Sentenza N. 21302 del 2011
Corte di Cassazione - Sezione Civile III
Data deposito/pubblicazione
14/10/2011
C’era una volta una Tombola di Natale del 1991 finita in Cassazione vent’anni dopo…
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con atto di citazione notificato in data 14 aprile 1993 la Bistefani – premesso che nel corso della trasmissione televisiva “Tombola di Natale” andata in onda la notte di Natale del (OMISSIS), sponsorizzata dalla predetta resistente che, con la consulenza della DMB&B, aveva posto in palio dei premi da vincere da parte del pubblico previo riempimento di cartelle distribuite tramite il Radiocorriere TV, si era verificato il mal funzionamento del centralino telefonico al quale il pubblico doveva comunicare le vincite e che i conduttori di tale trasmissione non erano stati in grado di rimediare a tale disguido, con conseguente sostanziale flop della Tombola – citò in giudizio la DMB&B SpA (poi BGS DMB&B ed oggi fusa nella Re:Sources Italy srl), la IMP (poi ARC srl ed anch’essa fusa nella Re:Sources Italy srl), la Sipra, la Nuova ERI, Telecontatto e la Rai chiedendo la loro condanna in solido al pagamento di L. 5 miliardi a titolo di risarcimento del danno sofferto a causa della pretesa mala gestio della predetta trasmissione televisiva; contro la BGS e la IMP; inoltre la Bistefani svolse anche un’altra domanda di condanna per il pagamento in proprio favore delle somme di L. 19.680.999 e di L. 99.831. Tutte le convenute si costituirono chiedendo il rigetto delle domande attrici.
La DMB&B e la IMP svolsero anche una domanda riconvenzionale contro la Bistefani per il pagamento di complessive L. 462.604.345 oltre interessi e rivalutazione monetaria, quali somme dovute per i servizi resi a favore della predetta. Il Giudice Istruttore a scioglimento della riserva presa in data 8 novembre 1994 rigettò tutte le istanze istruttorie richieste dalla Bistefani, ritenendole irrilevanti od inammissibili e ritenendo infondata la richiesta di CTU apparendo essa generica nel suo oggetto e ininfluente ai fini della decisione.
Il Giudice rinviò, quindi, la causa, ritenuta matura per la decisione, all’udienza del 30 giugno 1995 per la precisazione delle conclusioni. In data 30 giugno 1995 le parti precisarono le rispettive conclusioni e la DMB e la IMP. in riconvenzionale, chiesero ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c., remissione a carico della Bistefani di un’ordinanza di pagamento della somma di L. 442.823.515 oltre interessi e rivalutazione monetaria (L. 462.604.345 dedotte L. 19.780.830) in quanto somma non contestata dalla Bistefani. Con ordinanza emessa fuori udienza il Giudice Istruttore in data 26 febbraio 1996 condannò la Bistefani al pagamento ex art. 186 quater c.p.c., della predetta somma. La causa veniva quindi assegnata in decisione, ma, prima dell’udienza collegiale la Bistefani depositò alcuni nuovi documenti, ivi comprese due “relazioni tecniche giurate”. Sospeso nel frattempo il giudizio in attesa dell’assegnazione alle sezioni stralcio, con decreto del 15 marzo 2001 la causa venne rimessa sul ruolo per il tentativo di conciliazione da svolgersi avanti al GOA designato. All’udienza del 10 maggio 2001, fissata per l’esperimento del tentativo di conciliazione L. n. 276 del 1997, ex art. 13, si costituì un nuovo difensore per la Bistefani chiedendo la revoca dell’ordinanza con la quale era stata disposta la precisazione delle 5 conclusioni e la richiesta di concessione di termini per il deposito di memorie istruttorie. A tali istanze si opposero tutte le parti convenute, contestando altresì la tardi vita e l’inammissibilità delle produzioni documentali effettuate dalla parte attrice dopo la precisazione delle conclusioni del 30 giugno 1995; tutte le parti riconfermarono altresì le conclusioni già assunte e chiesero che la causa venisse trattenuta in decisione. Il GOA, in veste di Giudice Unico, trattenne quindi la causa in decisione assegnando i termini di legge per il deposito delle conclusionali e delle memorie di replica.
Il 26 maggio 2003 venne depositata la sentenza di primo grado, la quale accolse la domanda di risarcimento danni subiti dalla Bistefani, condannando la DMB&B e la IMP al risarcimento del danno quantificato in L. 384.927.260. pari ad Euro 198.798,33, e confermando l’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., di condanna della Bistefani a pagare alla DMB ed alla 1MP la somma di Euro 228.699.25 (paria L. 442.823.515) oltre interessi legali, compensando altresì le spese tra le parti. In seguito a questa sentenza, fatte le debite compensazioni, la ricorrente pagò alla Bistefani, con riserva di ripetizione, la somma di Euro 63.035.54 (Con atto notificato in data 27 maggio 2004. la Re:Sources propose appello avverso tale sentenza chiedendone la riforma nel capo in cui liquidava alla Bistefani il danno che quest’ultima pretendeva di avere subito in seguito all’esecuzione della predetta Tombola di Natale. Si costituì in giudizio con comparsa del 17 settembre 2004 la Bistefani chiedendo la reiezione della domanda della ricorrente e proponendo appello incidentale. Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 24 giugno 2009, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale: a) ha rigettato la domanda di condanna della Bistefani al pagamento della somma di L. 442.823.515 pari ad Euro 228.699,25 oltre interessi (di cui all’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.) e ne ha ordinato la restituzione alla Bistefani; ha condannato la Re:sources al pagamento a favore della Bistefani, a titolo risarcitorio della somma di Euro 49.699,58, pari ad un quarto della somma di Euro 198.798.33. 2. Nel proprio ricorso, la Re:Sources Italy S.r.l. deduce i seguenti sette motivi:
2.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1292, 1294, 1304, 1326, 1362, 1363, 1366, 1377, 1371, 1965, 1967 c.c. e artt. 210 e 118 c.p.c., e chiede alla Corte: 2.1.1 in caso di rinuncia agli atti del giudizio o fronte di una prestazione di servizi si realizza una transazione?; 2.1.2 questa transazione così costituita ha effetto liberatorio nei confronti del condebitore solidale che abbia dichiarato di volerne profittare? 2.1.3 la pattuizione relativa alla limitazione della transazione alla sola quota interna del condebitore stipulante può essere opposta all’altro condebitore che abbia dichiarato di voler profittare della transazione prima che tale pattuizione venga stipulata? 2.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1377, 1371, 1965 e 1967 c.c. e artt. 210 e 118 c.p.c. e art. 94 disp. att. c.p.c. e chiede alla Corte 2.2.1 in caso di rinuncia agli atti del giudizio a fronte di una prestazione di servizi si realizza una transazione? 2.2.2 la produzione in giudizio di parte del contenuto di un contratto esime il giudice del merito dall’indagare sul contenuto dell’intero contratto? 2.2.3 la mancata emissione dell’ordine di esibizione da parte del giudice del merito in presenza dei requisiti di indispensabilità dell’acquisizione del documento in giudizio e della certezza della sua esistenza viola le norme di cui agli artt. 118, 210 c.p.c. e art. 94 disp. att. c.p.c.? 2.3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 184, 187, 188, 189, 191, 194, 201 c.p.c. e chiede alla Corte: 2.3.1 un documento contente valutazioni tecniche da un esperto di parte al di fuori del procedimento di consulenza tecnica d’ufficio può essere qualificata come consulenza tecnica di parte? 2.3.2 nel vigore del c.p.c. nel testo al 30 aprile 1995 può essere prodotto legittimamente in giudizio un documento dopo la precisazione delle conclusioni? 2.4. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte territoriale considerato i seguenti “tatti controversi (anzi pacifici)”: 2.4.1 la presenza di una limitazione pattizia della responsabilità del mandatario 2.4.2 l’avere la Bistefani autorizzato la sostituzione di terzi al mandatario nell’esecuzione dell’incarico.
2.5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1228, 1229, 1362, 1363, 1366, 1377, 1371, 1708, 1710, 1717 c.c. e chiede alla Corte:
2.5.1 la presenza della clausola con la quale viene esclusa la responsabilità del mandatario per il fatto dei terzi ausiliari vale ad esimere il mandatario stesso dalla responsabilità relativa? 2.5.2 l’avere il mandante autorizzato l’utilizzo degli ausiliari necessari per portare a termine a produzione dell’evento costituisce esimente della responsabilità del mandatario ex art. 1717 c.c., comma 1? 2.6. Violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 113 c.p.c. e chiede alla Corte: in caso di proposizione di sola domanda costitutiva può il giudice emettere una domanda costitutiva e di condanna, ancorchè consequenziale. senza incorrere nel vizio di extrapetizione? 2.7. Violazione e falsa applicazione degli artt. 123, 1226, 2697, 2727, 2728, 2729 c.c. e artt. 113, 114, 115 e 116 c.p.c. e chiede alla Corte se violi detti articoli il giudice che accolga una domanda risarcitoria sulla base di elementi probatori insufficienti e generici e comunque non comprovanti il nesso di causalità tra il presunto inadempimento e il danno.
3. Resiste con controricorso la Bistefani, chiedendo di respingersi il ricorso: propone contestualmente ricorso incidentale sulla base dei due seguenti motivi:
3.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 278 c.p.c. e art. 1223 c.c. e chiede alla Corte se. accertato un evento pregiudizievole imputabile al danneggiale ed accertata la contrazione delle vendite come conseguenza dell’evento secondo l’id quod plerumque accidit l’accertamento del nesso di causalità tra l’evento e le singole vendite faccia parte della liquidazione da compiere sulla base dei mezzi istruttori all’uopo dedotti e sulla base di criteri probabilistici.
3.2. Violazione dell’art. 1304 c.c. e chiede alla Corte se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che la transazione fatta dal creditore con più soggetti debitori costituenti un’unica parte produce effetti nei confronti degli altri debitori che abbiano dichiarato di volerne approfittare ma limitatamente all’unica quota di danno imputabile all’unica parte soggettivamente complessa. La ricorrente principale ha prodotto memoria.
4. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza ( art. 335 c.p.c.).
4.1. La censure del ricorso principale e di quello incidentale sono prive di pregio. In primo luogo, i quesiti, come sopra formulati nei motivi che deducono violazione di legge, si rivelano inidonei. Una formulazione del quesito di diritto adeguata alla sua funzione richiede, come noto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007. n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare. Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati alla fine dei motivi che deducono violazioni di legge (tutti ad eccezione del 4^ del ricorso principale che denuncia un vizio motivazionale) dato che non contengono adeguati riferimenti alla fattispecie oggetto della sentenza impugnata, nè espongono le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s’invoca l’applicazione, si limitano ad enunciazioni di carattere generale ed astratto che, che presuppongono tutte una valutazione delle risultanze di causa in senso difforme da quella operata dalla Corte territoriale, non riconducibili alla fattispecie esaminata in sentenza, sicchè non consentonò di dare risposte utili a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420). In particolare, i motivi 2^ 6^ e 7^ del ricorso principale ed il 2^ di quello incidentale sono inammissibili perchè il quesito di diritto non può risolversi – come alla fine degli stessi – in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta, ovvero in cui la risposta non consente di risolvere il caso sub indice (Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28536).
4.2. Senza contare che sussiste, in rapporto ai predetti motivi 1^, 2^, 5^ e 7^ del ricorso principale e di entrambi di quello incidentale, anche un altro profilo d’inammissibilità delle censure, dato che si deve ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.);
viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010; 4178/07; 10316/06; 15499/04). Nei predetti motivi, infatti, l’assunta violazione di legge si basa sempre e presuppone una diversa ricostruzione delle risultanze di causa (come, nel 1^ motivo, 5^ interpretazione della volontà delle parti sulla portata dell’accordo tra alcune di esse; nel 2^ la ricostruzione del contenuto del documento della cui esibizione si discute, nel 5^, nel 7^ ed in quelli del ricorso incidentale la ricostruzione dei fatti di causa come congruamente operata dai giudici di merito), censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detti motivi (v. paragrafo successivo).
4.3. Inoltre, nel caso, con riferimento al quarto motivo del ricorso principale, con il quale vengono denunziati vizi di motivazione, la ricorrente non ha formulato il richiesto momento. Difetta, pertanto, la “chiara indicazione” del “fatto controverso” e delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall’art. 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007. n. 16002).
4.4. L’individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte, oltre che consistere in un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, apprezzate con congrua motivazione nella sentenza impugnata.
5. Pertanto, i ricorsi vanno dichiarati entrambi inammissibili.
Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa le spese.