Ordinanza N. 165 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
08/05/1998
Data deposito/pubblicazione
08/05/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/05/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
civile, promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1996 dal tribunale
di Isernia nel procedimento civile vertente tra l’E.R.I.M. e il
comune di Civitanova del Sannio, iscritta al n. 1341 del registro
ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 2, prima serie speciale, dell’anno 1997;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Ritenuto che nel corso del giudizio promosso dall’Ente Risorse
Idriche Molisane (E.R.I.M.) contro il comune di Civitanova del
Sannio, avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni
conseguenti all’illegittimo diniego della concessione edilizia per la
realizzazione delle opere relative alla captazione delle acque del
gruppo Pincio, il tribunale di Isernia ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113
della Costituzione, dell’art. 2043 del codice civile;
che – premesso che l’attore ha ritualmente impugnato il diniego
di concessione edilizia avanti al giudice amministrativo competente
ottenendo il provvedimento cautelare incidentale di sospensione del
diniego, e che l’accoglimento della questione comporterebbe la
sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 del codice di
procedura civile in attesa della risoluzione della controversia
amministrativa – il giudice rimettente ha precisato che l’oggetto
della causa civile riguardava il risarcimento dei danni conseguenti
alla revoca da parte del C.I.P.E. del finanziamento di L.
5.903.000.000 concesso per l’esecuzione delle opere indicate, nonché
il danno relativo al sottodimensionamento dello sfruttamento delle
potenzialità delle condotte idriche oltre al mancato introito di
entrate connesse alla captazione delle acque, e, da ultimo, alla non
avvenuta consegna dei lavori all’impresa appaltatrice;
che il giudice a quo si richiama all’orientamento costante della
Corte di cassazione, che si assume univocamente consolidato nel senso
di escludere la risarcibilità del pregiudizio patrimoniale sofferto
dal titolare di interesse legittimo conseguente all’illegittimo
esercizio di attribuzioni amministrative e quindi la risarcibilità
dei danni conseguenti all’illegittimo diniego della concessione
edilizia, salvo che, ricorrendo situazioni di affievolimento, quali
l’annullamento del provvedimento che ha illegittimamente degradato la
posizione giuridica soggettiva riespansa per effetto della
concessione o autorizzazione, sia ammessa la tutela risarcitoria, e
segnatamente nelle ipotesi di annullamento giurisdizionale dei
provvedimenti c.d. di secondo grado, quali l’annullamento o revoca
della concessione edilizia;
che il giudice a quo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
24 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2043 del codice civile nella parte in cui non prevede la
“risarcibilità dei danni derivati a terzi dall’emanazione di atti o
provvedimenti illegittimi, lesivi di interessi legittimi”,
aggiungendo che vi sarebbero “diritti soggettivi con essi
coesistenti” “quali ad esempio il diritto di iniziativa economica o
quello all’integrità patrimoniale”;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l’inammissibilità o la manifesta infondatezza
della questione.
Considerato che preliminarmente deve essere sottolineato quanto
già affermato da questa Corte (sentenza n. 85 del 1980) in ordine al
problema della responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni
per il risarcimento dei danni derivanti ai soggetti privati dalla
emanazione di atti e provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi
di situazioni di interesse legittimo: problema di indubbia gravità e
di particolare attualità – anche nel settore urbanistico-edilizio –
che si è cominciato ad imporre alla concreta attenzione non solo del
legislatore, ma anche della giurisdizione ordinaria di legittimità
(v. Cass. sez. I, 3 maggio 1996, n. 4083), che ha avvertito
“l’inadeguatezza dell’indirizzo interpretativo sul danno ingiusto”;
che il “problema di ordine generale” “richiede prudenti soluzioni
normative, non solo nella disciplina sostanziale ma anche nel
regolamento delle competenze giurisdizionali” (sentenza n. 85 citata)
e nelle scelte tra misure risarcitorie, indennitarie, reintegrative
in forma specifica e ripristinatorie ed infine nella delimitazione
delle utilità economiche suscettibili di ristoro patrimoniale nei
confronti della pubblica amministrazione;
che, peraltro, il legislatore nazionale non è rimasto nel
frattempo inerte, ma ha adottato una serie di interventi settoriali:
v. in materia di violazione del diritto comunitario in tema di
appalti legge 19 febbraio 1992, n. 142, art. 13; per l’estensione ai
settori esclusi legge 19 dicembre 1992, n. 489, art. 11, comma 1; per
gli appalti di servizi legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 11,
lettera i) e decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, art. 30; per
gli appalti di opere pubbliche in genere legge 11 febbraio 1994, n.
109, art. 32 peraltro successivamente modificata dal decreto-legge 3
aprile 1995, n. 101 convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216
senza tuttavia ulteriore previsione espressa in ordine alla
risarcibilità; per la responsabilità in materia di ritardo
temporale sul rilascio di concessione edilizia decreto-legge 5
ottobre 1993, n. 398, art. 4, convertito in legge 4 dicembre 1993, n.
493; decreto-legge 26 gennaio 1995, n. 24, non convertito in legge ma
i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge 23 dicembre 1996, n.
662, art. 2; in caso di procedimento su istanza di parte previsione
di indennizzo per il mancato rispetto del termine del procedimento o
degli obblighi e prestazioni a carico dell’amministrazione attraverso
una delegificazione e rinvio a regolamenti, legge 15 marzo 1997, n.
59, art. 20, comma 4, lettera h); e, in attuazione della delega
legislativa contenuta nell’art. 11, comma 4, lettera g) della citata
legge n. 59 del 1997 (prorogata con legge 15 maggio 1997, n. 127,
art. 7, comma 1, lettera f)), estensione della giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo alle controversie, in materia
edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, aventi ad oggetto
diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno, decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80,
artt. 33, 34 e 35, nonché art. 45, comma 18, che mantiene ferma la
giurisdizione prevista dalle norme in vigore per i giudizi pendenti
al 30 giugno 1998;
che la questione, come prospettata dal giudice rimettente, è
manifestamente inammissibile in quanto non si è verificato il
presupposto in ogni caso necessario alla configurazione di una
responsabilità dell’amministrazione in conseguenza di un atto
amministrativo, cioè l’accertamento della illegittimità dell’atto o
del comportamento dell’amministrazione, che la medesima ordinanza
sottolinea essere ancora all’esame del giudice amministrativo di
primo grado in sede di ricorso per l’annullamento;
che infatti la previa definizione della controversia sulla
illegittimità dell’atto di diniego della concessione edilizia
(attività provvedimentale devoluta alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo) costituisce – in mancanza di diversa
regolamentazione del legislatore, anche se è stata auspicata una
unificazione per evitare una duplicità di giudizi con competenza
bipartita – un indispensabile antecedente logico giuridico (v. per
riferimento art. 13 della legge n. 142 del 1992) dal quale dipende la
decisione della causa;
che di conseguenza la dichiarata rilevanza della questione è
meramente ipotetica, e non attuale, essendo prematuro il dubbio di
legittimità costituzionale: per applicare l’art. 295 del
cod.proc.civ. – come prospetta il giudice a quo – in attesa della
risoluzione della controversia amministrativa, non doveva, infatti,
necessariamente essere affrontato e risolto in via preliminare il
dubbio sulla legittimità costituzionale dell’art. 2043 del cod.
civ., anche perché – secondo la valutazione dello stesso giudice
rimettente – si configuravano nel contempo “posizioni di diritti
soggettivi coesistenti con interessi legittimi”.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2043 del codice civile,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione,
dal tribunale di Isernia con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte, Palazzo della
Consulta, il 4 maggio 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria l’8 maggio 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola