Ordinanza N. 1 del 1979
Corte Costituzionale
Data generale
09/01/1979
Data deposito/pubblicazione
09/01/1979
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/01/1979
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
Esperia Volpe, in nome e per conto del comitato promotore del
“referendum abrogativo degli artt. 546, 547, 548, 549, secondo comma,
550, 551, 552, 554, 555 del codice penale, emanato con R.D. 19 ottobre
1930, n. 1398”, quale rappresentante dei firmatari della relativa
richiesta, pervenuto in cancelleria il 23 ottobre 1978 ed iscritto al
n. 14 del registro a.r. 1978, per conflitto di attribuzioni sorto a
seguito dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum presso
la Corte di cassazione, depositata nella cancelleria della Corte di
cassazione il 26 maggio 1978, con la quale si dichiara che “le
operazioni di cui alla richiesta di referendum popolare, presentata il
12 luglio 1975 per l’abrogazione degli artt. 546, 547, 548, 549,
secondo comma, 553, 554, 555 codice penale non hanno più corso”.
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1978 il Giudice
relatore Antonio La Pergola.
Ritenuto che il Comitato promotore del referendum abrogativo ha, in
rappresentanza dei firmatari della relativa richiesta, sollevato
conflitto di attribuzione nei confronti dell’Ufficio centrale per il
referendum presso la Corte di cassazione, deducendo, con ricorso in
data 23 ottobre 1978: che, nel corso della procedura conseguente alla
presentazione della anzidetta richiesta di referendum, il Parlamento
ha, con l’articolo 22 della legge 22 maggio 1978, n. 194 – “Norme per
la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della
gravidanza” – abrogato l’intero titolo X del libro II c.p., in cui si
trovano tutte le norme, delle quali era stata chiesta l’abrogazione
popolare; che nella specie vengono in considerazione i criteri
enunciati da questa Corte nelle sentenze nn. 68 e 69 del 1978: e
precisamente, vertendo la richiesta di referendum sull’abrogazione di
un organico complesso di norme, che l’Ufficio centrale era tenuto,
prima di dichiarare cessate le relative operazioni ai sensi dell’art.
39 della legge n. 352 del 1970, a valutare se la nuova disciplina
lasciasse sostanzialmente inalterati i principi informatori della
preesistente legislazione oggetto del quesito referendario, ed in
questa evenienza a disporre che il referendum fosse trasferito alla
normazione sopravvenuta; che l’Ufficio centrale avrebbe erroneamente
applicato l’art. 39 della legge n. 352 del 1970 al caso in esame,
ritenendo che la legge 22 maggio 1978 abbia modificato i principi
informatori delle norme contemplate dalla richiesta di abrogazione
popolare, laddove, alla stregua dei canoni ermeneutici indicati nelle
citate sentenze di questa Corte, esso avrebbe dovuto ritenere il
contrario; che pertanto l’ordinanza dell’Ufficio centrale, depositata
il 26 maggio 1978, avrebbe, col dichiarare cessate le operazioni
referendarie, violato l’interesse costituzionalmente protetto dei
promotori del referendum, ed invaso la sfera a questi riservata.
Ritenuto che dai ricorrenti viene chiesto a questa Corte di
dichiarare che all’Ufficio centrale non è attribuito il potere di
disporre la cessazione delle operazioni di cui alla richiesta di
referendum riguardante gli artt. 546, 547, 548, 549, secondo comma,
550, 551, 552, 554 e 555 del codice penale, e di annullare
conseguentemente l’ordinanza dell’Ufficio centrale del referendum
depositata in data 26 maggio 1978.
Considerato che a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della
legge n. 87 del 1953, la Corte è in questa fase chiamata a deliberare
senza contraddittorio se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista
“la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua
competenza”, rimanendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di
ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, nel corso
ulteriore del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni.
Che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per determinare se
vi sia materia di conflitto deve accertarsi unicamente, in via di
prima deliberazione, la concorrenza dei requisiti di ordine soggettivo
ed oggettivo prescritti dal primo comma dell’art. 37 della legge n. 87
del 1953, e cioè se il conflitto sorga fra organi competenti a
dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, e
per la delimitazione della sfera di attribuzioni, determinata, per i
vari poteri, da norme costituzionali.
Che, dal punto di vista soggettivo – come questa Corte ha in altre
pronunzie affermato (ordinanza n. 17 e sentenza n. 69 del 1978) – la
frazione del corpo elettorale, identificata dall’art. 75 della
Costituzione in almeno cinquecentomila elettori firmatari di una
richiesta di referendum abrogativo, è, in virtù delle funzioni ad
essa attribuite e garantite, assimilabile ad un potere dello Stato, e
così legittimata a sollevare conflitto di attribuzione ai sensi degli
artt. 134 Cost. e 37 della legge 87 del 1953; che competenti a
dichiarare in questa sede le volontà dei firmatari della richiesta
devono considerarsi i promotori ed, in quanto sono anche i promotori,
i presentatori della richiesta stessa; che d’altra parte sussiste la
legittimazione passiva dell’Ufficio centrale presso la Corte di
cassazione; in quanto organo investito, in via esclusiva e definitiva,
del potere sia di decidere sulla legittimità delle richieste di
referendum abrogativo, sia di disporre la cessazione delle relative
operazioni, nei limiti previsti, secondo la sentenza n. 68 del 1978,
nell’art. 39 della legge 352 del 1970.
Che, sotto il profilo oggettivo, il conflitto sollevato attiene
alla sfera di applicazione dell’istituto del referendum abrogativo
configurato dal testo costituzionale, essendo stato dedotto dai
ricorrenti che l’Ufficio centrale non aveva il potere di disporre la
cessazione delle operazioni relative al referendum abrogativo degli
artt. 546, 547,548,549, secondo comma, 550, 551, 552,554, 555 codice
penale: e cioè sull’assunto che ai promotori del referendum è
garantita la funzione di provocare lo svolgimento della consultazione
popolare anche con riguardo alle norme sopravvenute nelle more della
procedura, le quali risultino ispirate agli stessi principi
informatori delle norme inizialmente indicate nella richiesta di
referendum.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservato ogni definitivo giudizio circa l’ammissibilità e circa
il merito del ricorso;
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge n. 87 del
1953, il ricorso per conflitto di attribuzione di cui in epigrafe.
Dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione al
comitato ricorrente, nelle persone di tutti i suoi componenti come
indicato in ricorso, della presente ordinanza;
b) che, a cura del comitato ricorrente il ricorso e la presente
ordinanza siano notificati all’Ufficio centrale per il referendum
presso la Corte di cassazione, entro 20 giorni dalla data di
ricevimento della comunicazione di cui sopra.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 gennaio 1979.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROHERSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere