Sentenza N. 428 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
25/07/1989
Data deposito/pubblicazione
25/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 5 aprile 1989,
avente per oggetto: “Interventi nel settore della riscossione delle
imposte dirette”, promosso con ricorso del Commissario dello Stato
per la Regione Sicilia, notificato il 12 aprile 1989, depositato in
cancelleria il 21 aprile 1989 ed iscritto al n. 28 del registro
ricorsi 1989;
Visto l’atto di costituzione della Regione Sicilia;
Udito nell’udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore
Gabriele Pescatore;
Uditi l’Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il ricorrente, e
l’avv. Silvio De Fina per la Regione;
per la Regione siciliana ha impugnato l’art. 2 della legge, approvata
dall’Assemblea regionale siciliana il 5 aprile 1989, recante
“Interventi nel settore della riscossione della imposte dirette”,
nonché l’art. 7 della stessa legge, nella parte in cui prevede la
copertura finanziaria della spesa prevista dall’art. 2.
Quest’ultimo stabilisce la concessione di un contributo di
venticinque miliardi in favore della SO.G.E.SI. (Società gestioni
esattoriali della Sicilia), finalizzato ad “assicurare le condizioni
per un regolare e ordinato andamento delle gestioni esattoriali”.
La SO.G.E.SI. è una società per azioni (il cui capitale è
costituito dalle partecipazioni azionarie del Banco di Sicilia, della
Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per la Regione
siciliana, dell’Istituto San Paolo di Torino e del Monte dei Paschi
di Siena), alla quale è stato affidato, come esattore, il servizio
di riscossione delle imposte dirette in Sicilia, in attuazione della
legge regionale 21 agosto 1984, n. 55.
Secondo il Commissario dello Stato, il contributo previsto
dall’art. 2 della legge impugnata, si risolve in un’indiretto aumento
dell’aggio, tassativamente determinato dal D.L. 12 dicembre 1988, n.
526 (conv., con modificazioni, nella l. 10 febbraio 1989, n. 44) e
dal D.L. 4 agosto 1987, n. 326 (conv., con modificazioni, nella l. 3
ottobre 1987, n. 403) anche per il territorio della Regione
siciliana. Ne deriverebbe il contrasto delle norme impugnate con
l’art. 36 dello Statuto siciliano.
Infatti, nella materia de qua la regione avrebbe competenza
legislativa concorrente e dovrebbe osservare, quindi, i principi
generali della legislazione statale. Fra questi dovrebbe
ricomprendersi quello enunciato, in materia di aggi esattoriali,
dell’art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, secondo il quale
l'”esattore è retribuito con un aggio determinato in valore
percentuale di tutte le entrate affidategli in riscossione”.
In proposito si sottolinea che questa Corte (sentenza n. 959 del
1988) ha ritenuto legittima la legislazione statale che disponeva
sulla misura degli aggi esattoriali anche nella regione siciliana,
affermando che la determinazione unitaria dell’aggio risponde alla
necessità obiettiva di previsioni generali e uniformi, per garantire
identità di trattamento per tutti i contribuenti in seno alla
collettività nazionale. Nel ricorso si ricorda, inoltre, che già
l’Alta Corte per la Regione siciliana, aveva dichiarato
l’illegittimità di una legge regionale contenente la concessione di
un contributo disposto a titolo di integrazione dell’aggio.
La normativa impugnata, pertanto, si risolverebbe in una elusione
della citata sentenza n. 959 del 1988 di questa Corte, alla quale si
aggiungerebbe la violazione anche dell’art. 97, comma primo, della
Costituzione, per non essere stati previsti, nel disporre la
concessione del contributo, “strumenti idonei ad assicurare un
regolare e ordinato andamento della gestione esattoriale”, né “la
presentazione di un rendiconto sulla effettiva utilizzazione del
contributo elargito”.
Al riguardo si deduce, in particolare, che dai lavori
dell’Assemblea regionale siciliana risulterebbe che la SO.G.E.SI.
avrebbe chiuso l’ultimo bilancio in pareggio, cosicché il contributo
disposto dalla legge impugnata si risolverebbe in una immotivata
elargizione.
2. – Davanti a questa Corte si è costituito il Presidente della
Regione siciliana, chiedendo che il ricorso sia dichiarato non
fondato.
Nelle deduzioni depositata si premette che, con decreto del
Presidente della Regione in data 4 e 10 agosto 1982, fu disposta la
revoca delle concessione a 74 esattorie gestite dalla SATRIS.
La legge regionale 1° ottobre 1982, n. 123 affidò quelle
esattorie in delegazione (provvisoria) ad una società interamente
formata da Istituti di credito: la SOGED. Questa, essendole mancato
il tempo per organizzarsi, chiuse – dopo circa due anni – la propria
gestione con un passivo superiore a venti miliardi di lire.
Sopravvenne la legge regionale 21 agosto 1984, n. 55, con la quale
fu prevista la costituzione di una società, formata da istituti di
credito, che gestisse tutte le esattorie delle imposte dirette in
Sicilia.
In base a detta legge fu costituita la SO.G.E.SI., nella quale
confluì la gestione non solo delle esattorie ex SATRIS, ma anche di
315 piccole esattorie, spesso in dissesto. Inoltre, alla gestione
SO.G.E.SI. non furono più concesse le agevolazioni fatte alla SOGED
(dispensa dalla cauzione; dall’obbligo del non riscosso per riscosso;
compenso aggiuntivo speciale dell’uno per cento sul riscosso) e fu
fatto carico di assumere tutto il personale delle preesistenti
esattorie, nonché i cessati esattori.
Era evidente che, senza apposite sovvenzioni regionali, la
gestione – sulla base del solo aggio – sarebbe avvenuta in perdita.
La Regione siciliana – interessata all’efficienza della nuova
gestione del servizio – intervenne con leggi 15 maggio 1986, n. 25
(artt. 3 e 4) e 30 dicembre 1986, n. 36 (art. 23), concedendo
contributi di gestione e anticipazioni a tasso agevolato, senza che a
tali leggi il Commissario dello Stato muovesse alcuna obbiezione.
Le entrate della SO.G.E.SI. erano costituite, pertanto, fino al
1987, dall’aggio riconosciutole dall’art. 7 della legge regionale n.
55 del 1984 e dalle sovvenzioni previste dalle su dette leggi.
Sopravvennero la legge statale n. 403 del 1987, che ha ridotto la
misura dell’aggio esattoriale anche nel territorio della Sicilia; la
sentenza n. 959 del 1988 della Corte costituzionale, che ha
riconosciuto la legittimità costituzionale di tale riduzione anche
riguardo al territorio della Regione; l’ulteriore riduzione della
misura dell’aggio disposta con il D.L. 12 dicembre 1988, n. 526
(conv. nella legge 10 febbraio 1989, n. 44).
La legge impugnata – osserva la difesa della Regione – va
inquadrata nella situazione così venutasi a creare, che ha
richiesto, per venire incontro alle esigenze della SO.G.E.SI. (in
aggiunta al contributo di diciassette miliardi disposto dall’art. 1 –
non impugnato – relativo alle spese per il personale derivanti
dall’omogeneizzazione del relativo trattamento a quella prevista dal
contratto nazionale di categoria), il contributo straordinario la cui
legittimità si contesta nel ricorso.
Ciò premesso, la difesa della regione deduce – in relazione alla
censura riguardante l’art. 97 della Costituzione – che non può
essere ritenuto un’elargizione ingiustificata un contributo versato
ad una società privata, concessionaria di un pubblico servizio (con
un bilancio di circa 300 miliardi per il 1985, di circa 600 miliardi
per il 1986, di circa mille miliardi per il 1987 e di circa 1.200
miliardi per il 1988) che ha chiuso in perdita i primi tre anni di
attività e nel quarto è riuscita unicamente a pareggiare le spese
con le entrate.
Quanto alla censura riguardante la violazione del principio della
legislazione statale costituito dal carattere uniforme che deve
avere, sul territorio nazionale, la misura dell’aggio, la difesa
della regione contesta che quel principio escluda sovvenzioni ai
gestori delle esattorie; nega, poi, la fondatezza della doglianza di
elusione, da parte della normativa impugnata, della sentenza n. 959
del 1988 della Corte costituzionale, tenuto conto che, secondo quella
decisione, la determinazione unitaria dell’aggio risponde alla
necessità obiettiva di previsioni generali ed uniformi, “per
l’essenziale identità di trattamento di tutti i contribuenti”, la
quale non è minimamente inficiata dalla legge regionale oggetto
dell’impugnativa.
3. – Si è costituita in giudizio per il Commissario dello Stato
nella Regione siciliana l’Avvocatura generale dello Stato, che con
memoria sottolinea, innanzi tutto, il carattere elusivo, della legge
impugnata, della sentenza n. 959 di questa Corte. Si richiama,
inoltre, l’attitudine a trasformarsi in permanente della sovvenzione
contestata e la non omogeneità delle cifre, in base alle quali viene
computata la differenza d’aggio, voce, questa, che contrasta con le
regole del codice civile circa la formazione dei bilanci: indice, tra
gli altri, della natura strutturale del deficit del servizio di
riscossione.
Siciliana ha per oggetto l’art. 2 (e, per i riflessi finanziari,
l’art. 7) della legge regionale approvata il 5 aprile 1989,
concernente interventi nel settore della riscossione delle imposte
dirette. La norma concede alla società SO.G.E.SI., cui è demandata
tale riscossione, un contributo straordinario di venticinque miliardi
a carico dell’esercizio finanziario 1989, “al fine di assicurare le
condizioni per un regolare e ordinato andamento delle gestioni
esattoriali”.
Nella narrazione del fatto sono stati posti in luce gli eventi che
condussero alla costituzione della società SO.G.E.SI. e le vicende
del relativo esercizio, che fino al 1989 (anno in cui si assume nel
ricorso essersi raggiunto l’equilibrio del bilancio) fu
contrassegnato da rilevanti perdite.
Secondo il Commissario del Governo il conseguito pareggio
nell’anno 1989 darebbe al contributo straordinario, di cui si
discute, il carattere di “una mera e immotivata elargizione di denaro
pubblico”.
Osserva la Corte che tale affermazione è contrastata
dall’esistenza di un anteriore deficit ultratriennale, nonché dal
rilievo che la organizzazione della struttura, costituita per la
gestione del servizio, era contrassegnata da un largo impiego di
persone (indotto dalla legge) e di capitali.
2. – In questo quadro è da valutare il profilo della censura,
svolta nel ricorso del Commissario dello Stato per la Regione
siciliana, secondo il quale l’art. 2 ( e, per riflesso, l’art. 7)
della legge regionale 5 aprile 1989 concreterebbe una operazione
surrettizia per l’integrazione dell’aggio come determinato
univocamente dal legislatore nazionale e, conseguentemente, pure
elusiva della decisione n. 959 del 1988 di questa Corte.
In proposito si osserva che il ricorso muove dall’esatta premessa
della esigenza dell’uniformità dell’aggio per tutto il territorio
dello Stato, allo scopo di garantire l’essenziale identità di
trattamento di tutti i contribuenti in seno alla collettività
nazionale (cfr. sentt. n. 959 del 1988 cit. e n. 14 del 1975).
Invero, il contributo straordinario concesso alla società
SO.G.E.SI. non altera la parità di trattamento fiscale dei soggetti
tenuti. Esso non si riflette sull’aggio (e non tocca, quindi,
l’entità dell’obbligazione tributaria); ma è diretto alla
integrazione delle entrate di gestione (deficitarie per eccesso di
spesa od insufficienza di ricavi), al fine di assicurare le
condizioni per un regolare ed ordinato andamento della gestione
stessa (come enuncia testualmente la prima parte dell’art. 2 della
legge impugnata).
Inteso come sovvenzione al servizio esattoriale, il contributo non
si configura, infatti, né come corrispettivo di gestione né come
remunerazione, dato che non persegue lo scopo di attribuire profitto
al gestore, ma di garantire la continuità e l’efficienza del
servizio nell’interesse generale e, in modo specifico, dell’ente
destinatario dei tributi da riscuotere.
È da porre, poi, in rilievo, la “straordinarietà” del contributo
di cui è causa, straordinarietà che si desume non soltanto
dall’espressa qualificazione in tal senso data dall’art. 2 cit., ma
anche dalle peculiari, complesse vicende che avevano contrassegnato
lo svolgimento del servizio esattoriale e si erano riflesse sulla
gestione che si intendeva equilibrare.
Il carattere straordinario del contributo implica necessariamente
la non riproducibilità di esso, considerato anche – secondo quanto
è stato affermato dal ricorso del Commissario dello Stato sulla base
dei resoconti parlamentari – che la SO.G.E.SI. ha, con una
apprezzabile inversione di tendenza rispetto agli esercizi 1986 e
seguenti, conseguito un recupero di redditività che le ha consentito
di chiudere in pareggio l’ultimo bilancio.
Si è, dunque, in presenza di una motivata valutazione delle
esigenze del servizio e ciò rende indenne la normativa impugnata
dalla censura di deroga alla legge nazionale (d.l. 12 dicembre 1988,
n. 526, convertito nella l. 10 febbraio 1989, n. 44, in materia di
aggio per il servizio esattoriale), dichiarata applicabile anche alla
riscossione nella Regione Sicilia. Nessun accenno in proposito si
rinviene, nei lavori preparatori e nella stessa formulazione della
normativa impugnata, a situazioni specifiche dei contribuenti
siciliani. Esse, non essendo toccate dal contributo contestato, non
vengono a diversificarsi in alcun modo da quella dei contribuenti
nazionali. Risulta, così, rispettato l’omogeneo, unitario
trattamento, prescritto nei confronti di tutti i cittadini, in
conformità del principio affermato da questa Corte nella citata
sentenza n. 959 del 1988.
3. – La rilevata non incidenza del provvedimento impugnato nella
materia dell’aggio e la sua diversa finalità di incentivazione del
servizio, non proiettano il provvedimento stesso al di là dei limiti
segnati dall’art. 36 dello Statuto regionale: ciò è reso chiaro
dalla pertinenza della legge impugnata alla materia tributaria (alla
quale la norma – parametro si riferisce), dato che essa provvede in
materia di riscossione delle imposte, ma non tocca in alcun modo il
regime della titolarità dei tributi, come statutariamente
determinata.
Ed è opportuno, inoltre, rilevare che in materia tributaria
spetta alla Regione potestà legislativa concorrente; questa ha come
limite connaturale l’osservanza dei principi e degli interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato (cfr. artt. 17
Statuto regionale e 8, ultimo comma, delle norme di attuazione in
materia finanziaria nonché le sentenze di questa Corte n. 959 del
1988 cit. e n. 9 del 1957): principi e interessi, che, per quanto si
è osservato, sono stati rispettati.
4. – Non fondata è, poi, la censura che reca a parametro l’art.
97, primo comma, della Costituzione, in quanto non sembra che le
finalità della norma impugnata siano in contrasto con il buon
andamento dell’Amministrazione, essendo esse dirette ad assicurare la
regolarità e l’efficienza del servizio di riscossione, facendo uso
di criteri e di modalità non irrazionali, né ultronei.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 2 e 7 della legge approvata dall’Assemblea regionale
siciliana in data 5 aprile 1989, recante “Interventi nel settore
della riscossione delle imposte dirette”, in riferimento all’art. 36
dello Statuto della Regione siciliana e all’art. 97, primo comma,
della Costituzione, questioni sollevate dal Commissario della Stato
per la Regione siciliana, con ricorso 12 aprile 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: PESCATORE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 25 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA