Sentenza N. 124 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
20/05/1976
Data deposito/pubblicazione
20/05/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
07/05/1976
OGGIONI – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof.
ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (disciplina generale delle
assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le
aziende private), promosso con ordinanza emessa l’8 gennaio 1974 dal
pretore di Sassari nel procedimento civile vertente tra Spano Renato e
la società editrice “La Nuova Sardegna”, iscritta al n. 81 del
registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 89 del 3 aprile 1974.
Visto l’atto di costituzione di Spano Renato;
udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 1976 il Giudice relatore
Leonetto Amadei;
udito l’avv. Franco Agostini, per Spano Renato.
1. – Con atto di citazione del 24 ottobre 1972 Renato Spano ha
convenuto in giudizio davanti al pretore di Sassari la S.r.l. “La Nuova
Sardegna” perché venga dichiarato “illegittimo ed inefficace”, ai
sensi della legge 15 luglio 1966, n. 604, l’atto del suo licenziamento
da parte della società e disposta, di conseguenza, la reintegrazione
nel posto di lavoro.
È da rilevare, in linea di fatto, che lo Spano, assunto in base
alle norme che disciplinano il collocamento obbligatorio degli invalidi
di guerra e degli invalidi civili emanate con la legge 2 aprile 1968,
n. 482, era stato licenziato dall’impresa con lettera del 29 settembre
1972 senza che la lettera stessa contenesse specifiche motivazioni.
Infatti, in essa, si fa riferimento esclusivo ad un generico “per
quanto verificatosi nell’ultimo periodo”.
Solo a seguito di richiesto chiarimento la società, con lettera
del 4 ottobre dello stesso anno, precisava che il licenziamento trovava
la sua giustificazione nello stato di salute dello Spano, stato di
salute che, quantunque aggravatosi, sarebbe stato anche
strumentalizzato in quanto alcune assenze dal lavoro non sarebbero
state accompagnate da certificato medico e per altre si sarebbe
addirittura eluso l’accertamento sanitario dell’INAM.
2. – Il pretore, nel corso del giudizio, ha sollevato d’ufficio la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma terzo,
della legge 2 aprile 1968, n. 482, in relazione all’art. 24, primo e
secondo comma, della Costituzione, ritenendo che esso, nel prescrivere
che possono essere licenziati i mutilati e invalidi di lavoro oltreché
per giusta causa, anche quando vi sia stata in essi la perdita di
capacità lavorativa o aggravamento della invalidità in natura tale da
determinare pregiudizio alla salute ed incolumità dei compagni di
lavoro, nonché della sicurezza degli impianti, da accertarsi da un
collegio provinciale su richiesta dell’imprenditore o del lavoratore
stesso, violerebbe il diritto alla difesa.
La violazione del diritto in questione, per il giudice a quo,
sussisterebbe in quanto la contestata disciplina precluderebbe al
magistrato, investito della cognizione della causa relativa
all’impugnativa del provvedimento di risoluzione unilaterale del
rapporto di lavoro, di acquisire la dimostrazione della effettiva
sussistenza del fatto dedotto come giustificato motivo di licenziamento
tramite gli ordinari mezzi di prova (presunzioni, prove per testimoni,
consulenza tecnica medicolegale ecc.).
A sostegno delle proprie “perplessità” sulla legittimità
costituzionale della norma il giudice si richiama alle sentenze nn. 70
del 1961 e 132 del 1972 della Corte costituzionale che avrebbero
ritenuto sussistere un contrasto tra l’art. 24 della Costituzione e
norme di legge che conferivano agli organi della pubblica
amministrazione il compito di accertare, al di fuori o nell’ambito del
giudizio, fatti rilevanti senza peraltro rispettare l’osservanza delle
ordinarie garanzie processuali in materia di prova.
La rilevanza della proposta questione poggerebbe sul fatto che, nel
caso, si tratterebbe di “una delle norme di legge che dovrebbero essere
applicate per la definizione del giudizio” in quanto sostanzialmente la
dedotta giustificazione del licenziamento poggerebbe anche nell’assunto
che il prestatore d’opera avrebbe perduto ogni capacità lavorativa e
si sarebbe rivelato “inidoneo” a svolgere qualsiasi utile attività
nell’ambito dell’impresa che lo aveva assunto.
3. – Si è costituito nel giudizio davanti alla Corte il Renato
Spano, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Agostini.
La parte attrice ha richiesto, nelle sue deduzioni, che la
questione venga ritenuta non fondata, in quanto la procedura impugnata
non menomerebbe affatto il diritto alla difesa della parte convenuta
(datore di lavoro), alla quale competerebbe, in ogni caso, la prova
della legittimità del licenziamento.
1. – L’ordinanza di rinvio sottopone all’esame della Corte la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, terzo comma,
della legge 2 aprile 1968, n. 482 – Disciplina generale delle
assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le
aziende private -, in riferimento all’art. 24, primo e secondo comma,
della Costituzione.
La questione è inammissibile per difetto di rilevanza.
2. – L’art. 10 della legge n. 482 del 1968 introduce, nel terzo
comma, una speciale causa di risoluzione del rapporto di lavoro per
quanto riguarda i mutilati e invalidi assunti ope legis che si affianca
alle altre previste dall’art. 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604
(giusta causa o giustificato motivo).
Infatti, la norma impugnata stabilisce che i mutilati e invalidi
possono essere licenziati anche quando a giudizio del collegio medico
provinciale previsto dall’art. 20 sia accertata, a richiesta o
dell’imprenditore o dello stesso invalido, la perdita di ogni capacità
lavorativa o un aggravamento di invalidità di natura tale da essere di
pregiudizio alla salute o alla incolumità dei compagni di lavoro,
nonché alla sicurezza degli impianti.
3. – Dalla situazione di fatto, oggetto del giudizio davanti al
pretore, è dato rilevare che il licenziamento della parte attrice da
parte della società convenuta non è avvenuto sulla base del terzo
comma dell’art. 10 della legge, sibbene per motivi attinenti all’art. 1
della legge 15 luglio 1966, n. 604. Non risulta dagli atti che il
datore di lavoro abbia, prima di procedere al licenziamento, provocato
il giudizio del collegio medico provinciale, né che il prestatore
d’opera l’abbia comunque richiesto.
Invero, nelle due lettere di licenziamento, a parte l’accenno ad
una diminuzione della capacità lavorativa, si puntualizza il
comportamento scorretto dello Spano rappresentato dall’assenza dal
lavoro senza giustificazione sanitaria e dall’avere eluso, in alcune
circostanze, l’accertamento sanitario dell’INAM. A riguardo è
opportuno osservare che nello stesso atto introduttivo del giudizio si
ritiene che il pretore voglia dichiarare “illegittimo e inefficace” il
licenziamento ritenuto effettuato ai sensi della legge n. 604 del 1966,
ossia per giusta causa o giustificato motivo.
In sostanza il pretore è stato chiamato a decidere se il
licenziamento, effettuato in quel modo e per quelle cause, fosse o meno
inquadrabile nella previsione di cui all’art. 1 della legge 15 luglio
1966, n. 604.
Ciò premesso la Corte ritiene che le considerazioni svolte dal
pretore di Sassari, dirette a suffragare la rilevanza della proposta
questione, rimangono estranee alla fattispecie sulla quale è stato
chiamato a decidere, ossia se i motivi addotti a giustificazione del
disposto licenziamento rientrino o meno nella giusta causa o nel
giustificato motivo. Pertanto il giudizio a quo può essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della proposta questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 10, comma terzo, della legge 2 aprile 1968, n. 482, sollevata
in riferimento all’art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione,
dall’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – LEONETTO
AMADEI – GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere