Ordinanza N. 422 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
27/12/1996
Data deposito/pubblicazione
27/12/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI;
della legge 13 – esattamente: 19 – febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze
per il personale di magistratura), dell’art. 1, primo comma, della
legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale
delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell’art. 1, primo
comma, della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione
dell’indennità giudiziaria al personale amministrativo delle
magistrature speciali), promosso con ordinanza emessa il 12 aprile
1995 dal Tribunale amministrativo per l’Abruzzo sul ricorso proposto
da Anna Paola Biordi ed altri contro il Consiglio di Stato ed altri,
iscritta al n. 204 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale,
dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo,
con ordinanza emessa il 12 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento
all’art. 38, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3, primo comma, della legge 13
– esattamente: 19 – febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il
personale di magistratura), dell’art. 1, primo comma, della legge 22
giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle
cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell’art. 1, primo comma,
della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell’indennità
giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali),
nella parte in cui dispongono la non pensionabilità della speciale
indennità prevista dalle stesse norme;
che il dubbio di legittimità costituzionale è stato sollevato
nel corso di un giudizio, promosso da personale delle segreterie
giudiziarie in servizio presso lo stesso Tribunale regionale, volto
ad accertare il diritto al computo dell’indennità giudiziaria nella
base di calcolo per il trattamento di quiescenza e per l’indennità
di buonuscita;
che, ad avviso del giudice rimettente, l’indennità giudiziaria
costituirebbe elemento della retribuzione, strettamente connesso con
l’effettiva prestazione del servizio, sicché la sua non
pensionabilità violerebbe l’art. 38, secondo comma, della
Costituzione, in quanto il trattamento di quiescenza, che della
retribuzione costituisce un prolungamento a fini previdenziali,
dovrebbe essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro
prestato e, in ogni caso, dovrebbe assicurare al lavoratore e alla
sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze di vita per un’esistenza
libera e dignitosa;
che il Tribunale amministrativo regionale, pur avendo presente
che identica questione è stata dichiarata non fondata (sentenza n.
119 del 1991), ritiene di riproporla, in quanto l’attuazione dei
principi costituzionali non potrebbe essere subordinata a scelte del
legislatore che contemperino il complesso dei valori e degli
interessi costituzionali coinvolti in relazione ai mezzi finanziari
necessari per fronteggiare la spesa;
che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o infondata;
Considerato che identica questione è già stata dichiarata non
fondata (sentenza n. 119 del 1991), giacché il trattamento di
quiescenza, che della retribuzione costituisce un prolungamento a
fini previdenziali, deve essere proporzionato alla qualità e
quantità del lavoro prestato, ma ciò non comporta che sia garantita
in ogni caso l’integrale corrispondenza tra retribuzione e pensione
(da ultimo, sentenze n. 311 del 1995, nn. 449 e 441 del 1993);
che, in considerazione del potere del legislatore di graduare i
fini perseguiti anche in rapporto a valutazioni d’ordine finanziario,
l’esclusione della pensionabilità dell’indennità giudiziaria non
costituisce un uso arbitrario e irragionevole della discrezionalità
legislativa in ordine all’attuazione dei valori espressi dall’art.
38 della Costituzione (sentenza n. 119 del 1991);
che la natura dell’indennità retributiva giudiziaria quale
normale componente del trattamento economico non vale a dimostrare
l’incostituzionalità della esclusione di tale indennità dal calcolo
della pensione, giacché la commisurazione del trattamento
pensionistico al reddito percepito in costanza di rapporto di lavoro
incontra un limite nel necessario contemperamento della tutela del
pensionato con le disponibilità del bilancio pubblico, a carico del
quale è finanziato in buona parte il sistema previdenziale (da
ultimo, sentenza n. 361 del 1996);
che nessun nuovo argomento è stato addotto dal giudice
rimettente, tale da superare la precedente decisione;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio
1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), dell’art.
1, primo comma, della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a
favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e
dell’art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio 1989, n. 51
(Attribuzione dell’indennità giudiziaria al personale amministrativo
delle magistrature speciali), sollevata, in riferimento all’art. 38,
secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale per l’Abruzzo con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Di Paola
Depositato in cancelleria il 27 dicembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola