Sentenza N. 168 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
14/07/1976
Data deposito/pubblicazione
14/07/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/07/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
ultimo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 21 gennaio 1974 dal giudice istruttore del
tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di Avanzati
Augusto ed altri, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1974 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 del 3 aprile
1974;
2) ordinanza emessa il 10 aprile 1974 dal tribunale di Vercelli nel
procedimento penale a carico di Barbagallo Isidoro ed altri, iscritta
al n. 298 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;
3) ordinanza emessa il 3 aprile 1974 dal tribunale di Grosseto nel
procedimento penale a carico di Vitalone Wilfredo ed altri, iscritta al
n. 309 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;
4) ordinanza emessa l’11 novembre 1974 dal tribunale di Catanzaro
nel procedimento penale a carico di Zurlo Anselmo, iscritta al n. 549
del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 48 del 19 febbraio 1975.
Visto l’atto di costituzione di Barbagallo Isidoro;
udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 1976 il Giudice relatore
Nicola Reale;
udito l’avv. Gian Domenico Pisapia, per Barbagallo Isidoro.
1. – Con ordinanza emessa il 3 aprile 1974, nel corso di
procedimento penale (rimesso, ai sensi dell’art. 70, quarto comma,
c.p.p. dal presidente del tribunale di Montepulciano, originariamente
competente) il tribunale di Grosseto ha sollevato, in riferimento
all’art. 25, comma primo, Cost., questione di legittimità
costituzionale del predetto art. 70, quarto comma, c.p.p., in
applicazione del quale era stata disposta la rimessione.
2. – Identica questione è stata sollevata in procedimenti diversi
dal giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto, dal tribunale
di Vercelli e dal tribunale di Catanzaro con ordinanze emesse,
rispettivamente, il 21 gennaio, il 10 aprile e l’11 novembre 1974.
Le ordinanze sono state ritualmente comunicate, notificate e
pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Nel giudizio cui si riferisce
l’ordinanza del tribunale di Vercelli si è costituita una parte
privata chiedendo che la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale
della norma impugnata.
1. – Le quattro ordinanze indicate in epigrafe hanno ad oggetto la
stessa questione di legittimità costituzionale: i relativi giudizi
possono, pertanto, essere riuniti e decisi congiuntamente.
2. – I tribunali di Grosseto, di Vercelli e di Catanzaro (cui ai
sensi dell’art. 70, quarto comma, c.p.p. dei procedimenti penali erano
stati rimessi, per il giudizio, con ordinanze emanate, rispettivamente,
dai presidenti dei tribunali di Montepulciano, di Verbania e di
Crotone) ed il giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto
(investito di un’istruttoria a seguito di rimessione a quel tribunale
disposta dal presidente del tribunale di Montepulciano) hanno
impugnato, in riferimento all’art. 25, primo comma, Cost. (per cui
“nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge”), il sopra ricordato art. 70, quarto comma, c.p.p. – il quale
dispone, che “qualora per astensione o per ricusazione” (di alcuno dei
giudici) “manchi in un collegio il numero legale, il presidente della
corte o del tribunale rimette il procedimento ad un’altra sezione della
stessa corte o dello stesso tribunale o ad una corte limitrofe ovvero
ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto”.
I giudici a quibus, richiamandosi alla sentenza n. 88 del 1962 di
questa Corte, assumono che il concetto di giudice naturale
precostituito per legge deve essere inteso nel senso di una competenza
fissata senza alternative, immediatamente ed esclusivamente dalla
legge, con esclusione delle stesse alternative previste dalla legge ma
risolubili a posteriori mediante provvedimento singolo in relazione ad
un dato procedimento. Ma se tale è il significato da attribuire
all’art. 25 Cost., si osserva nelle ordinanze di rimessione, non può
essere considerato “precostituito per legge” un giudice in base alla
generica dizione di “tribunale limitrofo” poiché limitrofi sono tutti
i tribunali le cui circoscrizioni confinano con quella del tribunale
originariamente competente ed è pertanto il presidente di quest’ultimo
che, in concreto, discrezionalmente decide a quale sede giudiziaria
rimettere il procedimento.
Di qui i dubbi sulla legittimità costituzionale della norma
impugnata.
3. – Tali dubbi non sono fondati.
Invero, questa Corte in numerose occasioni, pur ribadendo che il
principio enunciato nell’art. 25, comma primo, Cost., importa che la
competenza del giudice sia preventivamente determinata dalla legge in
via generale, ha precisato che l’esigenza di assicurare l’indipendenza
e l’imparzialità del giudizio (nell’interesse dell’andamento della
giustizia e in quello particolare della difesa dell’imputato), senza
peraltro compromettere la continuità e la prontezza della funzione
giurisdizionale, possono eccezionalmente giustificare la sottrazione di
una controversia al giudice originariamente competente (v. sentenze n.
50, 109 e 156 del 1963; 173 del 1970 e 71 del 1975): il tutto in
applicazione di norme le quali prevedono spostamenti di competenza da
un giudice ad un altro che sia ugualmente precostituito per legge nel
senso che la designazione del nuovo giudice discenda direttamente dalla
legge e non venga affidata a scelte assolutamente discrezionali in
ordine sia all’accertamento dei presupposti cui è subordinato il
trasferimento stesso sia alla designazione del nuovo giudice.
Muovendo da tali premesse, questa Corte ha dichiarato non fondate
le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 101, comma
secondo, e 102, comma primo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12,
sull’ordinamento giudiziario, (i quali stabiliscono che il presidente
della Corte d’appello e, in caso d’urgenza, il presidente del tribunale
possano destinare un magistrato di altra sede a compiere le funzioni
del pretore mancante o impedito), osservandosi che il principio di cui
all’art. 25, comma primo, Cost., non esclude che, al fine di non
pregiudicare la continuità e la speditezza della funzione
giurisdizionale, possa, nei casi di mancanza o di impedimento del
titolare di un ufficio giudiziario, provvedersi, specie se in via
temporanea o contingente, mediante supplenze, sostituzioni,
applicazioni ovviamente demandate nei casi concreti a scelte degli
organi competenti (in tali sensi la sentenza n. 156 del 1963 nonché la
sentenza n. 71 del 1975, relativa alla sostituzione di un pretore
astenutosi). Ancora più significative, per la evidente analogia con il
caso di specie, appaiono le sentenze n. 50 e 109 del 1963 nelle quali
è stato escluso ogni contrasto con il principio del giudice naturale
degli artt. 55 e 60 c.p.p. (concernenti, rispettivamente, la
rimessione ad altro giudice di procedimenti per gravi motivi di ordine
pubblico o per legittimo sospetto e quella di procedimenti riguardanti
magistrati, ponendosi in rilievo che lo spostamento della competenza in
questi casi oltre a non essere demandato alla assoluta discrezionalità
dell’organo giudiziario risponde ad una suprema esigenza di giustizia
come quella di “evitare che l’insorgere di particolari situazioni o
altri fattori esterni possano in qualsiasi modo interferire nel
processo penale, incidendo sulla obiettività del giudizio e sulla
retta applicazione della legge” (sent. n. 50 del 1963).
E ciò, aggiungasi, affidandosi, quanto alla designazione del nuovo
giudice, alla scelta dell’organo competente a farla: scelta che, fino
alle modifiche apportate con la novella del 15 dicembre 1972, n. 773,
all’art. 58 c.p.p., poteva, anche nel caso di rimessione per gravi
motivi d’ordine pubblico o per legittimo sospetto, cadere su uno
qualsiasi dei giudici competenti per materia esistenti nel territorio
della Repubblica.
Analoghe considerazioni giustificano la medesima conclusione
rispetto alla norma impugnata la quale, come si è già detto, prevede
che, se per astensione o per ricusazione venga a mancare in un collegio
il numero legale, il presidente della corte o del tribunale rimette il
procedimento ad un’altra sezione della stessa corte o dello stesso
tribunale o ad un’altra corte limitrofa ovvero ad un tribunale
limitrofo dello stesso distretto. Anche in questo caso, invero, lo
spostamento di competenza non è demandato all’insindacabile
discrezionalità di un organo giudiziario ma dipende necessariamente
dall’accertamento obiettivo difatti ipotizzati dalla legge. Ed anche in
tale situazione lo spostamento mira ad assicurare la continuità e
l’efficienza della funzione giurisdizionale e, nel contempo, la
indipendenza e l’imparzialità del giudizio con la tutela del diritto
di difesa: beni ed esigenze che, al pari del divieto di distogliere
alcuno dal giudice naturale precostituito per legge, rispondono a
principi costituzionalmente rilevanti (artt. 101, 104 e 24 Cost.) e
possono pertanto giustificare, come si è già accennato, l’eccezionale
sottrazione di una controversia al giudice originariamente designato
dalla legge.
All’organo giudiziario investito del potere di rimessione è
attribuita, invero, una certa discrezionalità nell’individuazione del
giudice cui rimettere il procedimento. Ma non si vede perché tale
discrezionalità la quale nell’ipotesi, ugualmente prevista dalla norma
impugnata, di spostamento da una sezione all’altra della stessa corte o
dello stesso tribunale non puo dar luogo a rilievi di sorta, tenuto
conto dei poteri attribuiti agli organi investiti di funzioni direttive
al fine di un’efficiente organizzazione dell’ufficio e di una
necessaria e razionale distribuzione del lavoro giudiziario (sent. n.
143 del 1973 e 71 del 1975), dovrebbe invece essere ritenuta
costituzionalmente illegittima nel caso di rimessione del procedimento
ad una diversa sede giudiziaria. Anche perché tale discrezionalità,
mentre ben difficilmente potrebbe essere eliminata ricorrendosi ad
altri sistemi, ciascuno dei quali non risulterebbe privo di
inconvenienti, è dalla legge contenuta entro limiti rigorosi: la
scelta, come si è detto, non può essere effettuata che tra le sedi
giudiziarie limitrofe e per quanto concerne il tribunale, tra quelle
limitrofe di uno stesso distretto. Soluzione che, oltre tutto, può
risultare non priva di vantaggi per l’efficienza della funzione
giurisdizionale e coincidere con l’interesse delle stesse parti
private.
Né va trascurato infine che anche nella nuova sede potranno
trovare applicazione, a tutela della serenità e dell’imparzialità del
giudizio e ricorrendone i presupposti di legge, i rimedi
dell’astensione e della ricusazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 70, ultimo comma, del codice di procedura penale, sollevata,
in riferimento all’art. 25, comma primo, della Costituzione, con le
ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere