Sentenza N. 179 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
31/05/1996
Data deposito/pubblicazione
31/05/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/05/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo
CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo
MEZZANOTTE;
lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti
per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge
15 luglio 1993, n. 243, promosso con ordinanza emessa il 4 maggio
1995 dal pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra
Bertini Renzo e l’INAIL, iscritta al n. 828 del registro ordinanze
1995, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49,
prima serie speciale, dell’anno 1995;
Visto l’atto di costituzione dell’INAIL, nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 16 aprile 1996 il giudice relatore
Fernando Santosuosso;
Udito l’avvocato Pasquale Napolitano per l’INAIL e l’avvocato dello
Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Bertini Renzo nei confronti dell’INAIL per ottenere l’indennizzo
relativo ad un infortunio sul lavoro subìto in data 4 giugno 1993,
il pretore di Parma ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera b), della legge 15
luglio 1993, n. 243 – recte: dell’art. 14, comma 1, lettera b), del
decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza
pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 1993,
n. 243 -, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione.
Premette il giudice a quo, che l’art. 205, lettera b) del testo
unico n. 1124 del 1965, regolando la materia degli infortuni sul
lavoro e delle malattie professionali in agricoltura, ha stabilito
che debbano godere di tale tutela anche i proprietari, mezzadri,
affittuari e loro familiari, con ciò sancendo il principio per cui
il lavoratore autonomo in agricoltura usufruisce della tutela
assicurativa se presta attività lavorativa con carattere di
abitualità, anche se non di prevalenza o esclusività.
L’art. 14, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155,
convertito nella legge 15 luglio 1993, n. 243, ha stabilito che i
lavoratori di cui alla citata lettera b) dell’art. 205 sopra
richiamato vengono individuati secondo i criteri previsti dalla legge
26 ottobre 1957, n. 1047; tale previsione, dovendosi leggere in una
con l’art. 2, secondo e terzo comma, della legge 9 gennaio 1963, n.
9, porta, secondo il giudice a quo, a ritenere che, per poter godere
della tutela assicurativa, i predetti lavoratori agricoli autonomi
debbano prestare la propria opera in maniera esclusiva o, almeno,
prevalente.
Da tale innovazione deriva che, a decorrere dal 1 giugno 1993,
coloro i quali si trovavano in condizioni di fruire della tutela
assicurativa secondo la normativa previgente non possono più
beneficiare della stessa se non sono in possesso dei requisiti nuovi
introdotti col citato art. 14 lettera b); situazione resa ancora più
ingiusta dal fatto che la legge 15 luglio 1993, n. 243 non ha
previsto alcuna normativa transitoria idonea a salvaguardare le
situazioni pendenti alla data di entrata in vigore della legge
medesima.
Il giudice a quo ha richiamato le sentenze n. 822 del 1988, n. 349
e n. 36 del 1985 e n. 210 del 1971 di questa Corte, secondo le quali
il legislatore può incidere sfavorevolmente sui rapporti
preesistenti anche in presenza di diritti soggettivi perfetti, ma la
potestà di emanare norme siffatte non può trasformarsi in un
regolamento arbitrario ed irrazionale della materia, tale da
frustrare i più elementari principi di affidamento del cittadino nei
confronti dello Stato.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituito l’INAIL chiedendo che la questione sollevata sia
dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. Secondo l’ente
previdenziale la norma impugnata non ha fatto altro che armonizzare
la materia degli infortuni sul lavoro dei lavoratori agricoli con
quella delle altre forme assicurative gestite dall’INPS, senza che
l’omessa previsione di una norma transitoria possa assurgere a
violazione di rilevanza costituzionale.
3. – È intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo nel senso che la questione sollevata sia dichiarata
inammissibile o, comunque, infondata. La difesa erariale ha premesso
alcuni rilievi circa il contenuto dell’ordinanza di rimessione, nella
quale si ravvisa mancanza di chiarezza in ordine all’interpretazione
della norma impugnata. Inoltre ha osservato che il pretore non ha
motivato in modo adeguato se effettivamente il ricorrente avesse o
meno diritto alla prestazione assicurativa richiesta.
Quanto al merito, l’Avvocatura ha rilevato che la modifica
legislativa sospettata di incostituzionalità ha prescritto per i
lavoratori agricoli la possibilità di fruire dell’assistenza per gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali in base agli stessi
criteri previsti per l’assicurazione di invalidità e vecchiaia; per
cui nessun problema può esistere in ordine alla mancata previsione
di una norma transitoria.
4. – In prossimità dell’udienza di discussione, l’INAIL ha
depositato una memoria nella quale, oltre a ribadire i precedenti
rilievi, ha insistito nella declaratoria di inammissibilità della
questione.
del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la
finanza pubblica), convertito nella legge 15 luglio 1993, n. 243,
nella parte in cui non prevede una norma transitoria idonea a
garantire una adeguata tutela assicurativa nei confronti di quei
lavoratori agricoli autonomi, quali coltivatori diretti, coloni,
mezzadri che, in possesso dei requisiti richiesti dalla previgente
normativa in materia di infortuni sul lavoro (abitualità dello
svolgimento dell’attività agricola), nel passaggio dal vecchio al
nuovo regime non si trovano più nelle condizioni richieste dalla
nuova legge per fruire della tutela medesima (svolgimento di tale
attività in modo esclusivo o prevalente), sia in contrasto con gli
artt. 3 e 38 della Costituzione.
2. – Viene preliminarmente eccepita dall’INAIL e dall’Avvocatura
dello Stato l’inammissibilità per difetto di motivazione sulla
rilevanza della questione in quanto il giudice a quo – prima di
dolersi che la nuova disciplina del 1993 sulla tutela infortunistica
abbia frustrato l’affidamento del lavoratore ad usufruire di quanto
disposto dalle norme del 1965 – avrebbe dovuto accertare che
effettivamente spettasse al lavoratore la prestazione in base alla
predetta normativa precedente.
L’eccezione non può essere condivisa dal momento che l’ordinanza
di rimessione in realtà testualmente osserva – sia pure in modo
sintetico – che “la nuova legge n. 243 del 1993 è connotata da un
vuoto di tutela assicurativa contro gli infortuni nei confronti di
coloro che, come il ricorrente, pur si trovavano nel possesso dei
requisiti richiesti in base alla precedente normativa per godere
della tutela massima, essendo iscritti ai soli fini INAIL e avendo
versato i relativi contributi”.
3. – Queste ultime espressioni della ordinanza di rimessione danno
lo spunto per ravvisare un diverso e fondato motivo di
inammissibilità, al quale sembra che anche la difesa del Presidente
del Consiglio faccia riferimento quando denunzia le carenze,
perplessità e contraddizioni di detta ordinanza.
Va premesso in proposito che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte (sentenze nn. 311 del 1995, 822 del 1988, 349 e 36 del 1985),
se “nel nostro sistema costituzionale non è interdetto al
legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino
sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il
loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti”, si
avverte che “dette disposizioni però, al pari di qualsiasi precetto
legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale,
né arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in
essere da leggi precedenti, frustrando cosi anche l’affidamento del
cittadino nella sicurezza giuridica che costituisce elemento
fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto”.
È stata altresì più volte ribadita (sentenze nn. 311 del 1995,
378 del 1994 e ordinanza n. 565 del 1987) l’inammissibilità della
richiesta di un intervento da parte di questa Corte per il
riconoscimento di norme transitorie di natura essenzialmente
discrezionale, salvo tuttavia che tali norme si impongano per
esigenze logicamente conseguenziali alla razionalità del sistema
risultante dalla stessa legge o, quando le stesse siano necessarie,
trattandosi solo di riconoscere ed attuare un diritto già maturato.
4. – Ed allora, per accertare se ricorrano queste ultime
situazioni, o le condizioni del predetto legittimo affidamento su
diritti soggettivi perfetti, o ancora l’evidente irrazionalità
dell’immediato impatto della nuova disciplina su posizioni già
acquisite, il giudice rimettente avrebbe dovuto preliminarmente
precisare quantomeno a quale periodo e a quali fini si riferiva
l’avvenuto versamento dei contributi assicurativi, ed indicare quali
diritti nella specie potevano ritenersi già maturati, o se essi
potevano dar luogo ad un legittimo affidamento.
Di fronte alla carenza di accertamento di questi essenziali
elementi, deve ravvisarsi un difetto di motivazione sulla rilevanza,
che determina l’inammissibilità della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 maggio 1993,
n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito, con
modificazioni, nella legge 15 luglio 1993, n. 243, sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal pretore di
Parma con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola