Ordinanza N. 411 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
28/11/1994
Data deposito/pubblicazione
28/11/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/11/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO;
della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza pubblica); del combinato disposto degli artt. 6, commi 3, 5,
6 e 7, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in
materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11
novembre 1983, n. 638 e 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993,
n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica); dell’art. 4 del
decreto legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di
previdenza, di sanità e di pubblico impiego nonché disposizioni
fiscali), convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, e dell’art. 6
del decreto legge 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in
materia previdenziale), convertito nella legge 1 giugno 1991, n.
166, promossi con ordinanze emesse il 14 gennaio 1994 dal Tribunale
di Ancona, il 26 gennaio 1994 dal Tribunale di Torino, il 20 gennaio
1994 dal Tribunale di Lamezia Terme, il 5 febbraio 1994 dal Pretore
di Lecce, il 14 gennaio 1994 dal Pretore di Urbino, il 14 gennaio
1994 dal Tribunale di Ancona, il 21 gennaio 1994 dal Tribunale di
Verona, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 4 ordinanze),
il 28 gennaio 1994 dal Pretore di Bolzano, il 18 gennaio 1994 dal
Tribunale di Pesaro, il 18 gennaio 1994 dal Tribunale di Belluno (n.
6 ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 3
ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona, il 26 gennaio
1994 dal Pretore di Brescia (n. 2 ordinanze), il 9 marzo 1994 dal
Pretore di Torino, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 7
ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona (n. 2
ordinanze), il 7 febbraio 1994 dal Pretore di Chieti, il 17 marzo
1994 dal Pretore di Prato, il 9 marzo 1994 dal Tribunale di Padova,
il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 5 ordinanze), il 28
aprile 1994 dal Pretore di Campobasso, il 16 marzo 1994 dal Tribunale
di Genova (n. 5 ordinanze), l’8 febbraio 1994 dal Tribunale di
Treviso, il 17 marzo 1994 dal Tribunale di Ravenna, il 15 febbraio
1994 dal Pretore di Palmi e l’1 febbraio 1994 dal Pretore di Bari,
rispettivamente iscritte ai nn. 121, 127, 137, 138, 157, 180, 190,
194, 195, 196, 197, 201, 208, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 218,
219, 223, 224, 225, 236, 237, 238, 239, 240, 241, 242, 243, 264, 265,
277, 278, 308, 325, 326, 327, 328, 329, 369, 371, 372, 373, 374, 375,
386, 408, 410 e 444 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20,
21, 23, 24, 26, 27, 28 e 30, prima serie speciale, dell’anno 1994;
Visti gli atti di costituzione di Rossi Cesira, Mairhofer Maria,
Amantini Olga, Santilli Marino, Cavagnini Lucia, Boniotti Angela,
Gaspari Domenico, Rovai Gino, Canneva Caterina, Luisi Teresa, e
dell’I.N.P.S., nonché gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Ritenuto che nel corso di cinque analoghi procedimenti di appello
promossi dall’INPS avverso le sentenze di primo grado che avevano
riconosciuto agli appellati, titolari di pensione diretta integrata
al trattamento minimo e di pensione di riversibilità maturata in
epoca anteriore al 30 settembre 1983, il diritto alla riliquidazione
della seconda pensione con integrazione al minimo nell’importo
cristallizzato alla data indicata, il Tribunale di Ancona, con cinque
ordinanze del 14 gennaio 1994, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993,
n. 537;
che, ad avviso del giudice remittente, la disposizione impugnata
viola: a) gli artt. 3 e 38 Cost. perché, prevedendo l’immediata
riduzione del trattamento pensionistico complessivo dei titolari di
più pensioni, li sottopone a un trattamento più sfavorevole di
quello previsto dall’art. 6 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463,
convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per i titolari di
unica pensione, in contrasto con l’interpretazione del comma 7 del
citato art. 6 sancita dalla sentenza n. 418 del 1991 di questa Corte;
b) gli artt. 101 e 104 Cost. perché, in via di interpretazione
autentica, attribuisce all’art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.-l. n. 463
del 1983 un significato difforme dall’interpretazione prevalsa nella
giurisprudenza ordinaria;
che nel dispositivo delle ordinanze è affermato anche un
contrasto con l’art. 77 Cost., senza peraltro alcun riscontro nella
motivazione;
che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si sono
costituiti alcuni dei ricorrenti chiedendo la dichiarazione di
illegittimità costituzionale della norma denunciata;
che si è costituito l’INPS ed è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato,
chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata infondata;
che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 38, 101 e 104 Cost., dal Tribunale di Verona, con ordinanza
del 21 gennaio 1994, e dal Tribunale di Genova, con cinque ordinanze
in data 16 marzo 1994;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale introdotto
dall’ordinanza del Tribunale di Genova iscritta in R.O. n. 372/1994
si è costituita la parte privata, concludendo per la fondatezza
della questione;
che in tutti i giudizi si è costituito l’INPS chiedendo che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata, ed è intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo una declaratoria di manifesta
infondatezza;
che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Urbino con ordinanza del 14
gennaio 1994, dal Tribunale di Pesaro con ordinanza del 18 gennaio
1994, dal Pretore di Prato con ordinanza del 17 marzo 1994, nonché,
in riferimento al solo art. 3 Cost., dal Pretore di Torino con
ordinanza del 9 marzo 1994;
che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si sono
costituiti alcuni degli assicurati chiedendo la dichiarazione di
illegittimità costituzionale della norma impugnata;
che si è costituito l’INPS ed è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Brescia, con ordinanza del 26
gennaio 1994, esclusivamente motivata per relationem alle
argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione della Corte di
cassazione in data 26 maggio 1992 (R.O. n. 335/1992);
che nel relativo giudizio davanti alla Corte costituzionale si
è costituita la parte privata aderendo a tali argomentazioni, pur
rilevando l’inusualità del modo di motivazione adottato dal giudice
remittente;
che si è costituito l’INPS ed è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato,
chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata infondata;
che la medesima questione è stata sollevata dal Pretore di
Brescia con altra ordinanza, analogamente motivata, del 26 gennaio
1994, nella quale, congiuntamente con l’art. 11, comma 22, della
legge n. 537 del 1993, sono impugnati, in riferimento,
rispettivamente, all’art. 3 Cost. e agli artt. 3 e 38 Cost., l’art. 4
del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14
novembre 1992, n. 438, e l’art. 6 del d.-l. 29 marzo 1991, n. 103,
convertito nella legge 1 giugno 1991, n. 166, rinviando
integralmente, per le questioni aggiuntive, alla motivazione
contenuta nell’ordinanza di rimessione emessa dallo stesso pretore in
data 13 maggio 1993 e iscritta in R.O. n. 788/1993;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituita la parte privata chiedendo una declaratoria di fondatezza;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata manifestamente infondata;
che la legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 22, della
legge n. 537 del 1993 è messa in dubbio anche dal Tribunale di
Belluno con sei ordinanze in data 18 gennaio 1994, in riferimento: a)
all’art. 3 Cost., perché la norma denunciata determina
un’ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che hanno già
ottenuto, con provvedimento definitivo, il riconoscimento del diritto
alla plurima integrabilità al minimo delle pensioni godute in data
anteriore al 1 ottobre 1983, con cristallizzazione della pensione di
riversibilità, e coloro che, trovandosi nella medesima situazione ed
avendo tempestivamente fatto valere la relativa pretesa, si trovano
ancora sub iudice ; b) agli artt. 24 e 113 Cost. perché la norma
denunciata invade la sfera delle funzioni riservate all’autorità
giudiziaria con conseguente lesione del diritto di difesa degli
interessati; c) agli artt. 136 e 137 Cost. perché essa vanifica le
numerose sentenze costituzionali di accoglimento intervenute in
materia;
che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si è
costituito l’INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata;
che analoga questione è stata sollevata: a) dai Tribunali di
Lecco, con diciannove ordinanze del 14 gennaio 1994, e di Padova, con
ordinanza del 9 marzo 1994, dai Pretori di Chieti e di Palmi, con
ordinanze del 7 e del 15 febbraio 1994, i quali impugnano il
combinato disposto degli artt. 11, comma 22, della legge n. 537 del
1993 e 6, commi 5, 6 e 7, del d.-l. n. 463 del 1983, in riferimento
agli artt. 3, 38, secondo comma, e 104 Cost.; b) dai Tribunali di
Lamezia Terme, Torino, Treviso e Ravenna e dai Pretori di Campobasso
e di Bari, con ordinanze, rispettivamente, in data 20 gennaio, 26
gennaio, 8 febbraio, 17 marzo, 28 aprile e 1 febbraio 1994, le quali
impugnano il combinato disposto degli artt. 6, comma 7, del d.-l. n.
463 del 1983 e 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993, con
riferimento, variamente distribuito, agli artt. 3, 38, secondo comma,
101, 102 e 104 Cost.;
che nella maggior parte dei giudizi davanti alla Corte
costituzionale si è costituito l’INPS ed è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura
dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile
o infondata;
che nei giudizi promossi davanti alla Corte costituzionale dalle
ordinanze dei Pretori di Chieti e di Bari si sono costituiti gli
assicurati, chiedendo che la normativa impugnata sia dichiarata
costituzionalmente illegittima;
che il Pretore di Lecce, con ordinanza del 5 febbraio 1994,
premesso che “la disposizione in esame, nonostante la sua definizione
quale norma di interpretazione autentica, presenta contenuto
innovativo rispetto a quella di cui avrebbe dovuto specificare il
significato”, ha impugnato il combinato disposto degli artt. 11,
comma 22, della legge n. 537 del 1993 e 6, comma 7, del d.-l. n. 463
del 1983, limitatamente alla parte in cui dispone retroattivamente
per il periodo 1 ottobre 1983 – 31 dicembre 1993, per contrasto con
l’art. 3 Cost. e analoga questione, limitata al profilo della
retroattività, è stata sollevata, in relazione anche ai commi 3, 5
e 6 dell’art. 6, dal Pretore di Bolzano con ordinanza del 28 gennaio
1994, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost.;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale promosso
dalla seconda ordinanza, si è costituita la parte privata
concludendo per la manifesta inammissibilità della questione;
che in entrambi i giudizi si è costituito l’INPS ed è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata;
Considerato che i giudizi introdotti dalle 53 ordinanze, avendo
per oggetto questioni identiche o analoghe, possono essere riuniti
per essere decisi con unico provvedimento;
che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11,
comma 22, della legge n. 537 del 1993, è già stata decisa da questa
Corte, nel senso della parziale fondatezza, con sentenza n. 240 del
1994, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., mentre restano
assorbite le censure riferite agli artt. 24, 77, 101, 102, 104, 113,
136 e 137 Cost., anche con riguardo al combinato disposto del citato
art. 11, comma 22, e dell’art. 6, commi 3, 5, 6 e 7 del d.-l. 12
settembre 1983, n. 463;
che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 del
d.-l. n. 384 del 1992 e dell’art. 6 del d.-l. n. 103 del 1991 sono
motivate esclusivamente per relationem, e pertanto devono, per questa
ragione, essere dichiarate manifestamente inammissibili, in
conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (sent. n.
173 del 1987; ord. nn. 166, 311, 552 del 1987, 234 e 405 del 1991, 28
del 1994).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 22, della legge 24
dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) –
già dichiarato pro parte costituzionalmente illegittimo con sentenza
n. 240 del 1994 – sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 38, 77,
101, 104, 113, 136 e 137 della Costituzione, dai Tribunali di Ancona,
Belluno, Pesaro, Verona e Genova e dai Pretori di Urbino, Prato,
Brescia e Torino, con le ordinanze in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 6, commi
3, 5, 6 e 7, del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in
materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini), convertito nella legge
11 novembre 1983, n. 638 e del citato art. 11, comma 22, della legge
24 dicembre 1993, n. 537, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 38,
101, 102 e 104 della Costituzione, dai Tribunali di Lecco, Lamezia
Terme, Torino, Treviso, Padova e Ravenna e dai Pretori di Bolzano,
Bari, Chieti, Lecce, Palmi e Campobasso, con le ordinanze in
epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.-l. 19 settembre 1992,
n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di
pubblico impiego nonché disposizioni fiscali), convertito nella
legge 14 novembre 1992, n. 438, sollevata, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, dal Pretore di Brescia con l’ordinanza R.O. n.
225/94 in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 6 del d.-l. 29 marzo 1991, n.
103 (Disposizioni urgenti in materia previdenziale), convertito nella
legge 1 giugno 1991, n. 166, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
38 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con la medesima
ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 28 novembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA