Sentenza N. 510 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
30/11/1989
Data deposito/pubblicazione
30/11/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/11/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge 23 aprile 1981, n.154 (Norme in materia di ineleggibilità ed
incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli
addetti al servizio sanitario nazionale), promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 dicembre 1988 dal Tribunale di Lecce
nel procedimento civile vertente tra Guido Paolo e Marra Antonio,
iscritta al n. 244 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale,
dell’anno 1989;
2) ordinanza emessa il 12 dicembre 1988 dal Tribunale di Lecce
nel procedimento civile vertente tra Guido Paolo e Maggio Pietro ed
altro, iscritta al n. 245 del registro ordinanze 1989 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie
speciale, dell’anno 1989;
Visti gli atti di costituzione di Guido Paolo, nonché gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 24 ottobre 1989 il Giudice
relatore Ettore Gallo;
Uditi l’avv. Roberto Ciociola per Guido Paolo e l’Avvocato dello
Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
causa civile pendente fra Guido Paolo e Marra Antonio, sollevava
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 n. 9 della legge
23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed
incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli
addetti al servizio sanitario nazionale), in riferimento all’art. 3
della Costituzione, nella parte in cui non prevede l’ineleggibilità
a Consigliere del Comune dei medici convenzionati con le Unità
sanitarie locali.
Lo stesso Tribunale, con ordinanza in pari data, e nella causa
civile vertente fra lo stesso attore, da una parte, e Maggio Pietro
Giuseppe e Montagna Cosimo, dall’altra, sollevava identica questione,
rispetto allo stesso parametro, con uguale motivazione.
La questione veniva inoltrata nonostante il procuratore
dell’attore, all’udienza di discussione, avesse espresso rinunzia al
ricorso: e ciò in quanto il mandato alle liti non conferisce al
procuratore siffatta facoltà in ordine ad atti che importino
disposizione circa il diritto in contesa.
Rilevano le ordinanze che il legislatore, nella disposizione
impugnata, ha limitato l’ineleggibilità ai legali rappresentanti e
ai dirigenti delle strutture convenzionate, mentre per il
professionista convenzionato ha previsto, nell’art. 8 n. 2 della
stessa legge, una mera incompatibilità e soltanto nei confronti
della carica di Sindaco o di Assessore.
Secondo il giudice a quo viene così a determinarsi un
ingiustificato trattamento preferenziale, perché i medici
convenzionati, avendo un rapporto personale e continuativo con i loro
assistiti, rappresentano in misura più rilevante quel pericolo di
inquinamento della competizione elettorale che, anche a giudizio di
questa Corte, è alla base della ratio ispiratrice
dell’ineleggibilità.
Né, secondo le ordinanze, questa Corte avrebbe mai esaminato la
questione ora dedotta, benché con la sentenza n. 1020 del 1988 si
sia incidentalmente riferita anche ai medici. Si sarebbe trattato,
però, soltanto di obiter dictum, dato che la questione, che in
allora la Corte risolveva, riguardava i semplici dipendenti delle
U.S.L. rispetto a quelli che rivestivano funzioni di dirigenza o di
coordinamento, e non le strutture convenzionate ed i medici.
Chiedeva, perciò, in sostanza il Tribunale che la Corte avesse ad
estendere anche ai medici semplicemente convenzionati
l’ineleggibilità che colpisce i dirigenti delle strutture.
2. – Si costituiva innanzi a questa Corte, nell’uno e nell’altro
giudizio, il signor Guido Paolo, attore in ambo le cause, a mezzo del
difensore, avvocato Giovanni Pellegrino, diverso dal procuratore che
aveva rinunziato al ricorso. La parte privata, con due identiche
memorie, sosteneva le ragioni delle ordinanze che faceva proprie,
aggiungendo che lo stesso art. 2 impugnato prevede già al comma
quarto l’ineleggibilità per un professionista convenzionato qual’è
il farmacista: per cui l’ingiustificata disparità di trattamento
appare ancora più clamorosa all’interno stesso delle professioni
sanitarie convenzionate.
Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri interveniva in ambo
i giudizi, rappresentato dall’Avvocatura Generale dello Stato che,
attraverso distinti ma identici atti, chiedeva innanzitutto
dichiararsi l’inammissibilità delle questioni a causa di assoluta
mancanza di motivazione sulla rilevanza.
Chiedeva altresì l’Avvocatura che la questione fosse, comunque,
dichiarata infondata per le stesse ragioni per cui questa Corte, con
sentenza n.1020 del 1988, ha dichiarato l’infondatezza di analoga
questione sollevata nei confronti dei dipendenti U.S.L., ai quali si
voleva estendere l’ineleggibilità prevista per i dirigenti ed i
coordinatori delle U.S.L. nel n. 8 dello stesso art. 2 impugnato.
Ricorda, anzi, l’Avvocatura che la sentenza, in quella occasione,
aveva già rilevata la perfetta corrispondenza delle due situazioni,
mediante quell’esplicito accenno anche ai medici convenzionati, che
non può essere, perciò, ritenuto semplice “obiter dictum”.
23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed
incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli
addetti al servizio sanitario nazionale) limiti l’ineleggibilità ai
legali rappresentanti e ai dirigenti delle strutture convenzionate,
con esclusione, quindi, del professionista convenzionato: per questi,
infatti, l’art. 8 n. 2 della stessa legge ha previsto soltanto una
semplice incompatibilità, limitata alla carica di Sindaco o di
Assessore dei Comuni con popolazione superiore ai trentamila
abitanti.
Secondo il giudice a quo si tratterebbe di un ingiustificato
trattamento preferenziale che viola l’art. 3 della Costituzione, in
quanto proprio i medici convenzionati, a causa del rapporto personale
e continuativo che hanno con gli assistiti, avrebbero addirittura
maggiore possibilità dei dirigenti delle strutture di inquinare la
competizione elettorale: pericolo che – come anche questa Corte ha
ammonito – è alla base della ratio ispiratrice dell’ineleggibilità.
2. – Le due ordinanze sollevano la stessa questione con identica
motivazione e con riferimento ad uguale parametro: i giudizi possono,
pertanto, essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3. – La causa d’inammissibilità della questione che l’Avvocatura
indica nell’insufficiente motivazione delle ordinanze sulla rilevanza
trova qualche fondamento nella carente informativa circa le qualità
dei convenuti. Tuttavia, essa può essere superata dalla
considerazione che non avrebbe avuto senso l’instaurazione di due
cause civili, e la conseguente proposizione addirittura d’ufficio
della questione tramite le due distinte ordinanze, se i convenuti non
fossero medici convenzionati della U.S.L. e non si vertesse in
materia elettorale, come testimonia l’intervento del pubblico
ministero nelle cause davanti al Tribunale.
4. – Le questioni proposte non sono fondate.
Questa Corte ha più volte ricordato che la regola generale
dettata dalla Costituzione in materia di elettorato passivo è
rappresentata dalla più ampia apertura a tutti i cittadini, senza
discriminazioni, così come sancito nell’art. 51. Le limitazioni
poste dalla legge ordinaria, avendo carattere di aperta eccezione ad
un principio costituzionale, non sono consentite se non trovano
precisa giustificazione in criteri di rigorosa razionalità.
Con la sentenza n. 1020 del 1988, la Corte ha messo in evidenza la
ragionevolezza della disposizione, di cui al n. 8 dell’art. 2 della
legge impugnata, che limita l’ineleggibilità a coloro che rivestono
uffici direttivi nelle U.S.L., in quanto, avvalendosi del prestigio e
delle occasioni inerenti alla loro posizione, hanno la possibilità
di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi
dell’elettorato. Ed è evidente che alla base della disposizione
contenuta nel successivo n. 9 dello stesso art. 2 è la medesima
ratio, in quanto il dirigente delle strutture convenzionate viene a
trovarsi nella in uguale posizione di prestigio rispetto agli
assistiti.
Né può essere lecito estendere la causa d’ineleggibilità ai
liberi professionisti medici, convenzionati con le U.S.L., perché la
convenzione non dà luogo ad una posizione istituzionale, ma ad un
semplice rapporto di prestazione di opera ad onorari prestabiliti in
un accordo collettivo.
Il rapporto, perciò, del medico convenzionato con il singolo
assistito non è diverso da quello di ogni altro professionista con
il proprio cliente: solo in casi eccezionali diventa rapporto
abituale, mentre ordinariamente, nei confronti della generalità, ha
carattere meramente occasionale. Ma se si dovessero assumere tali
situazioni di mero fatto come cause d’ineleggibilità, il principio
di cui all’art. 51 della Costituzione ne resterebbe frustrato.
Per tali ragioni, la Corte aveva rilevato nella citata sentenza n.
1020 del 1988 la sostanziale identità di ratio fra le situazioni di
cui ai numeri 8 e 9 dell’art. 2 della legge: tale da riverberarsi
poi, e sempre per ambo le situazioni, nelle incompatibilità previste
dall’art. 8 della stessa legge, che dimostrano la pari considerazione
ad esse attribuita dal legislatore.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2 n. 9 della legge 23 aprile
1981 n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità
alle cariche di Consigliere regionale, provinciale, comunale e
circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al
servizio sanitario nazionale), sollevata, con riferimento all’art. 3
della Costituzione, sollevata dal Tribunale di Lecce con le due
ordinanze datate 12 dicembre 1988, rispettivamente inscritte ai
numeri 244 e 245 del Registro ordinanze 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GALLO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 novembre 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI