Sentenza N. 116 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
23/11/1967
Data deposito/pubblicazione
23/11/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/11/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
comma, del D.P.R. 9 agosto 1966, n. 869, recante “Norme di attuazione
dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia
di igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei
minorati fisici e mentali”, promosso con ricorso della Regione
Friuli-Venezia Giulia notificato il 25 novembre 1966, depositato in
cancelleria il 28 successivo ed iscritto al n. 25 del Registro ricorsi
1966.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 18 ottobre 1967 la relazione del
Giudice Giovanni Cassandro;
uditi l’avv. Raffaele Oriani, per la Regione Friuli-Venezia Giulia,
e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio il 25
novembre 1966 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 28
novembre successivo, la Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentata e
difesa dall’avv. Raffaele Oriani, ha impugnato le norme contenute nel
primo comma dell’art. 3 del D.P.R. 9 agosto 1966, n. 869, le quali
stabiliscono che “sono riservate al Ministero della sanità all’alta
sorveglianza sugli enti sanitari e le attribuzioni in materia di
classificazione degli ospedali nonché i provvedimenti intesi ad
assicurare in tutto il territorio nazionale una adeguata assistenza
ospedaliera”.
Secondo la Regione queste norme sarebbero in contrasto con l’art.
5, n. 16, dello Statuto approvato con la legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1, il quale assegna alla Regione una potestà
legislativa secondaria e concorrente in materia di “igiene e sanità,
di assistenza sanitaria e ospedaliera, nonché il recupero dei minorati
fisici e mentali”.
Il contrasto sorgerebbe, in primo luogo, per ragione della
disposizione, che riserva al Ministero della sanità le attribuzioni in
materia di classificazione degli ospedali. La difesa della Regione
argomenta che, mediante codesta riserva, alla Regione sarebbe vietato,
pur nell’osservanza dei principi fondamentali posti dalla legge dello
Stato (nel caso il R.D. 30 settembre 1938, n. 1631), di “rapportare
alle concrete esigenze e situazioni locali la classificazione degli
ospedali”; e di esercitare di conseguenza una qualsiasi funzione
amministrativa ex art. 8 del medesimo Statuto, che alla Regione
competerebbe, invece, anche nell’ipotesi che la legislazione regionale
si limitasse a ripetere la legislazione statale o addirittura si
astenesse dal legiferare. Né potrebbe obiettarsi che la
classificazione degli ospedali esuli dal campo dell’assistenza
ospedaliera, dato anzi che essa la influenza e la condiziona a tutti i
livelli. In secondo luogo, il contrasto sorgerebbe per ragione della
disposizione che riserva al Ministero della sanità “i provvedimenti
intesi ad assicurare in tutto il territorio nazionale una adeguata
assistenza ospedaliera”.
Secondo la difesa, infatti, questa disposizione per la sua
ampiezza toglierebbe ogni potere alla Regione nel settore ospedaliero,
con gravissimo pregiudizio degli interessi della collettività che la
norma de qua vorrebbe tutelare. Né si potrebbe argomentare in
contrario che l’assistenza ospedaliera è materia tale da richiedere
uniformità di criteri per tutto il territorio nazionale. La difesa
regionale, pur non contestando la priorità della legislazione statale
circa la determinazione dei criteri, che debbono essere alla base
dell’assistenza ospedaliera, contesta che alla Regione possa essere
tolta, nel settore, ogni ragione di intervento e richiama al proposito
la sentenza n. 15 del 26 gennaio 1957 di questa Corte, che dichiarò
l’incostituzionalità dell’art. 19 del D.P.R. 19 maggio 1950, n. 327,
contenente norme di attuazione dello Statuto regionale della Sardegna.
Se lo Stato, prosegue la difesa, deve assicurare un’adeguata
assistenza ospedaliera, ne discende che ogni intervento della Regione
nel settore sarebbe “un di più” e non potrebbe nemmeno essere
validamente e giustificatamente finanziato con fondi regionali.
Nemmeno può farsi richiamo alla progettata riforma sanitaria
nazionale, perché essa è di quelle riforme economico-sociali che
limitano la competenza legislativa regionale e non troverebbe mai
ostacolo alla sua applicazione in preesistenti strutture di carattere
regionale.
La Regione richiama poi le difficoltà di ordine pratico che
l’attribuzione allo Stato e alla Regione di competenze frazionarie
nella medesima materia comporterebbe, tanto che la Costituzione ha
cercato di evitarle, prevedendo che lo Stato possa delegare alla
Regione l’esercizio di proprie funzioni amministrative (art. 119
della Costituzione e art. 10 dello Statuto Friuli- Venezia Giulia); e
lamenta che non sia stato tenuto in alcuna considerazione il parere
della commissione paritetica prevista dall’art. 65 dello Statuto
speciale né quelle dei ministeri interpellati. Fa istanza, anzi,
perché venga disposta dalla Corte l’acquisizione di questo e degli
altri pareri dei ministeri interessati, nonché dei verbali delle
riunioni della commissione paritetica.
2. – Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, che, nell’atto di
deduzioni depositato il 15 dicembre 1966 e in una memoria depositata il
22 marzo 1967, chiede che sia dichiarata non fondata la sollevata
questione di costituzionalità.
L’Avvocatura si richiama alla sentenza n. 51 del 1965 di questa
Corte, che, relativamente alla Regione Trentino-Alto Adige, ha
dichiarato infondata la tesi dell’appartenenza alla Regione del potere
normativo e quindi amministrativo in materia di classificazione degli
ospedali, dovendosi questa ispirare a criteri uniformi in tutto il
territorio nazionale.
L’altra competenza riservata allo Stato deve intendersi, secondo
l’Avvocatura, limitata ad assicurare in tutto il territorio nazionale
un’adeguata assistenza ospedaliera, non già estesa al punto di
impedire alla Regione di concorrere a livello regionale ad assicurare
codesta assistenza. D’altra parte, l’indagine se lo Stato,
nell’esercizio della potestà amministrativa che gli spetta in questa
materia, possa invadere la sfera delle attribuzioni regionali, è
un’indagine da compiere in concreto caso per caso, in sede di
regolamento di competenza ai sensi dell’art. 39 della legge 11 marzo
1953, n. 87.
L’Avvocatura sostiene infine che la disposizione impugnata mira
anche ad assicurare la futura generale riforma ospedaliera e sanitaria,
che si fonda su alcune attribuzioni statali definite dalla Costituzione
(art. 32, primo comma, 38, primo e secondo comma), che non possono
trovare ostacolo in situazioni giuridiche particolari a singole
regioni. Anche su questo punto l’Avvocatura si richiama alla citata
sentenza di questa Corte.
3. – All’udienza del 18 ottobre 1967 le parti hanno brevemente
riassunto le proprie tesi e insistito nelle conclusioni già prese.
1. – L’art. 3, primo comma, delle norme di attuazione dello Statuto
per il Friuli- Venezia Giulia contenute nel D.P.R. 9 agosto 1966, n.
869, riserva allo Stato l’alta sorveglianza sugli enti sanitari; le
attribuzioni in materia di classificazione degli ospedali; i
provvedimenti intesi ad assicurare in tutto il territorio nazionale una
adeguata assistenza ospedaliera.
Di queste tre competenze la Regione rivendica come sue la seconda e
la terza, non già la prima che, in una fattispecie analoga, un’altra
Regione a statuto speciale, il Trentino-Alto Adige, aveva ritenuto
sottratta illegittimamente alla propria sfera di competenza. La
questione di legittimità costituzionale resta perciò limitata a
quelle due norme; ma, pure in tali limiti, deve essere dichiarata
infondata.
2. – Che la classificazione degli ospedali sia competenza dello
Stato, legittimamente esercitata dal medico provinciale, è stato già
affermato dalla Corte nei confronti della Regione Trentino Alto Adige,
nonostante che a questa Regione sia stata attribuita in materia di
assistenza sanitaria e ospedaliera potestà legislativa primaria (art.
4, n. 12: assistenza sanitaria e ospedaliera) e nonostante che le
relative norme di attuazione non facciano espressa riserva della
competenza statale nella materia della quale si controverte (D.P.R. 18
febbraio 1958, n. 307).
Le ragioni che persuasero in quella circostanza la Corte a
respingere il ricorso della Regione (cfr. sentenza n. 51 del 1965),
argomentando dal maggiore al minore, sono ancora più valide nel caso
presente della Regione Friuli-Venezia Giulia che, secondo l’art. 5, n.
16, dello Statuto (approvato con la legge costitituzionale 31 gennaio
1963, n. 1), possiede in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera
potestà legislativa secondaria o concorrente, e rispetto alla quale le
norme di attuazione, come è stato riferito, hanno esplicitamente
riservato alle Stato la classificazione degli ospedali. Si può
aggiungere a chiarimento e a integrazione che la classificazione
ospedaliera si fonda, oltre che sulle funzioni svolte dagli ospedali,
sulla struttura e organizzazione loro, che ne costituisce, anzi, il
presupposto. E poiché è evidente che la struttura fondamentale degli
ospedali deve essere nelle sue linee essenziali unitaria per tutto il
territorio nazionale, perché ne discendono conseguenze valide per
l’intero ordinamento statale in questo settore, lo stesso carattere
unitario deve presentare la classificazione che su quella struttura si
fonda, come è, del resto, confermato dalla circostanza che le
disposizioni relative si trovano in capite alle “Norme generali per
l’ordinamento dei servizi sanitari e del personale sanitario degli
ospedali” (R.D. 30 settembre 1938, n. 1631), e dominano tutta la
materia. Tanto l’assistenza ospedaliera quanto la struttura sanitaria,
che sono tra loro connesse, non possono mutare, nell’essenziale, da
regione a regione.
Né ha valore l’obiezione mossa dalla difesa regionale che il
riconoscimento della riserva statale comporti un frazionamento di
competenze che il sistema della Costituzione e degli Statuti speciali
ha voluto evitare, tanto che è ipotizzata a tal fine finanche la
delegazione alla Regione, mediante legge, di competenze proprie dello
Stato (art. 118 della Costituzione). Quel sistema, viceversa, conforma
le competenze amministrative alla potestà legislativa della Regione e
tiene quelle nei limiti di questa; tanto che si potrebbe dire che alla
Regione spetti tanto di amministrazione quanto di legislazione. La
divisione e insieme il coordinamento delle competenze legislative e
amministrative è perciò un momento essenziale di un ordinamento che,
pur nella presenza di autonomie regionali, resta unitario, e postula in
conseguenza un coordinamento e una collaborazione tra Stato e Regione
sia a presidio dell’unità dello Stato, sia a garanzia di un armonico
svolgimento dei rapporti tra i due Enti.
3. – La riserva allo Stato dei provvedimenti intesi ad assicurare
in tutto il territorio nazionale una adeguata assistenza ospedaliera,
trova, ad avviso della Corte, il suo fondamento, oltre che nel rispetto
dell’interesse nazionale, nell’obbligo che ogni Regione ha di
osservare, senza esclusione delle materie per le quali è riconosciuta
una competenza legislativa primaria, le riforme economico-sociali della
Repubblica, alla quale la Costituzione impone di tutelare la salute
come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività e di garantire cure gratuite agli indigenti (art. 32),
nonché di assicurare a ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto
dei mezzi necessari per vivere l’assistenza sociale (art. 38), che, in
questa sede, comprende, com’è ovvio, l’assistenza ospedaliera. La
interpretazione corretta della impugnata norma di attuazione altro non
comporta perciò, se non che lo Stato deve poter assicurare su tutto il
territorio nazionale un eguale standard di assistenza ospedaliera,
integrando o sostituendo quella regionale là dove sia insufficiente o
carente. Il principio ora richiamato della puntuale corrispondenza tra
potestà legislativa e potestà amministrativa che vale ovviamente,
come nei confronti della Regione, così nei confronti dello Stato,
garantisce che i “provvedimenti” dello Stato in questa materia si
terranno nei limiti della competenza statale. E, nel caso di
sconfinamenti, non manca il giudice che possa reprimerli in sede di
conflitti di attribuzione.
La preoccupazione della Regione che la formula delle norme di
attuazione sacrifichi affatto la sua competenza in materia sanitaria e
il timore, che essa manifesta, di non poter iscrivere somme in bilancio
destinate all’assistenza ospedaliera, sono perciò del tutto infondati.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, sollevata con ricorso della
Regione Friuli- Venezia Giulia, sulla legittimità costituzionale delle
norme contenute nel primo comma dell’art. 3 del D.P.R. 9 agosto 1966,
n. 869 (“Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanità, assistenza
sanitaria e ospedaliera, recupero dei minorati fisici e mentali”), in
riferimento all’art. 5, n. 16, dello Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.