Sentenza N. 415 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
07/12/1994
Data deposito/pubblicazione
07/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/11/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
quanto ad esso connessi, degli artt. 5, comma quarto; 6, comma
quinto; 7 e 8, commi primo e secondo, della legge della Regione
Sardegna riapprovata dal Consiglio regionale il 26 aprile 1994,
recante “Nuove norme sul controllo degli atti degli enti locali”,
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,
notificato il 16 maggio 1994, depositato in cancelleria il 25
successivo ed iscritto al n. 45 del registro ricorsi 1994;
Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;
Udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 1994 il Giudice
relatore Gabriele Pescatore;
Uditi l’Avvocato dello Stato Franco Favara per il ricorrente, e
l’Avv. Sergio Panunzio per la Regione;
notificato il 16 maggio 1994, ha impugnato l’art. 4 nonché, in
quanto ad esso connessi, “gli artt. 5, comma quarto; 6, comma quinto;
7 e 8, commi primo e secondo, ecc.” della legge della Regione
Sardegna riapprovata dal Consiglio regionale il 26 aprile 1994,
recante “Nuove norme sul controllo degli atti degli enti locali”. Nel
ricorso si deduce la violazione dell’art. 46 dello statuto della
Regione Sardegna, in relazione ai principi contenuti negli artt. 42 e
44 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie
locali).
Deduce il ricorrente che l’art. 46 dello statuto speciale per la
Regione Sardegna – articolo richiamato espressamente nell’art. 1,
comma primo, della delibera legislativa succitata – disponendo che
“il controllo sugli atti degli enti locali è esercitato da organi
della regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale in
armonia con i principi delle leggi dello Stato” disciplinerebbe
“compiutamente” il rapporto tra legislazione statale (recante
“principi” e quindi “limiti”) e legislazione regionale in materia di
controllo sugli atti degli enti locali.
D’altro canto l’art. 1, comma secondo, della legge n. 142 del 1990
ha cura di precisare che le disposizioni in essa previste si
applicano a ciascuna Regione a statuto speciale, purché non
incompatibili con le norme statutarie e di attuazione.
Ciò premesso, si assume – nel ricorso – che nessun profilo di
incompatibilità è rinvenibile tra le predette disposizioni
statutarie e di attuazione della Regione Sardegna e gli artt. 42 e 44
della legge n. 142 del 1990. Di talché il legislatore regionale
sardo sarebbe tenuto ad adeguare la propria legislazione al dettato
degli artt. 42 e 44 succitati in ordine alla “elezione a maggioranza
qualificata dei componenti del comitato di controllo da parte del
Consiglio regionale”, e ciò anche alla luce della più recente
giurisprudenza costituzionale in materia (sent. n. 360 del 1993).
Più in particolare i principi di cui agli artt. 42 e 44 della
legge n. 142 del 1990 sarebbero stati violati dai seguenti articoli
contenuti nella delibera legislativa della Regione sarda e
precisamente: a) dall’art. 4 il quale prevede che tre dei sette
componenti di cui al primo comma – e precisamente quelli indicati con
le lettere c), d) ed e) – nonché i componenti “integratori” di cui
al secondo comma siano di regola sorteggiati “nell’ambito di un
elenco di almeno tre nomi” – e ciò in palese difformità con quanto
previsto dagli artt. 42 e 44 cit. in ordine alla “elezione” o
“scelta” dei summenzionati componenti effettuata ad opera del
Consiglio regionale. Infatti, quest’ultimo potrebbe procedere alla
elezione dei componenti dei comitati di controllo solo in via
eccezionale e cioè qualora gli elenchi contenenti le designazioni
non pervengano tempestivamente, ovvero qualora gli stessi non siano
regolari (in quanto, per es., non corredati da espresse dichiarazioni
di disponibilità, ecc.).
Così procedendo, tuttavia, ad avviso del ricorrente, verrebbe
sottratta al Consiglio regionale la responsabilità politica in
ordine alla concreta selezione ed individuazione dei summenzionati
componenti e correlativamente verrebbe accresciuta l’importanza delle
indicazioni fatte dagli ordini professionali (nonché dal Presidente
della Giunta regionale per gli elenchi di cui all’art. 6).
Sicché l’art. 4 della legge regionale sarda nonché “le connesse
disposizioni contenute nei successivi articoli della stessa delibera
(quali l’art. 5, comma quarto, l’art. 6, comma quinto, l’art. 7 e
l’art. 8, commi primo e secondo, ecc.)” non sarebbero armonizzati con
gli artt. 42 e 44 della legge n. 142 del 1990 e contrasterebbero con
l’art. 46 dello Statuto sardo, per cui si chiede, che venga
dichiarata la illegittimità costituzionale degli stessi in ordine
alle parti censurate.
2. – Si è costituita davanti a questa Corte la Regione Sardegna,
deducendo innanzitutto la inammissibilità del ricorso perché
genericamente formulato in quanto non sussisterebbe coincidenza tra
motivi del rinvio e motivi del ricorso. Il ricorso sarebbe comunque
inammissibile nella parte in cui censura disposizioni diverse
dall’art. 4 cit. (e cioè per l’impugnativa concernente gli artt. da
5 ad 8) in quanto ciò non trova riscontro nell’oggetto dell’atto di
rinvio dell’8 aprile 1994.
Inoltre e sempre con riguardo al contenuto dell’atto di rinvio si
osserva che la censura ivi dedotta concerne il contrasto tra l’art. 4
più volte richiamato e l’art. 44, secondo comma, della legge n. 142
del 1990, per cui si eccepisce l’inammissibilità delle censure formulate nel ricorso anche in ordine alla violazione dell’art. 42 della
legge n. 142 del 1990.
Generica ed indeterminata sarebbe, altresì, la delibera del
Consiglio dei ministri del 13 maggio 1994 posta a sostegno del
ricorso in quanto essa non specificherebbe le disposizioni
costituenti oggetto di impugnativa sicché anche alla luce dei
principi contenuti nella più recente giurisprudenza costituzionale
(sent. n. 172 del 1994), il ricorso sarebbe inammissibile.
Nel merito, la Regione contesta la fondatezza del ricorso.
In primo luogo perché l’art. 46 dello Statuto sardo non
concernerebbe tanto la composizione degli organi di controllo
regionali sugli atti degli enti locali, quanto le modalità di
esercizio del controllo medesimo (ovvero atti sottoposti a controllo,
tipo di controllo, procedimento, ecc.). Di guisa che la composizione
dei comitati in discorso ricadrebbe nella competenza legislativa
esclusiva della Regione sarda in materia di ordinamento degli enti
locali di cui all’art. 3, lett. b) dello statuto speciale (come
sostituito dall’art. 4 della legge costituzionale 23 settembre 1993,
n. 2).
In ogni caso, secondo la Regione sarda, anche a voler ammettere
che la competenza legislativa regionale in materia sia limitata da
“principi fondamentali” stabiliti dalla legge n. 142 del 1990, non
sussisterebbe il denunciato contrasto fra l’art. 4 della
deliberazione legislativa impugnata ed i principi posti dalla stessa
legge n. 142 del 1990; legge che pur contenendo un principio di
“necessaria qualificazione tecnica e di indipendenza dei membri dei
comitati di controllo” non recherebbe, tuttavia, un principio
fondamentale (nel senso affermato dalla giurisprudenza
costituzionale) preordinato ad imporre che tutti i membri dei
comitati siano eletti a maggioranza qualificata.
Infine si rileva che, in virtù dell’art. 42, appena citato,
“soltanto” quattro membri del comitato regionale di controllo (sui
cinque previsti dalla legge n. 142 del 1990) sono eletti dal
Consiglio regionale, nei modi successivamente disciplinati dall’art.
44, secondo comma, stessa legge. E che, al riguardo l’art. 4, primo
comma, lett. a) e b) della deliberazione legislativa regionale
impugnata, stabilisce che quattro membri del comitato suddetto siano
eletti dal Consiglio regionale della Sardegna ed anche a maggioranza
qualificata (art. 8, terzo comma, deliberazione appena citata).
Sicché – secondo la Regione resistente – i membri del comitato
summenzionato sorteggiati e non eletti (di cui alle disposizioni
censurate dalla Presidenza del Consiglio) sarebbero dei membri
ulteriori rispetto ai quattro membri elettivi previsti dalla legge n.
142 del 1990: infatti la deliberazione legislativa regionale
impugnata prevede non già un comitato di cinque membri, bensì di
sette (più due membri integratori). Per conseguenza la disciplina
legislativa regionale impugnata sarebbe “in piena armonia” con i
principi posti dalla legge n. 142 del 1990.
3. – Nella imminenza della udienza tanto il ricorrente quanto la
regione resistente hanno depositato memorie illustrative con le quali
ribadiscono, precisano e sviluppano le argomentazioni ed insistono
sulle conclusioni formulate nel ricorso.
quanto ad esso connessi, “gli artt. 5, comma quarto; 6, comma quinto;
7 e 8, commi primo e secondo”, della legge della Regione Sardegna,
riapprovata dal Consiglio regionale il 26 aprile 1994, che pone nuove
norme sul controllo degli atti degli enti locali, violi l’art. 46
dello statuto regionale sardo, in relazione ai principi contenuti
negli artt. 42 e 44 della legge n. 142 del 1990.
Più in particolare il contrasto denunciato concerne la
composizione dei comitati di controllo in quanto il succitato art. 4
prevede, al primo comma, che tre dei sette componenti e precisamente
quelli indicati con le lettere c), d) ed e), nonché i componenti
integratori di cui al secondo comma, siano sorteggiati nell’ambito di
un elenco di almeno tre nomi forniti dai relativi ordini
professionali ivi indicati, laddove gli artt. 42 e 44 della legge
sull’ordinamento delle autonomie locali prevedono la elezione a
maggioranza qualificata dei suddetti componenti.
Detta difformità di previsione violerebbe l’art. 46 dello Statuto
sardo, il quale disciplinando il controllo sugli atti degli enti
locali stabilisce che esso “è esercitato da organi della regione nei
modi e nei limiti stabiliti con legge regionale in armonia con i
principi delle leggi dello Stato”, dettando così una disciplina
compiuta in materia e disponendo che la legislazione regionale sia
armonizzata con i principi posti dalla legislazione statale.
Armonizzazione che nella specie si intende realizzata con
l’adeguamento del legislatore sardo al principio posto dalla legge
dello Stato n. 142 del 1990 (artt. 42 e 44) in ordine alla elezione a
maggioranza qualificata dei componenti il comitato regionale di
controllo.
Così precisati i termini della questione, è da respingere la
eccezione di inammissibilità formulate dalla Regione Sardegna,
connessa alla non corrispondenza tra motivi del rinvio e motivi del
ricorso.
Invero, il principio della corrispondenza tra motivi del rinvio e
motivi del ricorso deve intendersi rispettato anche quando i primi
siano formulata in modo sintetico e sommario, sempreché la Regione
sia stata messa in grado di rendersi conto della consistenza delle
obiezioni rivoltele in sede di rinvio e queste coincidano
sostanzialmente con quelle svolte nel ricorso (da ultimo, sentt. n.
487 del 1991; n. 261 del 1990).
Nella specie i vizi denunciati in sede di rinvio corrispondono a
quelli proposti innanzi alla Corte; deve ritenersi quindi che l’atto
regionale impugnato è stato adottato con la consapevolezza delle
deduzioni e delle ragioni dell’autorità ricorrente.
2. – Nel merito la questione è infondata.
Anzitutto, non è possibile definire la competenza della Regione
Sardegna in ordine alla materia contemplata dalla norma impugnata, se
non si precisa, al riguardo, il quadro normativo di riferimento.
Ebbene, detto quadro non è più e soltanto rappresentato
dall’art. 46 dello Statuto sardo bensì ed anche dall’art. 3, lett.
b), di detto statuto introdotto dalla legge costituzionale 23
settembre 1993, n. 2. A seguito di questa modifica l’art. 3 dello
statuto regionale sardo viene a includere nella potestà legislativa
esclusiva della regione nella lett. b) “l’ordinamento degli enti
locali e delle relative circoscrizioni”, mentre la vecchia
formulazione della citata lett. b) indicava soltanto la voce
“circoscrizioni comunali”.
È da osservare preliminarmente che la ora indicata legge n. 2 del
1993 disegna il quadro delle competenze delle Regioni ad autonomia
speciale (eccezion fatta per la Sicilia) in materia di enti locali,
privilegiando il criterio di maggiore ampiezza e di sostanziale
uniformità laddove era in precedenza vigente una disciplina
piuttosto riduttiva ed eterogenea. In particolare, la competenza
delle Regioni a statuto speciale in materia di ordinamento di enti
locali acquista il carattere di esclusività e viene ad essere
definita con formula identica in tutti gli statuti speciali. Con il
che si rimuove – ed è questa una delle finalità rilevanti di detta
legge costituzionale di modifica – l’originaria diversità di regime
giuridico delle Regioni ad autonomia speciale in materia di enti
locali: conseguentemente si provvede alla armonizzazione dei relativi
statuti, completando l’indirizzo tracciato dalla legge n. 142 del
1990 in ordine al conferimento alle regioni speciali di strumenti
diretti ed adeguati a realizzare un compiuto sistema di autonomie
locali, come si rileva con chiarezza dagli atti parlamentari relativi
alla legge costituzionale n. 2 del 1993.
3. – Si tratta, ora, di stabilire quale sia in concreto l’oggetto
delle attribuzioni devolute da tale legge costituzionale alla Regione
Sardegna ed i rapporti di tale oggetto con la materia dei controlli
degli enti locali in base allo Statuto sardo. Questo statuto dedica
il titolo quinto agli enti locali e dagli artt. 43-46 emerge
chiaramente che i controlli sugli atti sono da considerarsi materia
dell’ordinamento di tali enti, nel cui ambito trovano espressa
collocazione e specifica disciplina. Inoltre la legge n. 2 del 1993
ha inteso uniformare le competenze delle quattro regioni speciali in
materia di enti locali a quelle della Sicilia e questo risultato non
si conseguirebbe, se si considerasse il controllo estraneo alla nuova
competenza esclusiva attribuita.
Ed è, poi, la stessa legge sulle autonomie locali n. 142 del 1990
che inserisce la disciplina dei controlli nell’ambito
dell’ordinamento di tali autonomie, sicché la competenza a
disciplinare l’ordinamento dei relativi enti comprende anche la
facoltà di regolarne i controlli, come è stato affermato da questa
Corte (sent. n. 360 del 1993), in quanto la prima inerisce
strettamente alla seconda (sent. n. 21 del 1985). Si può, quindi,
concludere che la materia del controllo sugli atti di cui all’art. 46
dello Statuto sardo, rientra a pieno titolo nell’oggetto contemplato
dalla lettera b) dell’art. 3 dello statuto stesso. Con la conseguenza
che la natura della potestà legislativa regionale in ordine alla
materia dei controlli, dopo la riforma operata dalla legge
costituzionale, diventa esclusiva e, quindi, regolata dalla lett. b)
dell’art. 3 dello statuto.
4. – In questo quadro, appaiono chiari i limiti che la Regione
sarda incontra nell’esercizio della sua potestà legislativa
esclusiva in materia di controlli. Occorre verificare poi se il
principio di elettività a maggioranza qualificata posto dall’art. 42
della legge n. 142 del 1990 costituisce un principio generale
dell’ordinamento che deve, in quanto tale, essere osservato dalla
regione.
Giova premettere che in sede costituente, punto fermo nell’avvio
della disciplina sui controlli, fu l’esigenza di depurarli di quegli
elementi che li avevano resi strumenti del potere centrale; si
poneva, pertanto, la esigenza di escludere forme di controllo
incompatibili per contenuto ed effetti con l’autonomia locale. Anzi
il controllo viene ad essere regolato da principi di carattere
costituzionale, in quanto espressione di una funzione di garanzia
dell’ordinamento di tale autonomia, come si rileva dal combinato
disposto degli artt. 128 e 130 della Costituzione.
Si tratta ora di vedere se ed in che modo la regola del sorteggio
posta dall’art. 4 della legge regionale sarda impugnata, in ordine
alla costituzione dell’organo di controllo – diversificandosi in ciò
dal principio di elezione a maggioranza qualificata dei componenti
del comitato di controllo posto dall’art. 42 della legge n. 142 del
1990 – incida sulla struttura e sulla funzione dell’organo.
Invero, gli artt. 42 e 44 della legge n. 142 del 1990,
disciplinando specificamente le modalità di costituzione del
comitato, pongono un principio (elettività dei componenti di esso da
parte del Consiglio regionale a maggioranza qualificata) certamente
fondamentale con riguardo alla materia dei controlli, in quanto,
incidendo sulla formazione dell’organo si riflette sulla neutralità
della stessa funzione di controllo.
Ma siffatto carattere di principio fondamentale della legge
statale non si identifica con quello di principio generale
dell’ordinamento dello Stato che costituisce, ex art, 3 dello Statuto
sardo, limite alla potestà legislativa esclusiva, della quale è
ormai dotata la Regione Sardegna anche in materia di controllo di
atti.
Il principio fondamentale – come del resto si desume dal primo
comma dell’art. 117 della Costituzione, relativo alle regioni a
statuto ordinario e dallo stesso art. 46 dello Statuto sardo – è
sempre un principio affermato o estratto da una legge o da un
complesso di leggi dello Stato in materie determinate, mentre il
principio dell’ordinamento giuridico dello Stato è ricavabile da
questo ordinamento, considerato come espressione complessiva del
sistema normativo e non di singole leggi.
Il principio dell’elettività della nomina dei membri del comitato
di controllo non attinge tale livello.
Il ricorso è pertanto infondato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4 nonché, in quanto ad esso connessi, degli artt. 5, comma
quarto; 6, comma quinto; 7 e 8, commi primo e secondo, della legge
della Regione Sardegna riapprovata dal Consiglio regionale il 26
aprile 1994, recante “Nuove norme sul controllo degli atti degli enti
locali” proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: PESCATORE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 7 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA