Sentenza N. 363 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
26/07/2000
Data deposito/pubblicazione
26/07/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/07/2000
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo
CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni Maria FLICK;
del Ministero della pubblica istruzione n. 8414/H/2 del 23 ottobre
1997 riguardante la competenza ad autorizzare, nel territorio della
Regione siciliana, i corsi di specializzazione per docenti di
sostegno di cui al d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, promosso con
ricorso della Regione siciliana, notificato il 18 marzo 1998,
depositato in cancelleria il 23 successivo e iscritto al n. 9 del
registro conflitti 1998.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2000 il giudice relatore
Francesco Guizzi;
uditi l’avvocato Giovanni Lo Bue per la Regione siciliana e
l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
nei confronti dello Stato affinché sia dichiarata la sua competenza
ad autorizzare, nel proprio territorio, i corsi di specializzazione
degli insegnanti di sostegno per i disabili, contemplati dall’art. 8
del decreto d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e quindi – per violazione
dell’art. 14, lettera r), dell’art. 17, lettera d), dello Statuto
speciale della Regione, e delle norme di attuazione di esso in
materia di pubblica istruzione approvate con d.P.R. 14 maggio 1985,
n. 246 – sia annullata la nota del Ministero della pubblica
istruzione del 23 ottobre 1997, prot. n. 8414/H/2, che, secondo la
ricorrente, afferma l’esclusivo potere autorizzatorio dello Stato.
La Regione ricorda, in via preliminare, di avere avuto cognizione
della nota, ora menzionata, il 20 gennaio 1998, a seguito della
notifica di un ricorso proposto da una insegnante innanzi al
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia: ricorso volto ad
annullare un provvedimento del provveditorato agli studi, il quale
risolveva il contratto di lavoro a tempo indeterminato con essa
stipulato per svolgere attività di sostegno presso una scuola
materna statale.
Dal ricorso si apprende che la risoluzione del contratto di
lavoro è stata determinata dal mancato riconoscimento, da parte del
Ministero della pubblica istruzione, della validità del diploma di
specializzazione quale insegnante di sostegno, rilasciato a
conclusione di un corso autorizzato dalla Regione siciliana. Secondo
l’Amministrazione centrale la competenza ad autorizzare detti corsi,
ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 970 del 1975, spetterebbe allo
Stato, e non alla Regione, risultando trasferite esclusivamente le
materie di cui ai decreti presidenziali nn. 416 e 419 del 1974 e non
anche quelle oggetto del citato d.P.R. n. 970.
In punto di ammissibilità, la Regione osserva che il conflitto
per menomazione è configurabile non soltanto nelle ipotesi di atti
formali, ma anche con riguardo ad atti interni idonei ad esplicare
effetti per i terzi, e in riferimento a comportamenti concludenti
(sentenze di questa Corte nn. 163 del 1997, 211 del 1994, 771 del
1988, 40 del 1977). Nella vicenda in esame, il Ministero della
pubblica istruzione avrebbe posto in essere un comportamento di
rilevanza esterna invasivo delle attribuzioni regionali.
In base all’art. 14, lettera r), e all’art. 17, lettera d), dello
Statuto speciale, la Regione ha competenza “primaria” in materia di
istruzione elementare, e concorrente per l’istruzione media e
universitaria. Nelle norme di attuazione approvate con il citato
d.P.R. n. 246 del 1985, è presente una clausola generale, ai sensi
della quale nel territorio della Regione le attribuzioni degli organi
centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione
sono esercitate dall’amministrazione regionale; e in queste – si
osserva nel ricorso – rientrano le funzioni degli organi centrali e
periferici dello Stato concernenti le materie di cui al d.P.R. 31
maggio 1974, n. 416 (scuola materna, elementare, secondaria e
artistica: v. l’art. 1 del citato d.P.R. n. 246).
Per effetto di tale devoluzione, generale, la ricorrente afferma
che tutte le attribuzioni di competenza statale concernenti la
pubblica istruzione le sono trasferite; e che si tratti di una
generale devoluzione sarebbe altresì confermato dall’art. 4 delle
norme di attuazione, ove si enumerano espressamente le attribuzioni
non trasferite, quindi di competenza statale (ordinamento degli studi
e degli esami, programmi di insegnamento, esami di stato, status e
trattamento economico del personale). Nel conflitto si ricorda, poi,
che in base all’art. 8 del d.P.R. n. 246 hanno valore legale in tutto
il territorio della Repubblica i titoli di studio, già conseguiti o
da conseguire, nelle scuole e negli istituti parificati e legalmente
riconosciuti dalla Regione.
Non si può dunque dubitare, ad avviso della ricorrente, della
validità dei titoli di specializzazione conseguiti a conclusione dei
corsi da essa autorizzati che, d’altronde, sono conformi alle
prescrizioni dettate dall’ordinamento statale. Il diploma rilasciato
dalla Regione siciliana è controfirmato dal provveditore agli studi
(il quale ne ha curato l’istruttoria) e non differisce dagli altri
titoli conseguiti nel restante territorio dello Stato, se non per il
fatto che il corso è stato autorizzato dall’Assessore regionale, che
svolge nella Regione – ai sensi dell’art. 20 dello Statuto – le
funzioni esecutive concernenti le materie di cui agli articoli 14, 15
e 17 dello Statuto stesso.
La Regione aggiunge, infine, che l’Assessore competente si è
comunque uniformato alla disciplina nazionale sopravvenuta,
sospendendo le procedure di riconoscimento di nuovi corsi di
specializzazione, a seguito di quanto disposto dal Ministro della
pubblica istruzione con le ordinanze del 17 marzo e del 9 dicembre
1997.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, nel
senso della inammissibilità e comunque dell’infondatezza del
ricorso.
3. – Nella memoria presentata nell’imminenza dell’udienza,
l’Avvocatura dello Stato richiama l’art. 325 del testo unico in
materia di istruzione, approvato con decreto legislativo n. 297 del
1994, l’art. 4 della legge n. 341 del 1990 e, soprattutto, il d.P.R.
n. 470 del 1996, che ha dato attuazione alla citata legge n. 341 per
la formazione in ambito universitario di tali insegnanti, sostenendo
che la competenza attinente allo svolgimento dei menzionati corsi di
specializzazione, al pari delle procedure concorsuali, non rientra
fra quelle regionali.
La disciplina dei titoli di accesso all’insegnamento – prosegue
la memoria – sarebbe componente imprescindibile del sistema di
reclutamento disciplinato dal legislatore nazionale, secondo quanto
si desume dal decreto delegato n. 417 del 1974 e dal testo unico
approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994, che nella parte
terza pone norme sul reclutamento e sui titoli di accesso.
La materia dello stato giuridico del personale rientra invero fra
le attribuzioni che restano di titolarità dello Stato, ai sensi
dell’art. 4 del d.P.R. n. 246 del 1985; andrebbe dunque riconosciuta,
per i diplomi abilitanti, la competenza del Ministero della pubblica
istruzione e, al termine del regime transitorio, quella delle
università.
L’Avvocatura rileva, poi, che spetta comunque allo Stato
introdurre le norme generali sull’istruzione, ai sensi dell’art. 33
della Costituzione, anche con riferimento ai requisiti di idoneità
del personale insegnante. Quella in esame sarebbe un'”abilitazione
specifica” all’insegnamento per i disabili, la quale si deve
concludere con un “esame di Stato”, conformemente al disposto
dell’art. 33, quinto comma, della Costituzione, il che non avviene
nel corso di specializzazione autorizzato dalla Regione siciliana (si
cita in proposito l’art. 13 dell’ordinanza assessoriale n. 1502 del
1995).
Ulteriore argomento a sostegno della estraneità della materia
all’ambito delle potestà regionali si rinviene, infine, nel
carattere transitorio del vigente regime, alla luce dei decreti
presidenziali nn. 470 e 471 del 1996 prima citati; sì che sarebbe
escluso il trasferimento di competenze, dallo Stato alla Regione, nel
momento di innovazione del sistema.
4. – Nell’udienza pubblica del 4 luglio 2000, la Regione
siciliana ha presentato una nota a sostegno degli argomenti svolti
nel ricorso, eccependo l’irregolarità dell’atto di costituzione in
giudizio del Presidente del Consiglio per il tramite dell’Avvocatura
dello Stato, perché esso non contiene alcun motivo e rinvia
interamente alla memoria depositata nell’imminenza dell’udienza,
nella quale l’Avvocatura ha svolto argomenti nel senso
dell’infondatezza; comportamento, questo, che avrebbe impedito alla
difesa della Regione di controdedurre per iscritto, obbligandola a
replicare soltanto in udienza.
nei confronti dello Stato affinché sia dichiarata la sua competenza
ad autorizzare, nel proprio territorio, i corsi di specializzazione
degli insegnanti di sostegno per disabili contemplati dall’art. 8 del
d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e chiede quindi l’annullamento della
nota del Ministero della pubblica istruzione del 23 ottobre 1997,
prot. n. 8414/H/2, invocando quali parametri l’art. 14, lettera r),
l’art. 17, lettera d), dello Statuto speciale della Regione, e le
norme di attuazione di esso, in materia di pubblica istruzione,
approvate con d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246. La Regione dichiara
altresì, in punto di ammissibilità, di aver preso formale
cognizione della nota ministeriale, ora menzionata, in occasione
della notifica di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale
della Sicilia proposto da un’insegnante di sostegno per disabili: in
detto ricorso, unitamente alla nota ministeriale del 23 ottobre 1997,
si impugna la decisione del Provveditore agli studi di Vicenza che
disconosce la validità del titolo di specializzazione perché
conseguito in un corso autorizzato dalla Regione siciliana, a ciò
non abilitata.
2. – Questa Corte deve preliminarmente rilevare, con riguardo
alla nota di udienza presentata dalla Regione siciliana, che non
possono essere prese in considerazione memorie depositate in udienza,
oltre il termine posto dall’art. 10 delle norme integrative per i
giudizi davanti a questa Corte.
Con specifico riferimento, poi, alla regolarità della
costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri,
basti qui osservare che essa risulta tempestiva, con l’indicazione –
sia pure estremamente sommaria – della posizione processuale del
Presidente del Consiglio, nel senso di ritenere infondato, e ancor
prima inammissibile, il conflitto. È vero che le motivazioni a
sostegno di tale posizione si rinvengono solo nella memoria pervenuta
alla cancelleria di questa Corte entro il termine posto dall’art. 10
delle norme integrative e che l’atto di costituzione – preso a sé –
appare decisamente scarno; cionondimeno, la ricorrente ha replicato
ampiamente nel corso della discussione orale.
3. – Occorre ora analizzare il contenuto della nota ministeriale
così impugnata.
Il Provveditore agli studi di Vicenza aveva chiesto al Ministero
della pubblica istruzione indicazioni circa la validità, sul
territorio nazionale, del diploma di specializzazione polivalente
rilasciato dalla Regione siciliana; il Ministero aveva quindi
trasmesso “per opportuna conoscenza” due avvisi espressi dal
Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per gli
affari regionali della Presidenza del Consiglio: avvisi resi – lo
ricorda la nota ministeriale – al Consiglio di Stato, che a sua volta
era stato chiamato a pronunciarsi sull’esperibilità da parte dello
Stato del conflitto costituzionale di attribuzione
sull’autorizzazione di detti corsi, ma che poi ha dichiarato il “non
luogo a esprimere il parere”, visto che la sua funzione consultiva è
“a tutela oggettiva dell’ordinamento giuridico” (Sezione seconda,
adunanza dell’11 giugno 1997).
Nient’altro afferma la comunicazione ministeriale, che d’altronde
si autoqualifica “atto di trasmissione” degli avvisi resi dai due
Dipartimenti della Presidenza del Consiglio. È dunque evidente che
la nota impugnata non è atto che afferma una potestà pubblica o che
esprime una pretesa dello Stato idonea a invadere – e comunque a
menomare – l’ambito delle attribuzioni regionali costituzionalmente
protette (v. in special modo le sentenze nn. 365 del 1999, 211 del
1994, 278 del 1991, 771 del 1988); sì che non può dirsi sussistente
un conflitto costituzionale fra enti (oltre quelle citate, v. le
sentenze nn. 27 del 1996 e 215 del 1993).
Il ricorso per conflitto di attribuzione presentato dalla Regione
siciliana deve essere quindi dichiarato inammissibile.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso
dalla Regione siciliana nei confronti dello Stato, in relazione alla
nota del Ministero della pubblica istruzione del 23 ottobre 1997,
prot. n. 8414/H/2, sulla validità del titolo di specializzazione per
insegnanti di sostegno rilasciato dalla Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 26 luglio 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola