Sentenza N. 417 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
07/12/1994
Data deposito/pubblicazione
07/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/11/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27, della legge 24 dicembre 1993, n. 560,
recante “Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica”, promossi con ricorsi delle Province Autonome
di Trento e di Bolzano, notificati il 29 gennaio 1994, depositati in
cancelleria il 3 febbraio successivo ed iscritti ai nn. 9 e 10 del
registro ricorsi 1994 e nei conflitti di attribuzione sorti a seguito
della nota dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni –
Ente Poste Italiane prot. DCPA/1/4/1390 del 7 febbraio 1994 e delle
successive note della Direzione Compartimentale dello stesso Ente
prot. TN.IV/4 Der/1386 e 1387 del 4 marzo 1994 ed elenchi allegati,
concernenti l’alienazione di alloggi di proprietà dell’Ente,
nonché, per quanto possa occorrere, in relazione al “piano
regionale” predisposto dalla Direzione Centrale Patrimonio delle
Poste Italiane, promossi con ricorsi delle Province Autonome di
Trento e di Bolzano, notificati il 15 ed il 28 aprile 1994,
depositati in cancelleria il 21 aprile ed il 2 maggio successivi ed
iscritti ai nn. 10 e 13 del registro conflitti 1994;
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 1994 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di
Trento e Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di
Bolzano e l’avv. dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del
Consiglio dei ministri;
autonome di Trento e di Bolzano hanno promosso, in riferimento agli
artt. 8, n. 10, 16, primo comma, 68 e 107 dello Statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 2, 3, 4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27, della legge 24
dicembre 1993, n. 560. La normativa impugnata è ritenuta invasiva
della competenza legislativa primaria e delle funzioni amministrative
assegnate alle ricorrenti dalle leggi costituzionali invocate: ” a)
in primo luogo, perché pretende di disciplinare l’alienazione di
tutti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica esistenti sul
territorio nazionale (quale che sia l’ente di appartenenza o l’ente
che abbia concorso al loro finanziamento), compresi, quindi, quelli
sottoposti alla competenza delle province autonome e omette di fare
salva tale competenza; b) in secondo luogo, perché assoggetta al regime da essa stabilito anche gli alloggi di servizio in senso lato,
omettendo di precisare che sono esclusi dal suo campo di applicazione
(in quanto soggetti alla competenza provinciale) gli alloggi ubicati
nel territorio delle province, pur se non ancora trasferiti o
consegnati alle province stesse”.
Ad avviso della ricorrente, l’art. 1, comma 3, della legge n. 560
del 1993 – che esclude dal proprio ambito normativo “gli alloggi di
servizio oggetto di concessione amministrativa in connessione con
particolari funzioni attribuite a pubblici dipendenti” – con questa
nuova definizione degli alloggi di servizio, mutuata dall’abrogato
art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, interpreta
restrittivamente la riserva di competenza statale prevista dall’art.
8, primo comma, lett. b) del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115,
limitandola agli alloggi di servizio in senso stretto, concessi in
uso a dipendenti pubblici in specifica considerazione delle loro
funzioni ovvero, come suole dirsi nel linguaggio curiale, intuitu
ministerii. Se ne argomenta che rientrano nella categoria degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica anche gli alloggi di
servizio in senso ampio, ai quali le norme della legge n. 560 del
1993 sono dichiarate applicabili dall’art. 1, comma 2, e in
particolare gli alloggi di proprietà dell’Amministrazione delle
poste e delle telecomunicazioni costruiti o acquistati ai sensi
dell’art. 1, n. 3, del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, e destinati alla
generalità dei dipendenti. Tali immobili, quando siano ubicati nel
territorio delle due province, sarebbero perciò soggetti alla loro
competenza, comprendente anche il potere di disciplinare modi e
criteri dell’alienazione. Né importa che la proprietà degli alloggi
non sia stata ancora formalmente trasferita alle province ai sensi
degli artt. 8, secondo comma, e 10 del citato d.P.R. n. 115.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata.
Ad avviso dell’Avvocatura, il combinato disposto delle norme
statutarie invocate dalla controparte “ha trasferito alle Province
solamente gli edifici destinati ad alloggi economici e popolari e non
anche quelli appartenenti alla categoria degli alloggi di edilizia
residenziale”, sicché la competenza rivendicata dalle province a
legiferare in ordine all’alienazione di questi ultimi non è
giustificata, come vuole la sentenza n. 260 del 1990 di questa Corte,
da un rapporto di strumentalità logica rispetto all’attuazione di
disposizioni dello statuto speciale.
3. – Successivamente alla notifica dei due ricorsi suddetti,
l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni – Ente Poste
Italiane, con note in data, rispettivamente, 7 febbraio e 4 marzo
1994, in ottemperanza al disposto dell’art. 1, comma 4, della legge
n. 560 del 1993, ha comunicato prima alla Regione Trentino-Alto
Adige, poi direttamente alle due Province gli elenchi degli alloggi
di proprietà dell’Ente individuati per la vendita nei rispettivi
territori.
Questi atti sono stati impugnati dalle Province di Trento e di
Bolzano con separati ricorsi per regolamento di competenza,
notificati rispettivamente in data 13 e 28 aprile 1994, con istanza
di sospensione dell’esecuzione degli atti medesimi ai sensi dell’art.
40 della legge n. 87 del 1953.
I ricorsi sono motivati in termini analoghi a quelli svolti a
sostegno delle precedenti impugnative in via principale della legge
n. 560. Anticipando la replica a una prevedibile eccezione di
inammissibilità da parte dell’Avvocatura dello Stato, le ricorrenti
precisano che il sollevato conflitto di attribuzioni non mira a
ottenere surrettiziamente il risultato di una vindicatio rei. Esse
non intendono “sollevare, in questa sede, alcuna contestazione in
ordine alla titolarità degli alloggi da alienare, né lamentare il
mancato trasferimento degli stessi”, ma soltanto “rivendicare la
propria competenza legislativa e le proprie attribuzioni
amministrative in relazione all’alienazione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica ubicati nel loro territorio”.
4. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la
questione di competenza sia dichiarata inammissibile o infondata con
reiezione dei ricorsi in ogni loro parte.
In punto di ammissibilità, l’interveniente oppone due eccezioni,
l’una relativa alla natura dell’atto impugnato, ritenuto
insuscettibile, in quanto privo di forma e di contenuto
provvedimentale, di formare oggetto di impugnativa, e tanto meno di
giustificare la domanda di sospensione; l’altra, già ricordata,
attinente al petitum, sul riflesso che, con l’invocare l’art. 8,
lett. b) del d.P.R. n. 115 del 1973, attuativo dell’art. 68 dello
statuto speciale, il ricorso si qualificherebbe in sostanza come
vindicatio rei.
Nel merito, a integrazione degli argomenti già esposti nella
memoria depositata nei procedimenti promossi dai ricorsi in via
principale, l’Avvocatura richiama: la sentenza n. 287 del 1985 di
questa Corte, che ha ritenuto inclusi nella riserva di competenza
statale anche gli alloggi di servizio in senso lato, cioè gli
alloggi di proprietà dello Stato o di enti pubblici destinati ad uso
abitativo dei loro dipendenti condizionatamente alla prestazione in
loco di un determinato servizio; la sentenza n. 217 del 1988, secondo
la quale le competenze legislative delle province autonome (o delle
regioni) incontrano in ogni caso precisi limiti costituzionali posti
a presidio di imprescindibili esigenze unitarie individuabili su
scala nazionale; la sentenza n. 12192 del 1991 della Corte di
cassazione a sezioni unite, che ha respinto la pretesa di comprendere
nell’elenco tassativo dei diritti immobiliari trasferiti alle province autonome ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 115 tutti
indistintamente gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
5. – A questi argomenti hanno replicato le ricorrenti con una
memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione.
Quanto all’eccezione di inammissibilità fondata sul difetto di
natura provvedimentale dell’atto impugnato, si obietta che la lettera
inviata alle Province dall’Ente Poste Italiane ha valore di proposta
ai sensi dell’art. 1, comma 4, della legge n. 560, in essa
espressamente richiamato, e tanto basta per qualificarla come atto
idoneo a invadere la sfera delle competenze provinciali. Nel merito
si sostiene che la sentenza n. 287 del 1985 non rappresenta
univocamente la giurisprudenza di questa Corte, essendo difforme
dall’orientamento espresso poco prima dalla sentenza n. 215 del
medesimo anno; che la sentenza n. 217 del 1988 è inconferente
perché, pur ammesso che la ratio della normativa impugnata sia
collegata con la direttiva dell’art. 47, secondo comma, Cost., ben
può la finalità di favorire l’accesso popolare alla proprietà
dell’abitazione essere perseguita anche dalla legislazione
provinciale; che infine non è pertinente nemmeno la sentenza n.
12192 del 1991 della Corte di cassazione, essendo la competenza
legislativa e amministrativa rivendicata dalle ricorrenti
indipendente dalla questione circa la proprietà degli alloggi di cui
si discute.
6. – Entrambe le parti in causa chiedono la riunione dei ricorsi
in un unico giudizio.
Bolzano hanno sollevato, in riferimento agli artt. 8, n. 10, 16,
primo comma, 68 e 107 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di
attuazione (artt. 8 del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, e 24 del
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381), questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 2, 3, 4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27,
della legge 24 dicembre 1993, n. 560, recante norme per l’alienazione
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nella parte in cui
non fa salve la competenza legislativa primaria e le relative
potestà amministrative spettanti alle ricorrenti in materia di
edilizia comunque sovvenzionata da finanziamenti a carattere
pubblico, e in particolare non riserva tale competenza e tali
potestà in ordine all’alienazione degli alloggi di servizio in senso
lato situati nel loro territorio.
Con successivi ricorsi le medesime Province hanno impugnato per
regolamento di competenza – con istanza di sospensione ai sensi
dell’art. 40 della legge n. 87 del 1953 – le note in data 7 febbraio
e 4 marzo 1994 con cui, a norma dell’art. 1, comma 4, della legge n.
560 del 1993, l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni
– Ente Poste Italiane ha comunicato alla Regione Trentino-Alto Adige
e alle due Province autonome l’elenco degli immobili, ubicati nel
rispettivo territorio, che l’Ente intende porre in vendita.
Nell’udienza di discussione le ricorrenti hanno dichiarato di
rinunciare all’istanza di sospensione.
2. – I giudizi instaurati dai quattro ricorsi, avendo per oggetto
questioni identiche o analoghe, vanno riuniti e decisi con unica
sentenza.
3. – L’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità dei
ricorsi per conflitto di attribuzioni sul duplice rilievo, da un
lato, che gli atti impugnati non hanno né forma né contenuto
provvedimentale, dall’altro, che la pretesa fatta valere dalle
ricorrenti è in sostanza una vindicatio rei tendente al
riconoscimento del diritto di proprietà sui beni immobili di cui si
controverte.
Tali eccezioni non possono essere accolte. Alla prima si è
replicato giustamente che, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
possono formare oggetto di conflitto di attribuzioni anche atti che,
pur non avendo natura di provvedimento, sono idonei a dare impulso a
procedimenti produttivi di effetti invasivi della sfera di competenza
delle regioni o delle province autonome. L’altra eccezione confonde
due momenti distinti, l’uno relativo alla competenza ad emanare norme
regolatrici dell’alienazione degli alloggi di servizio situati nel
territorio delle due province, l’altro relativo alla legittimazione a
stipulare i contratti di vendita secondo le norme poste dalla fonte
competente. Le ricorrenti hanno dichiarato ripetutamente di voler
limitare in questa sede le loro pretese al primo punto.
4. – Le questioni sollevate in via principale sono inammissibili
in relazione all’art. 1, commi 13, 15, 16, 17 e 27, della legge n.
560 del 1993: i commi 13, 15, 16 e 17 non si riferiscono agli alloggi
di cui al comma 2, mentre il comma 27 si limita a far salvo il
diritto dell’assegnatario alla cessione della proprietà, maturato
alla data di entrata in vigore della legge in conformità delle leggi
vigenti a tale data, tutte estranee all’oggetto dell’impugnativa.
5. – Per il resto i ricorsi proposti non sono fondati, e
conseguentemente devono essere respinti anche i ricorsi per conflitto
di attribuzioni.
La legge impugnata è un elemento della manovra economica diretta
a ridurre il deficit della finanza pubblica mediante risparmi di
spesa e reperimento di nuove entrate. Essa regola la dismissione,
mediante vendita a prezzi vicini a quelli di mercato, di una parte
rilevante del patrimonio edilizio pubblico, costituita dagli alloggi
di edilizia residenziale e dagli alloggi di servizio diversi da
quelli esclusi dall’art. 1, comma 3. Si tratta di un provvedimento
straordinario e transitorio, limitato agli alloggi esistenti alla
data di entrata in vigore della legge, dei quali viene consentita
l’alienazione in deroga al regime ordinario, connotato – salvo
eccezioni molto limitate – dal divieto di cessione in proprietà
(art. 27 legge 8 agosto 1977, n. 513). Il carattere di
straordinarietà si desume specificamente sia dal comma 4 relativo ai
piani di cessione, per i quali sono fissati un termine di sessanta
giorni e una misura rapportata in percentuale al patrimonio abitativo
esistente, sia dai commi 5 e 14, i quali vincolano almeno l’80 per
cento del ricavato della vendita degli alloggi di cui al comma 1 al
finanziamento (parziale) di programmi di sviluppo del settore,
lasciando intendere che i nuovi alloggi saranno soggetti al regime
ordinario.
L’eccezionalità del provvedimento non consente di attingere alle
disposizioni della legge n. 560 argomenti per l’interpretazione del
regime ordinario. In particolare, nel comma 3 – che esclude
dall’ambito normativo della legge “gli alloggi di servizio oggetto di
concessione amministrativa in connessione con particolari funzioni
attribuite a pubblici dipendenti”, ossia gli alloggi assegnati
intuitu ministerii, detti alloggi di servizio in senso stretto – non
si può ravvisare una sorta di interpretazione autentica in senso
restrittivo del concetto di alloggio di servizio, alla cui stregua
dovrebbe poi essere ridefinita la riserva di competenza statale
prevista dall’art. 8 del d.P.R. n. 115 del 1973 (attuativo dell’art.
68 dello statuto speciale) in ordine al trasferimento alle province
autonome degli edifici destinati ad alloggi economici e popolari di
proprietà dello Stato.
A una simile lettura si oppone insuperabilmente la lettera dei
commi precedenti. Già l’inclusione nella definizione dettata dal
comma 1 degli alloggi di cui alla legge n. 52 del 1976 (destinati al
personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell’Arma dei
carabinieri e di altri corpi speciali dello Stato), sicuramente
estranei al concetto di edilizia residenziale pubblica, rivela che
scopo della norma non è quello di ridisegnare questa categoria ai
fini della disciplina giuridica generale. Quanto agli alloggi di cui
all’impugnato comma 2, ai quali pure si estende il regime
straordinario di alienabilità, che essi non siano una submateria
dell’edilizia residenziale pubblica, ma costituiscano una categoria
distinta, è indicato anzitutto dall’avverbio “altresì” e poi dalla
clausola di non applicabilità dei commi 5, 13 e 14, in quanto
specificamente concernenti gli alloggi di cui al comma 1.
Rispetto all’abrogato art. 28, comma 2, della legge 30 dicembre
1991, n. 412, da cui deriva, l’art. 1, comma 3, della legge del 1993
ha chiarito che la frase “sono esclusi gli alloggi di servizio” non
si riferisce, come sostengono le province ricorrenti, al concetto di
edilizia residenziale pubblica per dire che da esso sono esclusi
soltanto gli alloggi di servizio in senso stretto, bensì alle “norme
della presente legge” per dire che esse non sono applicabili a questi
alloggi, in ordine ai quali rimane fermo il divieto di cessione in
proprietà. Dal comma 3 non si può correttamente argomentare a
contrario se non ciò che è già espressamente disposto dal comma 2
e, in relazione agli alloggi di cui alla legge n. 52 del 1976, dal
comma 1, cioè che è consentita la vendita anche degli alloggi di
servizio diversi da quelli in senso stretto.
6. – Ciò premesso, la Corte non ha ragione di discostarsi dalla
sua giurisprudenza, rappresentata dalla sentenza n. 287 del 1985,
condivisa dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato, secondo
cui il concetto di alloggio di servizio, che definisce la riserva di
competenza statale più volte rammentata, comprende anche gli
immobili, di proprietà dello Stato o di enti pubblici, destinati ad
uso abitativo dei propri dipendenti, la cui assegnazione sia comunque
condizionata dalla prestazione di un servizio determinato presso gli
uffici del luogo in cui si trova l’immobile (c.d. alloggi di servizio
in senso ampio).
Tali immobili, non meno degli alloggi di servizio in senso
stretto, si differenziano dalla destinazione propria dell’edilizia
residenziale pubblica. Questa ha essenzialmente ed esclusivamente
“finalità sociali” (cfr. sent. n. 347 del 1993), che la qualificano
come servizio pubblico deputato alla “provvista di alloggi per i
lavoratori e le famiglie meno abbienti” (sentenze nn. 155 e 217 del
1988). Gli alloggi di servizio, invece, hanno primariamente una
finalità organizzativa del buon andamento della pubblica
amministrazione, facilitando ai suoi dipendenti, e così favorendone
la mobilità, il reperimento nella sede del loro ufficio di
appartamenti decorosi con canone di affitto proporzionato allo
stipendio. Solo indirettamente e non necessariamente essi
contribuiscono alla finalità sociale generale di favorire l’accesso
all’abitazione dei cittadini meno abbienti.
La detta finalità organizzativa integra la materia degli alloggi
di servizio nel trattamento normativo del pubblico impiego statale o
parastatale, e quindi esige che l’assegnazione degli alloggi, in
affitto o eccezionalmente in proprietà, sia regolata da condizioni
uniformi su tutto il territorio nazionale, in guisa di evitare
disparità di trattamento. Sotto questo profilo, che coinvolge il
principio di razionalità, l’interpretazione, qui confermata, della
riserva di competenza statale nella materia de qua trova conforto nel
criterio statuito dalla sentenza n. 217 del 1988, per cui le
competenze legislative provinciali (o regionali) incontrano in ogni
caso precisi limiti costituzionali posti a presidio di
imprescindibili esigenze unitarie riconoscibili su scala nazionale.
7. – Restano assorbite le censure relative all’art. 1, commi 4 e
6, della legge impugnata.
8. – L’infondatezza della questione di legittimità costituzionale
sollevata in via principale comporta l’infondatezza dei connessi
ricorsi per regolamento di competenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 2, 3, 4 e 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 560
(Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica), sollevata dalle Province autonome di Trento e
di Bolzano con i ricorsi in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 13, 15, 16, 17 e 27, della citata
legge n. 560 del 1993, sollevata dalle nominate Province autonome con
i medesimi ricorsi;
dichiara che spetta allo Stato, e per esso all’Amministrazione
delle poste e telecomunicazioni – Ente Poste Italiane, di disporre in
ordine all’alienazione degli alloggi elencati negli atti impugnati
con i ricorsi per conflitto di attribuzioni indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 7 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA