Ordinanza N. 411 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
24/12/1996
Data deposito/pubblicazione
24/12/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/12/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof.
Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Fernanda CONTRI, prof.
Guido NEPPI MODONA, prof. Pier Alberto CAPOTOSTI;
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1996
dal pretore di Crotone, sezione distaccata di Petilia Policastro, nel
procedimento penale a carico di Manfreda Vincenzo, iscritta al n. 623
del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 novembre 1996 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
Ritenuto che il pretore di Crotone ha sollevato, con ordinanza del
6 marzo 1996, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione e
in relazione all’art. 2, direttiva n. 103, della legge-delega per il
nuovo codice di procedura penale 16 febbraio 1987, n. 81, questione
di legittimità costituzionale dell’art. 34 (comma 2) del codice di
procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa
partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini
preliminari presso la pretura che, sulla richiesta di archiviazione
formulata dal pubblico ministero, abbia ordinato a quest’ultimo di
eseguire ulteriori indagini, a norma dell’art. 554, comma 2, del
codice di procedura penale (quale risultante a seguito della sentenza
n. 445 del 1990 di questa Corte, dichiarativa dell’illegittimità
costituzionale della disposizione nella parte in cui, diversamente da
quanto stabilito nell’art. 409, comma 4, per i procedimenti di
competenza del tribunale, non prevedeva la possibilità per il
giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale
di indicare le ulteriori necessarie indagini al pubblico ministero,
fissando il termine indispensabile per il loro compimento),
ravvisando, nell’anzidetta ipotesi, alla luce anche degli enunciati
della sentenza n. 432 del 1995 di questa Corte, una menomazione del
principio di terzietà del giudice, in contrasto con la citata
direttiva n. 103 della legge-delega;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per l’infondatezza della questione;
Considerato che questa Corte ha già affrontato e risolto nel senso
della manifesta infondatezza analoghe questioni;
che, posta la premessa generale secondo cui può configurarsi una
incompatibilità del giudice rispetto alla funzione di giudizio solo
quando la valutazione precedentemente effettuata dal medesimo giudice
sia resa nell’ambito e in occasione dello svolgimento di funzioni
decisorie e non anche puramente processuali (sentenze nn. 131 del
1996; 455 e 453 del 1994), questa Corte ha, più in particolare,
osservato che, con il provvedimento con il quale dispone che il
pubblico ministero compia ulteriori indagini, il giudice per le
indagini preliminari non effettua una valutazione contenutistica del
materiale di indagine, ma adotta una decisione di natura processuale,
meramente interlocutoria, che può essere seguita non solo
dall’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero ma
anche da un’ulteriore richiesta di archiviazione e quindi dalla gamma
dei provvedimenti che in tale ultimo caso il giudice può adottare, a
norma dell’art. 409 del codice di procedura penale (ordinanze nn. 281
del 1996; 157 del 1993);
che le argomentazioni addotte dal giudice a quo in riferimento al
principio di separazione tra le funzioni di accusa e quelle di
giudice e sotto il profilo della violazione della legge-delega, al di
là della piena pertinenza dei parametri invocati, non sono comunque
idonee a condurre a diversa conclusione, dovendo restare fermo il
necessario presupposto della valutazione decisoria e di contenuto non
puramente processuale ai fini della configurabilità di un
pregiudizio incidente sull’imparzialità del giudice, presupposto che
nell’ipotesi dedotta non ricorre;
che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata
manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal
pretore di Crotone, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 dicembre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 24 dicembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola