Sentenza N. 148 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
03/12/1969
Data deposito/pubblicazione
03/12/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/11/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
223 del Codice di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa l’11 novembre 1968 dal tribunale di Treviso nel
procedimento penale a carico di Aliprandi Bernardino ed altri iscritta
al n. 274 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 38 del 12 febbraio 1969;
2) ordinanza emessa il 13 novembre 1968 dalla Corte d’appello di
Milano nel procedimento penale a carico di Morato Ezio ed altri,
iscritta al n. 5 del Registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 26 febbraio 1969;
3) ordinanza emessa il 21 gennaio 1969 dal pretore di Cassano d’Adda
nel procedimento penale a carico di Nazzarri Bruno ed altri, iscritta
al n. 67 del Registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 78 del 26 marzo 1969.
Udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 1969 il Giudice relatore
Francesco Paolo Bonifacio.
1. – Con ordinanza dell’11 novembre 1968, emessa nel procedimento
penale a carico di Bernardino Aliprandi ed altri, il tribunale di
Treviso ha rimesso all’esame di questa Corte “l’art. 222 Cod. proc.
pen. in relazione con l’art. 223 Cod. proc. pen.”, denunziandone il
contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Rilevato che nella fattispecie oggetto del suo giudizio i
verbalizzanti avevano proceduto ad accertamenti sui campioni di vino
sequestrato, il tribunale sostiene che le garanzie previste dagli artt.
304 e 304 bis, ter e quater devono essere estese anche alle indagini
preliminari, dal momento che gli atti di polizia giudiziaria sono atti
del procedimento.
2. – In un procedimento penale contro Ezio Morati ed altri, già
condannati dal tribunale in base all’art. 6 della legge 22 ottobre
1954, n. 1041, per lo spaccio di una sostanza che il laboratorio di
igiene, in varie relazioni di analisi allegate al rapporto della
squadra mobile, aveva qualificato come canapa indiana, la Corte di
appello di Milano con ordinanza del 13 novembre 1968 ha sollevato una
questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 223 del
Codice di procedura penale, nella parte in cui questa disposizione
“prevede la possibilità di effettuare operazioni tecniche senza
l’intervento della difesa”. Nell’ordinanza si osserva che se
l’operazione tecnica di cui parla la norma impugnata ha natura e
finalità peritali, i diritti di difesa garantiti dall’art. 24 della
Costituzione vengono lesi perché si priva l’interessato della facoltà
di presenziare all’accertamento e di farsi assistere da un consulente
di fiducia: sicché l’art. 223 del Codice di procedura penale – così
conclude la Corte – è illegittimo per gli stessi motivi per i quali
con sentenza n. 86 del 1968 venne dichiarata la parziale illegittimità
costituzionale degli artt. 232 e 225 dello stesso Codice.
3. – Lo stesso art. 223 è stato impugnato dal pretore di Cassano
d’Adda in un procedimento a carico di Bruno Nazzarri ed altri.
Nell’ordinanza di rimessione, emessa il 21 gennaio 1969, si sostiene
che le operazioni tecniche di polizia giudiziaria dovrebbero consistere
esclusivamente in una riproduzione di dati e di elementi oggettivi:
senonché la genericità della norma denunciata consente di far
rientrare in quelle operazioni atti di vere e proprie perizie, in
relazione alle quali è necessario assicurare il contraddittorio e
l’intervento della difesa. In base a tali considerazioni il pretore
chiede che questa Corte si pronunzi, in riferimento all’art. 24 della
Costituzione sulla legittimità costituzionale dell’art. 223 del Codice
di procedura penale “laddove non precisa il concetto di operazione
tecnica e non prevede l’intervento della difesa”.
4. – Le tre ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Innanzi a questa Corte nessuna
delle parti si è costituita e non è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
1. – Le ordinanze del tribunale di Treviso, della Corte di appello
di Milano e del pretore di Cassano d’Adda propongono sostanzialmente la
stessa questione di legittimità costituzionale. I relativi giudizi
vengono quindi riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Per effetto della sentenza n. 86 del 1968 tutti gli atti di
polizia giudiziaria compiuti o disposti dal Procuratore della
Repubblica in forza dei poteri conferitigli dall’art. 232 del Codice di
procedura penale devono essere assistiti, quando trovino corrispondenza
negli atti contemplati negli artt. 304 bis-quater, dalle stesse
garanzie difensive predisposte per questi ultimi. Allo stesso regime
devono sottostare gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria in base
all’art. 225, vale a dire l’interrogatorio dell’imputato, le
ricognizioni, le ispezioni ed i confronti.
“Accertamenti dello stato delle cose” ed “operazioni tecniche” sono
invece previsti non nell’art. 225 ma negli artt. 222, secondo comma, e
223, primo comma, ora denunziati. La Corte ritiene che tali
disposizioni incorrano nella stessa parziale illegittimità
costituzionale che fu accertata, nella precedente decisione, a
proposito degli artt. 225 e 232.
3. – Gli “accertamenti” comprendono indubbiamente le ispezioni dei
luoghi per le quali, se compiute in istruttoria, l’art. 304 quater, a
presidio di un minimo di difesa dell’imputato, prevede il deposito dei
verbali; “accertamenti” ed “operazioni tecniche”, nella genericità
delle loro espressioni, consentono l’espletamento di veri e propri atti
peritali (tanto è vero che l’art. 223 stabilisce che la polizia possa
avvalersi, se necessario, di persone idonee), corrispondenti a quelli
per i quali gli artt. 304 bis-quater dispongono adeguati interventi
difensivi. I verbali concernenti le attività espletate dalla polizia
ai sensi dell’art. 223 possono essere letti nel dibattimento – ultimo
comma art. 463 – senza che occorra il consenso delle parti e si
acquisiscono così al processo elementi probatori di indubbia
rilevanza. Non si può negare, dunque, l’interesse dell’indiziato ad
esplicare, in relazione ad atti che possono avere un peso decisivo per
le sorti del giudizio, quella stessa difesa che gli è consentita nella
fase istruttoria e, per effetto della sentenza n. 86 del 1968, anche
nelle indagini preliminari disposte dal Procuratore della Repubblica:
tanto più che, essendo a tali atti la polizia abilitata solo quando ci
sia fondato timore che lo stato delle cose o le tracce del reato si
alterino o si disperdano (condizione enunciata nell’art. 222, ma che
riguarda indubbiamente anche le ulteriori specificazioni contenute
nell’art. 223), si tratta di operazioni che il più delle volte non
sono ripetibili e, quindi, non suscettibili di essere verificate e
controllate nell’ulteriore corso del processo.
4. – Tanto premesso, appare certo che le due disposizioni in esame
non garantiscono alcun diritto di difesa a chi sia indiziato del reato
al quale “accertamenti” ed “operazioni tecniche” si riferiscono. Vero
è che l’art. 222 dispone che “per quanto è possibile” siano osservate
le norme sulla istruzione formale: non si può tralasciare di
considerare, tuttavia, che questo rinvio – che pur dovrebbe essere
interpretato in coerenza coi principi costituzionali che presidiano
l’ordinamento – resta nella prassi del tutto inoperante. Né varrebbe
osservare che trattandosi di atti per definizione urgenti si cadrebbe
nella ipotesi nella quale lo stesso giudice istruttore, in forza
dell’ultimo comma dell’art. 304 ter, può omettere l’avviso al
difensore. Vale la pena di osservare in proposito che siffatta facoltà
non preclude ogni garanzia difensiva (il difensore conserva il diritto
di intervenire agli atti previsti nel primo comma dell’art. 304 bis ed
i verbali concernenti tali atti e quelli indicati nell’art. 304 quater
devono pur sempre essere depositati), ed è di notevole rilievo il
fatto che il suo valido esercizio viene condizionato, “a pena di
nullità”, ad una specifica motivazione circa l’urgenza.
Si può perciò concludere che la dichiarazione di parziale
illegittimità costituzionale delle norme denunziate è il solo mezzo
idoneo a conseguire il risultato di assicurare che la polizia
giudiziaria – pur conservando integro l’essenziale potere di
intervenire con assoluta immediatezza in caso di motivata urgenza –
proceda, quando vi sia un indiziato del reato (cfr. art. 78, secondo
comma, Cod. proc. pen.) col rispetto di quelle garanzie che lo stesso
ordinamento conferisce all’interessato nella formazione delle prove
utilizzabili nel giudizio sulla sua colpevolezza.
5. – Sebbene l’impugnativa proposta dalle ordinanze di rimessione
riguardi solo gli accertamenti e le operazioni tecniche, la Corte
ritiene di dover estendere, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, la dichiarazione di parziale illegittimità a quella parte
del secondo comma dell’art. 222 che abilita la polizia giudiziaria a
procedere al sequestro del corpo del reato, con la conseguente
applicabilità dell’art. 304 quater.
6. – Considerato che l’art. 224 Cod. proc. pen. già impone
l’osservanza dell’art. 304 ter nelle perquisizioni personali e
domiciliari e che l’art. 226, primo comma, concerne solo particolari
modalità da osservarsi nel sequestro di carte sigillate (sicché,
questo, per quanto riguarda le garanzie difensive, soggiace alla
disciplina dell’art. 222, secondo comma, quale risulta a seguito della
dichiarazione di parziale illegittimità). Si può concludere che, in
conseguenza delle statuizioni contenute nella sentenza n. 86 del 1968 e
nella presente decisione, a tutti gli atti preistruttori che la polizia
giudiziaria compia nei confronti di un indiziato di reato si estendono
le garanzie di difesa che gli artt. 304 bis, ter e quater predispongono
per i corrispondenti atti istruttori.
7. – Poiché le ragioni della parziale illegittimità costituzionale
degli artt. 222, secondo comma, 223, primo comma, e 225 Cod. proc. pen.
– fondate come sono sull’efficacia che gli atti ivi contemplati possono
spiegare nel processo – valgono, come la Corte già riscontrò (sent.
n. 86 del 1968) a proposito dei poteri conferiti al procuratore della
Repubblica dall’art. 232, anche quando gli stessi atti sono compiuti o
disposti dall’autorità giudiziaria nella fase delle indagini
preliminari, la dichiarazione di parziale illegittimità viene estesa,
in forza dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all’art. 231,
primo comma, relativo agli atti del pretore, ed all’art. 234,
concernente gli atti del procuratore generale presso la Corte. di
appello.
8. – La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve essere
estesa anche a quella parte dell’art. i 34, secondo comma, Cod. proc.
pen. che fa divieto agli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria
di ricevere la nomina del difensore di fiducia. Ed infatti, se le
garanzie di difesa ora applicabili agli atti della polizia giudiziaria
riguardano tutte, in vario modo, l’intervento del difensore e ne
presuppongono quindi la possibilità di nomina, quel divieto diventa
sicuramente incompatibile con la nuova disciplina alla quale la materia
in esame deve sottostare.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, secondo
comma, e dell’art. 223, primo comma, del codice di procedura penale
nella parte in cui si esclude che agli accertamenti ed alle operazioni
tecniche della polizia giudiziaria si applichino gli artt. 390, 304
bis, ter e quater del Codice di procedura penale;
ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara
altresì la illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni
dello stesso codice: 1) art. 222, secondo comma, nella parte in cui
esclude che al sequestro si applichino gli artt. 390 e 304 quater; 2)
art. 231, primo comma, nella parte in cui esclude che agli atti di
polizia giudiziaria compiuti o disposti dal pretore si applichino gli
artt. 390, 304 bis, ter e quater; 3) art. 234, nella parte in cui
esclude che agli atti di polizia giudiziaria compiuti o disposti dal
procuratore generale presso la Corte di appello si applichino gli artt.
390, 304 bis, ter e quater; 4) art. 134, secondo comma, nella parte in
cui fa divieto agli ufficiali ed agli agenti della polizia giudiziaria
di ricevere la nomina del difensore di fiducia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 27 novembre 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI.