Ordinanza N. 426 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
27/12/1996
Data deposito/pubblicazione
27/12/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA;
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio
1996 dal pretore di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme
nel procedimento penale a carico di Baldini Roberto, iscritta al n.
388 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio dell’11 dicembre 1996 il giudice
relatore Giuliano Vassalli;
Ritenuto che il pretore di Pistoia, Sezione distaccata di
Monsummano Terme premette, in fatto, che la difesa dell’imputato ha
tempestivamente eccepito l’incompetenza per territorio, rilevando che
nei confronti del medesimo imputato è stato emesso decreto di
citazione a giudizio davanti al pretore di Pisa per il reato di cui
all’art. 367 cod. pen. commesso in Pisa e per il connesso reato
previsto dall’art. 1 della legge 15 dicembre 1990, n. 386, reato,
quest’ultimo, in relazione al quale la competenza spetta allo stesso
giudice rimettente, in conformità a quanto deciso dalla Corte di
cassazione con la sentenza che ha risolto il conflitto tra il pretore
di Livorno ed il medesimo giudice a quo;
che la difesa dell’imputato – si precisa ancora nella ordinanza
di rimessione – ha sottolineato come nella specie lo stesso giudice
dovrebbe dichiararsi territorialmente incompetente a norma del
combinato disposto degli artt. 21, secondo comma, e 12, lettera b),
cod. proc. pen., in quanto la competenza va radicata in capo ad un
terzo giudice, identificato nel pretore di Pisa, giacché,
procedendosi separatamente nei confronti dello stesso imputato per
reati connessi, competente per tutti i procedimenti è, a norma
dell’art. 16 cod. proc. pen., il giudice competente per il reato più
grave, vale a dire il pretore di Pisa davanti al quale l’imputato
deve essere giudicato per il reato previsto dall’art. 367 cod. pen.,
relativo proprio ad uno degli assegni per i quali la Corte di
cassazione, risolvendo il conflitto, ha statuito la competenza del
medesimo rimettente;
che il giudice a quo, pur convenendo sul merito delle
prospettazioni avanzate dalla difesa in punto di incompetenza, ma
reputando al tempo stesso di non poter procedere alla relativa
declaratoria “attesa la natura vincolante della decisione della Corte
di cassazione sulla competenza per territorio di questo Pretore,
giusta la surrichiamata sentenza”, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 24, 25, primo comma, e 101 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 25 cod. proc. pen., nella parte
in cui non prevede che tra i nuovi fatti che comportino una diversa
definizione giuridica rilevino, oltre quelli da cui derivi la
modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice
superiore, anche “quelli da cui derivi la modificazione della
competenza territoriale per ragioni di connessione tra giudici
egualmente competenti per materia”;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
Considerato che la Corte di cassazione, allorché viene chiamata a
risolvere un conflitto di competenza, provvede a determinare quale
debba essere l’organo competente fra i giudici che, a norma dell’art.
28 cod. proc. pen., contemporaneamente prendono o ricusano di
prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa
persona, sicché, presupposto del conflitto e al tempo stesso limite
della decisione è l’esistenza di un contrasto fra determinati
giudici avente ad oggetto una specifica questione di competenza
riguardante l’identico fatto attribuito al medesimo imputato, senza
possibilità alcuna, quindi, di annettere alla pronuncia solutoria
del conflitto una portata espansiva tale da generare effetti
preclusivi al di là del peculiare e circoscritto tema che, sul piano
soggettivo e oggettivo, è stato devoluto alla Corte regolatrice;
che nella specie, risolto dalla Corte di cassazione un conflitto
negativo di competenza territoriale, si profila e viene
tempestivamente dedotta la competenza per connessione di un terzo
giudice, un organo, dunque, diverso da quelli fra i quali era
intervenuto il contrasto e competente in ragione di un criterio
diverso da quello esaminato dalla Corte medesima, cosicché non v’è
ragione alcuna che impedisca al giudice rimettente di declinare la
propria competenza in favore dell’organo che esercita la vis
attractiva, proprio perché vincolato dalla pronuncia della Corte di
cassazione soltanto nei confronti del primo giudice confliggente e
nei limiti del fatto e del tema che ha formato oggetto del contrasto;
che, pertanto, risultando erronea la premessa interpretativa da
cui ha tratto origine la questione, la stessa deve essere dichiarata
manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 25 del codice di procedura penale,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo comma, e 101
della Costituzione, dal pretore di Pistoia, sezione distaccata di
Monsummano Terme con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1996.
Il cancelliere: Di Paola