Ordinanza N. 67 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
17/03/1998
Data deposito/pubblicazione
17/03/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/03/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 “Diritto allo studio”), promosso con
ordinanza emessa il 17 ottobre 1996 dal tribunale amministrativo
regionale per l’Emilia-Romagna sul ricorso proposto dal Comitato
bolognese “Scuola e Costituzione” ed altre contro la regione Emilia
Romagna, iscritta al n. 574 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 38, prima serie
speciale, dell’anno 1997;
Visti gli atti di costituzione del Comitato bolognese “Scuola e
Costituzione” ed altre nonché gli atti di intervento della
FISM-Federazione italiana scuole materne ed altra e della regione
Emilia-Romagna;
Udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 1998 il giudice
relatore Cesare Ruperto;
Uditi gli avv.ti Giuseppe F. Ferrari, Massimo Luciani, Sergio
Panunzio, Federico Sorrentino, Corrado Mauceri e Maria Virgilio per
il Comitato bolognese “Scuola e Costituzione” ed altre, Giovanni
Giacobbe, Nicola Picardi, Mauro Giovannelli e Giuseppe Totaro per la
FISM-Federazione italiana scuole materne ed altra e gli avv.ti
Giandomenico Falcon e Giulio Correale per la regione Emilia-Romagna;
Ritenuto che il TAR per l’Emilia-Romagna – adito dal Comitato
bolognese “Scuola e Costituzione”, dalla Chiesa evangelica metodista,
dalla Chiesa cristiana avventista del settimo giorno e dalla
Comunità ebraica di Bologna, per l’annullamento della delibera con
cui il Consiglio regionale aveva dettato i criteri di assegnazione
dei contributi ai comuni per l’attivazione di un sistema pubblico
integrato della scuola dell’infanzia – ha, con ordinanza emessa il 17
ottobre 1996 (pervenuta alla Corte il 28 luglio 1997), sollevato, in
relazione agli artt. 33, commi secondo e terzo, e 117, comma primo,
Cost., questione di legittimità costituzionale della legge della
regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52, nel suo complesso “a
causa dello stretto legame intercorrente tra le norme della stessa,
ciascuna inautonoma senza l’altra”;
che il giudice a quo richiamata la sentenza parziale pronunciata
in pari data (17 ottobre 1996) – con cui, dopo aver dichiarato
inammissibili tutte le doglianze dei ricorrenti, ad esclusione di
tre, aveva accolto quella relativa all’avvenuta ripartizione di fondi
anche in favore di comuni che non avevano stipulato le relative
convenzioni -, motiva la rilevanza della questione solo affermando
che le denunciate norme “costituiscono elemento dirimente della
controversia, favorevolmente decisa in data odierna soltanto in
relazione ad un limitato aspetto”;
che, secondo il TAR, la scuola materna costituirebbe il grado
preparatorio dell’istruzione elementare e svolgerebbe un ruolo
formativo della personalità infantile ed educativo, proponendosi la
diffusione della scuola stessa senza squilibri e diseguaglianze sul
territorio nazionale: per cui, proprio in ragione di tale diffusione,
il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, nel riordinare l’intero
sistema scolastico di istruzione e formazione, avrebbe individuato
tale settore come primo campo di sperimentazione di iniziative ed
azioni specifiche da assumersi da parte della giunta, così
ricomprendendolo “a pieno titolo” nel settore scolastico;
che, infatti, la denunciata legge, in armonia con la risoluzione
della Giunta, prevederebbe: a) all’art. 2, la realizzazione di un
sistema integrato di scuola dell’infanzia secondo una logica di
coordinamento fra le diverse offerte educative; b) all’art. 3, il
sostegno finanziario ai comuni che attivino convenzioni finalizzate
alla qualificazione e al sostegno delle scuole dell’infanzia gestite
da enti, associazioni, fondazioni e cooperative senza fini di lucro;
c) all’art. 4, un fondo per la promozione delle convenzioni fra
comuni e scuole dell’infanzia private; d) all’art. 5, la
ripartizione del fondo stesso fra i comuni che abbiano stipulato le
convenzioni con scuole dell’infanzia private nelle quali siano
previsti oneri a carico dei comuni per contributi di spesa corrente e
di investimento;
che dunque l’obiettivo della legge – stante anche la
modificazione del titolo in “Diritto allo studio e qualificazione del
sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell’infanzia” – si
rivolgerebbe alla parte formativa ed educativa del bambino,
riguardando quindi la materia dell’istruzione; materia che, ex art.
33, comma primo, della Costituzioe, è affidata allo Stato, mentre
alle regioni l’art. 117, comma primo, della Costituzione, sulla base
dei criteri enunciati dall’art. 34, commi terzo e quarto, della
Costituzione, attribuisce il diverso compito di legiferare nella
materia dell’assistenza scolastica, salva la competenza legislativa
nelle materie dell’istruzione artigiana e professionale;
che, oltre ai succitati articoli, risulterebbe violato anche
l’art. 33, comma terzo, della Costituzione, secondo il quale gli enti
privati possono istituire scuole senza oneri a carico del bilancio
pubblico; e al riguardo il TAR sottolinea (senza peraltro indicare
l’art. 33, comma primo, della Costituzione in dispositivo) che ogni
contribuzione pubblica, ove rivolta direttamente al funzionamento ed
alla gestione della scuola, contiene il rischio di un’ingerenza
sull’organizzazione della scuola, con pregiudizio della libertà di
insegnamento;
che davanti a questa Corte si è costituito il Presidente della
giunta regionale, chiedendo la declaratoria d’inammissibilità o, in
subordine, di non fondatezza della questione;
che ha depositato memoria d’intervento, concludendo allo stesso
modo, anche la FISM (Federazione italiana scuole materne), sia nella
sua dimensione nazionale sia nell’articolazione regionale costituita
dalla Federazione dell’Emilia-Romagna, in qualità di firmataria del
protocollo d’intesa con la regione, nel quale si individua lo
schema-tipo di convenzione per la costituzione del sistema integrato;
che si sono altresì costituite le parti ricorrenti nel giudizio
a quo, insistendo per la dichiarazione dell’illegittimità
costituzionale della denunciata legge;
che tutte le parti hanno depositato, nell’imminenza dell’udienza,
ampie ed articolate memorie a sostegno dei rispettivi assunti e
conclusioni;
Considerato che, in via preliminare, va dichiarato ammissibile
l’intervento della FISM (Federazione italiana scuole materne) nella
dimensione nazionale e nell’articolazione periferica costituita dalla
Federazione Emilia Romagna, in quanto le rispettive posizioni sono
suscettibili di restare direttamente incise dall’esito del giudizio
(cfr. sentenza n. 421 del 1995), in quanto tale giudizio ha evidenti
riflessi su atti riferentisi a convenzioni specifiche tra i comuni
cui vengano assegnati i contributi e gli enti gestori delle scuole
dell’infanzia rappresentati, com’è pacifico, dalla stessa FISM
(anche attraverso la sottoscrizione del protocollo d’intesa che
individua lo schema-tipo di convenzione);
che, sempre in via preliminare, va effettuata, come di séguito,
la necessaria verifica dei requisiti d’ammissibilità della sollevata
questione, segnatamente della rilevanza, il cui difetto è stato
dalle parti eccepito;
che il rimettente ha denunciato la legge regionale n. 52 del 1995
nel suo complesso sottolineando, con condivisibile giudizio, lo
“stretto legame intercorrente tra le norme della stessa”; e dunque la
censura d’incostituzionalità presenta carattere unitario, per cui
non è consentita la scissione di essa attraverso il frazionamento
dei possibili diversi profili applicativi;
che con sentenza – coeva all’ordinanza di rimessione –
d’accoglimento di parte del ricorso per violazione della stessa
legge, il giudice a quo ha già fatto applicazione di quest’ultima
ravvisando, nell’ammissione ai contributi anche di comuni che non
abbiano stipulato convenzioni, un motivo d’illegittimità dell’atto
impugnato dai ricorrenti;
che, oltre a pronunciare come sopra nel merito, egli ha anche
dichiarato l’inammissibilità del ricorso per la parte connessa alle
determinazioni d’interesse della FISM, non essendo stata questa
chiamata a partecipare a quel giudizio; inammissibilità che, senza
alcuna spiegazione, non è stata dichiarata anche in relazione ai
motivi di ricorso fondati sulla dedotta illegittimità derivata
dall’asserita incostituzionalità della legge regionale;
che, pertanto, ai fini della motivazione sulla rilevanza, il
giudice a quo avrebbe dovuto dar conto del fatto che non si fosse
ormai esaurito il suo potere decisorio, rimanendo come unico oggetto
del giudizio a quo le questioni di legittimità costituzionale
sollevate dai ricorrenti; e ciò tanto più in quanto questi avevano
prospettato i dubbi di costituzionalità in logica subordinazione
all’ipotesi che l’impugnata delibera fosse ritenuta conforme a legge;
che, viceversa, il rimettente si è limitato ad affermare in modo
apodittico, senza alcun riferimento ai relativi presupposti, la
rilevanza della sollevata questione, il cui accoglimento peraltro
finirebbe col rendere inutiliter data la sentenza ch’egli ha già
come sopra pronunciato in riconoscimento di un interesse legittimo
fatto valere dai ricorrenti;
che, quindi, la proposta questione è manifestamente
inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale della legge della regione Emilia-Romagna
24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio
1983, n. 6 “Diritto allo studio”), sollevata dal tribunale
amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, in riferimento agli
artt. 33, commi secondo e terzo, e 117, comma primo, della
Costituzione, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 17 marzo 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola