Ordinanza N. 442 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,
prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, avv. Fernanda CONTRI,
prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof.
Annibale MARINI;
1-bis, ultimo periodo, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge
quadro in materia di lavori pubblici), promosso con ordinanza emessa
il 30 gennaio 1998 dal tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sul ricorso proposto dalla STF s.n.c. di Giovanni Stillano
C. contro il comune di Nova Milanese ed altra, iscritta al n. 547 del
registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 1998;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1998 il giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che con ordinanza emessa il 30 gennaio 1998 nel corso di
un giudizio diretto ad ottenere l’annullamento del provvedimento di
aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici, il tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, in
riferimento agli artt. 97 e 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, ultimo
periodo, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in
materia di lavori pubblici) – aggiunto con l’art. 7 del decreto-legge
3 aprile 1995, n. 101 (Norme urgenti in materia di lavori pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216 -,
il quale prevede che fino al 1 gennaio 1997 sono escluse, per gli
appalti di lavori pubblici di importo (superiore ed) inferiore alla
soglia comunitaria, le offerte che presentino una percentuale di
ribasso superiore ad un quinto della media aritmetica dei ribassi
delle offerte ammesse;
che il giudice rimettente ritiene che la disposizione denunciata
possa essere in contrasto con il principio di buon andamento della
pubblica amministrazione, perché l’esclusione automatica delle
offerte nelle procedure di appalto non soggette alla disciplina
comunitaria impedirebbe di accettare le offerte più convenienti;
inoltre il metodo di calcolo adottato per determinare i ribassi
ammessi determinerebbe in modo irragionevole una fascia di
oscillazione ristretta, consentendo a gruppi di imprese di
condizionare, con offerte preventivamente concordate, l’esito delle
gare. Tali distorsioni, viceversa, non si verificherebbero se il
legislatore avesse correlato al carattere anomalo dell’offerta la
conseguenza dell’obbligatoria verifica della stessa e non la sua
automatica esclusione;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
comunque non fondata.
Considerato che, successivamente all’emanazione dell’ordinanza di
rimessione, analoghe questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 21, comma 1-bis, ultimo periodo, della legge 11 febbraio
1994, n. 109 sono state dichiarate non fondate (sentenza n. 40 del
1998) e manifestamente infondate (ordinanza n. 258 del 1998), perché
l’esclusione automatica, operante soltanto sino al 1 gennaio 1997,
delle offerte che presentino una percentuale di ribasso considerato
anomalo rispetto alla media delle offerte ammesse, riguarda
esclusivamente appalti di minore importo, non soggetti alla
disciplina comunitaria, per i quali potrebbe essere eccessivamente
onerosa una più complessa procedura di analisi delle offerte; mentre
la scelta del legislatore di escludere la discrezionalità
dell’amministrazione nel valutare l’anomalia delle offerte,
aggiudicando l’appalto al prezzo più basso, ma in una fascia
delimitata secondo un criterio predeterminato, nel cui ambito si
presume che l’offerta sia affidabile, non appare palesemente
arbitraria neppure con riguardo al criterio di calcolo, che
attribuisce rilievo ad una valutazione “media” degli offerenti, né
incoerente o incongrua rispetto al fine di acquisire con il minor
onere economico la prestazione richiesta, evitando tuttavia che un
ribasso eccessivo ponga a rischio la corretta e tempestiva esecuzione
dei lavori;
che è stato anche escluso che le prospettate distorsioni, che
potrebbero derivare da accordi tra partecipanti alla gara nella
presentazione delle offerte, possano essere poste a base di una
pronuncia di illegittimità costituzionale, giacché tali distorsioni
non attengono al normale funzionamento della disciplina denunciata,
ma configurano piuttosto una situazione patologica di illecita
turbativa della gara;
che, pertanto, la questione sollevata, non presentando profili o
argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati dalla corte, deve
essere dichiarata manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 21, comma 1-bis, ultimo periodo, della legge
11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici)
– aggiunto con l’art. 7 del decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101
(Norme urgenti in materia di lavori pubblici), convertito, con
modificazioni, nella legge 2 giugno 1995, n. 216 -, sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 97 della costituzione, dal tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
Il direttore della cancelleria: Di Paola