto al n. 5 del registro ricorsi 1974.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 1976 il Giudice relatore
Vezio Crisafulli;
uditi l’avv. Paolo Mercuri, per la Provincia di Bolzano, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con ricorso notificato il 23 febbraio 1974 e depositato il 5
marzo 1974, il Presidente della Provincia di Bolzano ha sollevato, in
riferimento agli artt. 2 e 4 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Testo
unificato delle leggi dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della
legge 27 dicembre 1973, n. 852, nel quale si prevede il diritto dei
lavoratori agricoli disoccupati di versare i contributi alle
associazioni sindacali di categoria rappresentate nel CNEL mediante
trattenuta sulle indennità di disoccupazione autorizzata con delega
personale sottoscritta dallo stesso lavoratore.
La Provincia ricorrente osserva preliminarmente di ritenersi
legittimata a proporre ricorso fuori termine, poiché il supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1973, data dalla
quale avrebbero dovuto decorrere i 30 giorni prescritti dall’art. 32
della legge n. 87 del 1953, è pervenuto a Bolzano soltanto il 26
gennaio successivo, come risulta da attestazione rilasciata dal
Commissario del Governo, e non sarebbe stato possibile, nei pochi
giorni rimasti a disposizione, provvedere ai necessari adempimenti ed
alla stesura del ricorso. Ove non si interpretasse l’art. 32 citato nel
senso che i 30 giorni per proporre ricorso decorrono dalla effettiva
conoscenza dell’atto e non dalla formale pubblicazione, la norma
sarebbe viziata da illegittimità costituzionale per contrasto con
l’art. 24 Cost., potendo praticamente precludere l’impugnativa delle
leggi statali in via principale.
Nel merito, la norma impugnata, prevedendo un diritto al pagamento
dei contributi mediante trattenuta a favore delle sole associazioni
sindacali aderenti alle federazioni a carattere nazionale rappresentate
nel CNEL, con esclusione, quindi, delle altre associazioni locali,
lederebbe il principio di tutela delle minoranze linguistiche di cui
alle citate norme statutarie.
2. – Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocato generale dello Stato, con
deduzioni depositate il 23 marzo 1974, nelle quali si sostiene
l’inammissibilità del ricorso per tardività e, nel merito, la sua
infondatezza. Richiamato l’art. 73 Cost. a norma del quale le leggi
entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro
pubblicazione, l’Avvocatura osserva che la Gazzetta Ufficiale del 31
dicembre 1973 n. 334 recava l’indicazione della pubblicazione del
supplemento con il titolo della legge impugnata, cosicché, con un
minimo di diligenza, la Provincia poteva acquisire in Roma il documento
non pervenuto. Fa presente, inoltre, che il termine di trenta giorni è
prescritto nell’art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
1, risultandone così esclusa – a suo avviso – l’illegittimità
dell’art. 32 della legge n. 87.
Quanto al merito della questione, si rileva che la discriminazione
tra federazioni sindacali largamente rappresentative, per le quali è
consentita la trattenuta, e federazioni scarsamente rappresentative
appare perfettamente razionale e comunque non incide sulla parità
giuridica delle minoranze etniche, ben potendo le federazioni minori
ottenere dai loro iscritti una delegazione per il pagamento dei
contributi sindacali secondo i principi del codice civile (art. 1269).
Alla pubblica udienza le difese delle parti hanno insistito sulle
rispettive conclusioni.
1 L’eccezione di tardività del ricorso è fondata.
Prescrive l’art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che i ricorsi
regionali avverso leggi ed atti con forza di legge dello Stato debbano
essere notificati entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’atto
impugnato; ma la medesima norma era già posta, in un grado superiore
della gerarchia delle fonti, dall’art. 2 della legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1, che è precisamente quella cui l’art. 137 Cost. fa
espresso rinvio, al fine di stabilire “le condizioni, le forme, i
termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale”.
Sebbene, nel sistema positivamente adottato, le leggi formali e gli
atti ad esse equiparati possano in ogni tempo formare oggetto di
questioni di costituzionalità, sollevate nel corso di giudizi in cui
si debba applicarle, il legislatore ha tuttavia ritenuto necessario
circoscrivere il potere delle Regioni di impugnarle direttamente in
via di azione entro precisi termini di decadenza, facendoli decorrere
dal solo momento che sia oggettivamente certo e verificabile, e cioè
da quello della loro pubblicazione.
Trattandosi di atti, per definizione, generali, e che sono anche
tali nella maggior parte dei casi, legge costituzionale e legge
ordinaria (vincolata quest’ultima a quanto disposto nella prima) si
sono così conformate al criterio abitualmente adottato in materia di
giustizia amministrativa per i ricorsi contro atti non aventi
destinatari determinati, e quindi insuscettibili di notificazione o
comunicazione (art. 2 del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni
giurisdizionali del Consiglio di Stato r.d. 17 agosto 1907, n. 642,
applicabile oggi, in forza del richiamo contenuto nell’art. 19 della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai giudizi davanti ai tribunali
amministrativi regionali). Del resto, un criterio analogo è accolto
dalla stessa legge n. 87 del 1953, nell’art. 39, anche per i conflitti
di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni, disponendosi che
debbano essere proposti entro sessanta giorni dalla notificazione o
pubblicazione ovvero dall’avvenuta conoscenza dell’atto impugnato: la
quale ultima, dunque, viene in considerazione soltanto in linea
sussidiaria, quando manchino la pubblicazione o la notificazione, che
la legge assume, agli effetti che qui interessano, come equipollenti.
Né alla regola in tal modo risultante dalla legge costituzionale
del 1948 e dalla legge di attuazione del 1953 sarebbe consentito, in
sede di applicazione, apportare particolari eccezioni, derogandovi
allorché, per assente ragioni di forza maggiore relativa all’ente
legittimato al ricorso, questo non abbia avuto materiale conoscenza
della legge, ostandovi sia considerazioni di ordine sistematico,
inerenti alla natura ed efficacia proprie delle leggi (che non si
trasformano di certo in atti recettizi, sol perché impugnabili da
Regioni e Provincie ad autonomia costituzionale), sia motivi pratici,
attinenti alla fondamentale esigenza di certezza nei rapporti tra Stato
e Regioni, cui la prefissione di termini di decadenza è preordinata.
2. – Ciò premesso, dev’essere precisato che, assumendo come dies a
quo la data della “pubblicazione” (senza ulteriori specificazioni),
legge costituzionale e legge ordinaria hanno sicuro riferimento alla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che, a partire dal testo unico
r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, si è ormai nettamente configurata
come il momento essenziale e decisivo di quella più vasta operazione
pubblicitaria, comprendente altresì la cosiddetta inserzione del testo
legislativo nella Raccolta ufficiale delle leggi e decreti (è prassi
costante, ad esempio, che il periodo di vacatio sia fatto decorrere,
per espressa disposizione contenuta nelle varie leggi, dalla
pubblicazione nella Gazzetta).
La Raccolta, infatti, non ha regolare periodicità, mentre la
Gazzetta viene pubblicata “tutti i giorni non festivi nelle ore
pomeridiane” (art. 2 r.d. 7 giugno 1923, n. 1252). Ed è appena il
caso di avvertire che, quando si fa riferimento a pubblicazione nella
Gazzetta, si presuppone che questa (od il relativo Supplemento) sia, a
sua volta, pubblicata, vale a dire messa in circolazione e perciò a
disposizione del pubblico. Pubblicazione delle leggi “nella” Gazzetta
(o “nel” Supplemento) non può che significare, doverosamente,
pubblicazione altresì “della” Gazzetta (o “del” Supplemento): senza di
che sarebbe snaturato lo stesso istituto della pubblicazione degli atti
normativi, che, anche storicamente, ha il fine di apprestare una
situazione oggettiva di effettiva conoscibilità, da parte di tutti,
degli atti medesimi.
Ciò che, peraltro, non si contesta sia avvenuto nella specie,
adducendosi invece che il Supplemento ordinario del 31 dicembre 1973,
contenente il testo della legge de qua, era giunto a Bolzano con
ventisei giorni di ritardo: il che è cosa diversa da una mancata o
ritardata pubblicazione dello stesso, nel senso poc’anzi specificato.
D’altronde, la circostanza addotta non era tale da impedire che, usando
la normale diligenza, un ente pubblico come la Provincia ricorrente,
che dispone dei necessari strumenti organizzativi anche per seguire,
all’occorrenza, l’iter delle leggi che possano interessano, fosse in
grado di essere tempestivamente informato della avvenuta pubblicazione
della legge in questione nel Supplemento della Gazzetta, di cui, oltre
tutto, nel caso in oggetto, la Gazzetta Ufficiale in pari data (della
quale non si nega che fosse regolarmente pervenuta a Bolzano) recava
l’annuncio.
3. – Le considerazioni che precedono, non soltanto giustificano
l’accoglimento della eccezione di tardività del ricorso, ma in linea
più generale, valgono altresì a dimostrare la manifesta infondatezza,
nel merito, anche a ritenerla ammissibile, della questione di
legittimità costituzionale prospettata in subordine dalla difesa della
Provincia in ordine all’art. 32 della legge n. 87 del 1953, ed
involgente in realtà, per quanto premesso al punto 1, l’art. 2 della
legge costituzionale n. 1 del 1948, che rappresenta la vera fonte
della norma della quale si denuncia il contrasto con l’art. 24 della
Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Presidente della
Provincia di Bolzano nei confronti dell’art. 2 della legge 27 dicembre
1973, n. 852.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – LEONETTO
AMADEI – GIULIO GIONFRIDA EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO – ASTUTI MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere