Ordinanza N. 469 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1997
Data deposito/pubblicazione
30/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Annibale MARINI;
poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Palermo nei confronti
del Senato della Repubblica a seguito della delibera con la quale il
Senato della Repubblica in data 20 settembre 1995 ha dichiarato
l’insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Carmine
Mancuso; conflitto promosso con ricorso depositato il 23 giugno 1997
ed iscritto al n. 78 del registro ammissibilità conflitti;
Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Ritenuto che, nel corso di una trasmissione televisiva andata in
onda il 12 maggio 1993, Carmine Mancuso, senatore nella XII
legislatura, pronunciava nei confronti del questore dott. Bruno
Contrada delle espressioni ritenute gravemente diffamatorie
dall’interessato, che perciò sporgeva querela;
che, con ordinanza del 10 maggio 1994, il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Palermo dichiarava manifestamente
infondata l’eccezione di insindacabilità ex art. 68, primo comma,
della Costituzione, e, conseguentemente, ordinava la restituzione
degli atti al pubblico ministero;
che, con lettera in data 25 novembre 1994, il presidente del
tribunale di Palermo provvedeva a trasmettere copia della predetta
ordinanza al presidente del Senato della Repubblica, ai sensi
dell’art. 3, comma 2, del d.-l. 9 novembre 1994, n. 627, all’epoca
vigente;
che, intervenuta una nuova disciplina (d.-l. 13 marzo 1995, n.
69, poi reiterato da successivi decreti-legge, tutti, peraltro, non
convertiti), la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari
del Senato deliberava di richiedere copia degli atti del procedimento
penale de quo;
che, con deliberazione adottata nella seduta del 20 settembre
1995, l’Assemblea del Senato approvava la proposta della Giunta di
dichiarare insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione, le opinioni espresse dal senatore Carmine Mancuso;
che, con ordinanza del 16 ottobre 1995, il tribunale di Palermo –
premesso che l’art. 68, primo comma, della Costituzione configura una
condizione di punibilità, e non, come il secondo comma, di
procedibilità, con conseguente inapplicabilità del combinato
disposto degli artt. 129 e 469 cod. proc. pen., i quali non
contemplano, tra le ipotesi di proscioglimento, prima del
dibattimento, la non punibilità dell’imputato – disponeva di
“procedersi al dibattimento, dovendo peraltro trovare tutela
l’eventuale interesse dell’imputato all’accertamento della sua totale
estraneità ai fatti di reato”;
che, a seguito di tale provvedimento, il Senato sollevava
conflitto di attribuzione nei confronti del tribunale di Palermo;
che questa Corte, con sentenza n. 129 del 1996, ha dichiarato che
non spettava al predetto tribunale disporre la celebrazione del
dibattimento nel processo penale pendente a carico del senatore
Mancuso, annullandone, pertanto, la citata ordinanza del 16 ottobre
1995;
che, con successiva ordinanza, emessa in data 13 maggio 1997, lo
stesso tribunale ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti
del Senato della Repubblica in relazione alla predetta deliberazione
del 20 settembre 1995, con la quale quest’ultimo ha dichiarato
insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione, le opinioni espresse dal senatore Mancuso;
che il tribunale di Palermo ritiene che il Senato non abbia fatto
corretto uso del proprio potere, in quanto il comportamento
addebitato all’imputato nel processo de quo non sarebbe rientrato
nell’esercizio delle funzioni parlamentari, “attenendo, al contrario,
a vicende personali dello stesso senatore ed ai rapporti tra
quest’ultimo, il proprio genitore ed il querelante”;
che, pertanto, ad avviso del predetto tribunale, il Senato della
Repubblica, con la deliberazione di cui si tratta, avrebbe
illegittimamente compresso i poteri ad esso attribuiti dalla legge;
Considerato che, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte, in questa fase, è chiamata a
deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, in
quanto esista “la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti
alla sua competenza”, restando impregiudicata ogni ulteriore
decisione;
che, in linea preliminare, la forma dell’ordinanza, utilizzata
dal tribunale di Palermo per proporre il ricorso di cui all’art. 37
della legge n. 87 del 1953, deve ritenersi idonea per una valida
instaurazione del conflitto, come ripetutamente affermato da questa
Corte (cfr., da ultimo, ordinanze nn. 325 del 1997 e 339 del 1996);
che deve essere riconosciuta la legittimazione del tribunale di
Palermo a sollevare conflitto secondo il costante insegnamento di
questa Corte, tenuto conto della posizione dei singoli organi
giurisdizionali, che svolgono le loro funzioni in posizione di piena
indipendenza costituzionalmente garantita (cfr., tra le altre,
ordinanze nn. 325 del 1997; 6, 269 e 339 del 1996; sentenze nn. 265
del 1997, 129 del 1996);
che, parimenti, il Senato della Repubblica è legittimato ad
essere parte del presente conflitto, quale organo competente a
dichiarare definitivamente la propria volontà in ordine
all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione
(cfr., tra le altre, ordinanze n. 325 del 1997, nn. 6 e 339 del 1996;
sentenze nn. 265 del 1997, 129 del 1996);
che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il
ricorrente lamenta la lesione di una attribuzione costituzionalmente
garantita, assumendo che il Senato abbia illegittimamente compresso i
suoi poteri.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo
1953, n. 87, il conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di
Palermo nei confronti del Senato della Repubblica con il ricorso in
epigrafe;
Dispone:
che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della
presente ordinanza al tribunale di Palermo, ricorrente;
che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza
siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo
Presidente, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione;
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
Il cancelliere: Fruscella