Sentenza N. 451 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
27/07/1989
Data deposito/pubblicazione
27/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
unico della finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931 n.
1175 e modificato dall’art. 14 d. lgs. 26 marzo 1948 n. 261, nonché
dell’art. 24 legge 11 marzo 1953 n. 87 (Norme sulla costituzione e
sul funzionamento della Corte costituzionale), promosso con ordinanza
emessa il 2 febbraio 1989 dal Tribunale di Genova nel procedimento
vertente tra il Comune di Arenzano e De Filippi Enrico, iscritta al
n. 217 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 18, prima serie speciale, dell’anno 1989;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri e l’atto di costituzione del Comune di Arenzano;
Udito nella pubblica udienza del 4 luglio 1989 il Giudice relatore
Francesco Saja;
Uditi l’avv. Cesare Glendi per il Comune di Arenzano e l’avvocato
dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei
ministri;
e Francesco, comproprietari di terreni in Arenzano, avviso di
accertamento ai fini dell’imposta sugli incrementi delle aree
fabbricabili prevista dalla legge 5 marzo 1963 n. 246, relativamente
al periodo 1° gennaio 1961-31 dicembre 1970.
Un successivo avviso veniva notificato l’11 dicembre 1975, per un
ulteriore imponibile, ai suddetti fratelli nonché a Boggiano Pia,
comproprietari per un terzo ciascuno di altri terreni nel Comune
suindicato, relativamente alla stessa imposta e per il medesimo
periodo.
In data 3 dicembre 1975 era notificato ai detti fratelli, quali
eredi di De Filippi Giuseppe, proprietario di terreni ivi siti,
avviso di accertamento, sempre per la medesima imposta e per lo
stesso periodo, con un diverso imponibile.
Contro questi atti i contribuenti presentavano separati ricorsi
alla Commissione comunale per i tributi locali di Arenzano, la quale,
dopo averli riuniti, li accoglieva in parte, riducendo l’imponibile
accertato.
Avverso tale decisione i contribuenti adivano la Giunta
provinciale amministrativa di Genova, Sezione speciale tributi
locali, la quale, in accoglimento del ricorso, dichiarava che il
Comune era decaduto dal diritto di procedere agli accertamenti in
questione perché tardivamente notificati.
Il Comune impugnava questa decisione dinanzi al Tribunale di
Genova, chiamando in giudizio De Filippi Enrico, De Filippi Francesco
e Boggiano Pia e instando perché fossero dichiarati legittimi i
detti avvisi di accertamento.
Con ordinanza del 3 giugno 1985 (reg. ord. n. 687 del 1985) il
Tribunale sollevava, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e
108, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale
degli artt. 278, terzo comma, e 283, secondo comma, del testo unico
della finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931 n. 1175 e
successive modificazioni, nella parte in cui, rispettivamente,
determinano la composizione della Commissione comunale e della
Sezione speciale della G.P.A. per i tributi locali. Riteneva il
Tribunale che i detti collegi – di natura giurisdizionale e
sopravvissuti alla riforma tributaria del 1972 per effetto dell’art.
19 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638 – non offrissero le garanzie di
indipendenza e di imparzialità richieste dalle norme costituzionali
sopra citate, in quanto composti da membri legati da subordinazione
gerarchica all’Esecutivo.
Nell’ordinanza non si diceva affatto che le due questioni erano
state sollevate nei giudizi svoltisi avanti agli organi suddetti e
pertanto questa Corte con ordinanza 14 ottobre 1987 n. 332 le
dichiarava manifestamente inammissibili perché irrilevanti nel
giudizio a quo; ciò sul rilievo che, secondo un consolidato
orientamento giurisprudenziale, gli atti delle singole fasi
processuali già concluse non divengono inefficaci per effetto delle
successive pronunce di incostituzionalità della composizione
dell’organo giudiziario – in quanto i relativi rapporti debbono
considerarsi esauriti -, salvo che la questione sia stata sollevata
prima dell’esaurimento delle fasi stesse.
Con ordinanza 9 febbraio 1989 (n. 217 reg. ord. 1989) lo stesso
Tribunale, a cui gli atti erano stati restituiti, riconosceva che
l’eccezione di illegittimità costituzionale non era stata sollevata
relativamente alla Commissione comunale nel giudizio svoltosi avanti
alla medesima e accettava quindi sul punto la decisione di questa
Corte; per quanto concerneva invece la G.P.A., deduceva che la
questione, come risultava da alcuni documenti uniti alla nuova
ordinanza, era stata sollevata davanti alla stessa e pertanto ne
sussisteva l’ammissibilità.
In relazione a ciò il Tribunale prospettava ancora il dubbio di
incostituzionalità, negando che a ciò ostasse l’art. 24, secondo
comma, legge 11 marzo 1953 n. 87, in base al quale la questione
dichiarata manifestamente irrilevante o infondata può essere
riproposta soltanto nei gradi ulteriori dello stesso processo;
subordinatamente eccepiva l’illegittimità di tale norma per
contrasto col diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.
Si costituiva il Comune di Arenzano, aderendo alle considerazioni
dell’ordinanza di rimessione.
Interveniva la Presidenza del Consiglio dei ministri, eccependo
l’infondatezza della questione relativa al cit. art. 24 legge n. 87
del 1953 e l’inammissibilità di quella concernente la composizione
della G.P.A., essendosi questa Corte già pronunciata con la
ricordata ordinanza n. 332 del 1987.
In prossimità dell’udienza il Comune di Arenzano ha presentato
memoria illustrativa con cui ha ulteriormente sviluppato gli
argomenti precedentemente svolti nell’atto di costituzione.
legge 11 marzo 1953 n. 87, l’ordinanza di rimessione deve essere
specificatamente motivata con riguardo ad entrambi i requisiti di
ammissibilità della questione, vale a dire la rilevanza nel giudizio
principale e la non manifesta infondatezza. Conseguentemente il
detto provvedimento deve contenere tutti gli elementi necessari ad
identificare il thema decidendum, ed i motivi che stanno alla base di
esso.
Pertanto, nella specie era indispensabile che nell’ordinanza di
rimessione del 3 giugno 1985 il Tribunale deducesse in qualche modo
che l’eccezione di incostituzionalità, concernente la composizione
della detta Sezione speciale della G.P.A., era stata già sollevata
nel relativo giudizio, giacché soltanto la tempestiva proposizione
di tale eccezione consentiva il controllo di legittimità
costituzionale. Per contro, nulla di tutto ciò risultava dalla
suddetta ordinanza, mentre il giudice a quo ha mostrato di prendere
consapevolezza del problema soltanto per effetto dell’ordinanza
emessa da questa Corte: infatti soltanto dopo la pubblicazione di
questa egli ha abbandonato l’eccezione relativa alla commissione
comunale, non sollevata tempestivamente dalla parte, mentre l’ha
riproposta per la G.P.A., sul rilievo – non prospettato in precedenza
– che l’eccezione stessa era stata formulata davanti a quell’organo.
Il Tribunale non ha mancato di aggiungere che tale ultima
circostanza sarebbe risultata dal fascicolo di causa trasmesso
insieme alla precedente ordinanza di rimessione; comunque va
osservato che gli elementi richiesti per l’ammissibilità della
questione, come già detto, debbono risultare esclusivamente
dall’ordinanza di rimessione, e non possono eventualmente essere
tratti dagli atti del giudizio a quo; infatti soltanto l’ordinanza,
debitamente pubblicata, rende noto per ogni effetto, alla generalità
dei cittadini e agli organi giudiziari, la pendenza del giudizio
costituzionale in tutti i suoi estremi: il che va inteso in maniera
più rigorosa relativamente alla non manifesta infondatezza,
trattandosi in realtà di indicare l’essenza oggettiva della
questione, mentre, per quanto concerne la rilevanza, i suoi aspetti
possono presentare peculiarità specifiche e diversificate secondo le
varie fattispecie.
Da ciò discende come non sia configurabile alcun “errore di
fatto” da parte della Corte, la quale ha invece osservato
scrupolosamente le norme che regolano il processo costituzionale,
mentre la causa della ricordata vicenda processuale sta unicamente
nella lacuna dell’ordinanza di rimessione, ove il problema non fu
colto nella sua vera essenza: proprio perciò il Tribunale – che,
ripetesi, non avvertì allora i reali termini del problema – non fece
cenno, a suo tempo, dell’eccezione di incostituzionalità relativa
alla G.P.A., formulata nella precedente fase, e di conseguenza
sollevò indistintamente l’eccezione anche nei confronti della
Commissione comunale.
In relazione al problema concernente la G.P.A., il fatto che nella
precedente ordinanza di rimessione non si sia fatto cenno alla
tempestiva eccezione di incostituzionalità davanti al giudice
tributario può considerarsi come una pura omissione materiale, che
la Corte, secondo un suo precedente indirizzo (cfr. ord. nn. 164 del
1987 e 930 del 1988), non ritiene ostativa alla riproposizione della
questione da parte dello stesso giudice, riproposizione da ritenere
interdetta soltanto se la precedente ordinanza della Corte abbia
natura decisoria (cfr. sent. n. 536 del 1988). Pertanto non sembra
conferente l’impugnazione, da parte del giudice a quo, dell’art. 24,
secondo comma, legge 11 marzo 1953 n. 87, il quale non preclude
l’esame nel merito della questione concernente il giudice tributario:
di conseguenza risulta inammissibile la questione relativa alla detta
impugnazione.
Tutto ciò premesso, ritiene la Corte che la eccezione di
illegittimità costituzionale relativa alla composizione della G.P.A.
– Sezione speciale per i tributi locali – alla quale va riconosciuto,
com’è noto, natura giurisdizionale, sia evidentemente fondata,
analogamente a quanto già ritenuto con la sent. n. 30 del 1967
rispetto allo stesso organo nell’ordinaria sede giurisdizionale.
Ed infatti, anche per quanto riguarda tale organo di giustizia
tributaria ricorrono gli stessi vizi riscontrati nella sentenza ora
richiamata: esso, invero, è composto, tra l’altro, oltre che dal
prefetto e dall’intendente di finanza, anche da funzionari di
prefettura e dell’intendenza di finanza, i quali continuano ad
espletare le loro funzioni istituzionali e quindi permangono alle
dipendenze dell’Esecutivo; vi sono inoltre rappresentanti dei comuni
interessati. Tutto ciò chiaramente esclude che ricorra il requisito
dell’indipendenza, quale elemento caratteristico e indispensabile
dell’organo giurisdizionale.
Va ricordato al riguardo che, sempre per mancanza di indipendenza,
questa Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale anche
della commissione comunale (sent. n. 281 del 1989), di guisa che il
giudizio a quo risulta venuto meno nelle due prime fasi: ciò
necessariamente importa che, fin quando il legislatore non
interverrà per disporre una nuova e legittima composizione dei detti
due organi tributari giurisdizionali, non potrà funzionare neanche
il giudizio davanti alla commissione centrale prevista dagli artt.
284- bis del citato t.u. della finanza locale e 19 d.P.R. 26 ottobre
1972 n. 638, quale giudice di terzo grado, sicché sembra potersi
dedurre che il ricorso del contribuente dovrà essere proposto
direttamente innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 283 r.d. 14
settembre 1931 n. 1175 (Composizione della giunta provinciale
amministrativa – sezione speciale per i tributi locali), come
modificato dall’art. 14 d. lgs. 26 marzo 1948 n. 261;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 24 legge 25 marzo 1953 n. 87, sollevata in
riferimento all’art. 24 Cost. dal Tribunale di Genova con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: SAJA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 27 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA